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Aiuti imprese agricole: contributi per polizze e danni da calamità
Con Decreto del 22 maggio 2023 pubblicato in GU n 2023 del 31 agosto il Ministero dell'Agricoltura disciplina:
- i contributi per il pagamento dei premi assicurativi,
- e interventi compensativi ex-post dei danni subiti nel settore agricolo, nelle aree colpite da avversità atmosferiche assimilabili a calamità naturali.
Beneficiare degli aiuti sono:
- le microimprese, piccole e medie imprese
- attive nel settore della produzione agricola primaria dei prodotti agricoli di cui all'allegato I del TFUE, ad eccezione dei prodotti della pesca e dell'acquacoltura elencati nell'allegato I del regolamento (UE) n. 1379/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio,
- colpite dall'evento climatico avverso assimilabile a calamita' naturale,
- che soddisfino le condizioni di cui al presente decreto.
Aiuti imprese agricole: contributi per il pagamento premi assicurativi
Sono concessi contributi per la sottoscrizione di polizze assicurative ai sensi del Capo I, art. 2, del decreto legislativo n. 102/2004 a favore delle microimprese, piccole e medie imprese attive nella produzione primaria di prodotti agricoli.
Le polizze assicurative possono coprire, in conformità a quanto disposto dal regolamento (UE) 2022/2472:- a) le perdite causate da avversità atmosferiche assimilabili alle calamita' naturali (art. 28 «Aiuti per il pagamento di premi assicurativi e per i contributi finanziari ai fondi di mutualizzazione»);
- b) danni a strutture aziendali e ad impianti di produzioni arboree ed arbustive causati da avverse condizioni atmosferiche (art. 28 «Aiuti per il pagamento di premi assicurativi e per i contributi finanziari ai fondi di mutualizzazione»);
- c) costo di rimozione e distruzione degli animali morti per qualunque causa (art. 28 «Aiuti per il pagamento di premi assicurativi e per i contributi finanziari ai fondi di mutualizzazione» in conformita' alle disposizioni di cui all'art. 27 «Aiuti al settore zootecnico e per i capi morti» – comma 3)
Attenzione, viene precisato che:
- l'intensita' massima di aiuto sulle polizze di cui alla lettera a) è limitata al 70 per cento del costo del premio assicurativo per contratti assicurativi che prevedono un indennizzo qualora il danno sia superiore al 30 per cento della produzione,
- l'intensita' massima di aiuto sulle polizze di cui alla lettere b) e c), e' limitata al 50 per cento del costo del premio assicurativo, l'assicurazione compensa solo il costo necessario per ovviare alle perdite e non comporta obblighi di indicazione circa il tipo o la quantità della produzione agricola futura, conformemente all'art. 28, paragrafo 4, lettere a) e b) del regolamento (UE) 2022/2472.
Gli aiuti per il pagamento dei premi assicurativi sono concessi successivamente alla presentazione della domanda di aiuto da parte del beneficiario.
La domanda di aiuto deve contenere le seguenti informazioni:
- a) nome dell'impresa;
- b) descrizione dei rischi coperti;
- c) le date di inizio e fine copertura;
- d) ubicazione delle colture, strutture e allevamenti oggetto di assicurazione;
- e) premio assicurativo e relativa percentuale di aiuto.
Aiuti imprese agricole: aiuti compensativi calamatià naturali
In merito agli aiuti compensativi destinati a indennizzare i danni causati da eventi climatici avversi assimilabili a calamità naturali, si dispone l'indennizzo dei danni subiti alle produzioni agricole, alle strutture aziendali ed agli impianti produttivi non inseriti nel piano annuale di gestione dei rischi in agricoltura, a causa di eventi climatici avversi assimilabili a calamità naturali, che abbiano causato un danno superiore al 30% della produzione mediante la concessione di contributi finalizzati a favorire la ripresa economica e produttiva delle microimprese, piccole e medie imprese attive nella produzione agricola primaria ai sensi dell'art. 5, commi 2 e 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, e dell'art. 25 del regolamento (UE) 2022/2472.
