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L’IVA è detraibile anche quando il contratto è nullo
I profili civilistici e quelli fiscali, nel diritto italiano, come in quello unionale, spesso si intersecano ma poi seguono traiettorie divergenti.
Un interessante esempio può essere rappresentato dalla vicenda esaminata dalla Corte di Cassazione in occasione della sentenza numero 16279 pubblicata il 12 giugno 2024.
Nel caso in esame la corte di legittimità prende in esame la detraibilità dell’IVA in relazione a una operazione di compravendita il cui contratto è risultato nullo dal punto di vista civilistico.
Nel caso specifico la nullità civilistica del contratto derivava da un conflitto di interessi del notaio rogante.
La Corte di Cassazione afferma che, anche nel caso in cui il contratto relativo alla cessione di un bene sia nullo in base al diritto civile, al cessionario, che è soggetto passivo, non può essere comunque negata la possibilità di esercitare il diritto alla detrazione dell’IVA.
Ciò poiché, da un punto di vista tributario, la nullità civilista non è sufficiente per delegittimare il diritto alla detrazione dell’IVA.
Il fondamento di questa considerazione della Corte di Cassazione affonda le radici nel diritto unionale: la Corte di Giustizia UE, nella causa C-114/22 del 25 maggio 2023, ha infatti dichiarato illegittimo il divieto del diritto alla detrazione dell’IVA assolta a monte in conseguenza del fatto che l’operazione imponibile alla base risulti viziata da nullità.
Infatti, le motivazioni che possono legittimare la negazione alla detrazione dell’imposta sono ben diverse dalla nullità civilista dell’operazione imponibile, che non rileva da un punto di vista tributario; più precisamente la detrazione può essere negata, alternativamente:
- se non può essere fornita prova dell’effettiva realizzazione dell’operazione (per cui la cessione o la prestazione può essere considerata fittizia);
- quando in relazione all’operazione sia stata individuata una situazione di abuso del diritto;
- nel caso in cui l’operazione tragga origine da un’evasione dell’imposta.
Il principio di diritto
Così, per puntualizzare tutto ciò, la Corte di Cassazione, con la sentenza numero 16279 del 12 giugno 2024, emana il seguente principio di diritto:
“Ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA da parte della cessionaria in caso di nullità del contratto di cessione del bene e relativa fattura emessa dalla cedente, in applicazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE sentenza C114/22 del 25 maggio 2023, il soggetto passivo non è privato del diritto alla detrazione per il solo fatto che il contratto è viziato da nullità sulla base del diritto civile, se non è dimostrato che sussistono gli elementi che consentono di qualificare tale operazione ai sensi del diritto unionale come fittizia oppure, qualora detta operazione sia stata effettivamente realizzata, che essa trae origine da un’evasione dell’imposta o da un abuso di diritto”.
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IVA al 5% per i corsi di sci, snowboard: per chi e da quando
La legge di conversione del DL Omnibus pubblicata in GU dell'8 ottobre 2024, conferma la novità per l'IVA agevolata dei corsi tenuti da enti che operano nello sport, vediamo i dettagli.
Iva corsi attività sportiva invernale: trattamento IVA
L'articolo 5, commi da 1 a 3 con Modifiche alla disciplina in materia di IVA – erogazione di corsi di attività sportiva invernale prevede che, a decorrere dall’entrata in vigore del provvedimento in esame ossia dal 10 agosto 2024, l’applicazione dell’aliquota ridotta del 5 per cento per l’erogazione di corsi di attività sportiva invernale, in forma organizzata, al ricorrere di specifici requisiti soggettivi e oggettivi, e a condizione che tali attività non siano esenti da IVA.
