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Transizione 5.0: spetta per le spese sostenute prima della domanda
La legge n 55 di conversione del DL Milleproroghe pubblicata in GU n 45 del 24 febbraio contiene diverse novità dell'ultima ora.
Tra queste ve ne sono per il Piano Transizione 5.0 che in sintesi viene ampliato.
Transizione 5.0 anche su spese sostenute prima della domanda
Il Decreto Milleproroghe convertito in legge contiene appunto novità per il credito di imposta del Piano Transizione 5.0.
Prima di dettagliarla, evidenziamo anche che il 21 febbraio, il MIMIT in proposito ha aggiornato le FAQ con i chiarimenti sulla misura agevolativa: leggi anche, Transizione 5.0: come fare il calcolo energetico semplificato?
Per quanto riguarda invece la norma appena entrata in vigore con Milleproroghe, si prevede che il credito d’imposta Transizione 5.0 sia riconosciuto anche se gli investimenti agevolabili sostenuti antecedentemente alla presentazione della relativa domanda di accesso, a condizione che siano effettuati a decorrere dal 1° gennaio 2024.
Prima della modifica la norma permetteva di agevolare gli investimenti iniziati dal 1° gennaio 2024 ma solo se non ancora ultimati.
Ora il contributo è riconosciuto a tutte le imprese residenti in Italia e alle stabili organizzazioni di soggetti non residenti nel medesimo territorio che effettuano investimenti dal 1° gennaio 2024 al 31 dicembre 2025.
Inoltre, restano validi gli scaglioni di investimento ai quali applicare l’aliquota per determinare il credito d’imposta ammissibile, come rideterminati dalla Legge di Bilancio 2025 e in particolare dall’articolo 1, commi 427-429:
• 35% del costo, per la quota di investimenti fino a 10 milioni di euro,
• 5% del costo, per la quota di investimenti oltre i 10 milioni di euro e fino al limite massimo di costi ammissibili pari a 50 milioni di euro,
per anno per impresa beneficiaria.
Ricordiamo infine che che nell’ambito del piano “Transizione 5.0” la concessione de del contributo, sotto forma di credito d’imposta, è prevista per tutte le imprese residenti nel territorio dello Stato che negli anni 2024 e 2025 effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell’ambito di progetti di innovazione che conseguono una riduzione dei consumi energetici alle condizioni, nelle misure ed entro i limiti di spesa stabiliti dalle norme istitutive.
Il credito d'imposta è utilizzabile esclusivamente in compensazione, entro la data del 31 dicembre 2025.
L'ammontare non ancora utilizzato alla predetta data è riportato in avanti ed è utilizzabile in cinque quote annuali di pari importo.
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Bollo e tasse libri sociali: calcolo sulle righe per quelli digitali
Con la Risposta a interpello n 42 del 20 febbraio le Entrate replicano ad una Società Cooperativa facente parte di un gruppo bancario cooperativo, che ha domandato chiarimenti sulla Tassa di Concessione Governativa (TCG) e sull’Imposta di bollo relative alla tenuta digitale dei libri sociali, in conformità all’articolo 2215-bis del Codice Civile.
In particolare veniva domandato:
- se la Tassa di Concessione Governativa (TCG) e l’Imposta di Bollo siano dovute per i libri sociali tenuti in modalità digitale, considerando che i riferimenti normativi parlano di “pagine”, un concetto legato ai supporti cartacei.
- se la TCG sia effettivamente dovuta, dato che l’art. 23 della Tariffa del d.P.R. n. 641/1972 si riferisce ai libri sociali cartacei e non menziona esplicitamente quelli digitali.
- quale criterio utilizzare per il calcolo dell’imposta di bollo sui libri sociali digitali, in particolare per determinare cosa si intenda per “registrazione” ai fini della tassazione.
- quali siano le modalità di versamento della TCG e dell’imposta di bollo per i libri digitali.
Viene replicato che entrambi i tributi sono dovuti anche per i libri tenuti in formato digitale vediamo i dettagli delle modalità di calcolo e versamento.
