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Imposte e contributi: il calendario delle scadenze
La data di scadenza, a regime, del pagamento del saldo 2023 e del primo acconto 2024 delle imposte sui redditi (Irpef e Ires) e dell’Irap è il 30 giugno 2024.
Tuttavia, per effetti della proroga ex articolo 37 del Decreto Legislativo 13/2024, solo per il 2024 “i soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono state sono stati approvati gli Indici sintetici di affidabilità fiscale […], tenuti a effettuare entro il 30 giugno i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di Imposta regionale sulle attività produttive e di Imposta sul valore aggiunto, per il primo anno di applicazione dell’istituto del Concordato preventivo biennale […], possono provvedervi entro il 31 luglio 2024 senza alcuna maggiorazione”.
Leggi anche: Imposte soggetti ISA: entro il 31.07 senza maggiorazione
Le medesime disposizioni si applicano ai contribuenti in regime forfetario e a quei contribuenti che, pur soggetti a ISA, “presentano clausole di esclusione dagli stessi”.
Va da se che per i contribuenti non interessati dalla proroga, la data di scadenza del versamento delle imposte a saldo e acconto rimane quella del 1 luglio 2024, in quanto il 30 giugno cade di domenica.
Il problema dei contributi
Ogni anno L’INPS emana una circolare sulle modalità e le tempistiche di versamento dei contributi previdenziali dovuti, in saldo e in acconto, in base alle risultanze della dichiarazioni dei redditi.
Quest’anno la Circolare è la numero 72 del 14 giugno 2024.
Si segnala che al paragrafo 3 della suddetta circolare, dedicata a “termini e modalità di versamento”, l’ente non sembra fare riferimento alla proroga prevista.
Tuttavia, sia in base alle norme, che in base a quanto esposto sulla Circolare, è possibile ritenere che le date di scadenza dei versamenti del saldo 2023 e del primo acconto 2024 dovrebbero essere le medesime già viste per i relativi versamenti delle imposte; ciò, poiché, come del resto affermato dalla stessa Circolare 72/2024 “ai sensi del Decreto Legge 15 aprile 2002, numero 63, convertito, con modificazioni, dalla Legge 15 giugno 2002, numero 112, i contributi dovuti sulla quota di reddito eccedente il minimale (per artigiani e commercianti) e la contribuzione dovuta per gli iscritti alla gestione separata devono essere versati alle scadenze previste per il pagamento delle imposte sui redditi”.
Del resto, se i versamenti delle imposte sui redditi e quelli dei contributi previdenziali da dichiarazione sono allineati nelle date dipende dal semplice fatto che il calcolo definitivo dei contributi previdenziali dovuti, sia a saldo che in acconto, costituisce una diretta conseguenza delle risultanze delle dichiarazione dei redditi.
Sul tema l'agenzia ha fornito conferma in una faq datata 26 luglio vedi Contributi artigiani commercianti e GS al 31 7 senza maggiorazione
La rateizzazione
Deve essere ricordato anche che l’articolo 8 del Decreto Legislativo 1/2024 ha conferito a tutti i contribuenti la facoltà di rateizzare il versamento del saldo e dell’acconto relativo alle imposte e ai contributi risultanti dalle dichiarazioni presentate, senza doverne esporre opzione in dichiarazione, per semplice comportamento concludente, secondo un nuovo calendario delle scadenze dei pagamenti.
Ovviamente la prima rata sarà versata senza maggiorazione, ma le successive saranno soggette all’obbligo di versamento degli interessi sulle somme dovute.
Quest’anno, in ragione del fatto che, come visto sopra, i soggetti ISA e i contribuenti in regime forfetario sono interessati alla proroga di cui sopra, il calendario delle scadenze risulterà differenziato.
Calendario rateizzazione per contribuenti non soggetti alla proroga:
- prima rata: entro 1 luglio 2024 (senza maggiorazione);
- seconda rata: entro 16 luglio 2024;
- terza rata: entro 20 agosto 2024;
- quarta rata: entro 16 settembre 2024;
- quinta rata: entro 16 ottobre 2024;
- sesta rata: entro 18 novembre 2024;
- settima rata: entro 16 dicembre 2024.