In particolare, le norme, aggiungendo un nuovo numero (1-septies) alla tabella II-bis del DPR n. 633 del 1972 (recante l’elenco dei beni e servizi soggetti all'aliquota del 5 per cento), prevede l’assoggettamento all’aliquota IVA del 5 per cento dell’erogazione di corsi di attività sportiva invernale, come individuata dalle Federazioni di sport invernali riconosciute dal CONI, impartiti, anche in forma organizzata, da iscritti in appositi albi regionali o nazionali, nella misura in cui tali corsi non siano esenti dall’imposta sul valore aggiunto
La norma chiarisce che fino al 1° gennaio 2025, data di applicazione del regime di esenzione IVA per le prestazioni in argomento, la disposizione in esame si applica alle suddette prestazioni, sempreché queste non rientrino tra quelle fuori campo IVA.
La relazione al decreto evidenzia che l'applicazione dell'aliquota IVA al 5 per cento per i corsi di attività sportiva e fisica invernali, si applica qualora le stesse prestazioni non siano comprese in un regime di esenzione ovvero, fin quando applicabile, in un regime di esclusione dall'imposta (quale quello previsto fino al 31 dicembre 2024 per le prestazioni svolte dalle associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, a favore di propri associati).
la stessa relazione evidenzia anche che sotto il profilo soggettivo, i corsi devono essere impartiti dai soggetti iscritti in appositi albi nazionali e regionali disciplinati da apposite disposizioni.
Il riferimento agli albi è stato utilizzato per meglio delimitare tale ambito soggettivo.
Sotto il profilo oggettivo, la norma individua l'attività sportiva invernale i cui corsi sono assoggettati all'aliquota del 5 per cento rinviando alle discipline gestite dalle Federazioni nazionali di sport invernali riconosciute dal Coni, quali lo sci, lo snowboard, lo slittino, ecc.
Infine, si chiarisce che il riferimento alla forma "organizzata" va intesa come formula residuale nella quale sono inquadrabili anche i soggetti che operano in forma associata con scopo di lucro.
In tal modo la norma che prevede l'imponibilità ad aliquota ridotta si applica sia agli individui sia ai soggetti, come associazioni e società, che operano con finalità lucrative.
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Tassa di 5 euro sulle sigarette: ipotesi al vaglio per la manovra 2025
L’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom) ha presentato in Senato la campagna ’SOStenereSSN’, promossa da Aiom, Fondazione Aiom e Panorama della Sanità per allertare sui numeri dei tumori da fumo.
Domenica Castellone, vicepresidente del Senato, annuncia emendamenti contro il fumo nella Manovra 2025.
Vediamo di cosa si tratta.
Leggi anche Legge di Bilancio 2025: le anticipazioni.
Tassa di scopo sulle sigarette: è allarme di Aiom sui numeri dei tumori
Come spiegato durante la conferenza dal presidente di Aiom Perrone, "il fumo è la causa del 90% dei casi di tumore al polmone, pari a 40mila nuove diagnosi nel 2023. Chiediamo alle Istituzioni di approvare una tassa di scopo sulle sigarette. L’obiettivo è ridurre il consumo di tabacco e disporre di ulteriori risorse, fino a 13,8 miliardi, da destinare al finanziamento del Ssn. Il tabagismo è un fattore di rischio anche per altre neoplasie, per malattie cardiovascolari e respiratorie"
La Vicepresidente Castellone, replica all'appello annunciando in manovra finanziaria, di prossima approvazione, un emendamento in proposito.
Si potrebbe già prevedere una norma n merito nel Decreto contro le violenze ai sanitari appena arrivato al Senato. La Castellone ha anche specificato che ci sarebbe una terza strada per approvare la Tassa di scopo sulle sigarette, specificando che: "Ho proposto pure di utilizzare la possibilità che oggi c’è, grazie ad un cambio di regolamento del Senato, che prevede che se ci sono proposte di iniziativa popolare che raccolgono 50mila firme, queste vengano discusse in Aula al Senato entro tre mesi dalla data in cui sono depositate. Possiamo coinvolgere i cittadini su questo argomento».
La tassa di scopo sul tabacco ha riscosso anche l'appoggio del Pd che auspica un accordo per questa misura.