Le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedono alla delimitazione dei territori interessati dagli eventi di cui al precedente comma e deliberano la proposta di declaratoria di eccezionalita' degli eventi entro il termine perentorio di sessanta giorni, elevabile a novanta in presenza di eccezionali motivate difficoltà
Il Ministro dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste emette formale provvedimento di riconoscimento dell'evento climatico avverso assimilabile a calamita' naturale, previo accertamento della sussistenza del nesso causale tra lo stesso e i danni subiti dalle imprese agricole, ai fini dell'attivazione del regime di aiuto.
Il regime di aiuto deve essere attivato entro tre anni dal verificarsi dell'avversita' atmosferica assimilabile a una calamita' naturale e gli aiuti sono versati ai beneficiari entro quattro anni a decorrere da tale data in conformita' a quanto disposto dall'art. 25, comma 5, del regolamento (UE) 2022/2472.
Ai sensi dell'art. 25, comma 2, lettera b), del regolamento (UE) 2022/2472, sono indennizzabili esclusivamente i danni per cui sussista un nesso causale diretto con gli eventi climatici avversi indicati al comma 1.
Gli aiuti sono concessi nel limite dell'importo dei danni subiti come conseguenza diretta dell'evento climatico avverso, previa valutazione dell'autorita' regionale competente designata per l'istruttoria; i danni calcolati includono la perdita di reddito dovuta alla distruzione completa o parziale della produzione agricola e i danni materiali subiti dalle strutture aziendali quali: immobili, attrezzature e macchinari, scorte, mezzi di produzione.
Gli aiuti sono concessi a seguito dell'adozione del pertinente provvedimento regionale e all'emissione del provvedimento formale, previa presentazione della domanda di aiuto da parte del beneficiario, secondo le modalita' previste dalla regione territorialmente competente ed entro il termine stabilito dall'art. 5 del decreto legislativo n.102/2004.
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Commissari liquidatori cooperative: domande entro il 15 settembre
Scade il 15 settembre il termine per iscriversi all'elenco per i commissari liquidatori delle società cooperative fiduciarie e fiduciarie e di revisione, rivolto a Commercialisti, Avvocati e altri professionisti.
Prima di leggere i dettagli per l'invio della domanda, ricordiamo che con un comunicato stampa del 3 luglio il Ministero delle Imprese e del Made in Italy informava della pubblicazione di due avvisi finalizzati alla costituzione di due elenchi di professionisti idonei a ricoprire i seguenti incarichi:
- commissario liquidatore delle società cooperative, fiduciarie e fiduciarie e di revisione,
- componente del comitato di sorveglianza delle procedure di liquidazione coatta amministrativa delle società cooperative, fiduciarie e fiduciarie e di revisione.
Incarichi cooperative: domande entro il 15 settembre
Il MIMIT specifica che:
- le istanze di iscrizione all’elenco dei commissari liquidatori devono essere inviate tramite la piattaforma online: https://commissariliquidatori.mise.gov.it, possono fare domanda a tale elenco gli iscritti agli albi professionali:
- degli avvocati,
- dei dottori commercialisti,
- degli esperti contabili
- dei consulenti in materia di lavoro,
- dagli esperti in materia di lavoro e cooperazione
- e coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in società per azioni dando prova di adeguate capacità imprenditoriali.
- le istanze di iscrizione all’elenco dei componenti dei comitati di sorveglianza devono essere inviate via PEC all’indirizzo [email protected], possono fare domanda:
Elenchi incarichi per cooperative: i termini per le domande
L'avviso MIMIT specifica che i termini per i due elenchi sono differenti, ossia:
- per i commissari liquidatori la scadenza per l'iscrizione è fissata per il 15 settembre 2023,
- per i componenti dei comitati di sorveglianza non è invece prevista alcuna scadenza: l'iscrizione è sempre aperta.
Accedi da qui alla pagina preposta per consultare maggiori dettagli.
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Procedimento disciplinare Commercialisti: la prescrizione in caso di processo penale
Con il Pronto Ordini n 54 del 3 agosto il CNDCEC replica ad una richiesta di chiarimenti sulla prescrizione del procedimento disciplinare per un iscritto nel caso di processo penale in corso.
Nel dettaglio il quesito chiedeva un’interpretazione dell’art. 20 del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale, norma che regola la prescrizione e la sua decorrenza anche nei rapporti tra il procedimento disciplinare ed il procedimento penale.