Calendario rateizzazione per contribuenti soggetti alla proroga:
- prima rata: entro 31 luglio 2024 (senza maggiorazione);
- seconda rata: entro 20 agosto 2024;
- terza rata: entro 16 settembre 2024;
- quarta rata: entro 16 ottobre 2024;
- quinta rata: entro 18 novembre 2024;
- sesta rata: entro 16 dicembre 2024.
Si ricorda che il secondo acconto, quello di novembre, non è interessato alla rateizzazione e dovrà essere versato per intero entro il 2 dicembre 2024 (in quanto il 30 novembre cade di sabato).
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Redditi PF 2024 e credito riacquisto casa: istruzioni
Il Modello Redditi PF 2024 da presentare per via telematica, va inviato entro il 15 ottobre 2024 ed è relativo all'anno di imposta 2023
Tale modello accoglie nel fascicolo 1 il Quadro CR Crediti d’imposta che deve essere utilizzato per calcolare e/o esporre alcuni crediti d’imposta.
Tra questi vi è quello da indicare nel rigo CR7 con il credito di imposta per il riacquisto casa, vediamo come compilarlo.
Redditi PF 2024 e credito riacquisto casa: istruzioni
Il rigo CR 7 del quadro CR del Modello Redditi PF 2024 deve essere compilato se si è maturato un credito d’imposta a seguito del riacquisto della prima casa.
L’importo del credito d’imposta è pari all’ammontare dell’imposta di registro o dell’IVA corrisposta in relazione al primo acquisto agevolato; in ogni caso detto importo non può essere superiore all’imposta di registro o all’IVA dovuta in relazione al secondo acquisto.
Tale credito d’imposta spetta anche a coloro che hanno acquistato l’abitazione da imprese costruttrici sulla base della normativa vigente fino al 22 maggio 1993 (e che quindi non hanno formalmente usufruito delle agevolazioni per la “prima casa”), purché dimostrino che alla data di acquisto dell’immobile ceduto erano comunque in possesso dei requisiti necessari in base alla normativa vigente in materia di acquisto della c.d. “prima casa”, e questa circostanza risulti nell’atto di acquisto dell’immobile per il quale il credito è concesso.
Attenzione al fatto che, questo rigo, non deve essere compilato da coloro che hanno già utilizzato il credito di imposta:
- in diminuzione dell’imposta di registro dovuta sull’atto di acquisto agevolato che lo determina;
- in diminuzione delle imposte di registro, ipotecarie e catastali, ovvero delle imposte sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito.
L’articolo 1, comma 55, della legge di stabilità 2016 dispone che l’agevolazione può essere fruita anche quando la vendita della prima casa posseduta avviene entro un anno dalla data del nuovo acquisto. Quindi, si ha il credito d’imposta:
- a) sia nella situazione della alienazione anteriore di non oltre un anno a un nuovo atto di acquisto agevolato;
- b) sia nella situazione in cui l’alienazione della casa già posseduta avvenga entro l’anno successivo al nuovo acquisto agevolato.
Il rigo CR7 va compilato come segue:
- Colonna 1 (Residuo precedente dichiarazione): riportare il credito d’imposta per il riacquisto della prima casa che non ha trovato capienza nell’imposta risultante dalla precedente dichiarazione,
- Colonna 2 (Credito anno 2023): riportare il credito d’imposta maturato nel 2023, spettante ai soggetti che si trovano nelle seguenti condizioni:
- nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2023 e la data di presentazione della dichiarazione hanno acquistato un immobile usufruendo delle agevolazioni prima casa;
- l’acquisto è stato effettuato entro un anno dalla vendita di altro immobile acquistato usufruendo delle agevolazioni prima casa oppure se la vendita dell’altro immobile acquistato usufruendo dell’agevolazione prima casa è effettuata entro un anno dall’acquisto della nuova prima casa;
- non siano decaduti dal beneficio prima casa.
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Comunità energetiche: trattamento fiscale chiarito dalle Entrate
Con Risoluzione n 37 del 22 luglio le Entrate specificano il trattamento fiscale dei contributi alle CER da parte del GSE.
