• Contenzioso Tributario

    Autotutela sostitutiva: il problema delle spese processuali

    La sentenza numero 30051 della Corte di Cassazione, pubblicata il 21 novembre 2024, ha legittimato la cosiddetta autotutela sostitutiva, peggiorativa per il contribuente; la quale consiste nella facoltà, concessa l’amministrazione finanziaria, di annullare un atto di accertamento, anche in sede processuale, e di poterne emettere uno nuovo, basato su una diversa valutazione dei fatti contestati nel primo atto, anche con una pretesa maggiore.

    Per un approfondimento dell’argomento è possibile leggere l’articolo “Legittima l’autotutela sostitutiva peggiorativa per il contribuente”.

    Che una facoltà di contestazione così strutturata costituisca un potere coercitivo dell’amministrazione finanziaria, nei confronti del contribuente, appare evidente; e la situazione si aggrava se si prendono in considerazione anche le spese processuali.

    Il problema delle spese processuali

    Trasportando sul piano processuale la facoltà di autotutela sostitutiva, concessa all’amministrazione finanziaria, ciò che può succedere è che, nel mezzo di una causa, l’ufficio annulli l’atto, rivaluti la pretesa originaria ed emetta un nuovo atto con una pretesa anche maggiore.

    Ciò è possibile perché l’esercizio di tale facoltà è concessa all’amministrazione finanziaria anche in sede processuale, e questo può comportare delle conseguenze per il contribuente.

    Infatti, per effetti dell’annullamento dell’atto, viene meno la materia del contendere, e, in conseguenza di ciò, il processo si estingue, come stabilito dall’articolo 46 del Decreto Legislativo 546/1992; in questa situazione, in cui il processo si estingue senza vincitori né vinti, in base all’articolo 15 del medesimo Decreto Legislativo 546/1992, si applica la compensazione delle spese.

    Poi, con l’emissione del nuovo atto di contestazione, il contribuente si trova nella situazione di dover sostenere nuovamente le spese processuali, dopo aver dovuto sostenere quelle per il primo processo, finito senza risultato per motivi non imputabili a questi.

    A tutti gli effetti, in sede processuale, la facoltà di autotutela peggiorativa potrebbe configurarsi come un jolly concesso all’amministrazione finanziaria per contestare ex novo una determinata pretesa, senza neanche dover sostenere le spese processuali.

    Per il contribuente, che si potrebbe ritrovare a dover sostenere i costi di più processi, tale situazione rappresenterebbe in un notevole aggravio. Già oggi molti contribuenti preferiscono non contestare pretese erariali che non condividono, per non dover sostenere l’onerosità del procedimento; se consideriamo che, in conseguenza dell’autotutela sostitutiva, tali costi potrebbero ulteriormente lievitare, va da sé che ciò costituisce una compressione del diritto di difesa del contribuente per eccessiva onerosità della procedura.

  • IMU e IVIE

    Esenzione IMU fabbricato rurale: spetta con l’annotazione catastale

    Con l'Ordinanza n 32300 del 13 dicembre 2024 la Cassazione ha statuito un principio importante che dovrebbe risolvere molte controversie, tra agricoltori e Comuni, relativamente all'IMU di terreni con immobili prima destinati ad abitazione e oggi utilizzati a supporto delle attività (depositi attrezzi, locali per protezione piante, conservazione prodotti, mangimi e altro).

    Esenzione IMU fabbricato rurale: basta l’annotazione

    Un società agricola propone ricorso in Cassazione contro il rigetto del ricorso proposto avverso un avviso di accertamento IMU emesso dal Comune.

    In particolare, con unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 1, comma 708, L. n. 147/2013, nonché dell'art. 5, D.M. Min. Economia e Finanze 26 luglio 2012 e dell'art. 9, commi 3 e 3-bis, del D.L. n. 557/1993 per avere la Corte di giustizia tributaria di secondo grado, nell'escludere la natura rurale dei fabbricati in possesso della ricorrente sul presupposto che gli stessi risultavano accatastati nelle categorie A/3 e A/4 (e non quali A/6), senza aver valorizzato e considerato l'avvenuta annotazione catastale, predisposta a seguito di specifica domanda, attestante la natura rurale e strumentale degli stessi.

    Secondo la Cassazione la doglianza è fondata.

    Viene evidenziato che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado, nel caso di specie, ha ritenuto insussistente i requisiti per la richiesta esenzione IMU evidenziando che "la società contribuente risulta proprietaria degli immobili in questione, accatastati come A3 e A4 (e quindi con destinazione abitativa), per i quali non è stata presentata alcuna richiesta di variazione e/o fornita prova della loro natura di beni "rurali strumentali".

    La Cassazione afferma che, un fabbricato rurale classificato dalle origini in una categoria catastale abitativa, se in possesso dell’annotazione della sussistenza dei requisiti di ruralità negli atti del catasto, può avere il trattamento agevolato Imu destinato ai fabbricati rurali strumentali all’esercizio delle attività agricole.

