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Nuovo Redditometro: cosa prevede
La Commissione Finanze della Camera in data 10 luglio, riunitasi per valutazioni e pareri sui correttivi alla Riforma fiscale, e in particolare su:
- modifiche alla disciplina dell'adempimento collaborativo,
- modifiche alla disciplina degli adempimenti tributari,
- modifiche alla disciplina del concordato preventivo biennale;
ha approvato e pubblicato il parere relativo all'atto n 170 con anche indirizzi al Governo sul Reddittometro.
Sul Redditometro infatti, ricordiamo che nel mese di maggio, con decreto mef si era provveduto alla riattivazione dello strumento di controllo, per poi immeditamente sospenderlo per numerosi dubbi dello stesso Esecutivo.
L'istituto era in attesa del parere e la commissione, specifica: Più in generale, rispetto alla riforma varata con la delega e all'obiettivo – condiviso da tutte le forze che sostengono l'Esecutivo – di ridefinire il rapporto tra fisco e contribuenti, nella solida prospettiva di avviare concretamente e con successo gli istituti dell'adempimento collaborativo e del concordato preventivo, la Commissione sollecita un intervento del Governo in materia di strumenti induttivi di ricostruzione del reddito affidati all'Agenzia dell'Entrate, da indirizzare esclusivamente verso le situazioni che presentano alti livelli di scostamento di congruità tra spese e redditi dichiarati, anche prevedendo soglie percentuali che riducano o eliminino la discrezionalità dell'Agenzia delle Entrate.
Sotto tale specifico profilo, la Commissione sollecita quindi il Governo a incrementare le tutele dei contribuenti, evitando di ripristinare strumenti e istituti a carattere induttivo di massa (come ad esempio il cosiddetto redditometro), ma definendo l'ambito esclusivamente sui singoli casi di contribuenti che presentano ex ante profili di rischio fiscale.
Nuovo Redditometro: il decreto in gu
Con il DM MEF del 7 maggio pubblicato in GU n 116 del 20 maggio, si torna a parlare di Redditometro.
In particolare, le disposizioni si rendono applicabili alla determinazione sintetica dei redditi e dei maggiori redditi relativi agli anni d'imposta a decorrere dal 2016 (di fatto dovrebbe riguardare solo quelli dal 2018).
Viene in sintesi riattivato lo strumento accertativo, dopo la sospensione disposta con l’articolo 10 del Dl 87/2018.
Con quest’ultima norma è stato abrogato il Dm 16 settembre 2015, con effetto dagli accertamenti riferiti al periodo d’imposta 2016, stabilendo anche che il nuovo decreto avrebbe dovuto essere fondato su di una metodologia elaborata con l’ausilio dell’Istat e delle associazioni dei consumatori. Da ciò discende l'emanazione del DM del 7 maggio 2024.
Di seguito un riepilogo dei contenuti del decreto e anche esempi di spese soggette ai controlli del Fisco.
ATTENZIONE: il presidente Giorgia Meloni, dopo il subbuglio generato dall'uscita del DM 7 maggio, ha dichiarato sui social di volere sospendere temporaneamente il decreto per apportare modifiche e dopo aver dichiarato che il suo Governo non introdurrà mai un grande fratello fiscale ha specificato: "Oggi ho incontrato il viceministro Leo, ci siamo confrontati sui contenuti e siamo giunti alla conclusione che sia meglio sospendere il provvedimento in attesa di ulteriori approfondimenti".
Riepiloghiamo di seguito le regole del DM sul redditometro in attesa di novità dal MEF.
dditometro: controlli su maggiori redditi anni d’imposta dal 2016
Con il presente decreto è individuato il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva sulla base del quale, ai sensi del quinto comma dell'art. 38, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, può essere fondata la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche.
Per elemento indicativo di capacità contributiva si intende:- la spesa sostenuta dal contribuente,
- la propensione al risparmio determinata utilizzando anche l'archivio dei rapporti di cui all'art. 7, comma sesto, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605.
L'elenco degli elementi è indicato nella tabella A che fa parte integrante del presente decreto.
La tabella A individua le informazioni utilizzabili per determinare gli elementi indicativi di capacità contributiva presenti negli archivi in possesso dell'amministrazione finanziaria.
La medesima tabella indica, inoltre, alcune categorie di beni e servizi detenuti, a qualsiasi titolo, dal contribuente, per i quali non si dispone dell'ammontare della spesa di mantenimento effettivamente sostenuta, che viene, pertanto, determinata applicando una spesa minima presunta rappresentativa del valore d'uso del bene o del servizio considerato.