Sinteticamente, il corretto trattamento fiscale degli incentivi erogati dal Gestore dei servizi elettronici e restituiti da una Comunità energetica rinnovabile ai propri associati che hanno concorso all'autoconsumo di energia, deve essere valutato in base alla natura del soggetto che riceve le somme.
Vediamo maggiori dettagli della Risoluzione.
Comunità energetiche: trattamento fiscale chiarito dalle Entrate
In data 8 aprile 2024 è stata avviata l'apertura dei portali del Gse per presentare le istanze di ammissione agli incentivi, che comprendono, fra l'altro una tariffa incentivante ventennale calcolata in funzione dell'energia condivisa (tariffa premio) e un contributo di valorizzazione (contributo Arera).
A tal proposito la disciplina transitoria prevista dall'articolo 42-bis del Dl 162/2019 ha previsto la possibilità di sperimentare l’autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili e di Comunità energetiche rinnovabiliCon l'emanazione del Dlgs n. 199/2021 “I clienti finali, ivi inclusi i clienti domestici, hanno il diritto di organizzarsi in comunità energetiche rinnovabili” purché siano rispettati specifici requisiti.
Le Entrate hanno ricordato che obiettivo della comunità deve essere quello di fornire benefici ambientali, economici o sociali ai suoi soci o alle aree locali e non quello di realizzare profitti finanziari.La comunità è un soggetto di diritto autonomo che include, fra l’altro, persone fisiche, Pmi, associazioni, enti territoriali e autorità locali, enti di ricerca, religiosi e del terzo settore, nonché le amministrazioni locali. La partecipazione a tali comunità energetiche non può costituire per le imprese attività commerciale principale.
L’Agenzia ricorda i chiarimenti sul corretto trattamento tributario delle somme erogate dal GSE a queste comunità sperimentali, forniti con la risoluzione n. 18/2021 e con la risposta all’interpello n. 37/2022, richiamate dall'istante.
La risoluzione ha precisato che ai fini fiscali rileva il solo corrispettivo per la vendita dell'energia immessa in rete che si configura come reddito diverso (articolo 67, comma 1, lettera i) del Tuir).
La risposta n. 37/2022, riguardante un gruppo di comunità energetiche strutturate come enti non commerciali ha chiarito identicamente che i proventi derivanti dalla vendita dell'energia sono riconducibili alla categoria dei “redditi diversi”.
La circolare n. 23/2022 ha chiarito che per i soggetti diversi da quelli che producono reddito d’impresa, ai fini fiscali rileva solo il corrispettivo per la vendita di energia eccedente l’autoconsumo istantaneo.
Tale chiarimento vale anche per le somme erogate dal Gse ad una Comunità energetica costituita nella forma di ente non commerciale che assumono rilevanza per il fisco solo per la quota eccedente l’autoconsumo.
L’Agenzia rileva che, come stabilito dal citato articolo 32 del Dlgs n. 199/2021, i clienti finali partecipanti possono demandare alla Comunità la “gestione delle partite di pagamento e di incasso verso i venditori e il GSE”.Tale rapporto è un mandato senza rappresentanza in cui la Cer, in qualità di referente, gestisce tutti i rapporti con il Gse, compreso l'incasso degli incentivi.
Alla luce di tutto ciò premesso, l'ade ha chiarito che:- il corrispettivo per la vendita di energia relativo alla quota che eccede l'autoconsumo istantaneo ricevuto dal Gse e attribuito ai partecipanti assume rilevanza reddituale in capo ai singoli membri, e non in capo alla Cer, per cui il trattamento fiscale sarà differenziato in base alla natura del soggetto percipiente, come chiarito dai citati documenti di prassi;
- considerati gli obiettivi sociali e ambientali perseguiti dalle comunità energetiche, l’Agenzia esclude che la spartizione degli incentivi ricevuti dalla Cer ai partecipanti della comunità configuri una distribuzione di utili, non costituendo tali incentivi “profitti finanziari”.