Peraltro, non è vero che Italia le sigarette costino "troppo" anzi, secondo i dati pubblicati da Ilsole24ore i prezzi delle sigarette italiane sarebbero tra i più bassi, in particolare risulterebbe che nel 2021 i prezzi sarebbero:
- in Italia circa 6 euro a pacchetto,
- in Inghilterra 12 euro a pacchetto,
- in Francia 9 euro a pacchetto,
- in Romania 8,euro a pacchetto,
- in Olanda 6,90 euro a pacchetto,
- in Polonia e Germania 6,46 euro a pacchetto,
- in Spagna 5,54 euro a pacchetto.
Nel 2024 lo stesso studio ha evidenziato che un pacchetto di sigarette dei maggiori marchi in Italia ha costo 6,20 euro contro 12,50 euro della Francia.
Vedremo se la Legge di Bilancio 2025 conterrà anche la promessa tassa di scopo sulle sigarette.
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Modello 770: termini per il 2024 e novità per il 2025
Entro il 31 ottobre i sostituti d'imposta devono inviare il Modello 770/2024 in modalità telematica, provvedendo direttamente o tramite intermediario.
A tal proposito le Entrate hanno approvato il modello 770/2024 e le relative specifiche tecniche: Scarica qui il file.
Per tutte le regole leggi: Modello 770/2024: tutte le regole per l'invio entro il 31.10.
Per il Modello 770/2025 anno di imposta 2024 sono invece previste delle novità, approvate con la Riforma Fiscale e in particolare con il Decreto Semplificazioni Adempimenti, vediamo di seguito i dettagli.
770/ 2025 o dichiarazione annuale dei compensi erogati
L'art 16 del Dlgs n 1/2024 prevede, per quanto riguarda gli adempimenti dei sostituti di imposta una alternativa alla compilazione e presentazione del Modello 770.
In sintesi, si introduce la facoltà per i datori di lavoro di rendere noti i dati collegati alle ritenute alla fonte sui compensi per lavoro subordinato o autonomo, in via diretta al momento dei versamenti mensili stessi, dettagliando l’ammontare delle ritenute e delle trattenute operate, gli eventuali importi a credito e gli altri dati individuati con provvedimento del direttore delle Entrate.
In particolare, la norma specifica che al fine di semplificare la dichiarazione annuale presentata dai sostituti d'imposta, i soggetti obbligati a operare ritenute alla fonte, che corrispondono compensi che costituiscono redditi di lavoro dipendente o autonomo, sotto qualsiasi forma, effettuano i versamenti mensili delle ritenute e delle trattenute indicando anche l'importo delle ritenute e delle trattenute operate, gli eventuali importi a credito e gli altri dati individuati con il provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate.
Le comunicazioni dei dati effettuate sono equiparate a tutti gli effetti alla esposizione dei medesimi dati nella dichiarazione dei sostituti d'imposta di cui all'articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. 3.
In via sperimentale, possono avvalersi delle disposizioni del presente articolo i sostituti d'imposta con un numero complessivo di dipendenti al 31 dicembre dell'anno precedente non superiore a 5.
Con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate può essere ampliato il numero massimo di dipendenti. Attenzione al fatto che l'adesione al sistema semplificato tramite comportamento concludente è vincolante per l'intero anno d'imposta per cui è esercitata.
Il pagamento delle ritenute e delle trattenute è effettuato, con le modalità di cui all'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, presentando il modello F24 esclusivamente mediante i servizi telematici dell'Agenzia delle entrate.
Contestualmente all'invio, ai fini del pagamento delle ritenute, il sostituto d'imposta autorizza l'Agenzia delle entrate all'addebito sul proprio conto identificato dal relativo codice IBAN, intrattenuto presso una banca, Poste Italiane o un prestatore di servizi di pagamento, convenzionati con la medesima Agenzia.
