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Fondi pesta suina: ripartizione 2024
Pubblicato in GU n 17 del 22 gennaio il Decreto 5 dicembre 2024 MASAF con misure urgenti per contrastare la diffusione della peste suina africana.
Si dà attuazione alla previsione dell'articolo 6 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, Decreto Agricoltura, convertito, con modificazioni, dalla Legge 12 luglio 2024, n. 101 e si individuano i criteri di distribuzione delle risorse per incentivare interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza.
Fondi pesta suina: ripartizione 2024
In particolare, al fine di attuare le misure di biosicurezza, previste dall'art. 6 del decreto-legge 15 maggio 2024, n. 63, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2024, n. 101, a protezione degli allevamenti suinicoli italiani, il decreto in oggetto prevede il riparto di un importo complessivo di 6,5 milioni di euro per l'anno 2024 al fine di rifinanziare le attività del «Fondo di parte capitale per gli interventi strutturali e funzionali in materia di biosicurezza» di cui al decreto-legge 27 gennaio 2022, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2022, n. 25.
L'importo, che andra' impiegato secondo le previsioni del regolamento (UE) n. 2022/2472 della Commissione del 14 dicembre 2022 e del regolamento (UE) 2013/1408 della Commissione del 18 dicembre 2013 e successive modificazioni ed integrazioni, è ripartito sulla base della consistenza del patrimonio suinicolo come risultanti per ciascuna regione ad esclusione della Sardegna alla data del 30 giugno 2024 dalle statistiche del Sistema informativo veterinario elaborate sulla base della Banca dati nazionale dell'anagrafe zootecnica (BDN) istituita dal Ministero della salute presso il CSN dell'Istituto «G. Caporale» di Teramo.
Per attuare le misure suddette sono utilizzati i seguenti fondi assegnati per l'anno 2024 ai rispettivi capitoli di spesa dello stato previsionale del Ministero dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste:- a) quanto ad euro 5 milioni, a valere sul capitolo 7831, p.g.01;
- b) quanto ad euro 1,5 milioni, a valere sul capitolo 7729, p.g.01.
Con riferimento alla ripartizione delle somme di cui al cap. 7831, p.g.01, le quote riferite alle Province autonome di Trento e Bolzano, dovendo essere riacquisite al bilancio dello Stato, sono rese indisponibili ai sensi dell'art. 2, comma 109, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, in combinato disposto con l'art. 79 dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 670 del 1972.
Con riferimento alla ripartizione delle somme di cui al cap. 7729, p.g.01, le quote riferite alle Province autonome di Trento e Bolzano vengono azzerate con conseguente rideterminazione delle quote destinate alle altre regioni in luogo alla restituzione al bilancio dello Stato, tenuto conto che il comma 128 dell'art. 1 della legge di bilancio n. 178 del 2020, istitutivo del Fondo di che trattasi, non annovera espressamente le province autonome tra i beneficiari del riparto.
Attenzione al fatto che ciascuna regione beneficiaria dei fondi di cui al presente decreto e' tenuta a trasmettere al Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste una relazione annuale sullo stato di attuazione del piano di investimenti realizzato, contenente almeno:
- numero e localizzazione degli interventi,
- tipologia di allevamento,
- numero capi interessati e avanzamento finanziario.
La prima relazione andrà trasmessa entro il 30 dicembre 2025.
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Consulente ONG: tassazione per lavoro prestato a Roma
Con Risposta a interpello n 9 del 23 gennaio le Entrate replicano ad una consulente UNICEF che lavora da Roma relativamente alla corretta tassazione dei suoi redditi.
L'istante è una cittadina italiana, residente in Italia, che è stata assunta dall'Agenzia delle Nazioni Unite UNICEF ECARO (UNICEF), con la qualifica di Consultant (Individual Contractor), vale a dire di Consulente.
La prestazione lavorativa è svolta in Italia, a Roma, presso l'avamposto dell'ufficio UNICEF di Ginevra creato nel 2016. Il contratto di lavoro prevede un pagamento per deliverables, da effettuarsi a fronte della presentazione di una richiesta interna da parte della lavoratrice nei confronti dell'UNICEF al momento della consegna di ogni deliverable, senza la necessità che questa apra partita IVA.