Il Codice del terzo settore ha previsto che l'attività di condivisione e i relativi scambi economici fra la Cer e gli utenti non costituiscono un profitto finanziario, ma l'esercizio dell'attività di un interesse condiviso.
La Cer, in quanto ente associativo, non può distribuire utili e avanzi di gestione, né può effettuare cessioni di beni e prestazioni di servizi agli associati (articolo 8, Dlgs n.117/2017).
In conclusione, si specifica che la restituzione da parte di una Comunità energetica rinnovabile costituita nella forma di ente del terzo settore delle somme ai propri associati non costituisca aggiramento del principio di divieto di distribuzione degli utili.
Allegati: -
730/2024: l’ecobonus in dichiarazione
Le spese per interventi finalizzati al risparmio energetico vanno indicate nel modello 730/2024 al rigo E61/ 62 ai fini della detrazione fiscale dai redditi del contribuente conseguiti nell'anno d'imposta 2024
Ricordiamo che, la detrazione spettante per le spese sostenute per interventi di riqualificazione energetica degli edifici esistenti (c.d. Eco bonus) è stata introdotta dall’art. 1, commi da 344 a 349, della legge n. 296 del 2006, che ne delinea:
- l’ambito di applicazione con riguardo alla tipologia di interventi agevolabili,
- la percentuale di detrazione spettante,
- le modalità di fruizione.
L'ecobonus è attualmente disciplinato dall’art. 14 del decreto legge n. 63 del 2013 e successive modificazioni che ha elevato l’aliquota della detrazione al 65 per cento con riferimento alle spese sostenute a partire dal 6 giugno 2013, data di entrata in vigore del decreto stesso, al 31 dicembre 2024 e ha introdotto ulteriori interventi agevolabili.
A partire dal 2018, inoltre, per alcune spese la detrazione è ridotta al 50 per cento.
Attenzione al fatto che la data di inizio lavori può essere comprovata, ove prevista, dalla data di deposito in comune della relazione tecnica di cui all’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 192 del 2005.
L’art. 119 del decreto legge n. 34 del 2020 ha introdotto nuove disposizioni che disciplinano la detrazione delle spese sostenute dal 1° luglio 2020 a fronte di specifici interventi finalizzati all’efficienza energetica (ivi inclusa la installazione di impianti fotovoltaici e delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici, c.d. Superbonus).
Il contribuente può avvalersi della maggiore detrazione prevista dall’art. 119 del decreto legge n. 34 del 2020 per le spese sostenute dal 1° luglio 2020, rispettando gli adempimenti specificamente previsti in relazione alla stessa.
Per i lavori edili avviati dal 28 maggio 2022 di importo complessivo superiore a 70.000 euro la detrazione spetta se nell'atto di affidamento dei lavori, stipulato a partire dal 27 maggio 2022, è indicato che detti interventi sono eseguiti da datori di lavoro che applicano i contratti collettivi del settore edile, nazionale e territoriali, stipulati dalle associazioni datoriali e sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (articolo 1, comma 43-bis della legge di bilancio 2022).
L’agevolazione è ammessa se gli interventi sono realizzati su unità immobiliari e su edifici (o su parti di edifici) esistenti, situati nel territorio dello Stato, censiti al Catasto o per i quali sia stato chiesto l’accatastamento, di qualunque categoria catastale, anche se rurali, compresi quelli strumentali per l’attività d’impresa o professionale, merce o patrimoniali.
La prova dell’esistenza dell’edificio è fornita dall’iscrizione dello stesso in Catasto oppure dalla richiesta di accatastamento, nonché dal pagamento dell’ICI o, dal 2012, dell’IMU ove dovuta
Ecobonus nel 730/2024: soggetti ammessi
Sono ammessi alla detrazione i soggetti, residenti e non residenti, titolari di qualsiasi tipologia di reddito. La detrazione spetta, infatti, alle persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, agli enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale, alle società semplici, alle associazioni tra professionisti e ai soggetti che conseguono reddito d’impresa, vale a dire persone fisiche, società di persone, società di capitali (art. 2 del d.m. 19 febbraio 2007).