Bollo e tasse libri sociali: dovute anche per quelli digitali
Le Entrate confermano quanto chiarito con interpello precedente ossia il n 346/2021 (cui si rimanda per approfondimenti).
In dettaglio, anche per i libri sociali con la tenuta in modalità digitale occorre pagare la tassa di concessione governativa TCG e l’imposta di bollo per singole righe parametrata a una pagina virtuale di 25 righe.
L’Agenzia richiama la Risposta ad interpello n. 346 del 17 maggio 2021, dove viene specificato che:
- se i libri sono cartacei, l’imposta pari 16 euro è dovuta ogni 100 pagine o frazione, da assolvere prima dell’uso del registro.
- se i libri sono digitali, bisogna fare riferimento al D.M. 17 giugno 2014, il quale all’art. 6, comma 3, che prevede l'imposta di bollo sia dovuta ogni 2.500 registrazioni o frazione di esse.
L’Agenzia richiama anche la Risoluzione 161/E del 9 luglio 2007, chiarendo che:
- per registrazione si intende ogni singolo accadimento contabile (ad esempio, ogni cespite nel libro degli inventari o ogni operazione in partita doppia nel libro giornale).
- nei libri sociali, la registrazione si riferisce alla singola riga di verbale o all’annotazione dell’ingresso/uscita di un socio.
- la base di calcolo per i libri sociali è 100 pagine = 2.500 righe.
L’Agenzia conferma che il pagamento dell’imposta di bollo per i libri digitali deve essere effettuato mediante modello F24 (codice tributo 2501) entro 120 giorni dalla chiusura del periodo d’imposta, come stabilito dall’art. 17 del D.Lgs. n. 241/1997.
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Saldo IMU 2024: possibile conguaglio entro il 28 febbraio
Il Decreto Milleproroghe Dl n 202/2024 è stato approvato dal Camere e Senato ed è atteso in Gazzetta Ufficiale.
Tra le novità, vi è la proroga dei termini di pubblicazione relativi alle delibere di approvazione delle aliquote e dei regolamenti IMU per l’anno 2024, in deroga ai termini ordinari di cui all’art. 1 commi 762 e 767 della L. 160/2019.
Questo comporta che potranno essere dovuti, per i contribuenti dei Comuni ritardatari, il pagamento di un conguaglio per l'IMU 2024 da corrispondere entro il 28 febbraio.
Chi avesse pagato in più potrà ovviamente richiedere un rimborso.
Saldo IMU 2024: conguaglio per delibere tardive entro il 28 febbraio
Si evidenzia fin da subito che la norma contenuta nel Milleproroghe è una riproposizione di quanto previsto l'anno scorso a seguito della sanatoria per le delibere comunali tardive introdotta in un comma delle Legge di Bilancio 2024.
In proposito leggi: Conguaglio IMU 2024: in cassa entro il 29.02, chi lo paga?
Tale disposizione, privista dai commi 72 e 73 dell'art 1 della Legge n 213/2023 o Legge di bilancio 2024, sanava la posizione dei Comuni ritardatari, rispetto all'approvazione delle delibere per l'imposta municipare propria.
Ora con il comma 2-bis dell’art. 1 del DL 202/2024, sono considerate tempestive, e dunque efficaci per calcolare l’IMU
- dovuta per l’anno 2024, le delibere regolamentari e di approvazione delle aliquote IMU che al contempo risultano:
- inserite nell’apposita sezione del Portale del federalismo fiscale entro il 30 novembre 2024 invece del 14 ottobre,
- pubblicate sul sito internet del Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia e delle Finanze entro il 7 febbraio 2025 invece del 28 ottobre 2024
I contribuenti possono consultare l'elenco delle delibere dal sito del MEF.
Con questa norma introducenda, si possono verificare come l'anno scorso, due casistiche:
- l’importo versato dai contribuenti entro il 16 dicembre 2024, data di scadenza del saldo IMU, risulti maggiore o minore rispetto al tributo locale dovuto applicando i regolamenti e le aliquote recate dalle delibere cosi come riammesse o prorogate.