    Tale annotazione apposta secondo il Dm 26 luglio 2012, emanato in virtù dell’articolo 13, comma 14-bis, del Dl 201/2011 è idonea a certificare il rispetto dei requisiti impartiti dall’articolo 9, comma 3-bis, del Dl 557/1993.

    Secondo la Cassazione nelle cause pendenti l’indagine dei giudici di merito deve essere indirizzata sclusivamente alla verifica circa la presenza dell’attestazione di ruralità nella relativa certificazione non rilevando la categoria catastale, inidonea a rivelare se un immobile sia rispettoso dei requisiti di ruralità. 

     In origine i fabbricati rurali avrebbero dovuto essere classificati in categoria A/6 se abitativi e D/10 se strumentali, ma, come rileva la Cassazioen questa impostazione è stata superata in quanto l’articolo 7, commi 2-bis, 2-ter e 2-quater, del Dl 70/2011, secondo cui doveva presentarsi domanda per l’attribuzione delle predette categorie, è stato abrogato dall’articolo 13, comma 14-bis, del Dl 201/2011. 

    Qunidi il Dm 14 settembre 2011 è stato sostituito dal Dm 26 luglio 2012 secondo il cui articolo 1, comma 2, per i fabbricati diversi da quelli censibili nella categoria D/10, al fine di iscrivere negli atti del catasto la sussistenza del requisito di ruralità, è apposta una specifica annotazione dietro domanda dell’interessato. 

  • Turismo

    Misure per il Turismo prorogate dal Milleproroghe

    Con un comunicato pubblicato sul proprio sito internet il Turismo riepiloga in sintesi le misure agevolative che riguardano le imprese operanti nel settore turistico che hanno subito delle proroghe a seguito della approvazione del Decreto Milleproroghe 2025, pubblicato in GU n 302 del 27 dicembe 2024.

    Sostegno al turismo nei Comuni della dorsale appenninica: cosa contiene il Milleproroghe

    La prima misura, relativa al sostegno al turismo nei Comuni all’interno dei comprensori e delle aree sciistiche della dorsale appenninica, proroga al 31 marzo 2025 il termine entro cui erogare i contributi in favore di alcune categorie di imprese.

    I destinatari del contributo a fondo perduto, riconosciuto alle attività che hanno subito una diminuzione delle presenze turistiche a causa della scarsità di precipitazioni nevose nel periodo dal 1° novembre 2023 al 31 marzo 2024, con conseguente riduzione dei ricavi non inferiore al 30% rispetto a quelli conseguiti nel periodo dal 1° novembre 2021 al 31 marzo 2022, sono:

    • esercenti attività di impianti di risalita a fune e di innevamento artificiale, nonché di preparazione delle piste da sci;
    • noleggiatori di attrezzature per sport invernali;
    • maestri di sci, iscritti negli appositi albi professionali, e delle scuole di sci presso le quali questi operano;
    • agenzie di viaggio;
    • tour operator;
    • gestori di stabilimenti termali;
    • imprese turistico-ricettive e imprese di ristorazione.

    Contributi imprese ricettive: cosa contiene il Milleproroghe

    La seconda misura proroga fino al 31 ottobre 2025 il termine per la conclusione di alcuni interventi, rispetto ai quali è previsto, a favore delle imprese turistiche, il riconoscimento di due contributi:

    • il credito d’imposta fino all’80% delle spese sostenute, 
    • il contributo a fondo perduto non superiore al 50% delle spese sostenute, relativamente a interventi di incremento dell’efficienza energetica delle strutture e di riqualificazione antisismica, di eliminazione delle barriere architettoniche, di interventi edilizi funzionali agli interventi precedenti, di realizzazione di piscine termali e acquisizione di attrezzature e apparecchiature per lo svolgimento delle attività termali, nonché interventi di digitalizzazione.

    I destinatari di questa misura sono:

    • le imprese alberghiere;
    • le imprese che esercitano attività agrituristica;
    • le imprese che gestiscono strutture ricettive all’aria aperta;
    • le imprese del comparto turistico, ricreativo, fieristico e congressuale, compresi gli stabilimenti balneari, i complessi termali, i porti turistici, i parchi tematici, inclusi i parchi acquatici e faunistici.

    Impianti fotovoltaici Turismo: cosa contiene il Milleproroghe

    La terza misura prevede la proroga al 31 dicembre 2025 della durata della misura di semplificazione per la realizzazione, previa dichiarazione di inizio lavoro asseverata (DILA), di impianti fotovoltaici all’interno di aree nella disponibilità di strutture turistiche o termali che, secondo la normativa vigente, produrrebbe i suoi effetti fino al 31 dicembre 2024.

    Lavoro imprese del turismo: cosa contiene il Milleproroghe

    La quarta misura proroga il termine entro il quale i datori di lavoro nel settore privato possono stipulare contratti a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi, in ogni caso non superiore a 24 mesi e in assenza di specifiche previsioni contenute nei contratti collettivi, per esigenze di natura tecnica, organizzativa o produttiva individuate dalle parti.