Tali soggetti, che devono possedere o detenere l’immobile in base ad un titolo idoneo, sono:
- proprietari o nudi proprietari;
- titolari di un diritto reale di godimento quale usufrutto, uso, abitazione o superficie;
- soci di cooperative a proprietà divisa e indivisa;
- soggetti indicati nell’art. 5 del TUIR, che producono redditi in forma associata (società semplici, in nome collettivo, in accomandita semplice e soggetti a questi equiparati, imprese familiari), alle stesse condizioni previste per gli imprenditori individuali;
- detentori (locatari, comodatari) dell’immobile;
- familiari conviventi;
- coniuge separato assegnatario dell’immobile intestato all’altro coniuge;
- conviventi di fatto di cui all’art.1, commi 36 e 37, della legge n. 76 del 2016;
- promissario acquirente.
Ecobonus nel 730: le aliquote spettanti
La legge n. 296 del 2006 prevedeva che la detrazione fosse applicata per un periodo di tempo limitato e ne stabiliva la percentuale nella misura del 55 per cento della spesa sostenuta.
Successivamente, il decreto legge n. 63 del 2013 ha prorogato il beneficio e ha elevato la percentuale di spesa detraibile, dal 55 al 65 per cento, per le spese sostenute a partire dal 6 giugno 2013.
In applicazione del criterio di cassa, vigente per gli oneri sostenuti dalle persone fisiche, l’utilizzo dell’espressione “spese sostenute” comporta che la maggiore misura della detrazione si applica alle spese “pagate” a partire dal 6 giugno 2013 (data di entrata in vigore del decreto legge n. 63 del 2013), indipendentemente dalla data di avvio degli interventi cui i pagamenti si riferiscono.
In via generale, per le detrazioni in esame, diversamente da quanto previsto per quelle relative agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, è stabilito un limite di detrazione, variabile in funzione dell’intervento agevolato, e non un limite di spesa ammissibile all’agevolazione.
Per l’anno 2023 è confermata la riduzione della detrazione al 50 per cento, introdotta dal 1º gennaio 2018, per le spese sostenute per interventi effettuati su singole unità immobiliari o sulle parti comuni degli edifici relativi a:
- l’acquisto e posa in opera di finestre comprensive di infissi;
- l’acquisto e posa in opera di schermature solari;
- l'acquisto e la posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili,
- la sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione almeno in classe A (prevista dal regolamento UE n. 811/2013) o con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili.
Si ricorda che, nel caso di installazione in singole unità immobiliari, se le caldaie, oltre ad essere almeno in classe A, sono anche dotate di sistemi di termoregolazione evoluti (appartenenti alle classi V, VI o VIII della comunicazione della Commissione 2014/C 207/02), è riconosciuta la detrazione più elevata del 65 per cento.
Ecobonus nel 730/2024: per quali spese
La detrazione spetta per le spese sostenute per gli interventi su edifici esistenti, parti di edifici esistenti o unità immobiliari:
- di riqualificazione energetica volti a conseguire un risparmio del fabbisogno di energia primaria (art. 1, comma 344, della legge n. 296 del 2006);
- riguardanti strutture opache verticali, strutture opache orizzontali (coperture e pavimenti) e finestre comprensive di infissi (art. 1, comma 345, della legge n. 296 del 2006);
- relativi all’installazione di pannelli solari per la produzione di acqua calda per usi domestici o industriali e per la copertura del fabbisogno di acqua calda in piscine, strutture sportive, case di ricovero e cura, nonché istituti scolastici e università (art. 1, comma 346, della legge n. 296 del 2006);
- di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di caldaie a condensazione e contestuale messa a punto del sistema di distribuzione (art. 1, comma 347, della legge n. 296 del 2006); tale detrazione è estesa anche alle spese relative alla sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con pompe di calore ad alta efficienza e con impianti geotermici a bassa entalpia (art. 1, comma 286, della legge n. 244 del 2007).
Dal 2012, la detrazione spetta anche per la sostituzione di scaldacqua tradizionali con scaldacqua a pompa di calore dedicati alla produzione di acqua calda sanitaria.
