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Brexit: trattamento fiscale utili distribuiti alla controllante britannica
Con la Risposta a interpello n 117 del 20 gennaio le Entrate replicano al seguente quesito posto da una società italiana, che distribuisce utili alla controllante società britannica.
L'istante osserva come, nel caso di distribuzione di dividendi da parte di una società italiana ad una società residente in uno Stato membro dell'Unione europea o in uno Stato aderente all'Accordo sullo Spazio Economico Europeo, trovi applicazione la ritenuta ridotta del 1,20 per cento a titolo d'imposta, ai sensi del comma 3ter dell'articolo 27 del DPR 29 settembre 1973, n.600.
Inoltre, in presenza di determinate condizioni, tale ritenuta non è operata in virtù dell'articolo 27 bis dello stesso DPR n. 600 del 1973, attuativo della c.d. direttiva madrefiglia (2011/96/UE).
Il dubbio interpretativo prospettato dall'istante attiene al trattamento fiscale degli utili distribuiti alla controllante britannica a seguito della Brexit.
Poiché, infatti, non può trovare applicazione la richiamata disciplina riservata agli Stati membri, l'istante chiede se, nel caso di specie, possa operare la ritenuta prevista dalla Convenzione per evitare le doppie imposizioni in vigore tra Italia e Regno Unito, firmata a Pallanza il 21 ottobre 1988 e ratificata con legge 5 novembre 1990, n. 329
L'istante ritiene che ai dividendi corrisposti alla controllante sia applicabile il trattamento fiscale previsto dalla Convenzione, in quanto fonte gerarchicamente sovraordinata rispetto alla normativa nazionale.
Pertanto, qualora l'assemblea dei soci deliberasse la distribuzione di utili, sulla quota spettante alla controllante estera sarebbe applicata una ritenuta a titolo d'imposta nella misura del 5 per cento.
L'agenzia replica, ricordando che il 30 gennaio 2020 l'Unione europea ha ratificato l'accordo di recesso con il Regno Unito che, dalla mezzanotte del 31 gennaio 2020, è diventato un Paese terzo.
Ciò ha segnato l'inizio di un periodo transitorio che si è protratto fino al 31 dicembre 2020, in cui ha continuato a trovare provvisoriamente applicazione il diritto unionale, incluse le libertà fondamentali sancite dal Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea.
Terminato il periodo transitorio, i rapporti tra Unione europea e Regno Unito sono regolati dall'Accordo sugli scambi commerciali e la cooperazione tra:
- l'Unione europea e la Comunità europea dell'energia atomica, da una parte,
- e il Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda del nord, dall'altra.
Nonostante l'Accordo in esame promuova un forte partenariato tra Unione europea e Regno Unito, tale Paese non può comunque essere considerato al pari di uno Stato membro, non facendo ormai più parte né del mercato unico né dell'unione doganale e non essendo più coinvolto negli accordi internazionali dell'Unione.
Pertanto, le Entrate concordano con l'istante nel ritenere che nel caso in esame non trovano applicazione né l'articolo 27, comma 3ter, del DPR n.600 del 1973, né il successivo 27bis del medesimo DPR.
Tuttavia, la normativa nazionale deve essere coordinata con quella convenzionale, la cui prevalenza sull'ordinamento interno è ammessa dall'articolo 169 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR).
In particolare, viene in rilievo l'articolo 10, paragrafo 2, lettera a), del Trattato, secondo cui i ''dividendi possono essere tassati anche nello Stato contraente di cui la società che paga i dividendi è residente ed in conformità alla legislazione di detto Stato ma, se la persona che percepisce i dividendi ne è l'effettivo beneficiario, l'imposta così applicata non può eccedere:
a) il 5 per cento dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficiario è una società che controlla direttamente o indirettamente, almeno il 10 per cento del potere di voto della società che paga i dividendi''.
Considerato che, nel caso di specie, nel presupposto che la dichiarata partecipazione comporti almeno il 10% del potere di voto della società italiana che paga il dividendo si ritiene applicabile la ritenuta convenzionale nella misura del 5%.