    Rischi catastrofali imprese del turismo: cosa contiene il Milleproroghe

    La quinta misura, infine, inserita nell’articolo relativo alle proroghe in materie di competenza del Ministero delle Imprese e del Made in Italy, proroga al 31 marzo 2025 il termine per la stipula di contratti assicurativi in capo alle imprese per la copertura dei rischi catastrofali, per consentire agli organismi associativi una compiuta azione informativa e divulgativa e alle imprese una scelta ponderata e ragionata della migliore polizza anche in ragione dei diversi rischi catastrofali indicati e definiti nella fonte secondaria.

    L’attuazione di queste proroghe consente di avere a disposizione più tempo per portare a termine le procedure necessarie e, quindi, per contribuire fattivamente alla ripresa delle attività economico-produttive degli operatori del settore, incentivando un potenziamento complessivo dell’offerta turistica nazionale.

  • Redditi di Capitale

    Residente in Lussemburgo: tassazione per gli utili di società italiana

    Con Risposta a interpello n 6 del 17 gennaio le Entrate replicano ad un soggetto residente all'estero, iscritto AIRE, che percepisce redditi di lavoro dipendente in Lussenburgo e intende costituire in Italia una S.R.L.S. di cui sarà l'unico socio e amministratore, a cui dedicherà il 20 25 % del suo tempo. 

    Tale Società avrà come attività principale il brokeraggio assicurativo (codice ATECO 66.22.01), che si svolgerà esclusivamente in Italia.
    In relazione a tali circostanze, l'Istante chiede chiarimenti, anche ai sensi della Convenzione tra l'Italia e il Lussemburgo per evitare le doppie imposizioni, ratificata con legge 14 agosto 1982, n. 747 sul trattamento fiscale di: 

    1. redditi da lavoro dipendente percepiti in Lussemburgo (primo quesito); 
    2. utili prodotti della Società (secondo quesito).

    Vediamo i chiarimenti ADE sulla imposizione esclusiva in Lussemburgo del reddito da lavoro dipendente ivi prodotto da un cittadino ivi residente e imposizione esclusiva in Italia degli utili prodotti da una società di brokeraggio assicurativo residente senza una stabile organizzazione in Lussemburgo.

    Residente in Lussemburgo: tassazione per gli utili di società italiana

    Le Entrate evidenziano quanto segue:

    • nell'assunto di una residenza fiscale dell'Istante in Lussemburgo, l'articolo 3, comma 1, del Testo Unico dell'Imposte sui Redditi, approvato con D.P.R. del 22 dicembre 1986, n. 917 prevede che ''l'imposta si applica sul reddito complessivo del soggetto formato per i residenti da tutti i redditi posseduti al netto degli oneri deducibili indicati nell'articolo 10 e per i non residenti soltanto da quelli prodotti nel territorio dello Stato''. Pertanto, il Contribuente, qualora sia fiscalmente residente all'estero, sarà soggetto ad imposizione in Italia soltanto sui redditi prodotti nel nostro Paese, individuati secondo i criteri previsti dall'articolo 23 del TUIR, il quale, al comma 1, lettera c), stabilisce che i redditi da lavoro dipendente si considerano prodotti in Italia se l'attività lavorativa è stata prestata nel territorio dello Stato. Da ciò ne consegue che, se l'attività di lavoro dipendente non è svolta in Italia, ma esclusivamente in Lussemburgo (Stato di residenza del Contribuente), i redditi che ne derivano non sono soggetti a tassazione in Italia. Tali conclusioni non sono derogate dalle disposizioni della Convenzione applicabili al caso di specie, a cui occorre dare prevalenza sul diritto interno secondo quanto sancito dall'articolo 169 del TUIR e dall'articolo 75 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 600. Ed infatti, l'articolo 15 della Convenzione, relativo ai redditi da lavoro subordinato, al paragrafo 1, prevede che ''i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un'attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell'altro Stato contraente. Se l'attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato''.
      Pertanto, anche secondo il diritto convenzionale, se l'Istante è fiscalmente residente e svolge attività di lavoro subordinato solamente in Lussemburgo, è soggetto ad imposizione per i redditi che ne derivano soltanto in tale Paese.
    • per gli utili di cui tratta l'istante si osserva che, nell'assunto di una residenza fiscale della Società in Italia e dello svolgimento dell'attività interamente nel nostro Paese, senza alcuna stabile organizzazione all'estero circostanze non riscontrabili in questa sede, gli utili costituiscono un reddito imponibile esclusivamente in Italia, ai sensi del combinato disposto degli articoli 73, comma 1, lettera a), 81 e 83 del TUIR.
      Peraltro, la potestà impositiva esclusiva dell'Italia è confermata dall'articolo 7 della Convenzione, relativo agli utili delle imprese, che stabilisce che ''Gli utili di un'impresa di uno Stato contraente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che l'impresa non svolga la sua attività nell'altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata''. Da ciò ne deriva che, anche secondo la Convenzione (di cui si ribadisce la prevalenza sul diritto interno), se la Società è fiscalmente residente e svolge la propria attività esclusivamente in Italia, senza una stabile organizzazione all'estero, i redditi alla stessa imputabili sono soggetti a tassazione soltanto nel nostro Paese.