Le spese, distinte per gruppi e categorie di consumi del nucleo familiare di appartenenza del contribuente, sono desunte dall'indagine annuale sulle spese delle famiglie compresa nel Programma statistico nazionale, ai sensi dell'art. 13 del decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322, effettuata su campioni significativi di contribuenti appartenenti a undici tipologie di nuclei familiari, distribuite nelle cinque aree territoriali in cui è suddiviso il territorio nazionale.
Le tipologie di nuclei familiari considerate sono indicate nella tabella B, che fa parte integrante del presente decreto.
Le spese possono essere desunte anche da studi e analisi socio-economiche di settore.
Il contenuto induttivo degli elementi di capacità contributiva indicati nella tabella A è anche determinato considerando la quota del risparmio formatasi nell'anno e non utilizzata per consumi, investimenti e altre spese.
Fatto salvo quanto previsto dall'art. 4 del presente decreto, ai fini della determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche, in assenza di dati in anagrafe tributaria relativi alle spese indicate nella tabella A, per i beni e servizi che vengono considerati essenziali per conseguire uno standard di vita minimamente accettabile per una famiglia con determinate caratteristiche e se tali informazioni non sono acquisite in sede di contraddittorio con il contribuente, si considera l'ammontare individuato dall'ISTAT quale spesa minima necessaria per posizionarsi al limite della soglia di povertà assoluta.Tale soglia varia, per costruzione, in base alla dimensione della famiglia, alla sua composizione per età alla ripartizione geografica e alla dimensione del comune di residenza rilevata dai risultati dell'indagine sulle spese delle famiglie dell'Istituto nazionale di statistica.
Ai fini della determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche, resta ferma la facoltà dell'Agenzia delle entrate di utilizzare, altresì, elementi di capacità contributiva diversi da quelli riportati nella tabella A, qualora siano disponibili dati relativi ad altre voci di spesa sostenute dal contribuente.
In ogni caso l'ammontare delle spese risultante dalle informazioni presenti in anagrafe tributaria o acquisite in sede di contraddittorio con il contribuente si considera sempre prevalente rispetto a quello calcolato induttivamente sulla base degli elementi di capacità contributiva indicati nella tabella A o sulla base delle spese desunte da studi e analisi socio-economiche di settore.Nuovo redditometro: come si imputano le spese
In merito alla imputazione delle spese al contribuente si prevede che fatto salvo quanto previsto dall'art. 4 del decreto, le spese si considerano sostenute dalla persona fisica cui risultano riferibili sulla base dei dati disponibili o delle informazioni presenti in Anagrafe tributaria.
Si considerano, inoltre, sostenute dal contribuente, le spese effettuate dal coniuge e dai familiari fiscalmente a carico.
Non si considerano sostenute dalla persona fisica le spese per i beni e servizi se gli stessi sono relativi esclusivamente ed effettivamente all'attività di impresa o all'esercizio di arti e professioni, sempre che tale circostanza risulti da idonea documentazione.Nuovo Redditometro: esempi si spese soggette a controlli
C'è di tutto tra le voci che l’amministrazione potrà utilizzare per verificare il reddito (presunto) dei contribuenti secondo il nuovo redditometro.
Va evidenziato comunque che il contribuente potrà "difendersi"
L’analisi, secondo le norme del decreto, partirà dai redditi 2016 (ma dovrebbe riguardare solo quelli dal 2018 in poi) e terrà conto degli elementi già presenti nell’anagrafe tributaria o di un livello minimo di spesa.
Il meccanismo, sinteticamente sarà i seguente:
- il Fisco dai dati in suo possesso presume un reddito e chiede eventuali spiegazioni;
- il contribuente ha facoltà di difendersi e di dimostrare che il finanziamento delle spese è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nel periodo d’imposta;
- si potrà sostenere, dimostrandolo, che le spese attribuite hanno un diverso ammontare e che la quota del risparmio utilizzata per consumi ed investimenti si è formata nel corso di anni precedenti.