Resta inteso che l'operatività del Trattato è subordinata al ricorrere anche delle altre condizioni ivi previste, ossia che la controllante britannica integri la nozione di persona residente ai fini convenzionali e sia beneficiaria effettiva dei dividendi.
Allegati: -
Crediti d’imposta energia e gas dicembre 2022: i codici tributo
Con Risoluzione n 72 del 12 dicembre 2022 vengono istituiti i codici tributo energia e gas per il mese di dicembre 2022.
L’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176, ha esteso i crediti d’imposta di cui ai commi 1, primo periodo, 2, 3 e 4 dell'articolo 1 del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144, alle medesime condizioni ivi previste, anche in relazione alla spesa sostenuta nel mese di dicembre 2022 per l'acquisto di energia elettrica e gas naturale.
Il successivo comma 2 del citato articolo 1 estende anche, il credito d’imposta previsto e disciplinato dal comma 1, secondo e terzo periodo, dell'articolo 1 del decreto-legge 23 settembre 2022, n. 144 in relazione alla spesa per l'energia elettrica prodotta e auto-consumata nel mese di dicembre 2022.
Il medesimo articolo stabilisce che i crediti d’imposta maturati per il mese di dicembre 2022, entro la data del 30 giugno 2023, siano utilizzati in compensazione mediante modello F24, oppure ceduti solo per intero a terzi, secondo le modalità ivi indicate Per approfondire leggi: Crediti d’imposta energia e gas imprese: si aggiunge il bonus per dicembre.
Allegati:Attenzione, la conversione del Decreto Aiuti quater ha previsto novità:
- i crediti d'imposta possono essere utilizzati entro il 30 settembre 2023 in luogo del 30 giugno 2023 (la proroga è stata definita in sede di conversione in Legge n. 6/2023 del decreto Aiuti quater n. 176/2022) per gli importi spettanti relativi al terzo trimestre 2022 e ai mesi di ottobre, novembre e dicembre 2022.
Tanto premesso, per consentire l’utilizzo in compensazione dei crediti d’imposta di cui trattasi da parte delle imprese beneficiarie, tramite modello F24 da presentare esclusivamente attraverso i servizi telematici messi a disposizione dall’Agenzia delle entrate, sono istituiti i seguenti codici tributo:
- “6993” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese energivore (dicembre 2022) – art. 1, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176”;
- “6994” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese a forte consumo gas naturale (dicembre 2022) – art. 1, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176”;
- “6995” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese non energivore (dicembre 2022) – art. 1, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176”;
- “6996” denominato “credito d’imposta a favore delle imprese diverse da quelle a forte consumo gas naturale (dicembre 2022) – art. 1, del decreto-legge 18 novembre 2022, n. 176”.
Istruzioni operative per la compilazione dell'F24 nella Risoluzione n 72 cui si rimanda
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Iva cessione di cubatura: quale aliquota applicare
Con Risposta a interpello n 69 del 18 gennaio le Entrate chiariscono l'inquadramento ai fini IVA e Imposta di registro della Cessione di cubatura (Art. 3, comma 1, D.P.R. n. 633/1972– Art. 40 D.P.R. n. 131/1986).
La società ALFA ha acquisito uno stabilimento produttivo sul quale sono presenti diritti edilizi disponibili e immobili dalla cui demolizione si potrebbero originare ulteriori diritti edilizi.
ALFA intenderebbe cedere una parte dei detti diritti edilizi al vicino di area, il quale acquisirà cosi ''crediti di volumi da edificare''.
Il quesito attiene alla modalità di tassazione del contratto di cessione di cubatura, ai fini delle imposte indirette.
Cessione di cubatura: che cosa é, inquadramento ai fini IVA
Le Entrate innanzitutto ricordano che, la cessione di cubatura viene generalmente definita come un istituto di fonte negoziale consistente in un accordo tra proprietari di aree contigue in forza del quale un proprietario di un'area edificabile non sfrutta una determinata cubatura realizzabile sul proprio fondo, ma la trasferisce al proprietario di un altro, il quale viene così a disporre di una volumetria maggiore rispetto a quella originariamente prevista per il fondo medesimo.