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Diritti d’autore e imponibilità IVA: condizioni necessarie
Con la Ordinanza n 15916/2024 la Cassazione chiarisce che i compensi per i diritti discografici sono soggetti ad IVA, ove venga in rilievo la cessione di diritti (o beni similari a quelli) d'autore verso corrispettivo e, dunque, una prestazione di servizi che, in quanto tale, è operazione imponibile.
Restano fuori campo IVA le cessioni relative ai diritti d'autore in senso stretto operate dall’autore (o dai suoi eredi), tranne che riguardino disegni, opere di architettura o dell’arte cinematografica.
La causa riguarda un cantante che ha ricevuto dall'Agenzia delle Entrate una avviso di accertamento per il 2006.
Veniva contestata la non deducibilità di alcune fatture relative a servizi di catering e noleggio di attrezzature, in quanto, secondo l'ADE, non fossero inerenti all’attività artistica del contribuente.
Inoltre, veniva contestata l’emissione irregolare di una fattura nei confronti di una società inglese per la cessione dei diritti di sfruttamento di un disco.
La Commissione tributaria regionale riformava la decisione di primo grado, ma gli eredi del cantante proponevano ricorso per Cassazione, vediamo i dettagli della pronuncia.
Diritti d’autore e imponibilità IVA: condizioni necessarie
La Suprema Corte ha affermato che i compensi per i diritti discografici sono soggetti ad IVA, ove venga in rilievo la cessione di diritti (o beni similari a quelli) d'autore verso corrispettivo e, dunque, una prestazione di servizi che, in quanto tale, è operazione imponibile.
Sono fuori campo IVA, invece, le cessioni relative ai diritti d'autore in senso stretto operate dall'autore (o dai suoi eredi), salvo che riguardino disegni, opere di architettura o dell'arte cinematografica (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 21694 del 08/10/2020, RV. 659071-04).
In particolare, nella motivazione della citata pronuncia, si osserva che la tutela del diritto d'autore, disciplinata dalla L. n. 633 del 1941, assume rilievo sul piano fiscale solo sotto il profilo di carattere patrimoniale, quale diritto allo sfruttamento esclusivo della creazione a fini economici.
La Cassazione specifica inoltre che il diritto di sfruttamento dell'opera, inoltre, si articola in una pluralità di contenuti, in quanto ricomprende (artt. 12-19, L. n. 633 del 1941) il diritto di riproduzione (ossia di moltiplicazione dell'opera con ogni mezzo), di esecuzione e/o rappresentazione dell'opera, di diffusione (anche a distanza), di distribuzione, di elaborazione (ossia di apportare modifiche all'opera originale).
La normativa in esame individua, poi, accanto a quello d'autore, una seconda categoria di diritti, definiti "diritti connessi all'esercizio del diritto di autore", alla cui disciplina è dedicato il Titolo II della legge, il cui Capo III riguarda specificamente i "Diritti degli artisti interpreti e degli artisti esecutori".
Si tratta, in particolare, di diritti distinti rispetto al diritto d'autore in senso stretto.
Nella Convenzione di Roma del 26 ottobre 1961 ("Protezione degli artisti interpreti o esecutori, dei produttori di fonogrammi e degli organismi di radiodiffusione"), l' art. 1 stabiliva che la "protezione prevista dalla presente convenzione lascia intatta la protezione del diritto di autore sulle opere letterarie ed artistiche".
Peraltro, la nozione di diritti connessi al diritto d'autore, ma da questo distinti, è conosciuta anche nell'ordinamento unionale, trovando apposita disciplina nella direttiva n. 92/100/CEE concernente il "diritto di noleggio, il diritto di prestito e taluni diritti connessi al diritto d'autore in materia di proprietà intellettuale", poi ribadita dalla successiva direttiva 2006/115/CE che la ha sostituita ed il cui articolo 12 ("Rapporti tra il diritto d'autore e i diritti connessi") espressamente statuisce che "La protezione dei diritti connessi con il diritto d'autore a norma della presente direttiva lascia totalmente impregiudicata la protezione del diritto d'autore".