Dall'allegato A al decreto si tratterà di controlli sulle seguenti spese (l'elenco è a titolo di esempio, e non è esaustivo, si rimanda quindi alla tabella dell'allegato A per tutte le voci):
- spese per alimenti e abbigliamento;
- mutuo e affitto, eventuale canone per il leasing immobiliare e le relative spese per pagare acqua e condominio e anche le spese per la manutenzione o per eventuali agenti immobiliari;
- investimenti quali ad esempio azioni ai francobolli, oro;
- energia, spese per la casa e salute: l'amministrazione potrà prendere in esame anche se si è in possesso o meno di un riscaldamento centralizzato; verificate anche le spese per mobili, elettrodomestici e servizi per la casa; collaboratori domestici e altri beni e servizi per la casa;
- trasporti: si prenderanno in considerazione le spese per assicurazione per la responsabilità civile, incendio e furto per auto, moto, caravan, camper, minicar e anche il pagamento del bollo;
- comunicazioni e scuola: anche un nuovo cellulare e le relative bollette potranno essere all’esame insieme alle spese per l’istruzione;
- tempo libero e cavalli: si verificheranno le spese per: giochi e giocattoli, radio, televisione, hi-fi, computer, libri non scolastici, giornali e riviste, dischi, cancelleria, abbonamenti radio, televisione ed internet, lotto e lotterie, piante e fiori, riparazioni radio, televisore, computer.
Si resta in attesa dopo la sospensione annunciata da Meloni di sapere quali saranno le modifiche al DM 7 maggio e quindi ai controlli sui redditi dei cittadini.
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Correttivi Riforma Fiscale: l’ADE in audizione in Senato
Oggi 10 luglio, l'Agenzia delle Entrate è stata in audizione presso il Senato, in vista dei correttivi ad alcuni punti della Riforma Fiscale.
In particolare, si prevedono modifiche alle seguenti discipline:
- adempimento collaborativo,
- adempimenti tributari,
- concordato preventivo biennale.
Presso la Commissione Finanze del Senato si è discusso di questi temi e in particolare, dei ritocchi ai decreti legislativi:
- n. 221/2023 (“Disposizioni in materia di adempimento collaborativo”),
- n. 1/2024 “Razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari”,
- n. 13/2024 (“Disciplina del Concordato preventivo biennale”).
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Correttivi alla Riforma Fiscale: l’ADE in audizione in Senato
Come specificato dal rappresentante dell’Agenzia, i correttivi sul concordato preventivo biennale e sull'adempimento collaborativo, mirano a stabilire un confronto costante, fattuale e preventivo con il contribuente affinché possa instaurarsi un rapporto di piena fiducia tra le parti in grado di anticipare l’azione di controllo del Fisco, vediamo i punti trattati per i Dlgs di cui si tratta che saranno oggetto di integrazioni e correzioni, secondo quanto specificato dall'Ade:
- sull' adempimento collaborativo, il provvedimento in esame perfeziona l’istituto attraverso diposizioni integrative che mirano a realizzare meglio i criteri direttivi dettati dalla riforma e interviene, principalmente, sulla disciplina della certificazione del Tcf (Tax control framework”), sui requisiti soggettivi di accesso al regime, con particolare riguardo al concetto di gruppo cui fanno parte i contribuenti, e sul potenziamento degli effetti premiali derivanti dall’adesione al regime;
- sulla semplificazione degli adempimenti tributari tra le modifiche previste, lo schema anticipa, in caso di importo inferiore a 100 euro, al 16 novembre in luogo del 16 dicembre, il termine entro cui effettuare il versamento Iva relativo alle liquidazioni periodiche riguardanti i primi tre trimestri dell’anno. Tale termine allinea la scadenza con il pagamento dell’ultimo trimestre. Inoltre si vuole estendere ulteriormente l’utilizzo della dichiarazione dei redditi precompilata, ampliando la platea dei delegati che possono accedere alla precompilata dei contribuenti, che potranno rivolgersi, ad esempio, anche alle società tra professionisti
- sul concordato preventivo biennale (Dlgs n. 13/2024) l’Agenzia precisa che, in un’ottica di coordinamento e razionalizzazione dei diversi adempimenti dichiarativi, il termine entro il quale, a regime, l’Agenzia, mette a disposizione dei contribuenti e/o dei loro intermediari i programmi informatici per l’elaborazione della proposta. In virtù di tale ratio, il termine slitta dal 1° al 15 aprile. È previsto che per il primo anno di applicazione dell’istituto i software per il calcolo delle proposte di concordato per i contribuenti forfetari siano resi pubblici entro il 15 luglio 2024. Confermato, invece, il termine per la pubblicazione di quelli relativi ai contribuenti Isa. Inoltre, si modifica il periodo per i contribuenti per decidere se accettare no la proposta del Fisco: l’adesione deve arrivare entro il 31 luglio (attualmente il termine di adesione coincide con quello di versamento del saldo delle imposte), oppure entro l’ultimo giorno del settimo mese successivo a quello di chiusura del periodo d’imposta in caso di periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare. Per il primo anno di applicazione resta ferma la facoltà di adesione alla proposta di concordato entro il termine di presentazione della dichiarazione annuale dei redditi. Inoltre con riferimento al differimento del termine dei versamenti del saldo e del primo acconto per il primo anno di applicazione del CPB è previsto che per il 2024 sia possibile effettuare i versamenti risultanti dalle dichiarazioni dei redditi e da quelle in materia di Irap e Iva entro il trentesimo giorno successivo al 31 luglio 2024, maggiorando le somme da versare dello 0,40% a titolo di interesse corrispettivo. La possibilità di differimento, in un primo momento riconosciuta fino al 31 luglio, potrà essere estesa al 30 agosto.