Per quanto concerne l'assoggettamento ad IVA delle cessioni di cubatura, in linea generale, si evidenzia che tale operazione può rientrare tra le operazioni rilevanti qualora ricorrano i presupposti generali per l'applicabilità dell'imposta.
Per quanto riguarda la classificazione di tale operazione ai fini IVA alla stregua di una cessione di beni o di prestazione di servizi, la Corte di Cassazione si è espressa, a Sezioni Unite, con la recente sentenza n. 16080 del 2021, dettando alcuni principi di carattere interpretativo in ordine alla qualificazione della cessione di cubatura che assumono una portata più ampia e una rilevanza significativa anche agli effetti dell'IVA.
Partendo dall'esame dell'art. 2463, n. 2 bis del Codice Civile in base al quale devono rendersi pubblici col mezzo della trascrizione
''i contratti che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori comunque denominati, previsti da normative statali o regionali, ovvero da strumenti di pianificazione territoriale'' la Corte ha chiarito che l'introduzione ad operale del legislatore di tale previsione costituisce un significativo argomento sistematico a sostegno del carattere non reale dell'atto di cessione di cubatura.
In particolare, essa evidenzia che ''una specifica ed autonoma previsione di trascrivibilità dei 'diritti edificatori' in quanto tali non avrebbe avuto ragion d'essere, né logica né pratica, qualora questi ultimi, partecipando di natura reale, risultassero comunque già prima trascrivibili in base alla disciplina generale''.
La Suprema Corte ha espressamente chiarito che ''la cessione di cubatura, con la quale il proprietario di un fondo distacca in tutto o in parte la facoltà inerente al suo diritto dominicale di costruire nei limiti della cubatura assentita dal piano regolatore e, formandone un diritto a sé stante, lo trasferisce a titolo oneroso al proprietario di altro fondo urbanisticamente omogeneo, è atto: immediatamente traslativo di un diritto edificatorio di natura non reale a contenuto patrimoniale; non richiedente la forma scritta ad substantiam ex art.1350 cod.civ.; trascrivibile ex art.2643, n. 2 bis cod.civ.; assoggettabile ad imposta proporzionale di registro come atto 'diverso' avente ad oggetto prestazione a contenuto patrimoniale''.
Secondo il postulato della Suprema, come diritto edificatorio di natura non reale, si è dell'avviso che la cessione di cubatura non sia riconducibile nell'ambito applicativo dell'art. 2, comma 1, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, che riguarda ''gli atti a titolo oneroso che importano trasferimento della proprietà ovvero costituzione o trasferimento di diritti reali di godimento su beni di ogni genere''.
Ai fini del corretto inquadramento ai fini IVA della cessione di cubatura, occorre, invece, fare riferimento alla disposizione di carattere residuale contenuta nel comma 1 dell'art. 3 del d.P.R. n. 633 del 1972, in base alla quale costituiscono prestazioni di servizi, tra l'altro, le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte.
Tali prestazioni diservizi (i.e. cessione di cubatura) sono, dunque, soggette ad IVA con applicazione dell'aliquota IVA nella misura ordinaria.
In considerazione della qualificazione ai fini IVA della cessione di cubatura come prestazione di servizi, coerentemente, nei termini anzidetti, con il citato orientamento giurisprudenziale, devono, pertanto, ritenersi superati i chiarimenti forniti con la prassi amministrativa citata dalla società istante.
Infine, per completezza si fa presente che, in attuazione del principio di alternatività IVA/registro di cui all'articolo 40 del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, a mente del quale ''per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni servizi soggetti all'imposta sul valore aggiunto, l'imposta si applica in misura fissa'', l'atto di cessione di cubatura sconta l'imposta di registro nella misura fissa di 200 euro.
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Forfettari: chiarimenti su adesione al regime IOSS
Con Risposta a interpello n 74 del 18 gennaio le Entrate forniscono chiarimenti in merito al regime forfettario e la possibile adesione al regime IOSS.