    Allegati:
  • Legge di Bilancio

    Spese di trasferta e rappresentanza: tutte le novità 2025

    La Legge di bilancio 2025 in vigore dal 1° gennaio 2025, tra le altre novità, prevede novità sulla deducibilità delle spese di trasferta.

    Spese di trasferta e rappresentanza: tutte le novità 2025

    Nel dettaglio, il comma 81 dell'art 1 della Legge di Bilancio 2025 apporta una serie di modifiche al testo unico delle imposte sui redditi (TUIR), di cui al D.P.R. n. 917 del 1986.

    La lettera a), intervenendo sull’articolo 51, comma 5, riguardante il concorso alla formazione del reddito da lavoro dipendente delle indennità percepite per le trasferte o le missioni fuori del territorio comunale, delle spese di alloggio e di vitto, specifica che i rimborsi delle spese per vitto, alloggio, viaggio e trasporto, effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea di cui all’articolo 1 della legge n. 21 del 1992 (servizio di taxi e servizio di noleggio con conducente), non concorrono a formare il reddito se le predette spese sono effettuate con metodi tracciabili, cioè con versamento bancario o postale ovvero mediante altri sistemi di pagamento previsti dall’articolo 23 del decreto legislativo n. 241 del 1997 (carte di debito, di credito e prepagate, assegni bancari e circolari).

    La lettera b), aggiunge il comma 6-ter all’articolo 54, riguardante la determinazione del reddito da lavoro autonomo.

    In proposito si segnala che il decreto legislativo 13 dicembre 2024, n. 192concernente “Revisione del regime impositivo dei redditi (IRPEF-IRES)”, ha sostituito l’art. 54 TUIR con gli attuali articoli da 54 a 54-octies, a partire dal periodo di imposta in corso al 31 dicembre 2024. Leggi: Riaddebito spese al cliente: novità per i professionisti.

    Nel testo come modificato l’articolo 54 contiene tre soli commi e la disciplina incisa dalla novella in esame sembrerebbe doversi trovare nell’art. 54-septies. 

    La novella in questione specifica che, ferma restando la disciplina della deducibilità delle spese di cui ai commi 5 e 6, le spese relative a prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande e le spese per viaggio e trasporto, effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea indicati nella lettera precedente, addebitate analiticamente al committente, nonché i rimborsi analitici relativi alle medesime spese sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autonomi, sono deducibili se effettuate con i metodi tracciabili di cui alla lettera precedenti.

    La lettera c), aggiungendo il comma 3-bis all’articolo 95, riguardante le spese per prestazioni di lavoro dipendente deducibili dal reddito, specifica che le spese di vitto e alloggio, nonché i rimborsi analitici delle spese per viaggio e trasporto, effettuati mediante autoservizi pubblici non di linea indicati nelle lettere precedenti, sostenute per le trasferte dei dipendenti ovvero corrisposti a lavoratori autonomi, sono deducibili nei limiti di cui ai commi 1, 2 e 3 del medesimo articolo 95 se effettuate con i metodi tracciabili di cui alle lettere precedenti.

    La lettera d), intervenendo sull’articolo 108, comma 2, riguardante la deducibilità dal reddito imponibile delle spese di rappresentanza, specifica che le spese medesime sono deducibili se effettuate con i metodi tracciabili di cui alle lettere precedenti.

  • Agricoltura

    Proprietà contadina: l’acquisto senza liberalità non gode di registro agevolato

    La Cassazione con Ordinanza n 306778 del 28 novembre ha stabilito il seguente principio: il pagamento del prezzo di una compravendita effettuato dai genitori dell’acquirente, senza spirito di liberalità e con la previsione che il figlio dovrà restituire il relativo importo ai genitori stessi, sconta l’imposta di registro con l’aliquota del 3 per cento.

    Proprietà contadina: l’acquisto senza liberalità non gode di registro agevolato

    Nel caso di specie si è trattato di un atto notarile con oggetto il trasferimento di un terreno da parte di una società, nei confronti di una persona fisica.

    Il soggetto persona fisica ha richiesto di avvalersi delle agevolazioni previste per la “piccola proprietà contadina” di cui alla legge n. 25/2010.

    Il notaio, preso atto di ciò, ha versato le imposte previste per la casistica e cioè:

    • imposta di registro e ipotecaria in misura fissa,
    • imposta catastale in misura ordinaria, con l’aliquota dell’1 per cento.

    Nell’atto le parti hanno espressamente dichiarato che l’intero prezzo della compravendita è stato corrisposto dai genitori dell’acquirente, i quali hanno richiamato l’articolo 1180 del codice civile e hanno affermato che il pagamento è stato fatto senza spirito di liberalità, prevedendo l’insorgere, in capo al figlio, dell’obbligo di restituzione della stessa somma.

    Tale circostanza è molto frequente nella prassi e di solito, non dà luogo a ulteriore pagamento d’imposta in quanto il legislatore, al fine di rendere maggiormente trasparente il pagamento del corrispettivo ha disposto (articolo 1, comma 4-ter, Testo unico successioni e donazioni, Dlgs n. 346/1990) che l'imposta non si applica nei casi di donazioni o di altre liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l'atto sia prevista l'applicazione dell'imposta di registro, in misura proporzionale, o dell'imposta sul valore aggiunto”.