Nel caso in esame, si controverte in ordine ai compensi relativi non al diritto d'autore in senso stretto, bensì ai diritti connessi al diritto d'autore e, in particolare, a quelli concernenti il contratto discografico, con cui l'artista cede, in esclusiva, i diritti di utilizzazione economica dei supporti, su cui sono state trasferite le sue prestazioni artistiche.
L'artista, in tal modo, si impegna, per la durata convenuta, a prestare la propria opera artistica e professionale per l'incisione, la registrazione e la riproduzione delle proprie o altrui opere musicali; inoltre, cede i suoi diritti di artista interprete ed esecutore, e il diritto di pubblicare, diffondere, riprodurre e mettere in commercio le registrazioni realizzate in esecuzione del contratto, mentre il produttore, a sua volta, si obbliga a sopportare le spese necessarie per la realizzazione delle registrazioni, a riversarle sui fonogrammi e a metterle in commercio, nonché a versare le royalties sulle vendite delle registrazioni (in genere in percentuale sul prezzo fisso del supporto o della vendita digitale).
Quanto all'assoggettamento ad Iva del diritto d'autore e dei diritti connessi, si deve innanzitutto tener conto che, ai sensi dell'art. 3, comma 2, n. 2, del D.P.R. n. 633 del 1972, costituiscono prestazioni di servizi, se effettuate verso corrispettivo, le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore, quelle relative ad invenzioni industriali, modelli, disegni, processi, formule e simili e quelle relative a marchi e insegne, nonché le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti o beni similari ai precedenti.
Pertanto, le cessioni del diritto d'autore ovvero di diritti o beni similari verso corrispettivo costituiscono, in via generale, prestazioni di servizi e, in quanto tali, sono soggette ad Iva.
Il successivo quarto comma, lett. a, peraltro, in deroga, dispone: "Non sono considerate prestazioni di servizi: a) le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d'autore effettuate dagli autori e loro eredi o legatari, tranne quelle relative alle opere di cui ai nn. 5) e 6) dell'art. 2 della L. 22 aprile 1941, n. 633, e alle opere di ogni genere utilizzate da imprese a fini di pubblicità commerciale".
Le due disposizioni non sono tuttavia sovrapponibili.
La non assimilazione alle prestazioni di servizi è riconosciuta infatti solo se le cessioni (e le altre operazioni):
- 1) siano state effettuate direttamente dall'autore (o eredi);
- 2) siano relative "a diritti d'autore", ma neppure per tutti poiché sono escluse alcune specifiche ipotesi di opere (i disegni, le opere di architettura e dell'arte cinematografica).
La collocazione fuori campo Iva investe solo i diritti d'autore in senso stretto (e, peraltro, neppure tutti e sempreché l'operazione sia stata realizzata direttamente dall'artista e non da altri soggetti) e non può essere estesa a quelli connessi, la cui cessione resta soggetta alla disciplina ordinaria.
Per la territorialità, infine, occorre ricordare che, ai sensi dell'art. 43 della dir. 112/2006/CE, il luogo di una prestazione di servizi è il luogo in cui il prestatore ha stabilito la sede della propria attività economica o dispone di una stabile organizzazione a partire dalla quale la prestazione di servizi viene resa o, in mancanza di tale sede o di tale stabile organizzazione, il luogo del suo domicilio o della sua residenza abituale.
A tale regola generale corrisponde quanto previsto dall'art. 7, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, che prevede che le prestazioni di servizi si considerano effettuate nel territorio dello Stato quando sono rese da soggetti che hanno il domicilio nel territorio stesso.
Ciò posto, come evidenziato nella sentenza impugnata, la contestata fattura attiene alla cessione non del diritto d'autore, ma dei diritti economici ad esso connessi e, in particolare, dei diritti di sfruttamento dell'opera musicale.
Ad avviso dei ricorrenti, non sussisterebbe il requisito della territorialità ai fini Iva, poiché si trattava di un importo minimo garantito, totalmente slegato dai quantitativi di vendita dell'opera nel territorio italiano, ma la doglianza non può essere accolte.