Dal 2015 (art. 14, comma 2, lett. b), e comma 2-bis del decreto legge n. 63 del 2013), la detrazione spetta anche per le spese sostenute per:
- l’acquisto e posa in opera delle schermature solari di cui all’allegato M al d.lgs. n. 311 del 2006;
- l’acquisto e posa in opera di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di generatori di calore alimentati da biomasse combustibili.
Dal 1° gennaio 2016 l’agevolazione spetta anche per le spese sostenute per l’acquisto, l’installazione e la messa in opera di dispositivi multimediali per il controllo da remoto degli impianti di riscaldamento o di climatizzazione delle unità abitative, volti ad aumentare la consapevolezza dei consumi energetici da parte degli utenti ed a garantire un funzionamento efficiente degli impianti.
Dal 1° gennaio 2018 la detrazione, nella misura del 65 per cento delle spese sostenute, spetta anche per:
- l’acquisto e la posa in opera di micro-cogeneratori in sostituzione di impianti esistenti e fino a un valore massimo della detrazione di euro 100.000 (per beneficiare della detrazione è necessario che gli interventi effettuati portino a un risparmio di energia primaria pari almeno al 20 per cento);
- gli interventi di sostituzione di impianti di climatizzazione invernale con impianti dotati di apparecchi ibridi, costituiti da pompa di calore integrata con caldaia a condensazione, assemblati in fabbrica ed espressamente concepiti dal fabbricante per funzionare in abbinamento tra loro;
- l’acquisto e posa in opera di generatori d’aria calda a condensazione.
Per gli interventi di rifacimento della facciata, non di sola pulitura o tinteggiatura esterna, che influiscono anche dal punto di vista termico o interessano oltre il 10 per cento dell’intonaco della superficie disperdente lorda complessiva dell’edificio, per le spese sostenute dal 1° gennaio 2020 fino al 31 dicembre 2022 (art. 1, comma 220, della legge n. 160 del 2019, art. 1, comma 59, della legge n. 178 del 2020 e art. 1, comma 39 della legge n. 234 del 2021) trova applicazione il Bonus facciate.
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Collaboratore di studio: divieto di acquisirne la clientela
Con il pronto ordini n 31 del 18 luglio scorso, il CNDCEC fornisce chiarimenti sull'art 31 comma 3 del codice deontologico dei Commercialisti.
Un Ordine Territoriale chiedeva chiarimenti circa la corretta interpretazione da fornire al divieto indicato all’art. 31, comma 3, del Codice deontologico, il quale prevede che “Il collaboratore che sia iscritto all’albo deve astenersi dal tentativo di acquisire clienti attingendoli dalla clientela dello studio presso il quale ha svolto il rapporto di collaborazione”, alla luce del differente divieto previsto dall’art. 15, comma 5, che vieta al professionista di intraprendere iniziative o comportamenti tendenti ad acquisire in modo scorretto un cliente assistito da altro collega.
Vediamo i dettagli.
Collaboratore di studio e clientela: divieto di acquisirla
Il CNDCEC ricorda che dal 1° aprile 2024 è entrato in vigore il nuovo Codice deontologico della professione, il quale tuttavia non ha modificato i contenuti relativi ai divieti di acquisire la clientela altrui.
Tuttavia, dal mero confronto del dato letterale del divieto di cui all’art. 31, comma 3, e dell’art. 15, comma 5 (ora art. 14, comma 4, nuovo Codice deontologico), emerge che per il collaboratore di studio, a differenza del professionista, assume rilievo deontologico la mera condotta di acquisire o tentare di acquisire la clientela dello studio presso cui collabora, non essendo richiesto che l’acquisizione della clientela avvenga in modo “scorretto” o con modalità non conforme al decoro.
Tale differenza sembrerebbe trovare la sua ratio nel diverso contesto in cui i due soggetti a cui si rivolge il divieto operano:
- il collaboratore di studio, potendo già contare su un contatto diretto con la clientela dello studio del professionista, godrebbe di una posizione di vantaggio, che potrebbe sfruttare per tentate di acquisirla, anche senza ricorrere a modalità scorrette o non conformi al decoro;
- un altro professionista avente un proprio studio professionale autonomo, a cui è vietato acquisire la clientela di altro collega con modalità scorrette o non conformi al decoro.