    Nel caso in esame l’ufficio ha inviato un avviso di liquidazione applicando l’imposta di registro con l’aliquota del 3% sull’importo relativo al prezzo della compravendita, per tassare il negozio relativo all’adempimento del terzo.

    Il motivo principale per il quale l’ufficio ha emesso l’avviso di liquidazione è dato dal fatto che il pagamento del prezzo da parte dei genitori è stato effettuato “senza spirito di liberalità”.

    Di conseguenza, non sussistevano le condizioni per l’applicabilità dell’articolo 1 del Tus sopra richiamato che è applicabile solo nelle ipotesi di “donazioni o altre liberalità…”. 

    Il fatto che nell’atto sia stato specificato che il pagamento da parte dei genitori veniva effettuato senza spirito di liberalità e che sul figlio gravava l’obbligo di restituzione ha reso inapplicabile tale disposizione.

    Oltre a tale circostanza è opportuno rilevare che il beneficio della non applicazione dell’imposta per le citate tipologie di liberalità si applica a condizione che per l’atto al quale si riferiscono sia previsto il pagamento dell’imposta di registro proporzionale o dell’Iva.

    Nel caso in esame l’acquirente aveva richiesto le agevolazioni per la “piccola proprietà contadina” e, quindi, l’imposta di registro era dovuta solo in misura fissa. 

    Anche questa circostanza ha reso inapplicabile il disposto dell’articolo 1, comma 4-ter del Tus.

    Il Notaio ricorreva contro l'avviso di liquidazione e tanto la CTP quando la CTR lo ritenevano invece legittimo.

    La Corte di Cassazione, con la pronuncia in oggetto ha sostenuto che la previsione della restituzione delle somme da parte del figlio acquirente impedisce di qualificare il pagamento dei genitori come un mero negozio di natura solutoria.

    Inoltre, secondo la Cassazione non vi è stata alcuna violazione, da parte dell’ufficio, dell’articolo 20 del Testo unico sull’imposta di registro (Dpr n. 131/1986), considerato che il negozio oggetto di tassazione risultava espressamente dall’atto stesso e non desunto da elementi esterni. 

    Nella motivazione della pronuncia la Cassazione evidenzia che l'agenzia ha applicato l’imposta “…secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione”.

    Quindi si è ritenuto che l’adempimento da parte del terzo costituisse un negozio avente ad oggetto una prestazione a contenuto patrimoniale e, pertanto, da tassare secondo l’articolo 9 della Tariffa, parte prima, allegata al citato Dpr n. 131/1986.

    La Corte di Cassazione ha espresso il seguente principio di diritto “L’adempimento del terzo, il quale di per sé non determina nei confronti del debitore, ai sensi di legge, un obbligo di restituzione di quanto corrisposto, qualora sia fronteggiato, nel contratto di compravendita nel quale il terzo sia intervenuto, dall’assunzione di un tale obbligo, da parte del debitore, costituisce operazione di natura negoziale a contenuto patrimoniale ai fini dell’applicazione dell’art. 9 della Tariffa Parte Prima del D.P.R. 131/1986”.

  • Contribuenti minimi

    Regime transfrontaliero di franchigia: il via dal 1° gennaio

    Dal 1° gennaio è in vigore il regime transfrontaliero di franchigia previsto dal dlgs n 180/2024 pubblicato sulla GU n 281 del 30.11.2024.

    In dettaglio il decreto è adottato ai fini della attuazione:

    • della  direttiva  (UE)  2020/285 del  Consiglio  del  18 febbraio 2020 che modifica la direttiva 2006/112/CE per quanto riguarda il regime speciale per le piccole imprese 
    • e della direttiva UE 2022/542 del Consiglio del 5 aprile 2022  recante modifica  delle direttive 2006/112/CE e (UE) 2020/285 per quanto riguarda le aliquote dell'imposta sul valore aggiunto.

    Come evidenziato dalla relazione ilustrativa al decreto, il recepimento della direttiva (UE) 2020/285 avviene in due piani distinti: 

    • il primo relativo alle modifiche sistematiche apportate alla legge n. 190 del 2014, che regola il regime forfettario nazionale al quale è collegato il regime di franchigia IVA. 
    • il secondo piano è relativo alla trasposizione nel quadro normativo nazionale delle disposizioni della direttiva (UE) 2020/285. 

    Il decreto in oggetto introduce il nuovo tiolo V-ter nel corpus del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 che disciplina il nuovo regime di franchigia IVA, suddiviso in due Sezioni: 

    • la prima dedicata all’applicazione del regime di franchigia IVA nazionale ai soggetti stabiliti in altri Stati membri dell’Unione europea, 
    • la seconda relativa all’applicazione del regime di franchigia in altri SM, da parte dei soggetti stabiliti in Italia.

    Regime transfrontaliero di franchigia: sintesi dei contenuti

    Partito dal 1° gennaio il nuovo regime speciale transfrontaliero di franchigia Iva per le piccole imprese. 