Le Entrate specificano che il reddito è soggetto a tassazione in Italia vediamo il perché.
Consulente UNICEF: tassazione per lavoro prestato a Roma
Le Entrate specificano che in linea generale, i dipendenti di Organizzazioni internazionali beneficino di peculiari regimi di esenzione con riferimento ai redditi percepiti nell'esercizio delle relative funzioni.
La ratio di tale esenzione è quella di evitare che gli Stati aderenti alle Organizzazioni internazionali possano, attraverso l'esercizio della propria potestà impositiva, riappropriarsi di parte dei contributi versati a favore delle stesse.
I rapporti tra i singoli Stati (ospitanti) e gli Enti (ospitati) sono disciplinati dai c.d. Accordi di sede, i quali, limitando in qualche modo la sovranità dei primi, mirano a garantire il pieno svolgimento dell'attività dei secondi nonché a prevedere taluni privilegi e immunità in favore dei relativi dipendenti.
Nell'ordinamento italiano, importante punto di riferimento in relazione agli accordi di sede è l'articolo 41 del D.P.R. del 29 settembre 1973, n. 601, rubricato «Accordi ed enti internazionali», ai sensi del quale «Continuano ad applicarsi le esenzioni e agevolazioni previste dagli accordi internazionali resi esecutivi in Italia e dalle leggi relative ad enti e organismi internazionali»
Di conseguenza, in presenza di particolari esenzioni in materia fiscale previsti dalle Convenzioni internazionali di cui è parte l'Italia, è necessario darvi applicazione in luogo degli ordinari regimi di tassazione.
Ciò posto, si rileva come per l'UNICEF, che si inserisce nella struttura dell'ONU, si faccia riferimento alla Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite, approvata dall'Assemblea generale ONU del 13 febbraio 1946 e resa esecutiva in Italia con la legge del 20 dicembre 1957, n. 1318.
La Convenzione citata prevede, all'articolo V, taluni privilegi e immunità in favore dei funzionari («Officials») dell'ONU compresi nelle categorie individuate dal Segretario Generale, tra cui, per quel che in questa sede rileva, l'esenzione da qualsiasi imposta sugli stipendi e sugli emolumenti ad essi corrisposti dall'Organizzazione
Si osserva che tale esenzione trova applicazione esclusivamente con riferimento ai funzionari («Officials») dell'Organizzazione, mentre l'Istante ha stipulato con l'UNICEF ECARO un contratto che le attribuisce la qualifica di Consulente («Consultant»).
Infatti, come risulta dall'Allegato III contenente i termini e le condizioni generali del contratto di consulenza, al punto 2.2, il Consulente non è un membro dello staff in base alle Staff Regulations delle Nazioni Unite e alle politiche UNICEF, né un funzionario ai fini della Convenzione sui privilegi e le immunità delle Nazioni Unite. Pertanto, in assenza di tale essenziale requisito soggettivo, non si ritiene applicabile nei confronti della Contribuente l'esimente di cui trattasi, con la conseguente affermazione della potestà impositiva dello Stato italiano e l'assoggettamento a tassazione in Italia dei compensi dalla stessa percepiti
Per quel che concerne, inoltre, la necessità o meno che l'Istante apra partita IVA, si rileva come quest'ultima vada aperta da chi esercita un'attività economica o professionale in modo abituale e continuativo.
Difatti, in materia di IVA, ai sensi dell'articolo 5 del D.P.R. del 26 ottobre 1972, n. 633, che definisce l'ambito soggettivo dell'imposta in esame, «per esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche ovvero da parte di società semplici o di associazioni senza personalità giuridica costituite tra persone fisiche per l'esercizio in forma associata delle attività stesse»
Allegati: -
Cooperative compliance: protocollo ADE e GdF
Con un comunicato stampa del 20 gennaio le Entrate informano della firma del Protocollo di intesa sulla Adempimento Collaborativo con la Guardia di Finanza.
Viene specificato che si tratta di una azione coordinata a supporto della compliance nell’ambito dell’istituto dell’adempimento collaborativo (cooperative compliance).
Come previsto dal decreto legislativo n. 221/2023, attuativo della legge delega (Legge n. 111/2023), infatti, le due Istituzioni sono chiamate a rafforzare la collaborazione anche in vista del progressivo ampliamento della platea.