Il CNDCEC evidenzia che, poiché non risulta una giurisprudenza consolidata ed univoca sul punto, è bene evitare di esercitare l’azione disciplinare laddove il termine prescrizionale dell’illecito disciplinare sia già interamente decorso al momento dell’esercizio dell’azione penale, fermo restando però che il Consiglio di Disciplina, nell’ambito della propria autonomia decisionale, in presenza di reati particolarmente gravi commessi dall’iscritto, per il quale il medesimo sia stato condannato in via definitiva, potrebbe valutare di esercitare l’azione disciplinare considerando applicabile l’orientamento della Corte di Cassazione in base al quale il termine prescrizionale decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.
I dettagli del quesito.
Nel caso in cui l’azione penale sia iniziata successivamente ai cinque anni dalla commissione del fatto e si pervenga ad una sentenza di condanna, si chiedeva se la prescrizione dei fatti dal punto di vista disciplinare si sia comunque compiuta per la mancata apertura dei due procedimenti entro il termine di prescrizione, oppure se si applichi in ogni caso quanto previsto nella seconda parte del comma 3 del suddetto articolo 20 del Regolamento, ovverosia che la prescrizione decorra sempre e comunque dal momento del passaggio in giudicato della sentenza penale.
Il CNDCEC ricorda che l’art. 56 del D.Lgs. n. 139/05 e l’art. 20, comma 1, del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale, approvato dal Consiglio Nazionale nella seduta del 18-19 marzo 2015, dispongono che
“L’azione disciplinare si prescrive in cinque anni dal compimento dell’evento che può dar luogo all’apertura del procedimento disciplinare”.
Lìart. 20 al 3° comma, stabilisce inoltre che “ Se il procedimento disciplinare ha luogo per fatti costituenti anche reato per i quali sia iniziata l’azione penale, il termine di prescrizione dell’azione disciplinare comincia a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza penale”.
Inoltre, si evidenzia che la Corte di Cassazione si è pronunciata più volte al riguardo, ma con due orientamenti differenti:
- uno che propende per la compiuta prescrizione nel caso in cui, nell’arco dei cinque anni, non sia iniziata né l’azione penale né l’azione disciplinare, come riportato nella risposta al PO n. 41/2017, e come recentemente ribadito nell’ambito della sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Unite, n. 28386/2020, pubblicata in data 14.12.2020;
- un altro sostenuto dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Unite, n. 1609/2020 del 24.01.2020, già citata nella risposta al PO n. 141/2022, in base al quale, nel caso in cui il fatto costituisca reato, la prescrizione comincia comunque a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.
Tnato premesso il CNDCEC ribadisce e conferma quanto rappresentato nella risposta al PO n. 141/2022, che enuclea il principio applicabile in linea generale secondo cui, quando il procedimento disciplinare abbia luogo per fatti costituenti anche reato per i quali sia stata iniziata l’azione penale, l’azione disciplinare è collegata al fatto storico di una pronuncia penale che non sia di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso, ha come oggetto lo stesso fatto oggetto dell’imputazione penale e la prescrizione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale.
Concludendo il Consiglio suggerisce che, è bene evitare di esercitare l’azione disciplinare laddove il termine prescrizionale dell’illecito disciplinare sia già interamente decorso al momento dell’esercizio dell’azione penale, fermo restando però che il Consiglio di Disciplina, nell’ambito della propria autonomia decisionale, in presenza di reati particolarmente gravi commessi dall’iscritto, per il quale il medesimo sia stato condannato in via definitiva, potrebbe valutare di esercitare l’azione disciplinare considerando applicabile l’orientamento della Corte di Cassazione in base al quale il termine prescrizionale decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.
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Dichiarazioni fiscali: chiarimenti sui requisiti della firma elettronica
Con Consulenza giuridica n. 1 del 30 agosto le Entrate chiariscono che occorre una firma qualificata per la sottoscrizione e conservazione delle dichiarazioni fiscali, vediamo i dettagli del quesito posto all'Agenzia.