    La novità prevede che i soggetti stabiliti in uno Stato membro dell’UE potranno realizzare prestazioni di servizio e cessioni di beni senza applicazione dell’imposta e senza diritto alla detrazione, anche in altri Stati membri, a determinate condizioni.

    In particolare, il nuovo regime speciale, prevede per le piccole imprese la non applicazione dell’Iva in Stati membri diversi da quello di stabilimento a condizione che:

    • rispetti le regole previste da ogni Stato membro per l’accesso al regime di franchigia nazionale,
    • nell’anno civile il volume d’affari annuo nell’Unione Europea non sia superiore a 100.000€ (per l’accesso al regime bisogna verificare anche il volume d’affari del periodo dell’anno civile precedente),
    • il soggetto stabilito comunichi allo Stato di stabilimento la sua intenzione di avvalersi del regime di franchigia in uno o più Stati dell’unione Europea. Lo Stato membro di stabilimento attribuisce al soggetto passivo un numero individuale di identificazione contenente il suffisso “EX”.

    A tal proposito, in relazione a questa comunicazione e con specifico riferimento agli obblighi imposti ai soggetti passivi stabiliti in Italia, con il Provvedimento n 460166 del 30 novembre le Entrate hanno fissato le regole.

    Più in dettaglio il provvedimento stabilisce le regole per la presentazione della comunicazione preventiva.

    Leggi anche: Regime franchigia IVA: regole per la comunicazione alle Entrate

    Regime di franchigia applicato nello Stato da parte di soggetti stabiliti in altri Stati membri UE

    In particoalre nella Sezione II del decreto in oggetto si disciplinano le regole per il Regime di franchigia applicato nello Stato da parte di soggetti stabiliti in altri Stati membri dell'Unione europea
    Un soggetto passivo persona fisica stabilito in un altro Stato membro dell'Unione europea puo' applicare il regime di franchigia nel  territorio dello Stato se ricorrono le seguenti condizioni:

    • a)  nell'anno  civile  precedente,  il  volume  d'affari  annuo dell'Unione europea non e' stato superiore a 100.000 euro;
    • b)  nell'anno  civile  precedente,  il  volume  d'affari  annuo realizzato nel territorio dello Stato non e' stato superiore a 85.000 euro o alla minor soglia stabilita dall'articolo 1, comma  54,  della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
    • c) nel  periodo  dell'anno  civile  in  corso  precedente  alla notifica di cui alla  lettera  d),  il  volume  d'affari  nell'Unione europea non e' superiore a 100.000 euro;
    • d) ha previamente comunicato al proprio Stato  di  stabilimento l'intenzione di avvalersi del regime  di  franchigia  nel  territorio dello Stato;
    • e) e' identificato, ai fini  dell'applicazione  del  regime  di franchigia, dal numero di  identificazione  EX  esclusivamente  nello Stato membro di stabilimento.

    Il soggetto passivo non puo' comunque avvalersi del regime  di franchigia IVA se, nel territorio dello Stato:

    • a)  effettua  in  via  esclusiva  o  prevalente   cessioni   di fabbricati o porzioni di fabbricato, di  terreni  edificabili,  o  di mezzi di trasporto nuovi;
    • b) partecipa a societa' di persone, ad associazioni o a imprese familiari, ovvero controlla direttamente o indirettamente societa'  a responsabilita' limitata o associazioni in partecipazione,  le  quali esercitano  attivita' economiche   direttamente   o   indirettamente riconducibili a quelle svolte dal medesimo soggetto passivo;
    • c) nell'anno  civile  precedente  ha  sostenuto  spese  per  un ammontare  complessivamente  superiore  a  20.000  euro   lordi   per lavoratori dipendenti e  collaboratori,  comprese  le  somme  erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati,  o  per  altre prestazioni  di  lavoro  non  riconducibili  a  contratti  di  lavoro autonomo;
    • d) effettua operazioni prevalentemente nei confronti di  datori di lavoro con i quali sono  in  corso  rapporti  di  lavoro  o  erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti  periodi  d'imposta, ovvero  nei  confronti  di  soggetti  direttamente  o  indirettamente riconducibili  ai  suddetti  datori  di  lavoro,  ad  esclusione  del soggetto che inizia una nuova attivita' dopo aver svolto  il  periodo di pratica obbligatoria ai fini dell'esercizio di arti o professioni;
    • e)  nell'anno  precedente  ha  percepito  redditi   di   lavoro dipendente e  redditi  assimilati  a  quelli  di  lavoro  dipendente, eccedenti l'importo di 30.000 euro; la verifica  di  tale  soglia  e' irrilevante se il rapporto di lavoro e' cessato.

    Il soggetto passivo ammesso al regime di  franchigia  nello  Stato applica tale regime a partire  dalla  data  in  cui  ha ricevuto  la comunicazione del numero di identificazione EX da parte  dello  Stato di stabilimento. Se il soggetto  passivo  e' gia'  identificato  nel territorio dello Stato ai sensi dell'articolo  17,  comma  3,  ovvero dell'articolo 35-ter, il numero di partita IVA gia' attribuito  viene cessato per il periodo in cui il soggetto passivo opera in regime  di franchigia.