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Cooperative compliance: protocollo ADE e GdF
Il comunicato specifica che Entrate e Gdf si impegnano a regolare, coordinare e sviluppare la reciproca collaborazione nell’ambito dell’adempimento collaborativo al fine di assicurare un’attività di compliance coerente con le finalità e le caratteristiche dell’istituto.
In linea con le best practice internazionali, che prevedono un modello organizzativo basato sull’interfaccia unica, quest’ultima sarà individuata nell’Agenzia delle Entrate, che potrà avvalersi della collaborazione del Corpo.
In particolare, la Guardia di Finanza, nell’ambito della sua attività ordinaria, segnalerà elementi identificativi di possibili fenomeni di evasione, elusione o frode fiscale o situazioni che possano comportare l’esclusione dal regime. L'Agenzia delle Entrate, a sua volta, comunicherà alla Guardia di Finanza i dati identificativi dei soggetti che hanno chiesto di aderire, di quelli esclusi per perdita dei requisiti o per inosservanza degli impegni assunti e di coloro che, pur non possedendo i requisiti, hanno adottato un sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale (tax control framework).
Il regime di adempimento collaborativo o cooperative compliance (Dl n. 128/2015) è finalizzato a promuovere un rapporto di trasparenza e collaborazione tra l’Amministrazione fiscale e i contribuenti.
Esso, rivolgendosi alle imprese che adottano un sistema strutturato di gestione e controllo del rischio fiscale, prevede un dialogo continuo e preventivo al fine di individuare e risolvere in anticipo le situazioni potenzialmente a rischio fiscale, aumentando così la trasparenza e la sicurezza del sistema tributario.
Ricordiamo che dal 2024 la platea dei soggetti ammessi al regime include anche i contribuenti con un volume d’affari non inferiore a 750 milioni di euro.
Tale soglia verrà ridotta progressivamente nei prossimi anni: a 500 milioni di euro nel 2026 e a 100 milioni di euro nel 2028.
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Vidimazione registri volontari sedi secondarie: orientamento Ministeriale
Con la Nota n 809 del 20 gennaio il Ministero del Lavoro replica ad un quesito sulla Vidimazione dei registri dei volontari relativi alle sedi secondarie di un Ente del Terzo Settore.
In sintesi si esprime parere favolrevole alla istituzione di più registri dei volontari, purché sia mantenuto un controllo centralizzato.
Vediamo maggiori dettagli.
Vidimazione registri volontari sedi secondarie: orientamento Ministeriale
È stato chiesto di chiarire se un ETS possa disporre di più di un registro dei volontari non occasionali di cui all’articolo 17, comma 1, del Codice del Terzo settore, qualora disponga, oltre alla sede legale, di una o più sedi operative secondarie, eventualmente insistenti su un territorio regionale diverso da quello della sede principale; e in caso di risposta affermativa, se anche i registri riferiti alle sedi secondarie debbano essere vidimati.
L'articolo del CTS su indicato impone agli enti di iscrivere i volontari in apposito registro; il decreto 6 ottobre 2021 del Ministro dello sviluppo economico di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, recante “Individuazione dei meccanismi assicurativi semplificati, con polizze anche numeriche, e disciplina dei relativi controlli”, all’articolo 3, prevede l’istituzione del registro e le modalità di tenuta dello stesso, tra queste:- la vidimazione quale mezzo per assicurare l’inalterabilità delle scritture in caso di supporto cartaceo,
- il contenuto minimo del registro,
- la possibilità di ricorso alternativo a sistemi elettronici e/o telematici, anche messi a disposizione dalla rete associativa cui gli enti aderiscono.
In sostanza, lo scopo del registro dei volontari è quello di individuare i soggetti che prestano attività volontaria in maniera non occasionale, documentarne il relativo status all’interno dell’ente, consentire e agevolare l’adempimento degli obblighi assicurativi.
In tal senso il registro ha carattere unitario; tuttavia, nel rispetto delle previsioni del citato D.M., nella salvaguardia dell’inalterabilità delle scritture e comunque a condizione che le modalità di tenuta consentano di raggiungere le finalità sopra richiamate, dette modalità potranno tenere conto della struttura dell’ente, la cui natura unitaria non preclude l’esistenza di sedi operative secondarie, anche in regioni diverse da quella in cui si trova la sede legale.