Nel dettaglio, la società istante svolge, in modo prevalente, attività commerciale posta in essere ricorrendo al modello di vendita comunemente conosciuto come ''dropshipping'' che consente di vendere i prodotti senza che l'impresa venditrice li possegga fisicamente al momento dell'acquisto da parte degli utenti dell'ecommerce. Ciò in quanto l'ordine ricevuto dal cliente finale viene prontamente inoltrato al fornitore (effettivo possessore della merce), il quale si occupa della spedizione e consegna del prodotto per conto dell'impresa venditrice.
La società istante effettua, con propria interfaccia elettronica, vendite a distanza di beni di valore intrinseco inferiore a 150 euro importati da Paesi extraUE e spediti, per suo conto in Italia o in altri Paesi UE, a persone fisiche non soggetti d'imposta.
Il contribuente, che applica il regime forfettario, ha provveduto a registrarsi al regime IOSS al fine di versare l'IVA relativa alle menzionate operazioni di vendita a distanza, conformemente alle nuove regole vigenti dal 1° luglio 2021 (introdotte dal decreto legislativo n. 83 del 2021 in recepimento della Direttiva UE n. 2017/2455, che ha modificato la Direttiva UE n. 2006/112).
L'impresa ha effettuato a favore di persone fisiche residenti in Italia o in altri Stati europei vendite a distanza di beni importati da un Paese extraUE (comunicando allo spedizioniere il proprio codice identificativo IOSS ai fini delle relative procedure doganali) e chiede se:
- per le vendite a distanza tramite interfaccia elettronica rilevanti in Italia, i soggetti forfettari possano considerarsi esonerati dall'obbligo di trasmettere i dati e quale sia la procedura corretta per versare l'IVA.
- inoltre, considerata la fuoriuscita dal regime forfettario ed il passaggio al regime ordinario, chiede chiarimenti sulle modalità di liquidazione dell'IVA per le vendite in regime IOSS effettuate nei confronti di persone fisiche residenti in Italia.
Le Entrate innanzitutto ricordano che il nuovo articolo 14bis della Direttiva IVA prevede che, se un soggetto passivo facilita, tramite l'uso di un'interfaccia elettronica (quale una piattaforma, un portale o altri mezzi analoghi), le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o Paesi terzi con spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 euro, si considera che lo stesso soggetto passivo che facilita la vendita abbia ricevuto e ceduto detti beni.
La norma introduce l'istituto del c.d. ''fornitore presunto'' . L'articolo 2 bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 stabilisce che si considerano cessioni di beni effettuate dal soggetto passivo che facilita le stesse tramite l'uso di un'interfaccia elettronica (…) ''b) le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o da paesi terzi, di cui all'articolo 38bis, commi 2 e 3, del decretolegge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, in spedizioni di valore intrinseco non superiore a 150 euro''.
Il secondo comma dello stesso articolo specifica che ''Il soggetto passivo che facilita tramite l'uso di un'interfaccia elettronica le cessioni di beni di cui al comma 1 si considera cessionario e rivenditore di detti beni''.
Schematizzando, l'impianto impositivo della vendita a distanza di un bene importato da un territorio terzo o da Paese terzo mediante la facilitazione di una piattaforma residente (per rimanere al caso concreto) è scomponibile in due diverse operazioni:
- l'operazione di acquisto del prodotto all'esterno dell'Unione Europea da parte della piattaforma
- e la successiva rivendita dello stesso nei confronti dell'acquirente finale non soggetto passivo da parte della medesima piattaforma.
La prima operazione, tra il fornitore extra UE e la piattaforma, non verrà assoggettata ad imposta in quanto fuori campo IVA per difetto di territorialità essendo considerata alla stregua di una operazione senza trasporto.
La seconda, dall'interfaccia elettronica all'acquirente finale, sarà la cessione alla quale viene assegnato il trasporto e, pertanto, imponibile ad IVA da dichiarare e versare attraverso il portale dedicato.
L'introduzione del bene sul territorio unionale non verrà, pertanto, sottoposta ad imposizione in dogana posto che, fornito l'identificativo IOSS in quella sede, il pagamento dell'IVA verrà posticipato al tempo della dichiarazione IOSS relativa al periodo (entro la fine del mese successivo all'operazione).