Qualora per effetto di ciò dovesse risultare una maggiore IMU per il 2024 la differenza andrà corrisposta entro il 28 febbraio 2025, senza sanzioni e interessi, qualora venga saltata tale data, sarà ancora possibile effettuare il pagamento con anche sanzioni e interessi.
Il conguaglio straordinario può essere effettuato, in alternativa, mediante modello F24, bollettino postale o, laddove predisposta, la piattaforma PagoPA.
Se con l’applicazione dei regolamenti e delle aliquote recate dalle delibere prorogate, l’importo dovuto a titolo di IMU 2024 risultasse inferiore a quanto già pagato, il rimborso del tributo locale versato in eccedenza spetta secondo le regole ordinarie e in particolare, ai sensi dell’art. 1 comma 164 della L. 296/2006 “Il rimborso delle somme versate e non dovute deve essere richiesto dal contribuente entro il termine di cinque anni dal giorno del versamento, ovvero da quello in cui è stato accertato il diritto alla restituzione”.
- dovuta per l’anno 2024, le delibere regolamentari e di approvazione delle aliquote IMU che al contempo risultano:
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Concordato fallimentare con terzo assuntore: quale imposta di registro si applica
Con la Risoluzione n. 13 del 19 febbraio le Entrate hanno replicato a dubbi sul concordato fallimentare con terzo assuntore.
L'Ordine istante ha chiesto di chiarire la tassazione applicabile, ai fini dell'imposta di registro, al decreto di omologa del concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore, disciplinato dall'articolo 124 del Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267 estensibile anche al concordato nella liquidazione giudiziale prevista dal decreto legislativo 12 gennaio 2019, n. 14 (codice della crisi d'impresa), agli artt. 240-253.
Come ricordato dall'istante il concordato fallimentare «rappresenta una particolare modalità di chiusura del fallimento a mezzo della quale l'imprenditore fallito definisce i rapporti pregressi con il pagamento, anche parziale, dei creditori e ottiene la liberazione dei beni soggetti alla procedura fallimentare» e che «la proposta di concordato può essere presentata sia dal fallito (a determinate condizioni), da parte di uno o più creditori o da un terzo, e deve essere approvata dai creditori e poi omologata dal Tribunale».
A tale riguardo, l'Ordine precisa che la fattispecie oggetto di quesito concerne i decreti di omologa del concordato fallimentare con intervento di un terzo assuntore, procedura nella quale «quest'ultimo si obbliga a soddisfare i crediti concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell'accollo (art. 1273 c.c.), dietro la cessione delle attività fallimentari».Vediamo i chiarimenti ADE.
Concordato fallimentare con terzo assuntore: imposizione di registro
La problematica interpretativa riguarda la determinazione della base imponibile dell'imposta proporzionale di registro alle disposizioni negoziali contenute nel decreto di omologa del concordato fallimentare con terzo assuntore, disciplinato dagli articoli da 124 a 140 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 [cd. legge fallimentare (LF)].
Tale procedura si caratterizza per la duplice circostanza che l'assuntore, da un lato, si obbliga con i propri mezzi a soddisfare i creditori concorsuali nella misura concordata, in base allo schema civilistico dell'accollo, e dall'altro lato, acquisisce, di regola, per effetto della sentenza di omologa le attività fallimentari.
In particolare, nel concordato fallimentare con terzo assuntore è possibile distinguere due effetti:- uno obbligatorio, che si realizza con l'assunzione degli obblighi derivanti dal concordato da parte del terzo e si sostanzia in una sorta di accollo dei debiti dell'imprenditore fallito da parte dell'assuntore;
- uno traslativo, ossia il trasferimento all'assuntore del patrimonio fallimentare.