Il Ministero inoltre evidenzia che, benché in casi del genere sia assai probabile il ricorso a sistemi elettronici/telematici, eventuali esigenze che rendano in concreto difficoltosa o disagevole l’unicità del supporto cartaceo, potrebbero richiedere la tenuta di una “sezione separata” del medesimo registro, su un diverso supporto, tenuto presso la sede operativa di riferimento e gestito da un amministratore/associato espressamente preposto, avente la struttura e i contenuti obbligatori di cui al decreto ministeriale 6 ottobre 2021.
Ciò potrà avvenire a condizione che:
- l’istituzione del registro dei volontari tenuto presso la sede secondaria o comunque ad essa riferito sia deliberata dall’organo di amministrazione (organo responsabile nel suo complesso della tenuta del registro dei volontari dell’ente);
- siano individuate, formalizzate ed adottate modalità di tenuta che evitino la duplicazione delle registrazioni riferite alle medesime persone, con conseguente inattendibilità del datodei volontari computati con riferimento all’ente nel suo complesso;
- sia individuata espressamente la persona preposta alla tenuta (compilazione e conservazione) del registro di sede secondo le modalità previste;
- le modalità di tenuta del registro di sede siano previamente rese note alla società assicuratrice affinché questa possa erogare il proprio servizio garantendo tutti i soggetti assicurati;
- la corretta tenuta del registro di sede sia oggetto di verifiche periodiche da parte dell’organo di amministrazione.
E’ opportuno che presso la sede principale dell’ente che ha istituito uno o più registri dei volontari relativi alle sedi secondarie sia conservata, unitamente al registro principale, copia del frontespizio di ciascun registro secondario, con annotazione degli estremi di vidimazione (autorità che ha effettuato la vidimazione e data della stessa) e della data a partire dalla quale il registro secondario è divenuto operativo, da esibire nel corso dei controlli periodici da parte delle amministrazioni o dei soggetti autorizzati di cui all’art. 93 del CTS.
Inoltre, gli aggiornamenti da effettuarsi sul RUNTS relativamente al numero dei volontari non occasionali dovranno basarsi su una preliminare ricognizione di tutti i registri posti in uso.
In conclusione, il Ministero chiarisce che per enti aventi una pluralità di sedi operative territorialmente distanti, sarebbe irragionevole e contrario all’autonomia degli stessi non consentire l’istituzione di registri dei volontari relativi alle singole sedi, a condizione che ciò avvenga:
- con modalità tali da garantire l’assolvimento degli obblighi di registrazione e assicurazione dei volontari
- e la certezza delle scritture.
Conseguentemente, gli eventuali registri “di sede” dovranno essere regolarmente vidimati; resterebbero altrimenti mere scritture interne prive di qualunque rilevanza verso l’esterno e di qualunque valore probatorio.
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Prima casa: cittadini trasferiti all’estero e benefici
Le Entrate tramite la propria rivista FiscoOggi pubblicano un FAQ di chiarimento e riepilogo sulla ageovlazione prima casa per i non residenti.
Vediamo il quesito da cui parte la replica ADE: "un italiano emigrato nel Regno unito per lavoro domanda se può acquistare una casa su tutto il territorio italiano usufruendo dei benefici “prima casa” senza l’obbligo di prendere la residenza nel Comune dove si trova l’immobile".
Prima casa: cittadini trasferiti all’estero e benefici
Le Entrate in mancanza di alcuni dettagli utili al chiarimento, poiché non esplicitati dal contribuente interpellante quali ad esempio: possesso di altri immobili in Italia o godimento delle agevolazioni per un precedente acquisto ricordando tutte le condizioni per avere tale agevolazione nel caso dei residenti esteri.