L'istante, fa presente che i «contribuenti ed i sostituti d'imposta sono tenuti a conservare "(…) la dichiarazione debitamente sottoscritta (…)"», e chiede l'avallo dall'Agenzia delle entrate sul processo di sottoscrizione elettronica:
- «che si intende adottare per consentire al contribuente di sottoscrivere il modello dichiarativo»,
- ossia sinteticamente «l'impiego di una firma elettronica semplice (detta anche debole o leggera) generata tramite invio al contribuente firmatario di un messaggio di posta elettronica contenente un link per accedere direttamente ad apposita piattaforma web fruibile in modalità cloud computing, con successiva richiesta di digitare un codice OTP (One Time Password) ricevuto sul proprio numero di telefono mobile (smartphone).».
L'agenzia rigetta la firma semplice, vediamo per quale motivo.
Essa chiarisce che ai fini tributari è sclusa qualsiasi procedura che preveda l’utilizzo di una firma elettronica «semplice» cioè non qualificata, digitale o avanzata.
Secondo l'agenzia, i comportamenti da tenere devono rispettare le norme contenute nel Dpr 22 luglio 1998 n. 322, che detta le modalità per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, dell’Iva, dell’Irap e dei sostituti d’imposta.
Visto che le dichiarazioni sono documenti fiscalmente rilevanti, la loro conservazione deve avvenire nel rispetto della normativa vigente, e qualora si tratti di documenti informatici, nel rispetto del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 (cosiddetto Codice dell’amministrazione digitale o Cad).
I documenti informatici rilevanti ai fini tributari hanno le caratteristiche dell’immodificabilità, dell’integrità, dell’autenticità e della leggibilità e devono essere conservati in modo tale che siano rispettate le norme del Codice civile, le disposizioni del codice dell’amministrazione digitale e delle relative regole tecniche e le altre norme tributarie riguardanti la corretta tenuta della contabilità.
Il procedimento di generazione delle copie informatiche e delle copie per immagine su supporto informatico di documenti e scritture analogici avviene, ai fini tributari, a norma dell’articolo 22, comma 3, del Dlgs n82/2005 e termina con l’apposizione della firma elettronica qualificata, della firma digitale, o della firma elettronica basata sui certificati rilasciati dalle agenzie fiscali.
Dal complesso quadro normativo esposto dalla agenzia, cunsultabile nel dettaglio nel testo integrale della consulenza di cui si tratta, emerge che in nessun caso una firma elettronica "semplice" (ossia non qualificata, digitale o avanzata), indipendentemente dal processo di sua formazione, può dirsi idonea a garantire i requisti che i documenti informatici (nativi tali o frutto di copia/dematerializzazione), specie se di natura fiscale, devono possedere sin dal momento della loro formazione.
Pertanto, deve escludersi l'idoneità ai fini tributari – ai sensi sia del d.P.R. n. 322 del 1998, sia di altre previsioni, fatta salva una diversa espressa indicazione del legislatore – di qualsiasi procedura che preveda l'utilizzo di tale tipologia di firma.
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Liti pendenti: chiarimenti delle Entrate su atti inerenti il recupero IVA
Con Risposta a interpello n. 422 del 30 agosto le Entrate forniscono chiarimenti su atti di recupero e definizione agevolata e sinteticamente chiariscono che per recuperare il credito Iva oggetto di lite occorre il versamento dell’Iva al di fuori dall’ambito della definizione agevolata.
Nel caso di specie il contribuente istante potrà riportare nel rigo VL40 della propria dichiarazione IVA/2024 per il periodo d'imposta 2023 l'importo del credito IVA versato corrispondente a quanto recuperato con l'atto di recupero crediti. Vediamo il caso di specie.
L'istante riferisce che:
- ha ricevuto un atto con cui l'ufficio ha proceduto al recupero del credito di imposta che sarebbe stato indebitamente utilizzato in compensazione nell'anno 2020 in misura eccedente il limite di € 1.000.000 previsto dal comma 1 dell'articolo 34 della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
- che il pagamento dell'atto di recupero comporterebbe, (…), la possibilità di riportare nella propria dichiarazione IVA, l'importo del credito asseritamente compensato in eccesso dichiarandolo al rigo VL40 ''versamenti effettuati a seguito di utilizzo in eccesso del credito'' utilizzandolo nuovamente in compensazione;
- che (…) ha provveduto a impugnare l'atto di recupero sopraccitato depositando il relativo ricorso presso la Commissione tributaria di […] in data […] 2022, la quale ha provveduto a assegnare l'R.G. […] 2022;
- che, la legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023) ha previsto una serie di istituti definitori della pretesa impositiva (c.d. ''tregua fiscale''), tra i quali rientra la definizione agevolata delle controversie tributarie pendenti al 1° gennaio 2023, contenuta nell'articolo 1, commi da 186 a 205».