La Suprema Corte ha stabilito che «al decreto di omologa del concordato fallimentare, con intervento di terzo assuntore, va applicato il criterio di tassazione correlato all'art. 8, lett. a), della tariffa, parte prima, allegata al cit. d.P.R. n. 131 del 1986, con commisurazione dell'imposta di registro in misura proporzionale al valore dei beni e dei diritti
fallimentari trasferiti, tenuto conto che l'aliquota applicabile dipende dalle voci dell'attivo trasferito (cessioni di crediti, cessione di beni, trasferimento dell'attivo) – mentre il contestuale accollo dei debiti – collegato a detta cessione dei beni fallimentari – è escluso dalla tassazione ex art. 21 comma 3, cit. e dalla base imponibile»
La tesi della Corte muove dalla considerazione che gli effetti del concordato con assuntore derivano direttamente dalla legge, tale per cui non può essere paragonato ad un accordo negoziale siglato tra le parti.
In particolare, la Corte ha osservato che nel concordato fallimentare, gli obblighi di pagamento del terzo assuntore, «non possono intendersi alla stregua del prezzo dei beni ceduti (d.p.r. n. 131 del 1986, art. 43, c. 2) in quanto l'assunzione di detti debiti costituisce effetto legale naturale ed imprescindibile, del mezzo di liquidazione alternativo alla procedura fallimentare (mezzo che, come tale, rimane sottoposto al controllo degli organi fallimentari) e, tenuto conto che nella fattispecie in esame non siamo in presenza di un mero contratto con correlativi corrispettivi, per il quale vigono le diverse regole di cui alla citata disposizione. (…).
In altri termini, analizzando la disciplina fallimentare, si osserva come l'assunzione delle passività rappresenti un effetto fisiologico del concordato con terzo assuntore, in quanto disposta direttamente dalla legge e correlata anche all'interesse del terzo assuntore che, animato da intenti legittimamente speculativi, mira a conseguire, dal ricavato della vendita dei beni e dall'esperimento delle azioni, un quid, economicamente apprezzabile, rispetto ai debiti
che si è accollato»
Pertanto, secondo la Cassazione, alla fattispecie in esame deve trovare applicazione la disposizione di cui all'articolo 21, comma 3, del T.U.R., ai sensi del quale «non sono soggetti ad imposta gli accolli di debiti ed oneri collegati ad altre disposizioni (…)» e l'imposta di registro in misura proporzionale deve dunque essere applicata su una base imponibile corrispondente al valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti.
Alla luce dell'indirizzo assunto dalla Suprema Corte, che viene recepito in questa sede, si devono ritenere superati i chiarimenti forniti sulla questione in esame dalla richiamata circolare n. 27/E del 2012.
In conclusione, il decreto di omologa di un concordato fallimentare con intervento del terzo assuntore disciplinato dall'articolo 124 e seguenti della Legge Fallimentare, deve essere ricondotto all'ambito applicativo del citato articolo 21, comma 3 del TUR, e quindi l'imposta proporzionale di registro troverà applicazione sui beni dell'attivo fallimentare, oggetto di trasferimento, identificato analiticamente nei singoli beni che lo compongono ed applicando per ciascuno di essi, in base alla relativa natura, l'imposta di registro prevista nella tariffa.
Le medesime conclusioni valgono anche per quanto concerne il trattamento dell'imposta di registro alla procedura di concordato nella liquidazione giudiziale, disciplinato dal nuovo Codice della Crisi d'Impresa e dell'Insolvenza, agli articoli 240-253, in quanto tale istituto non presenta differenze sostanziali rispetto al previgente ''concordato fallimentare'.
Allegati: -
Assemblee a distanza: fino al 31 dicembre 2025
Il Ddl di conversione del Dl Milleproroghe approvato da Camera e Senato è atteso in GU entro il 25 febbraio. L'ultimo passaggio ha visto la riproposizione della norma con la modalità "semplificata" di approvazione dei bilanci 2024.
L'emendamento inserito in Commissione Affari Costituzionale riaprire fino al 31 dicembre 2025 i termini della disciplina dell'art 106 del DL n 18/2020.