Le condizioni previste dalla nota II-bis (comma 1, lettera a) della Tariffa Parte 1 articolo 1 del DPR n 131/1986 affinché un cittadino che si è trasferito all’estero possa richiedere le agevolazioni fiscali per l’acquisto della prima casa in Italia, sono le seguenti:
- possono accedere alla agevolazione prima casa, le persone fisiche che, contestualmente:
- si sono trasferite all’estero per ragioni di lavoro (per qualsiasi tipologia di rapporto di lavoro, e non necessariamente subordinato); il trasferimento deve sussistere già al momento dell’acquisto dell’immobile (se avviene in un momento successivo non è possibile usufruire del beneficio fiscale)
- hanno risieduto in Italia per almeno cinque anni (anche non in maniera continuativa), o hanno svolto in Italia, per il medesimo periodo, la loro attività, anteriormente all’acquisto dell’immobile
- acquistano l’immobile nel Comune di nascita o in quello in cui avevano la residenza (o in cui svolgevano la loro attività prima del trasferimento).
Resta fermo che per richiedere l’agevolazione devono ricorrere anche le condizioni indicate alle lettere b) e c) della citata nota II-bis e rispettivamente:
- assenza di altri diritti reali vantati su immobili ubicati nello stesso Comune
- e novità nel godimento dell’agevolazione.
Non è richiesto, invece, che l’interessato stabilisca la sua residenza nel Comune in cui è situato l’immobile acquistato.
Leggi anche: Agevolazione prima casa 2025: tutte le regole, con li aggiornamenti all'ultima legge di bilancio.
- possono accedere alla agevolazione prima casa, le persone fisiche che, contestualmente:
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ASD: la Cassazione chiarisce i requisiti per il regime di favore
Con l'ordinanza n 31924/2024 la Corte di Cassazione, ha stabilito che che ai fini dell'applicazione del regime di favore (di cui all'art. 1 della legge n. 398 del 1991), previsto per le Associazioni Sportive Dilettantistiche è necessario non soltanto il rispetto dei formali adempimenti previsti, ma anche l'effettivo svolgimento di un'attività non lucrativa da parte dell'ente.
Vediamo il caso giunto dinanzi ai giudici.
ASD: requisiti per il regime di favore
Una ASD è ricorsa presso la CTP per impugnare un avviso di accertamento con cui l'ADE a seguito del controllo della posizione fiscale della società intimata, verificata la mancata presentazione della dichiarazione dei redditi per l'anno d'imposta 2013, disconosceva all'Associazione la qualifica di ASD e determinava un reddito d' impresa imponibile a fini IRES, IRAP e IVA.
La CTP accoglieva il ricorso della ASD inducendo l'Agenzia a proporre appello avanti la Corte di giustizia tributaria di secondo grado CGT, evidenziando:
- l'omessa indicazione nella denominazione della natura "sportiva" e "dilettantistica" delle attività poste in essere dall'associazione;
- la presentazione tardiva del Modello EAS;
- la pubblicizzazione dell'attività dell'ente alla stregua di un'attività commerciale;
- la mancata tenuta dei libri sociali;
- la mancanza di elementi rappresentativi della democraticità e della effettività della vita associativa dell'ente;
- la mancanza di percezione da parte dei "nuovi soci" di essere iscritti ad un ente sportivo;
- l'approvazione del rendiconto attuata da appena quattro soci;
- l'omessa valutazione complessiva sia della condotta dell'ente sia della documentazione allegata a sostegno della propria tesi.
La CGT ha respinto l'appello, osservando che:
- la dicitura per esteso di "Associazione Sportiva Dilettantistica" non è prevista a pena di decadenza;
- che dalla presentazione tardiva del modello EAS, circostanza incontestata, non deriva alcuna conseguenza, trattandosi di adempimento con finalità meramente informative;
- che la pubblicizzazione della propria attività su un sito internet, peraltro contestata e priva di riscontri probatori, non è prerogativa esclusiva delle attività commerciali;
- che la mancanza del requisito di democraticità non può essere desunta dalla riscontrata ridotta partecipazione dei soci alle assemblee societarie né dalla omessa tenuta di un libro dei soci;
- che l'associazione assolveva comunque alla finalità di contabilizzazione dei propri associati e monitoraggio degli stessi mediante la raccolta e conservazione di schede archiviate presso la sede;
- che lo status effettivo di una associazione sportiva dilettantistica della stessa e la sua eventuale commercialità non può farsi discendere da sensazioni assolutamente soggettive, quali le percezioni dei soci.
Contro tale decisione l'Agenzia ha proposto ricorso per Cassazione fondato su unico motivo.