Tutto ciò premesso l'istante chiede:
- 1) se utilizzando la procedura di ''adesione alle liti pendenti'' prevista dall'art. 1 comma 186 della L. 197/2022 e versando pertanto l'importo pari al 90% del valore della controversia può riportare l'intero credito oggetto di atto di contestazione nel rigo VL40 della propria dichiarazione IVA ovvero riportarne il 90% pari esclusivamente all'importo del credito che verrà effettivamente versato;
- 2) se in caso di opzione per il versamento rateale dell'importo dovuto a seguito dell'adesione alla definizione delle liti pendenti, il diritto a riutilizzare il credito in compensazione inserendolo nel rigo VL40 della propria dichiarazione IVA sorge con la presentazione dell'istanza e il contestuale versamento della prima rata o a seguito dell'integrale versamento dell'importo dovuto e pertanto solo con il versamento dell'ultima rata.
L'agenzia specifica che con riferimento alla definizione in via agevolata delle controversie tributarie aventi ad oggetto atti di recupero crediti d'imposta indebitamente utilizzati, la circolare n. 2/E del 27 gennaio 2023 ha chiarito che, «Il comma 186 in commento non contiene, invece, specificazioni circa la tipologia degli atti oggetto delle controversie definibili e, quindi, possono essere definite non soltanto le controversie instaurate avverso atti di natura impositiva, quali gli avvisi di accertamento e atti di irrogazione delle sanzioni, ma anche quelle inerenti atti meramente riscossivi».
Sono, dunque, definibili in via agevolata le controversie aventi ad oggetto atti di recupero dei crediti d'imposta indebitamente utilizzati.
Nel caso di specie, secondo quanto affermato dall'istante, il ricorso avverso l'atto di recupero crediti è stato depositato presso la Commissione tributaria di […] in data […] 2022 e, quindi, l'istante può definire la controversia ai sensi del comma 187 del citato articolo 1 della legge n. 197 del 2022, secondo cui, «In caso di ricorso pendente iscritto nel primo grado, la controversia può essere definita con il pagamento del 90 per cento del valore della controversia».
Con provvedimento direttoriale dell'Agenzia delle Entrate, prot. n. 30294/2023 del 1° febbraio 2023, sono state definite le modalità di attuazione della misura deflattiva in commento, prevedendo, al punto 6, che La definizione si perfeziona con la presentazione della domanda e con il pagamento dell'importo netto dovuto o della prima rata entro il termine e con le modalità indicate nei punti 4 e 5.
Ne deriva, pertanto, che la definizione agevolata delle liti pendenti si perfeziona con la presentazione della domanda e il versamento della prima rata, o dell'intero importo, entro il 30 settembre 2023 (cfr. articolo 20 del decretolegge 30 marzo 2023, n. 34, convertito con modificazioni, dalla legge 26 maggio 2023, n. 56), ma il suddetto perfezionamento è, comunque, condizionato all'esito del controllo eseguito dall'ufficio, e potrebbe venir meno in caso di diniego della definizione agevolata che l'Agenzia delle entrate può notificare entro il 30 settembre 2024.
Ciò detto, diversamente da quanto prospettato dall'istante, il versamento delle somme dovute nell'ambito della definizione agevolata della lite pendente ha il solo fine di definire la controversia instaurata con l'Amministrazione finanziaria.
Al riguardo, la Cassazione, con ordinanza 2 aprile 2020, n. 7661, in merito alla chiusura delle liti, ha precisato che, la definizione agevolata «costituisce la forma procedimentale atipica di definizione delrapporto tributario, che prescinde da un'analisi delle varie componenti ed esaurisce il rapporto stesso mediante definizione forfettaria e immediata, nella prospettiva … di recuperare risorse finanziarie e di ridurre il contenzioso, e non invece in quella dell'esatto accertamento dell'imponibile.».