Tanto premesso, con riferimento al quesito 1, si ricorda che il suddetto regime forfetario esclude i soggetti passivi con ammontare dei ricavi e compensi inferiore ai 65.000 euro annui (soglia ora elevata 85.000) dall'obbligo di applicare l'IVA in rivalsa sulle cessioni di beni o prestazioni di servizi dagli stessi poste in essere. (Per tutte le novità previste sul regime forfettario leggi: Guida al regime forfettario 2023).
Tuttavia, si ricorda che, ai sensi dell'articolo 1, comma 58, lettera e) della citata legge n. 140 del 2014, i contribuenti che si avvalgono del regime forfetario possono effettuare importazioni di beni applicando le regole ordinariamente previste per tali categorie di operazioni (rispettivamente, l'articolo 38, comma 5, lettera c), del decretolegge 30 agosto 1993, n. 331, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 ottobre 1993, n. 427, e successive modificazioni, e le disposizioni di cui al DPR 633/1972).
I contribuenti in esame sono esclusi dal diritto a detrarre l'imposta assolta, dovuta o addebitata sulle importazioni afferenti alle operazioni attive dagli stessi effettuate.
Si ritiene che l'adesione al regime IOSS sia possibile anche per i soggetti che beneficiano del regime c.d. forfetario, ferma restando l'applicazione alle operazioni soggette a detto regime, delle ordinarie regole in materia di territorialità e gli adempimenti connessi (cfr. articolo 1, comma 58, lettera e) della legge n. 190 del 2014).
Pertanto, un soggetto aderente al regime forfettario, operante in Italia come piattaforma facilitatric o come fornitore diretto, si ritiene possa dichiarare all'interno del regime IOSS, tramite il portale dedicato, le vendite a distanza di beni importati da territori terzi o da Paesi a favore di acquirenti residenti, applicando l'imposta ordinariamente dovuta in Italia.
In merito al quesito 2, concernente le modalità di compilazione della dichiarazione IVA IOSS di cui all'art. 74 sexies 1, comma 10, del decreto IVA, per le operazioni di vendita a distanza in cui l'Italia sia lo Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni a destinazione, si conferma che le predette operazioni debbano essere distintamente indicate, suddivise per aliquota di riferimento, nella dichiarazione IVA IOSS da presentarsi, con cadenza mensile, entro la fine del mese successivo cui la predetta dichiarazione si riferisce .
Ne consegue che l'IVA sulle operazioni in esame sarà dichiarata e versata tramite il portale IOSS anche nell'ipotesi in cui la società Alfa aderisca al regime ordinario.
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Credito di imposta zone ZES: proroga al 31 dicembre 2023
La Legge di Bilancio 2023 in vigore dal 1 gennaio, con il comma 267, modificando l'articolo 5, comma 2, primo periodo, del D.L. n. 91 del 2017, proroga dal 31 dicembre 2022 al 31 dicembre 2023 il credito di imposta per investimenti nelle ZES (Zone economiche speciali)
Conseguentemente provvede alla copertura degli oneri per il 2023 (indicati in 65,2 milioni) che viene posta a carico delle risorse del Fondo sviluppo e coesione (FSC) relativamente al ciclo di programmazione 2021-2027.Credito di imposta per investimenti nelle ZES
Ricordiamo che il D.L. 20 giugno 2017 n. 91, nell'ambito degli interventi urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno, ha previsto e disciplinato la possibilità di istituzione delle Zone Economiche Speciali (ZES) all'interno delle quali le imprese già operative o di nuovo insediamento possono beneficiare di agevolazioni fiscali e di semplificazioni amministrative.
Le Zone economiche speciali (ZES), istituite a valere sulle risorse Fondo sviluppo e coesione, sono concentrate nelle aree portuali e nelle aree ad esse economicamente collegate, nelle regioni meridionali.
Lo scopo delle ZES è quello di creare condizioni favorevoli in termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo sviluppo delle imprese già operanti e l'insediamento di nuove imprese.Tali imprese sono tenute al rispetto della normativa nazionale ed europea, nonché alle prescrizioni adottate per il funzionamento della stessa ZES, e beneficiano di speciali condizioni, in relazione alla natura incrementale degli investimenti e delle attività di sviluppo di impresa.