Si tratta in sintesi di quanto previsto durante la Pandemia e più volte prorogato relativamente alla approvazione dei bilanci societari.
Approvazione Bilancio 2024: modalità a distanza nel Milleproroghe
Con il comma 14-sexies dell’art. 3 del Dl n 202/2024 si riaprono fino al 31 dicembre 2025 i termini di applicazione della disciplina emergenziale dettata dall’art. 106 del DL 18/2020 convertito in legge.
In sintesi, fino al 31 dicembre 2025 sarà la possibile:
- il voto a distanza (elettronico o per corrispondenza e l'intervento in assemblea con mezzi di telecomunicazioni) per le società, le cooperative e le mutue assicuratrici anche derogando alle disposizioni statutarie,
- svolgere le assemblee da remoto garantendo l'identificazione dei partecipanti e la loro partecipazione
- l'esercizio del diritto di volto, senza che (dove previsti) presidente, segretario o notaio siano nello stesso luogo. Si tratta in pratica di assemblee virtuali.
La riapertura dei termini non modifica il primo comma dell’art. 106, che continua a stabilire che, “in deroga a quanto previsto dagli articoli 2364, secondo comma, e 2478-bis, del codice civile o alle diverse disposizioni statutarie, l’assemblea ordinaria è convocata per l’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2020 entro centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio”.
Per l’approvazione del bilancio al 31 dicembre 2024 si potrà procedere all’approvazione nel maggior termine di 180 giorni solo in presenza delle condizioni di cui agli artt. 2364 comma 2 e 2478-bis c.c.
Attenzione al fatto che al fine di utilizzare le semplificazioni della disciplina emergenziale, l’assemblea dovrà essere tenuta entro il 31 dicembre 2025 e non semplicemente convocata.
La proroga è identica praticamente alla precedente prevista sempre dal Milleproroghe lo scorso anno. Leggi anche Assemblee a distanza per società e associazioni fino ad aprile 2024.
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Ristrutturazioni condominiali: chiarimenti per amministratori e condomini minimi
Il 21 febbraio l'Agenzia delle Entratre ha pubblicato una serie di FAQ con chiarimenti per le ristrutturazioni edilizie su parti comuni condominiali.
Vediamo alcuni chiarimenti per la comunicazione degli amministratori e per i condomini minimi.
Ristrutturazioni condominiali: la comunicazione degli amministratori
Tra le FAQ a cui l'ADE ha replicato ve ne sono alcune specifiche in risposta a dubbi sulla comunicazione che l'amministratore deve inviare per le spese sostenute dal condominio con riferimento agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica effettuati sulle parti comuni di edifici residenziali, nonché con riferimento all'acquisto di mobili e di grandi elettrodomestici finalizzati all'arredo delle parti comuni dell'immobile oggetto di ristrutturazione.
Veniva domandato se esistano limiti o condizioni esimenti per le comunicazioni da parte degli amministratori di condominio.
L'ade ha specificato che ai fini dell'elaborazione della dichiarazione dei redditi precompilata, l'articolo 2 Decreto Ministro Economia e Finanze 1/12/2016 ha previsto l'obbligo di trasmissione all'Agenzia delle entrate, da parte degli amministratori di condominio, delle spese sostenute dal condominio con indicazione delle quote di spesa imputate ai singoli condòmini con le modalità previste con Provvedimento dell'Agenzia delle Entrate.
Si chiarisce che non sono previste soglie minime per la trasmissione del dato né è prevista la possibilità per il singolo condòmino di esercitare opposizione all'inserimento dei dati nella dichiarazione precompilata.
In via eccezionale, con il provvedimento ADE del 21 febbraio n 53174/2024 è stato previsto l’esonero dall’invio della comunicazione dei dati nel caso in cui, con riferimento alle spese sostenute nell’anno precedente, per tutti gli interventi effettuati sulle parti comuni tutti i condòmini abbiano optato, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione, per la cessione del credito o per lo sconto sul corrispettivo dovuto.