Le Entrate precisano che laddove l'istante intenda ''rigenerare'' il credito IVA da recuperare successivamente in detrazione nella prima liquidazione periodica o nella dichiarazione annuale dovrà procedere al pagamento dell'imposta indicata nell'atto di recupero e rinunciare alla controversia con riferimento all'imposta medesima.
La controversia, una volta ridotta alle sole sanzioni collegate al tributo e agli interessi potrà essere definita ai sensi dell'articolo 1, comma 191, ultimo periodo, della Legge di Bilancio 2023 a mente del quale, « In caso di controversia relativa esclusivamente alle sanzioni collegate ai tributi cui si riferiscono, per la definizione non è dovuto alcun importo relativo alle sanzioni qualora il rapporto relativo ai tributi sia stato definito anche con modalità diverse dalla presente definizione agevolata». In altre parole, una volta versata separatamente l'imposta dovuta, sarà possibile la definizione delle sole sanzioni collegate al tributo e degli interessi mediante la sola presentazione della domanda (cfr. comma 194 della Legge di Bilancio 2023).
Stante quanto sopra chiarito, ove l'istante decida di ''rigenerare'' il credito IVA con le modalità sopra descritte, potrà poi riportarlo nel Modello IVA, Rigo VL40, in conformità alle istruzioni al predetto modello, ove si legge «indicare l'ammontare corrispondente al credito riversato, al netto delle somme versate a titolo di sanzione e interessi, qualora nel corso del periodo d'imposta oggetto della presente dichiarazione siano state versate somme richieste con appositi atti di recupero emessi a seguito dell'indebito utilizzo in compensazione di crediti esistenti ma non disponibili (ad es. utilizzo in compensazione del credito IVA in mancanza del visto di conformità previsto dall'art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, del decretolegge n. 78 del 2009). Attraverso tale esposizione, la validità del credito oggetto di riversamento viene rigenerata ed equiparata a quella del credito formatosi nel periodo d'imposta relativo alla presente dichiarazione».
Ciò significa che l'istante potrà riportare nel rigo VL40 della propria dichiarazione IVA/2024 per il periodo d'imposta 2023 l'importo del credito IVA versato corrispondente a quanto recuperato con l'atto di recupero crediti.
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Codice proprietà industriale: in vigore le novità sull’imposta di bollo
Dal 23 agosto sono in vigore le nuove regole per l'imposta di bollo previste dalla legge n 102/2023 pubblicata in GU n 184 dell'8 agosto con modifiche al codice della proprietà industriale.
In particolare si tratta dei nuovi importi dovuti per l’imposta di bollo applicabile alle domande di concessione o registrazione di titoli di proprietà industriale, atti allegati e successive formalità, trasmesse telematicamente o consegnate su supporto informatico alle Camere di commercio e all’Ufficio brevetti e marchi.
Codice proprietà industriale: alcune delle novità
Come annunciato già dal MIMIT in data 19 luglio la riforma, approvata a larga maggioranza, rientra nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, ed è di competenza del Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Il provvedimento, in vigore dal 23 agosto, prevede, tra l'altro, che anche in Italia, come nel resto dei principali Paesi occidentali, il brevetto originato dalla ricerca svolta dai ricercatori di:
- Università,
- Enti pubblici di ricerca,
- Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico,
sarà di titolarità della struttura.
Ciò renderà più agevole i percorsi di trasferimento tecnologico ed anche di valorizzazione delle invenzioni.
Inoltre, con il nuovo articolo 65, si norma la disciplina delle invenzioni che sono generate dall’attività di ricerca finanziata dalle imprese sulla base di criteri che saranno fissati entro 60 giorni dal Ministero delle imprese e del Made in Italy di concerto con il Ministero dell’Università e della Ricerca.