In dettaglio, l'Agenzia deduce, in relazione all'art. 360 n. 3 c.p.c., "Violazione e falsa applicazione degli artt. 143, 148 e 149 del D.P.R. 917/86 e dell'art. 2697 c.c.", per aver la CTR annullato l'avviso di accertamento senza verificare in concreto l'effettivo esercizio dell'attività dell'ente in conformità alle finalità statutarie.
Secondo l'Ufficio, la violazione degli obblighi statutari costituisce, invece, sintomo dell'esercizio di una attività difforme da quella istitutiva dell'ente e giustificativa della qualificazione di ASD, senza finalità di lucro.
In particolare, la non osservanza degli obblighi di comunicazione dei dati ai fini della non imponibilità dei ricavi, così come dei principi di democraticità, uguaglianza e collegialità degli organi assembleari, comporta la perdita della qualifica di ente non commerciale, sviando l'ente da quelle finalità "non di lucro" per cui è stata costituita.
La CTR aveva errato nel ritenere non rilevanti gli elementi denunziati, che erano in realtà sintomatici dell'assenza di democraticità dell'ente e dell'assenza di una effettiva vita associativa nonché della fondatezza della contestazione della perdita della qualifica di ente non commerciale e dei benefici fiscali connessi.
Il motivo secondo la Cassazione è ammissibile, in quanto non chiede una rivalutazione degli accertamenti in fatto ma denunzia una difettosa applicazione dei principi in materia e un c.d. "vizio di sussunzione" cioè una erronea riconduzione del fatto materiale alla fattispecie legale (Cass. n. 21772 del 2019).La censura va ricondotta al paradigma della "falsa applicazione di norme di diritto", che consiste nel controllare se la fattispecie concreta (assunta così come ricostruita dal giudice di merito e, dunque, senza che si debba procedere ad una valutazione diretta a verificarne l'esattezza e meno che mai ad una diversa valutazione e ricostruzione o apprezzamento ricostruttivo), è stata ricondotta a ragione o a torto alla fattispecie giuridica astratta individuata dal giudice di merito come idonea a dettarne la disciplina oppure al contrario doveva essere ricondotta ad altra fattispecie giuridica oppure ancora non era riconducibile ad una fattispecie giuridica astratta, sì da non rilevare in iure, oppure ancora non è stata erroneamente ricondotta ad una certa fattispecie giuridica cui invece doveva esserlo, essendosi il giudice di merito rifiutato expressis verbis di farlo.
La Corte di Cassazione ha già affermato con la recente sentenza n 6361/2023 che "Ai fini del riconoscimento del regime agevolato di cui all'art. 1 della legge n. 398 del 1991, rileva la qualificazione dell'associazione sportiva dilettantistica quale organismo senza fine di lucro da intendersi, in aderenza alla nozione eurounitaria, quello il cui atto costitutivo o statuto escluda, in caso di scioglimento, la devoluzione dei beni agli associati, trovando tale requisito preciso riscontro, ai fini IVA, nell' art. 4, comma 7, del D.P.R. n. 633 del 1972 e, per le imposte dirette, nell'art. 111, comma 4-quinquies (oggi art. 148, comma 8) del D.P.R. n. 917 del 1986 .
Alla formale conformità delle regole associative al dettato legislativo si aggiunge, poi, l'esigenza di una verifica in concreto sull'attività svolta al fine di evitare che lo schema associativo (pur formalmente rispettoso degli ulteriori requisiti prescritti dalle lettere a), c), d), e) ed f ) degli artt. 148, comma 8, del vigente D.P.R. n. 917 del 1986 e 4, comma 7, del D.P.R. n. 633 del 1972) sia di fatto impiegato quale schermo di un'attività commerciale svolta in forma associata" (v. Cas. N. 30008 del 2021 ed altra giurisprudenza ivi citata; più recentemente, v. anche Cass. n. 6361 del 2023).