La Zona economica speciale è definita come un'area geograficamente delimitata e chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato, costituita anche da aree non territorialmente adiacenti, purché presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno un'area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento (UE) n. 1315 dell'11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, sugli orientamenti dell'Unione per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (TEN-T).
In particolare, le imprese che avviano un programma di attività economiche imprenditoriali o effettuano investimenti incrementali all'interno delle ZES usufruiscono di benefici fiscali, nonché di riduzione dei termini dei procedimenti e di semplificazione degli adempimenti rispetto alla normativa vigente, che sono definiti nell'articolo 5 del D.L. n. 91/2017.
Il Regolamento sull'istituzione delle Zone economiche speciali (ZES) è recato dal DPCM 25 gennaio 2018, n. 12.
Per gli investimenti effettuati nelle ZES il D.L. n. 91/2017 prevede inoltre che le imprese possano usufruire del credito d'imposta già previsto per gli investimenti in beni strumentali nuovi nelle regioni del Mezzogiorno nella misura stabilita dalla Carta degli aiuti a finalità regionaleLa fruizione del beneficio – a seguito delle modifiche apportate dalla legge di bilancio per il 2020 e poi dal decreto-legge n. 77 del 2021 – è commisurato alla quota del costo complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2022, nel limite massimo, per ciascun progetto di investimento, di 100 milioni di euro ed esteso all'acquisto di immobili strumentali agli investimenti.
Le imprese devono mantenere la loro attività nell'area ZES per almeno sette anni dopo il completamento dell'investimento oggetto delle agevolazioni e non devono essere in stato di liquidazione o di scioglimento.
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Residente in Svizzera in smart working per società italiana: la tassazione
Con Risposta a interpello n 55 del 17 gennaio 2023 si forniscono chiarimenti sul trattamento fiscale IRPEF di un soggetto residente in Svizzera che svolge attività di lavoro dipendente in modalità agile per una società italiana.
L'Istante dichiara di essere iscritto all'AIRE in quanto residente in Svizzera, e di lavorare a Milano alle dipendenze di una ditta con sede legale in Italia.
Il contribuente fa presente che, a decorrere da febbraio 2020, causa emergenza Covid, l'attività lavorativa viene prevalentemente svolta in Svizzera presso la sua abitazione.
Egli inoltre segnala che per l'annualità 2021 il datore di lavoro ha trattenuto l'imposta italiana alla fonte, ritenendo imponibili in italia gli emolumenti erogati al contribuente.
Ciò posto, l'Istante chiede di chiarire quale sia il corretto trattamento fiscale del reddito di lavoro dipendente percepito nel 2021 alla luce della normativa contenuta nell'articolo 15, paragrafi 1 e 2, della Convenzione tra l'Italia e la Svizzera per evitare le doppie imposizioni, ratificata con legge 23 dicembre 1978, n. 943.
Tassazione dei redditi di soggetti iscritti AIRE
Le Entrate ricordano che con l'articolo 2, comma 2, del TUIR si considerano fiscalmente residenti in Italia le persone fisiche che, per la maggior parte del periodo d'imposta, cioè per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile), sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Le condizioni sopra indicate sono tra loro alternative e la sussistenza anche di una sola di esse per la maggior parte del periodo d'imposta è sufficiente a far ritenere che un soggetto sia qualificato, ai fini fiscali, residente in Italia.
Ai sensi del comma 2bis del citato articolo 2 del TUIR, si considerano comunque residenti, salvo prova contraria, anche i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, individuati con decreto Ministeriale 4 maggio 1999.
Come chiarito nel paragrafo 2 della Circolare del Ministero Finanze del 24 giugno 1999, n. 140, la residenza fiscale è ritenuta, in via presuntiva, sussistente per coloro che siano anagraficamente emigrati in uno degli anzidetti Stati o territori senza dimostrare l'effettività della nuova residenza
Pertanto, anche a seguito della formale iscrizione all'AIRE, nei confronti di cittadini italiani trasferiti in Svizzera continua a sussistere una presunzione (relativa) di residenza fiscale in Italia, per effetto dell'articolo 2, comma 2bis, in quanto la Svizzera è inserita nella lista degli Stati e territori aventi un regime fiscale privilegiato di cui al Decreto Ministeriale 4 maggio 1999.