Sinteticamente, si evidenzia che, tra le novità introdotte dalla riforma vi sono:
- la possibilità di ottenere una protezione ad hoc per i disegni e i modelli presentati nell’ambito di fiere, nazionali ed internazionali;
- l’attenzione alla lotta alla contraffazione, con la previsione della possibilità di sequestrare prodotti contraffatti esposti nelle fiere,
- il rafforzamento del sistema dei presidi a tutela delle indicazioni geografiche, patrimonio di fondamentale importanza per l’Italia, con l’ampliamento delle ipotesi in cui è possibile attivare il procedimento di opposizione contro marchi imitativi delle DOP, da sempre vanto del Made in Italy.
Altra novità importante è l’introduzione della possibilità di pagare le tasse di deposito dei brevetti non solo contestualmente alla presentazione della domanda di brevetto, ma anche successivamente, aspetto questo di particolare interesse per le imprese anche in un’ottica di attrazione degli investimenti.
Codice proprietà industriale: come cambia l'imposta di bollo
In merito alla imposta di bollo dovuta per la presentazione delle domande di concessione o registrazione di titoli di proprietà industriale, atti allegati e successive formalità, presso le Camere di commercio e l’Ufficio brevetti e marchi, con trasmissione telematica o consegnate su supporto informatico, si interviene con l'articolo 31 della legge.
Apportando all'articolo 1, comma 1-quater, della tariffa, parte I, di cui all'allegato A del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642, l'articolo introduce le seguenti modificazioni:
- aumento da 42,00 a 48,00 euro dell'importo dovuto per ogni domanda di concessione o di registrazione di marchi d'impresa, novità vegetali, certificati complementari di protezione e topografie di prodotti per semiconduttori (art. 1, comma 1-quater, lettera a));
- diminuzione da 20,00 a 16,00 euro dell'importo dovuto per ogni domanda di concessione o di registrazione di brevetto per invenzione, modello di utilità, disegno e modello ove alla stessa risulti allegatouno o più dei seguenti documenti:
- lettera di incarico a consulente di proprietà industriale o riferimento alla stessa;
- richiesta di copia autentica del verbale di deposito;
- rilascio di copia autentica del verbale di deposito (lettera a-bis));
- diminuzione da 85,00 a 80,00 euro dell'importo dovuto per ogni istanza di trascrizione e relativi allegati (lettera b));
- aumento da 15,00 a 16,00 euro dell'importo dovuto per ogni istanza di annotazione e per tutte le altre istanze diverse da quelle richiamate nei punti precedenti (lettere c) e d)).
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Domicilio digitale PEC: aggiornate le linee guida dell’Indice Nazionale
Con Determina n. 188/2023 l'AGID provvede alla «Modifica delle "Linee guida dell'Indice nazionale dei domicili digitali delle persone fisiche, dei professionisti e degli altri enti di diritto privato non tenuti all'iscrizione in albi, elenchi o registri professionali o nel registro delle imprese" adottate ai sensi dell'articolo 71 del decreto legislativo n. 82/2005 recante codice dell'amministrazione digitale».
Scarica qui il file aggiornato al 9 agosto 2023.
Ricordiamo inoltre che dal 6 luglio è pienamente operativo l'INAD indice nazionale dei domicili digitali.
Attraverso il domicilio digitale registrato, cittadini, professionisti e aziende possono beneficiare di un canale semplice e immediato per ricevere le comunicazioni ufficiali da parte della Pa Pubblica Amministrazione.
INAD indice nazionale dei domicili digitali: che cos'é
L'INAD è una piattaforma che gestisce l'elenco pubblico dei domicili digitali ai fini delle comunicazioni aventi valore legale.
Dal giorno 6 giugno i cittadini possono registrare su INAD il proprio domicilio digitale, come per esempio un indirizzo PEC attivato in precedenza, dove ricevere tutte le comunicazioni ufficiali da parte della Pubblica Amministrazione.
Per farlo è sufficiente:
- collegarsi al sito https://domiciliodigitale.gov.it,
- accedere con SPID, CIE o CNS,
- inserire il proprio recapito certificato.
INAD nasce dalla collaborazione fra Agid, Dipartimento per la trasformazione digitale della Presidenza del Consiglio e Infocamere, la società delle Camere di commercio per l’innovazione digitale, che ha realizzato la piattaforma.