Si è precisato che se è vero che l'applicabilità della disposizione è subordinata, innanzitutto, ad un requisito formale, cioè all'affiliazione dell'associazione alle federazioni sportive nazionali o a enti nazionali di promozione sportiva riconosciuti, ai fini del riconoscimento delle agevolazioni fiscali (con riguardo alle imposte sul valore aggiunto e sui redditi), tuttavia il possesso di questo requisito non è sufficiente, essendo necessaria la dimostrazione del presupposto sostanziale, costituito dalla effettiva sussistenza dei requisiti previsti dalla legge.In particolare, si è evidenziato in varie sentenze che le esenzioni d' imposta a favore delle associazioni non lucrative – e, specificamente, delle associazioni sportive dilettantistiche dipendono non dalla veste giuridica assunta dall'associazione (o, quantomeno, non soltanto da quella), bensì dall'effettivo esercizio di un'attività senza fine di lucro, sicché l'agevolazione fiscale (ma a n c h e quella contributiva) non spetta in base al solo dato formale (estrinseco e neutrale) dell'affiliazione al CONI, bensì per l'effettivo svolgimento dell'attività considerata, il cui oner probatorio incombe sul contribuente.
Sotto lo specifico profilo dell'onere probatorio, poi, va considerato che gli enti di tipo associativo non godono di una generale esenzione da ogni prelievo fiscale (come si evince dall'art. 111, comma 2, ora 148 comma 2, del D.P.R. n. 917 del 1986 ), potendo anche le associazioni senza fini di lucro svolgere, di fatto, attività a carattere commerciale.
L'accertamento sulla spettanza del regime agevolato deve essere compiuto, oltre che sul piano formale, anche in concreto, con onere probatorio a carico del contribuente, esaminando le attività sportive effettivamente praticate, le modalità con cui le prestazioni dell'ente sono erogate e l'effettiva sussistenza delle caratteristiche soggettive dell'associazione sportiva.
La sentenza impugnata non ha fatto corretta applicazione dei principi esposti, poiché ha riconosciuto la natura non commerciale dell'ente – e, conseguentemente, il regime di agevolazione tributaria previsto per gli enti non aventi natura commerciale – in ragione dei soli dati formali, peraltro non valutati in tutti i loro aspetti, omettendo di verificare la natura (in tesi, non lucrativa) dell'attività in concreto esercitata, come se incombesse sull'Ufficio l'onere di provare l' insussistenza dei requisiti per accedere alle agevolazioni in oggetto.
La sentenza non appare in linea con la giurisprudenza di questa Corte neppure nella considerazione di singoli elementi laddove ha svalutato o minimizzato il rilievo delle violazioni denunziate.Il ricorso deve essere accolto e, cassata di conseguenza la sentenza impugnata, la causa va rinviata al giudice del merito.
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Rateizzazione Cartelle: tutto ciò che c’è da sapere
Dal 2025 sono in vigore le nuove regole per la rateizzazione dei debiti.
L'Ader con un comunicato stampa ha spiegato:
- normativa di riferimento,
- modelli necessari alla richiesta,
- funzionalità attive on line,
per le richieste di rateizzazione delle cartelle a partire dal 1° gennaio da effettuarsi secondo le ultime novità introdotte dalla Riforma Fiscale.
In data 17 gennaio l'Agenzia delle Entrate ha pubblicato in proposito la sua Guida aggiornata.
Cartelle a rate: tutte le novità 2025
Con l’entrata in vigore delle nuove regole in materia di rateizzazioni, previste dal Decreto Legislativo n. 110/2024 di riordino del sistema nazionale della riscossione, Agenzia delle entrate-Riscossione ha reso disponibile sul proprio sito la nuova versione del servizio “Rateizza adesso” per l’invio telematico delle richieste, oltre all’aggiornamento della modulistica e di tutte le informazioni utili.
L'agenzia delle Entrate invece ha pubblicato. in data 17 gennaio, la Guida intitolata La Nuova rateizzazione delle Cartelle di pagamento.
Il decreto legislativo di Riforma Fiscale stabilisce che, a partire dal 1° gennaio 2025 e per tutto il 2026, su semplice richiesta del contribuente, che dichiara di versare in una temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico/finanziaria, la rateizzazione di importi iscritti a ruolo fino a 120mila euro, compresi in ciascuna domanda di dilazione, può arrivare fino a un massimo di 84 rate mensili, al posto delle precedenti 72.Il provvedimento prevede il progressivo innalzamento a 96 rate per le istanze che verranno presentate:
- negli anni 2027-2028
- e a 108 rate a partire dal 1° gennaio 2029.