Sempre dal dato letterale dell’art. 31, comma 3, sembra emergere che il divieto per il collaboratore di studio, per poter avere rilievo disciplinare, richieda una condotta attiva dello stesso che inviti o invogli la clientela dello studio professionale a farsi assistere dallo stesso.
Ad esempio, non sembrerebbero poter assumere rilievo disciplinare le condotte dell’ex collaboratore che senza avere una condotta attiva riceva spontaneamente una richiesta di assistenza dalla clientela dello studio professionale ove prestava la propria opera.
Infine il pronto ordini evidenzia che, come indicato nell’art. 4 del nuovo Codice deontologico della professione, oggetto di valutazione è il comportamento complessivo del professionista e nella detta valutazione devono valutarsi la gravità del fatto, l’eventuale sussistenza del dolo e sua intensità ovvero il grado di colpa, l’eventuale danno procurato, nonché ogni circostanza, soggettiva e oggettiva, connessa alla violazione.
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Dl salva casa: in soffitta la doppia conformità degli immobili
Il Dl Salva casa in dirittura d'arrivo per la conversione in legge entro il 28 luglio è stato approvato dalla Camera e ora passa al Senato.
Tra i cambiamenti al testo originario approvato nel mese di maggio, vi sono novità per le regole di accertamento della conformità degli immobili, vediamole.
Doppia conformità superata col Dl Salva Casa
L’articolo 1, comma 1, lettere g), h), e i), modificate nel corso dell’esame in sede referente, modificando gli articoli 36 e 37 del TUE, opera un superamento del requisito della cosiddetta «doppia conformità», limitatamente alle parziali difformità dal permesso di costruire o dalla segnalazione certificata di inizio attività, nonché alle ipotesi di assenza o in totale difformità nelle ipotesi di cui all'articolo 31.
In particolare, vengono individuate due tipologie di accertamento di conformità in sanatoria, differenziando:
- a) gli interventi eseguiti in assenza, totale difformità o in variazione essenziale dal permesso di costruire o dalla Scia alternativa al permesso di costruire di cui all’articolo 23 del TUE, per i quali, in quanto fattispecie di maggiore gravità, continua a permanere l’attuale regime della doppia conformità urbanistica ed edilizia (previsioni di piano e normativa tecnica), ossia della necessità di rispettare la normativa prevista sia all’epoca della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda (articolo 36);
- b) gli interventi in parziale difformità dal permesso di costruire o dalla Scia alternativa al permesso di costruire nonché quelli realizzati in assenza o in difformità dalla Scia “semplice” di cui all’articolo 22 del TUE, per i quali vi è il superamento della doppia conformità: si prevede che è sufficiente provare la conformità urbanistica ad oggi (ossia al momento della presentazione della domanda) e la conformità edilizia (normativa tecnica) all’epoca della realizzazione dell’intervento (nuovo articolo 36 bis).
Nei casi di difformità parziali si introduce la cd. sanatoria condizionata, in base alla quale il Comune può subordinare il rilascio del permesso/SCIA in sanatoria all’esecuzione di interventi per rendere l’opera conforme alla normativa tecnica, edilizia, igienico sanitaria, nonché alla rimozione delle opere che non possono essere sanate.
A tale riguardo è stato espunto il riferimento ai requisiti di igiene, salubrità, efficienza energetica degli edifici e degli impianti negli stessi installati e per il superamento delle barriere architettoniche per il rilascio del permesso di costruire.
Il rilascio del permesso in sanatoria è sempre subordinato al pagamento del doppio dell’aumento del valore venale dell’immobile in seguito agli interventi (importi compresi fra 1.032 e 10.328 €). Infine, l’articolo 37 (Interventi eseguiti in assenza o in difformità dalla segnalazione certificata di inizio attività) viene modificato estendendo anche in questi casi il nuovo regime in merito all’eliminazione della «doppia conformità» lasciando in questo caso invariata la sanzione pecuniaria prevista dalla normativa vigente.