Ricordiamo che il domicilio digitale è l’indirizzo elettronico eletto presso un servizio di posta elettronica certificata, come definito dal Regolamento eIDAS, valido ai fini delle comunicazioni elettroniche aventi valore legale.
INAD indice nazionale domicili digitali: chi può eleggere un proprio domicilio
Si precisa che possono eleggere domicilio digitale:
- le persone fisiche che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età;
- i professionisti che svolgono una professione non organizzata in ordini, albi o collegi ai sensi della legge n. 4/2013;
- gli enti di diritto privato non tenuti all’iscrizione nell’INI-PEC.
Si specifica che, dal 6 luglio 2023 le Pubbliche Amministrazioni utilizzeranno il domicilio digitale inserito nell'elenco per tutte le comunicazioni con valenza legale e, a partire dalla stessa data, chiunque potrà consultarlo liberamente dall’area pubblica del sito, senza necessità di autenticazione, inserendo semplicemente il codice fiscale della persona di cui si vuol conoscere il domicilio digitale.
Sempre dal 6 luglio le Pubbliche Amministrazioni, i gestori di pubblico servizio e i soggetti privati aventi diritto potranno consultare INAD in modalità applicativa, attraverso apposite interfacce dedicate, rese fruibili mediante la Piattaforma Digitale Nazionale Dati (PDND), già disponibili in ambiente di test.
Attenzione al fatto che, dalla stessa data potranno eleggere il proprio domicilio digitale anche professionisti non iscritti in albi ed elenchi ed enti di diritto privato non presenti in INI-PEC.
INAD indice nazionale dei domicili digitali: i vantaggi
Grazie a INAD, tutte le comunicazioni della Pubblica Amministrazione con valore legale, come ad esempio:
- rimborsi fiscali e detrazioni d'imposta,
- accertamenti,
- verbali di sanzioni amministrative e altri,
vengono inviate direttamente nella casella di posta indicata dal cittadino, che può gestire in autonomia il proprio domicilio digitale.
Dopo aver registrato il proprio domicilio digitale su INAD, le notifiche arriveranno in tempo reale, senza ritardi o problemi relativi al mancato recapito, con notevoli risparmi legati al minore utilizzo della carta e all’azzeramento dei costi di invio tramite servizi postali.
Inoltre il cittadino avrà immediatamente a disposizione la documentazione, senza l’incombenza di spostarsi fisicamente per recuperarla, mentre la Pubblica Amministrazione avrà un sistema di comunicazione centralizzato più efficiente, automatizzato e sicuro.
INAD: cosa cambia per i professionisti
Il Codice dell’Amministrazione Digitale prevede che il domicilio digitale dei professionisti iscritti in INI-PEC, l’indice nazionale degli Indirizzi PEC delle imprese e dei professionisti, venga importato automaticamente su INAD in qualità di persona fisica, restando salva la possibilità di modificarlo, indicando un altro indirizzo PEC.
A tal proposito si evidenzia che con un avviso del 26 giugno il MEF informa del fatto che ai sensi di quanto previsto dall’articolo 6- quater comma 2 del D.gls. 82/2005 – CAD anche gli indirizzi PEC dei revisori legali presenti nel Registro e comunicati dal MEF ad INI-PEC sono resi disponibili a partire dal 6 giugno 2023 anche su INAD – Indice nazionale dei domicili digitali, in qualità di domicili digitali di persone fisiche e destinati alle comunicazioni aventi valore legale con la pubblica amministrazione.
A partire dal 6 luglio 2023, tutti i domicili eletti o eventualmente modificati, sono ststi automaticamente pubblicati su INAD e resi disponibili per la consultazione pubblica.
Resta salva la possibilità da parte del revisore legale presente in INI-PEC di poter modificare il proprio domicilio presente in INAD accendendo al sito anche dopo il 6 luglio avvalendosi delle funzioni presenti all'interno del portale: https://domiciliodigitale.gov.it.
Con l’occasione viene anche ricordato che l’inosservanza dell’obbligo comunicativo dell’indirizzo PEC-domicilio digitale da parte dei revisori legali al Mef – attraverso l’accesso all’area riservata del sito www.revisionelegale.mef.gov.it – è espressamente sanzionato ai sensi dell’articolo 24, comma 2, del D.lgs. 39/2010.