Come risulta dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso, la fattura aveva ad oggetto la corresponsione di un "anticipo minimo garantito".
Il termine "anticipo" presuppone, comunque, la successiva corresponsione di un saldo e lascia intendere che tale importo aveva la medesima natura degli eventuali compensi da corrispondersi successivamente.
Peraltro, come sopra osservato, ai sensi dell'art. 7, comma 3, del D.P.R. n. 633 del 1972, nel testo applicabile ratione temporis, sono soggette ad Iva tutte le prestazioni di servizi rese da soggetti che hanno domicilio nel territorio dello Stato e, quindi, a prescindere dalla successiva commercializzazione ad opera del soggetto destinatario.
Ciò rende irrilevante il territorio in cui l'opera musicale del contribuente è stata successivamente commercializzata da parte della società cessionaria dei diritti di sfruttamento, considerato che non risulta essere oggetto di contestazione la sussistenza del domicilio in Italia del contribuente.
Sulla base di tutte le suesposte considerazioni, il ricorso va, pertanto, rigettato.
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Aiuti alle imprese per la moria del Kiwi: tutte le regole
Nel decreto ministeriale del 18 settembre il Ministero dell'agricoltura ha disciplinato gli aiuti per le imprese di produzione del Kiwi per la moria 2023.
La misura è stata prevista dal DL Agricoltura convertito in Legge n 101/2024 pubblicata in GU n 163 del 13 luglio
Tutte le regole degli aiuti al settore del kiwi.
Imprese produzione del Kiwi: sostegni dal Dl Agricoltura
L’articolo 3 del DL Agricoltura prevede misure a sostegno delle imprese agricole che hanno subito e segnalato danni alle produzioni di kiwi e alle piante di actinidia a causa della “moria del kiwi” nel 2023, ma non hanno beneficiato di risarcimenti derivanti da polizze assicurative o da fondi mutualistici.
Le misure di sostegno di cui all’articolo 5, commi 2 e 3, del decreto legislativo n. 102 del 2004, alle quali si consente l’accesso, prevedono:
- contributi in conto capitale fino all'80 per cento del danno accertato,
- prestiti ad ammortamento quinquennale a tasso agevolato,
- proroga delle operazioni di credito agrario e agevolazioni previdenziali.
La dotazione del “Fondo di solidarietà nazionale – interventi indennizzatori” viene incrementata di 44 milioni di euro per l'anno 2024, di cui 4 milioni di euro per gli interventi di sostegno ai produttori di kiwi e 40 milioni di euro per i danni da attacchi di peronospora alle produzioni viticole.
La ripartizione delle somme tra le regioni sarà effettuata sulla base dei fabbisogni risultanti dalle domande di accesso al Fondo presentate dai beneficiari, con preferenza per le imprese agricole che hanno adottato buone pratiche agricole per contenere gli effetti della “moria del kiwi”.
La dotazione del Fondo mutualistico nazionale per la copertura dei danni catastrofali meteoclimatici alle produzioni agricole di 2,5 milioni di euro per ciascuno degli anni 2024 e 2025, nonché la dotazione del Fondo per il funzionamento delle Commissioni uniche nazionali di 600.000 euro annui a decorrere dall'anno 2024.
Aiuti Imprese Kiwi 2024: tutte le regole
Viene pubblicato in GU n 232 del 3 ottobre, il Decreto dell'Agricoltura del 18 settembre con interventi compensativi per le imprese agricole che hanno subito danni alle produzioni di kiwi e alle piante di actinidia, a causa del fenomeno denominato «moria del kiwi.
In particolare, l'art 1 del decreto stabilisce che i danni causati alle produzioni di kiwi e alle piante di actinidia, a causa del fenomeno denominato «moria del kiwi», nel corso della campagna 2023, sono concessi contributi finalizzati alla ripresa economica e produttiva, di cui all'art. 5, commi 2 e 3, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, a favore delle micro, piccole e medie imprese attive nella produzione di kiwi che a causa delle suddette infezioni abbiano subito danni superiori al 30 per cento della produzione lorda vendibile.