Sul piano della normativa interna ciò comporta che il contribuente continui, salvo prova contraria, ad essere assoggettato a imposizione in Italia, ai sensi dell'articolo 3 del TUIR.
L'agenzia sottolinea che le proprie valutazioni sono nel presupposto, non verificabile, di una effettiva residenza fiscale in Svizzera del contribuente nell'anno di riferimento, poiché questa è la fattispecie rappresentata dall'Istante.
Residente in Svizzera in smart working per società italiana: la tassazione
Si ricorda che l'articolo 3, comma 1, del TUIR prevede che ''l'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato''.
Inoltre, ai sensi dell'articolo 23, comma 1, lettera c) del TUIR, si considerano prodotti nel territorio dello Stato italiano i redditi da lavoro dipendente prestato nel territorio dello Stato.
Chiarito tutto ciò, della normativa italiana, occorre, tuttavia, considerare le disposizioni internazionali contenute in accordi conclusi dall'Italia con gli Stati esteri.
Nel caso in esame, si fa specifico riferimento alle disposizioni contenute nella citata Convenzione per evitare le doppie imposizioni in vigore con la Svizzera.
In particolare, l'articolo 15, paragrafo 1, del suddetto Trattato internazionale prevede la tassazione esclusiva dei redditi da lavoro subordinato nello Stato di residenza del Contribuente, a meno che tale attività lavorativa non venga svolta nell'altro Stato contraente la Convenzione; ipotesi in cui tali redditi devono essere assoggettati ad imposizione concorrente in entrambi i Paesi.
In particolare, le disposizioni contenute nel paragrafo 1 del citato articolo stabiliscono, in primo luogo, la tassazione esclusiva dei redditi di lavoro dipendente nello Stato di residenza quando l'attività è ivi svolta.
Nel caso in cui lo Stato di residenza e quello della fonte (ossia lo Stato in cui è stata svolta l'attività lavorativa che ha prodotto il reddito) non coincidano, si applica un regime di imposizione concorrente (cfr. articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione)
Il reddito di lavoro dipendente in esame, relativo all'anno d'imposta 2021, ricade, pertanto nell'ambito applicativo dell'articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione, con conseguente assoggettamento ad imposizione concorrente di tali emolumenti in Svizzera ed in quello della fonte del reddito, l'Italia,
La conseguente doppia imposizione dovrà essere eliminata in Svizzera, Stato di residenza del Contribuente, mediante l'applicazione delle disposizioni contenute nell'articolo 24, paragrafo 3, del citato Trattato internazionale.
Per completezza, si osserva che nel 2021 era in vigore tra Italia e Svizzera l'Accordo amichevole interpretativo della Convenzione riguardante il trattamento fiscale dei frontalieri durante l'emergenza Covid 19, firmato a Berna il 18 giugno 2020 e a Roma il 19 giugno 2020 Tale Accordo (il cui ambito applicativo non è limitato ai soli lavoratori frontalieri ma è esteso alla generalità dei lavoratori dipendenti) prevede, al paragrafo 1, che, ai fini dell'interpretazione dell'articolo 15, paragrafo 1, della Convenzione, in via eccezionale e provvisoria, i giorni di lavoro svolti a domicilio nello Stato di residenza del Contribuente a causa delle misure adottate per impedire la diffusione del Covid, alle dipendenze di un datore di lavoro situato nell'altro Stato contraente la Convenzione, devono essere considerati come giorni di lavoro svolti nello Stato in cui la persona avrebbe lavorato e ricevuto in corrispettivo il reddito di lavoro dipendente in assenza di tali misure
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Bilancio intermediari IFRS diversi da intermediari bancari: nuove regole per il 2023
Viene pubblicato in GU n 14 del 18 gennaio il Provvedimento del 17 novembre 2022 con Disposizioni relative a «Il bilancio degli intermediari IFRS diversi dagli intermediari bancari».