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Domicilio fiscale: nuovo concetto dal 2024 senza retroattività
Con una Sentenza della Cassazione del 18 luglio viene chiarito il nuovo concetto di domicilio fiscale introdotto dalla Riforma Fiscale in atto.
In sintesi, la Suprema Corte specifica che le nuove norme non sono retroattive.
Prima di dettagliare quanto statuito dalla Corte, si specifica che nel caso di specie l'Agenzia delle Entrate aveva notificato ad un soggetto anagraficamente residente nel Principato di Monaco, paese a fiscalità privilegiata, un avviso di accertamento emesso ai sensi dell'art 38 del DPR 600 del 1973, relativo al periodo di imposta 2009, con il quale accertava il maggior reddito fondato su processo verbale di constatazione con il quale la Guardia di Finanza aveva verificato, per il periodo 2006-2010, che il contribuente aveva mantenuto sul territorio nazionale il centro dei propri interessi vitali.
Il ricorso proposto dal contribuente venne accolto dalla Commissione tributaria provinciale di Roma.
Proposto appello dall'Ufficio, la Commissione tributaria Regionale del Lazio lo ha accolto.
Avverso tale decisione hanno proposto ricorso gli eredi del defunto contribuente.Vediamo quanto ha deciso la Cassazione.
Nuova nozione di domicilio fiscale: in vigore dal 1 gennaio
Con la Sentenza n 19843/2024 la Cassazione ha stabilito che il domicilio civilistico e quindi anche quello fiscale va individuato nel luogo in cui vi sia preminenza dei legami economici e patrimoniali della persona in modo riconoscibile dai terzi.
A seguito della riforma fiscale in particolare dall'art 1 del Dlgs n 209/2023 all'art 2 del TUIR e applicabili dal 1 gennaio 2024 ai fini di individuare la residenza fiscale delle persone fisiche i criteri cui attenersi sono rappresentati dalla residenza civilistica, dal domicilio, inteso come “il luogo in cui si sviluppano, in via principale, le relazioni personali e familiari della persona”, dalla presenza nel territorio dello Stato, nonché, dall’iscrizione all’anagrafe della popolazione residente.
Si tratta di condizioni alternative che devono verificarsi per la maggior parte del periodo di imposta.
Secondo la Cassazione, mancando una norma interpretativa, le nuove disposizioni si applicano dal 1 gennaio 2024 e non hanno valore retroattivo.
I fatti oggetto di contestazione, riguardano i periodi di imposta 2006-2010 con la conseguenza che agli stessi si applica la formulazione dell’art. 2 vigente fino al 2023, per cui la nozione di domicilio fiscale deve rifarsi a quella civilistica del luogo in cui la persona ha stabilito la “sede principale dei suoi affari e interessi”.
I giudici di legittimità si allineano alla parte della giurisprudenza che attribuisce rilevanza al luogo in cui si concentrano gli interessi di carattere economico e patrimoniale in modo abituale.
Inoltre, la gestione di detti interessi deve essere esercitata in modo riconoscibile dai terzi.
A tal proposito la Corte richiama l'art 2 comma 1 lett. m) del Codice della Crisi d'impresa secondo cui il centro degli interessi principali del debitore (COMI) è rappresentato dal luogo in cui lo stesso gestisce i suoi interessi in modo abituale e riconoscibile dai terzi.
Ciò premesso la sentenza n. 19843/2024 stabilisce che secondo l'art. 2 comma 2 del TUIR, nella versione precedente alle novità 2024, le relazioni affettive e familiari della persona non rivestono un ruolo prioritario, ma rilevano solo unitamente ad altri criteri attestanti univocamente il luogo con il quale il soggetto ha il più stretto collegamento.
I legami personali, nel caso in oggetto, vi sono tanto in Italia quanto nel Principato di Monaco e la Cassazione ha privilegiato il luogo in cui esistevano anche interessi patrimoniali gestiti in modo riconoscibile dai terzi, ovvero l’Italia, viste le numeroso cariche sociali rivestite dal contribuente in diverse imprese.