    Il  soggetto  passivo ammesso   al   regime   di   franchigia è esonerato nel territorio dello Stato da tutti  gli adempimenti IVA ad  eccezione  dell'obbligo  di  certificazione  dei corrispettivi e di conservazione dei relativi documenti. 

    La  fattura, ove prevista, puo' essere  emessa  in  forma  semplificata  ai  sensi dell'articolo 21-bis, anche se di ammontare complessivo superiore  al limite indicato nel comma 1 del medesimo articolo 21-bis.

    Il soggetto passivo non stabilito, qualora non  abbia  inviato al  proprio  Stato  di  stabilimento  le  comunicazioni   trimestrali relative alle operazioni effettuate nel trimestre di riferimento,  e' tenuto a identificarsi nel territorio dello Stato e a  presentare  la dichiarazione ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.

    Un soggetto passivo non stabilito cessa di  applicare  il  regime  di franchigia nello Stato:

    • a) se ha comunicato allo Stato di stabilimento di non avvalersi del regime di franchigia nel territorio dello Stato,  a  partire  dal primo giorno del trimestre civile successivo a quello in cui lo Stato di  stabilimento  ha  ricevuto  tale   comunicazione   o,   se   tale comunicazione e'  stata  ricevuta  nel  corso  dell'ultimo  mese  del trimestre civile, a partire dal primo giorno  del  secondo  mese  del trimestre civile successivo;
    • b) se sono  venute  meno  le  condizioni  di  cui  all'articolo 70-quaterdecies, comma 1, lettera b), e comma 2, a partire  dall'anno civile successivo a quello in cui tali condizioni sono venute meno
    • c) se e' superata la soglia di 100.000 euro di volume  d'affari dello Stato, a partire dall'anno civile nel corso del quale la soglia e' stata superata.  In  tale  caso  l'imposta  e'  dovuta  a  partire dall'effettuazione dell'operazione che comporta  il  superamento  di tale soglia e dalla medesima data il soggetto  passivo  e'  tenuto  a identificarsi ai fini IVA nello Stato e a effettuare gli  adempimenti previsti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto;
    • d) negli  altri  casi  in  cui  e'  disattivato  il  numero  di identificazione EX, dal momento in cui tale identificazione e' venuta meno.

    L'Agenzia  delle  entrate,  sulla  base  delle   informazioni ricevute dallo Stato di stabilimento nonche' di quelle eventualmente a sua disposizione, comunica tempestivamente  con  mezzi  elettronici allo Stato di stabilimento la data in cui il regime di franchigia  ha cessato di applicarsi nel territorio dello Stato.

    Regime di franchigia applicato in altri Stati UE da parte di soggetti stabiliti nello Stato

    Relativamente alla Sezione III con il regime di franchigia applicato in altri Stati membri dell'Unione europea da parte di soggetti stabiliti nello Stato si prevede che un soggetto passivo stabilito nel territorio dello Stato puo' essere  ammesso  al regime di franchigia nel territorio di altri Stati membri dell'Unione europea che hanno adottato  tale  regime  se  ricorrono  le  seguenti condizioni:

    • a) nell'anno civile precedente alla  comunicazione,  il  volume d'affari annuo dell'Unione europea non e' stato superiore  a  100.000 euro;
    • b) nel  periodo  dell'anno  civile  in  corso  precedente  alla comunicazione, il volume d'affari annuo dell'Unione  europea  non  e' stato superiore a 100.000 euro;
    • c) il volume d'affari annuo  realizzato  nel  territorio  dello Stato di esenzione non e' superiore a quello previsto da  tale  Stato per l'applicazione del regime di franchigia
    •  d) ha  comunicato  preventivamente  all'Agenzia  delle  entrate l'intenzione di avvalersi del regime di franchigia nel territorio  di altri Stati di esenzione
    • e) e' identificato ai fini dell'applicazione  della  franchigia nel solo territorio dello Stato.

    Nella comunicazione di cui alla lettera d) del  comma  1  sono indicati:

    • a) il nome e cognome ovvero la denominazione o ragione sociale, l'attivita', la  forma  giuridica,  la  residenza  anagrafica  o,  se diverso, il domicilio fiscale del soggetto passivo;
    • b) il  numero  di  partita  IVA,  il  codice  fiscale  e  altri eventuali numeri identificativi  assegnati  al  soggetto  passivo  da altri Stati di esenzione ai fini dell'imposta sul valore aggiunto;
    • c) lo Stato o gli Stati di esenzione in cui il soggetto passivo intende avvalersi del regime di franchigia;
    • d) il valore totale delle cessioni di beni e delle  prestazioni di  servizi  effettuate,  nei   due   anni   civili   precedenti   la comunicazione, nel territorio dello Stato e in ciascuno  degli  altri Stati membri, compresi gli Stati diversi da quelli di esenzione;
    • e)  il valore totale delle cessioni di beni e delle  prestazioni di  servizi  effettuate,  nel  periodo  dell'anno  civile  in   corso precedente la comunicazione, nel territorio dello Stato e in ciascuno degli altri Stati membri, compresi gli Stati  diversi  da  quelli  di esenzione;
    • f) le ulteriori informazioni individuate con  il  provvedimento del  direttore  dell'Agenzia  delle  entrate  di   cui   all'articolo 70-terdecies, comma 5.