Si specifica che le disposizioni, che disciplinano gli schemi di bilancio, si applicano a partire dal bilancio relativo all'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2023 abrogando le disposizioni «Il bilancio degli intermediari IFRS diversi dagli intermediari bancari» di cui al Provvedimento della Banca d'Italia del 29 ottobre 2021.
Attenzione al fatto che tali ultime continuano ad applicarsi al bilancio relativo all'esercizio chiuso o in corso al 31 dicembre 2022, integrate dalle modifiche ai destinatari delle disposizioni contenute nei paragrafi
- 1 «Destinatari e contenuto delle disposizioni»
- 3 «Schemi del bilancio» del Capitolo 1 «Principi generali» e nell'Allegato C «Schemi di bilancio e di nota integrativa delle SIM» – Bilancio consolidato – Parte D «Altre informazioni» previste dalle allegate disposizioni
Le nuove disposizioni emanate ai sensi dell’art. 43 del decreto legislativo 18 agosto 2015 n. 136 si applicano ai seguenti soggetti:
- a) alle società di intermediazione mobiliare di cui all'art. 1, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (“SIM”);
- b) alle società di gestione del risparmio di cui all'art. 1, comma 1, lettera o), del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (“SGR”);
- c) alle società finanziarie iscritte nell'albo di cui all'art. 106 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385 (di seguito “TUB”), alle agenzie di prestito su pegno di cui all’art. 112 del TUB, agli istituti di moneta elettronica (IMEL) di cui al titolo V-bis del TUB, agli istituti di pagamento (IDP) di cui al titolo V-ter del TUB (gli operatori di cui alla presente lettera sono, di seguito, chiamati “intermediari finanziari”);
- d) alle holding di investimento madre nell’Unione italiane e alle società di partecipazione finanziaria mista madre nell’Unione italiane – quando il settore di maggiore dimensione all'interno del conglomerato finanziario non è quello assicurativo – che controllano gruppi iscritti nell'albo di cui all'art. 11, comma 1 bis del decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 (di seguito “TUF”), nonché alle società di partecipazione finanziaria italiane e alle società di partecipazione finanziaria mista italiane – quando il settore di maggiore dimensione all'interno del conglomerato finanziario non è quello assicurativo – che controllano gruppi di cui fanno parte SIM di classe 1 ma nessuna banca;
- e) alle società finanziarie capogruppo di gruppi finanziari iscritti nell'albo di cui all'art. 110 del TUB.
Viene precisato che:
- i soggetti di cui alle lettere da a) a e) costituiscono gli “intermediari IFRS”, come definiti dall’art. 1, comma 1, lettera c) del “decreto 136/2015”, diversi da quelli tenuti a redigere il bilancio dell’impresa e/o consolidato secondo quanto previsto dalla Circolare n. 262 del 22 dicembre 2005 della Banca d'Italia;
- i soggetti di cui alle lettere a), b) e c) esclusi gli IDP e gli IMEL “ibridi non finanziari” redigono per ciascun esercizio il bilancio dell’impresa e, ove ne ricorrano i presupposti ai sensi del decreto 136/2015, il bilancio consolidato in conformità ai principi contabili internazionali di cui all’art. 1 del decreto legislativo 28 febbraio 2005, n. 38 e secondo le disposizioni contenute negli allegati A, B e C del presente provvedimento.
- le società di cui alla lettera d) redigono sia il bilancio individuale sia il bilancio consolidato in conformità ai principi contabili internazionali di cui all’art. 1 del decreto IAS e secondo le disposizioni contenute nell’allegato C del presente provvedimento;
- le società di cui alla lettera e) redigono sia il bilancio individuale sia il bilancio consolidato in conformità ai principi contabili internazionali di cui all’art. 1 del decreto IAS e secondo le disposizioni contenute nell’allegato A del presente provvedimento.
Gli IDP e gli IMEL “ibridi finanziari” e “ibridi non finanziari” redigono il rendiconto del patrimonio destinato allo svolgimento dei servizi di pagamento e/o all’emissione di moneta elettronica di cui all’art. 8, comma 1bis del decreto IAS, in conformità ai principi contabili internazionali di cui all’art. 1 del decreto IAS e secondo le disposizioni contenute nell’allegato D del presente provvedimento.