Gli aiuti sono subordinati alle seguenti condizioni:- a) sono versati unicamente a seguito di disposizioni amministrative nazionali di contenimento del fenomeno della moria del kiwi, che saranno emanate per la campagna 2024;
- b) sono versati in uno dei seguenti ambiti:
- i. un programma pubblico, a livello dell'Unione, nazionale o regionale, di prevenzione, controllo o eradicazione dell'epizoozia o dell'organismo nocivo ai vegetali in questione;
- ii. misure di emergenza imposte dall'autorità pubblica competente dello Stato membro;
- iii. misure atte a eradicare o contenere un organismo nocivo ai vegetali attuate in conformità dell'art. 18, dell'art. 28, paragrafi 1 e 2, dell'art. 29, paragrafi 1 e 2, dell'art. 30, paragrafo 1, e dell'art. 33, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/2031.
Il programma e le misure di cui alla lettera b), conterranno una descrizione dei provvedimenti di prevenzione, controllo o eradicazione di cui trattasi.
Gli aiuti non riguardano misure per le quali la legislazione unionale stabilisce che i relativi costi sono a carico del beneficiario, a meno che il costo di tali misure non sia interamente compensato da oneri obbligatori imposti ai beneficiari.Gli aiuti sono pagati direttamente all'azienda interessata.
Gli aiuti sono limitati ai costi e ai danni causati alle produzioni di kiwi e alle piante di actinidia, a seguito di riconoscimento ufficiale da parte del Ministero dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste mediante decreto di declaratoria da adottarsi su proposta della regione territorialmente competente.
Il regime di aiuto è introdotto entro tre anni dall'anno 2023, periodo in cui sono state registrate le perdite causate alle produzioni di kiwi e alle piante di actinidia, e gli aiuti possono essere erogati entro il 31 dicembre 2027.
Il regime di aiuto finanzia solamente il risarcimento del danno da perdita di prodotto dovuto al fenomeno della moria del kiwi e da moria delle piante di actinidia ai sensi del comma 10 dell'art. 26, regolamento (UE) 2022/2472, con esclusione di contributi per le misure di prevenzione.L'indennizzo per i danni alle produzioni è calcolato tenendo conto delle produzioni di kiwi ottenute nel 2023 rispetto alla media delle produzioni ottenute nel triennio precedente o quinquennio precedente, in questo caso va tolta la produzione più elevata e quella più bassa e si fa la media delle tre rimanenti.
Per le piante di actinidia distrutte si considera il costo di rimpiazzo nell'ambito del programma pubblico di cui all'art. 1, comma 2.
Non sono concessi aiuti individuali ove sia stabilito che il mancato contenimento del fenomeno della moria del kiwi sia stato causato deliberatamente dal beneficiario o sia la conseguenza della sua negligenza.
Gli aiuti e gli eventuali altri pagamenti ricevuti dal beneficiario, compresi quelli percepiti nell'ambito di altre misure nazionali o unionali per gli stessi costi ammissibili, sono limitati all'80% dei costi ammissibili.L'intensità di aiuto può essere aumentata al 90% nelle zone soggette a vincoli naturali.
L'imposta sul valore aggiunto (IVA) non e' ammissibile, salvo nel caso in cui non sia recuperabile ai sensi della legislazione nazionale sull'IVA.
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Riacquisto diritto di usufrutto: non spetta l’agevolazione prima casa
Con Risposta a interpello n 192 del giorno 4 ottobre si chiariscono dettagli su Agevolazione ''prima casa'' – e riacquisto diritto di usufrutto (comma 4 della Nota II–bis, articolo 1, Tariffa, Parte I del TUR).