Ristrutturazioni condominiali nei condomini minimi
Relativamente ai “condomini minimi” si domandava se questo tipo di condominio, che può arrivare massimo fino a otto condòmini, ha nominato un amministratore, quest'ultimo è tenuto a comunicare all'Agenzia i dati degli interventi di ristrutturazione e di risparmio energetico effettuati sulle parti comuni condominiali entro il 16 marzo dell'anno successivo.
Le Entrate chiariscono che in assenza di tale nomina i condòmini non sono tenuti alla trasmissione all'anagrafe tributaria dei dati della ristrutturazione e del risparmio energetico effettuati sulle parti comuni dell'edificio.
Come va compilato il campo “Progressivo condominio minimo”?
Relativamente invece ai condomini minimi privi di codice fiscale l’Agenzia precisa che il campo "Progressivo condominio minimo" è un campo numerico necessario per distinguere i condomìni minimi privi di codice fiscale, nel caso particolare in cui il medesimo condomino effettui comunicazioni relative a più condomìni minimi (privi di codice fiscale).
Nel caso, ad esempio, in cui un condomino incaricato debba inviare i dati relativi a due distinti condomìni minimi privi di codice fiscale, è necessario predisporre due comunicazioni indicando nei rispettivi campi "Progressivo" il valore "1" e "2".
Il campo "Progressivo" va valorizzato (con il valore 1) anche nel caso in cui il condomino incaricato debba comunicare i dati relativi a un unico condominio minimo privo di codice fiscale.
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Mantenimento: non spetta se non si dimostra la ricerca di lavoro
La Corte di Cassazione con la Ordinanza n 3354 del 10.02.2025 ha replicato ad un caso di sepazione con addebito specificando il perimetro dell'assegno di mantenimento.
Sinteticamente la Cassazione ha statuito che "in applicazione del consolidato orientamento della stessa Corte le doglianze della ricorrente sono inammissibili poiché la questione della rilevante disparità delle condizioni reddituali tra i coniugi è da ritenere preclusa dall'accertamento preliminare della mancata prova dell'adeguata ricerca di lavoro tanto più che emersa la mancata accettazione di un'offerta di lavoro e la mancata allegazione dei motivi del rifiuto".
Assegno di mantenimento: quando spetta e quando no
La Corte di Cassazione ha replicato ad un caso di separazione personale tra coniugi, con richiesta di addebito della separazione alla moglie e al conseguente rigetto della sua domanda di assegno di mantenimento.
Il caso è stato oggetto di due gradi di giudizio in cui, in primis era stato riconosciuto il mantenimento alla moglie, successivamente nell'appello le sorti sono state ribaltate con negazione del diritto all'assegno.
La moglie ha presentato ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di norme civili e processuali, nonché un difetto di motivazione nella sentenza impugnata.
La difesa riteneva di evidenziare una grande disparità economica tra i coniugi.
La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, confermando la decisione della Corte d’Appello.
Viene ribadito che il diritto all’assegno di mantenimento non può essere riconosciuto automaticamente, ma è subordinato alla dimostrazione dell’impossibilità oggettiva di procurarsi un reddito di sostentamento.
Secondo la Corte la ricorrente non ha dimostrato un’effettiva ricerca di lavoro e in aggravio della sua posizione aveva rifiutato un’offerta occupazionale senza fornire alcuna spiegazione adeguata.
Tale elemento è stato ritenuto determinante per escludere la possibilità di riconoscerle un assegno di mantenimento.
Vi è, come evidenzia la Cassazione, un consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo cui la disparità economica tra i coniugi non è sufficiente a giustificare il riconoscimento di un assegno di mantenimento.
È inoltre necessario che il coniuge richiedente dimostri non solo la propria difficoltà economica, ma anche l’impossibilità concreta di reperire un’occupazione adeguata.
Il rifiuto ingiustificato di una proposta lavorativa costituisce, secondo la Corte, un elemento ostativo alla concessione dell’assegno.