    Le informazioni di cui alle lettere d) ed e) del comma 2,  per gli Stati  di  esenzione  che  hanno  fissato  soglie  di  franchigia differenziate per settori di attivita',  sono  fornite  distintamente per ciascun settore di attivita' esercitata.

    Il soggetto passivo comunica preventivamente all'Agenzia delle entrate, indicando il suo numero di partita IVA con il suffisso  EX, eventuali  modifiche  delle  informazioni  fornite   in   precedenza, compresa l'intenzione di avvalersi del regime di franchigia in uno  o piu' Stati membri diversi da quelli  indicati  precedentemente  e  la decisione di cessare l'applicazione del regime di franchigia in uno o piu' degli Stati precedentemente indicati.

    L'Agenzia delle  entrate assegna al soggetto passivo il suffisso EX, aggiungendolo  al  numero di partita IVA, in  relazione agli  Stati  di  esenzione  che  hanno ammesso tale soggetto passivo al regime di franchigia, non  oltre  35 giorni  lavorativi dalla  ricezione  della  comunicazione   di   cui all'articolo 70-octiesdecies o dell'aggiornamento della stessa, salvo che lo Stato di esenzione abbia  richiesto  un  maggior  termine  per effettuare eventuali  verifiche  al  fine  di  prevenire  elusione o evasione d'imposta.

    L'Agenzia delle entrate nel medesimo termine di cui al comma 1 notifica al soggetto passivo il rifiuto della richiesta di ammissione al regime di franchigia comunicato dallo  Stato  di  esenzione  e  le ragioni del rifiuto.

    Il soggetto passivo applica  il regime di franchigia nello Stato di esenzione a partire dalla data in cui l'Agenzia delle entrate ha comunicato l'attribuzione del suffisso EX o, in caso di aggiornamento di una  precedente  comunicazione,  la conferma dell'attribuzione del suffisso EX o, in caso di applicazione del regime di franchigia in Stati  di  esenzione  diversi  da  quelli precedentemente  comunicati,  l'aggiornamento  dell'attribuzione  del suffisso EX.

    Il soggetto passivo  ammesso al  regime  di  franchigia  in  uno  Stato  di   esenzione   comunica all'Agenzia delle entrate, entro l'ultimo giorno del mese  successivo a ogni trimestre civile, le seguenti informazioni:

    • a)  il  valore  totale  delle  cessioni  e  delle   prestazioni effettuate nel corso del trimestre civile nel territorio dello Stato, oppure l'assenza di operazioni qualora non ne siano state effettuate;
    • b)  il  valore  totale  espresso  in  euro  delle  cessioni   e prestazioni effettuate nel corso del  trimestre  civile  in  ciascuno altro  Stato  membro,  compresi  gli  Stati  diversi  da  quelli   di esenzione, oppure l'assenza di operazioni qualora non ne siano  state effettuate.

    Il soggetto passivo che si avvale del regime di franchigia  in uno o piu' Stati di esenzione comunica all'Agenzia delle  entrate  il superamento della soglia di 100.000 euro  di  volume  d'affari  annuo nell'Unione europea, nonche' la data in cui  si  e'  verificato  tale evento,  entro  15  giorni  lavorativi   da   tale   superamento   e, contestualmente, comunica il  valore  delle  cessioni  e  prestazioni effettuate dall'inizio del trimestre civile in corso fino  alla  data di superamento della soglia.

    Il soggetto passivo cessa di applicare il  regime  di  franchigia  nello Stato di esenzione:

    • a) se ha comunicato di non volersi piu' avvalere del regime  di franchigia in tale Stato, a partire dal primo  giorno  del  trimestre civile successivo a quello in cui l'Agenzia delle entrate ha ricevuto la comunicazione o, se  la  comunicazione  e'  presentata  nel  corso dell'ultimo mese del trimestre civile, a partire dal primo giorno del secondo mese del trimestre successivo;
    • b) se e' superata la soglia di volume d'affari  annuo  prevista da tale Stato per l'applicazione della franchigia o se tale Stato  ha comunicato che nel suo territorio sono venute meno le condizioni  per l'applicazione del regime di franchigia,  a  partire  dalla  data  di esclusione comunicata da tale Stato.

    Se, nel corso dell'anno  civile,  e'  superata  la  soglia  di 100.000 euro di volume  d'affari  nell'Unione  europea,  il  soggetto passivo cessa di applicare il regime di franchigia in tutti gli Stati di esenzione a partire da tale momento.

    L'Agenzia delle entrate disattiva tempestivamente il  suffisso EX quando cessa di applicarsi il regime di franchigia  ovvero quando il soggetto passivo ha  cessato  l'attivita'  o  quando  e'  comunque possibile desumere  la  cessazione  dell'attivita'.