L'Istante ha acquistato un immobile abitativo, fruendo dell'agevolazione c.d. ''prima casa'' di cui alla Nota II bis all'articolo 1 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131.
Prima del decorso del termine di cinque anni dall'acquisto, tale immobile è stato ceduto.
L'Istante intende, entro un anno, «rilevare, con atto notarile, l'usufrutto totale a titolo oneroso di una abitazione, sita in un comune diverso, da destinare a propria residenza e abitazione principale con piena disponibilità dell'immobile»
In sede di documentazione integrativa l'istante spiega anche che, «il riacquisto della ''prima casa'' potrà riguardare anche l'acquisizione, a titolo gratuito, del diritto di abitazione o usufrutto».
Ciò posto, domanda chiarimenti e chiede:
- se può fruire nuovamente dell'agevolazione '' prima casa'' e del credito d'imposta per il riacquisto, entro un anno, del diritto di abitazione/usufrutto sul nuovo immobile, senza incorrere nella decadenza dall'agevolazione fruita;
- se la parte residua del credito d'imposta, dopo l'acquisto del suddetto diritto, possa essere utilizzata nella dichiarazione dei redditi, in diminuzione dell'IRPEF dovuta.
Riacquisto diritto di usufrutto: non spetta l’agevolazione prima casa
L'agenzia delle Entrate ricorda innanzitutto che il trasferimento dell'immobile acquistato fruendo dell'agevolazione ''prima casa'', prima del decorso del termine di cinque anni dalla data dell'atto di acquisto, comporta la decadenza dal regime di favore fruito.
La perdita del beneficio non opera qualora il contribuente, entro un anno dall'alienazione effettuata prima del decorso del quinquennio, proceda «all'acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale»
Tale condizione, precisa l'agenzia, si realizza soltanto con l'acquisto del diritto di piena proprietà dell'immobile e non con l'acquisto del diritto di usufrutto o di abitazione sul medesimo .
Ai sensi della citata Nota IIbis, comma 1, infatti, l'agevolazione si applica «agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione non di lusso e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell'usufrutto, dell'uso e dell'abitazione relativi alle stesse», mentre, al fine di evitare la decadenza dall'agevolazione, occorre procedere, entro un anno dall'alienazione dell'immobile acquistato con i benefici, all'«acquisto di altro immobile da adibire a propria abitazione principale» (cfr. comma 4 della Nota IIbis).
La Corte di Cassazione, con l'ordinanza 11 giugno 2020, n. 11221, in riferimento al medesimo comma 4 della Nota IIbis,
afferma che «A differenza della fattispecie relativa all'accesso al beneficio la norma non estende espressamente il suo ambito di applicazione anche agli acquisti di diritti reali di godimento sul bene, limitandosi a richiedere l'acquisto di un immobile da destinarsi ad abitazione principale» (cfr. anche Cassazione 3 novembre 2023, n. 30527, ove si afferma che «questa Corte ha evidenziato come la disciplina dettata per il riacquisto dell' immobile trovi la propria ratio nel fine di favorire l'acquisto della casa di proprietà [...]»
Per ''acquisto'' deve intendersi l'acquisizione del diritto di proprietà dell'abitazione, e pertanto l'acquisto del diritto reale di godimento di cui alla fattispecie in esame, non integra la fattispecie giuridica prevista dal citato comma 4 di «acquisto di altro immobile» e non rappresenta un titolo idoneo ad evitare la decadenza dall'agevolazione fruita.
Tale decadenza comporta anche il mancato riconoscimento del credito d'imposta di cui all'articolo 7, comma 1, della legge 23 dicembre 1998, n. 448, in quanto, come precisato con circolare 12 agosto 2005, n. 38/E, il credito d'imposta in esame non spetta, tra l'altro, se il contribuente è decaduto dall'agevolazione prima casa in relazione al precedente acquisto, in quanto ciò comporta automaticamente, oltre al recupero delle imposte ordinarie e delle sanzioni, anche il recupero del credito eventualmente fruito.