Le rateizzazioni con semplice richiesta fino a 84 rate si possono ottenere direttamente presentando:
- la domanda tramite il servizio “Rateizza adesso”, disponibile nell’area riservata del sito Ader,
- oppure compilando la nuova modulistica da trasmettere via pec o in alternativa da consegnare agli sportelli.
Per importi da rateizzare superiori a 120 mila euro o per importi fino a 120 mila euro qualora si intenda ottenere una dilazione per un numero di rate maggiore di quelle concedibili con semplice richiesta (cioè più di 84 rate per le domande presentate nel 2025-2026), il decreto legislativo n. 110/2024 prevede che il contribuente debba comprovare la propria situazione di temporanea difficoltà economica allegando all’istanza di rateizzazione idonea documentazione (per esempio l’Isee per le persone fisiche). Per le richieste, dette documentali, in presenza dei requisiti per l’accesso alla dilazione, la ripartizione del pagamento può arrivare fino a un massimo di 120 rate mensili (10 anni).
Scarica qui:
- Rateizzazione cartelle di pagamento fino a 120.000,
- Rateizzazione cartelle di pagamento superiori a 120.000
Attenzione al fatto, che per le richieste presentate fino al 31 dicembre 2024 restano valide le modalità previste dalla precedente normativa.
Cartelle a rate: semplice richiesta via web fino a 84 rate
Le istanze di rateizzazione per debiti inferiori o pari a 120 mila euro possono essere presentare in autonomia attraverso:
- il servizio “Rateizza adesso”, disponibile nella sezione “Rateizza il debito” dell’area riservata del sito di AdeR
- e dell’App Equiclick, a cui si accede con le credenziali Spid, Cie e Cns (per gli intermediari fiscali anche le credenziali dell’Agenzia delle Entrate).
Il servizio consente di visualizzare i documenti interamente rateizzabili (cartelle e avvisi) con il relativo importo, selezionare gli atti da dilazionare, scegliere il numero di rate fino a un massimo di 84 e inviare la richiesta, ricevendo in tempo reale l’esito e via e-mail il provvedimento di accoglimento, il piano e i moduli di pagamento.
In alternativa, la domanda di rateizzazione può essere effettuata anche utilizzando la nuova modulistica da inviare, insieme alla documentazione utile al riconoscimento, tramite pec oppure da presentare, previo appuntamento, agli sportelli. Scarica qui: Rateizzazione cartelle di pagamento fino a 120.000,
Cartelle a rate: richiesta documentata fino a 120 rate
Per le richieste documentate che consentono di ottenere fino a un massimo di 120 rate mensili, si prevede l’obbligo di comprovare la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria.
Ai fini della valutazione della sussistenza dei requisiti e della determinazione del numero massimo di rate concedibili, verranno presi in considerazione, in base alle modalità di applicazione del Decreto MEF del 27 dicembre 2024 i seguenti indicatori:
- l’Isee (Indicatore della situazione economica equivalente) del nucleo familiare per le persone fisiche e i titolari di ditte individuali in regimi fiscali semplificati;
- l’indice di Liquidità e l’indice Alfa per i soggetti diversi da persone fisiche e titolari di ditte individuali in regimi fiscali semplificati;
- l’indice Beta per i condomini.
Per approfondire leggi anche Dilazioni cartelle 2025: tutte le regole per richiederle
Certificazioni specifiche sono inoltre previste per le amministrazioni pubbliche (art 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165) e per i soggetti colpiti da eventi atmosferici, calamità naturali, incendi o altro evento eccezionale che abbiano determinato l’inagibilità totale dell’unico immobile, adibito ad uso abitativo in cui risiedono i componenti del nucleo familiare o dell’unico immobile adibito a studio professionale o sede dell’impresa.
Scarica qui: Rateizzazione cartelle di pagamento superiori a 120.000
Cartelle a rate: come verificare online la propria situaizone
Agenzia delle entrate-Riscossione ha reso disponibile nella sezione “Rateizzazione” del proprio sito il servizio "Rateizzazioni Documentate – Simula il numero delle rate" per verificare, preventivamente, se sussiste la temporanea situazione di obiettiva difficoltà economico-finanziaria e, in caso positivo, il numero massimo di rate concedibili e l’importo indicativo delle stesse.