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Credito investimenti ZES Mezzogiorno: chiarimenti di Assonime
Il 12 luglio scade l'invio delle comunicazioni per richiedere il credito di imposta spettante per gli investimenti effettuati nelle regioni del Mezzogiorno sottoposte al vincolo della ZES Unica.
Assonime nella Circolare n 13/2024, così divisa:
- Introduzione
- Ambito di applicazione soggettivo e territoriale
- Ambito di applicazione oggettivo
- Misura dell’agevolazione
- Modello di comunicazione e procedura di accesso all’agevolazione
- Modalità di fruizione dell’agevolazione
ha chiarito alcuni importanti aspetti degli investimenti all luce anche delle recenti novità, vediamone alcuni.
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Credito ZES Mezzogiorno: chiarimenti di Assonime
Il documento di 38 pagine, riepilogandi tutte le regole per il credito di imposta per le regioni del Mezzogiorno della ZES Unica, ha evidenziato alcuni aspetti delle regole che si sono nel tempo palesate.
Riguardo al requisito della novità, Assonime, nella sezione 2 della circolare, relativa all'ambito oggettivo di applicazione del credito di imposta la Circolare Assonime ha specificato che: "In assenza di ulteriori precisazioni da parte della disposizione di legge riguardanti le modalità di effettuazione degli investimenti, si ritiene che l’agevolazione spetti per l’acquisto dei beni da terzi, nonché per la realizzazione degli stessi in economia o mediante contratto di appalto."
Inoltre, nella stessa sezioner, si fa notare che per la Zes "Con riguardo al requisito della “strumentalità” rispetto all’attività esercitata dall’impresa beneficiaria del credito d’imposta, i beni devono essere di uso durevole ed atti ad essere impiegati come strumenti di produzione all’interno del processo produttivo dell’impresa".
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Regime di favore ASD: come provarlo secondo la Cassazione
Il regime di favore previsto dalla Legge n 398/91 per le ASD associazioni sportive dilettantistiche decade se le stesse non possano provare con documentazione idonea la sussistenza dei requisiti sostanziali.
Questa è una delle importanti conclusioni della Sentenza n 13790 del 20 maggio 2024 della Cassazione.
Analizziamo maggiori dettagli.
Regime di favore ASD: secondo la Cassazione occorre provarlo
Nei fatti di causa l'Agenzia delle Entrate emetteva un avviso di accertamento poichè non accordava ad una Asd i benefici di cui all'articolo 148 Tuir ed alla legge. n. 398/1991 non avendo riscontrato i requisiti che dovevano invece contraddistinguerla.
Difatti la predetta Associazione non consegnava:
- i libri soci,
- il registro riepilogativo,
- copia delle fatture,
- né documentazione relativa a costi e spese.
Con successivo atto di autotutela venivano ridotti i ricavi accertati da euro 172.000 mila ad euro 132.000.
I Giudici di primo grado accoglievano il ricorso proposto riconoscendo in capo all'associazione i requisiti per fruire delle suddette agevolazioni, mentre la CTR cui faceva ricorso l'Agenzia, riformava la sentenza confermando l'accertamento impugnato.
L'ASD proponeva ricorso in Cassazione affidato a sette motivi cui ha resistito l'ufficio delle entrate.
Con la sentenza n.13790 del 20 maggio la Cassazione ha rigettato il gravame di controparte condannando l’ASD ricorrente al pagamento delle spese di giudizio.
La Cassazione ha affermato che, nel caso di specie, la CTR ha reso una motivazione che rende ragione del percorso per giungere alla conclusione circa la fondatezza della ripresa fiscale.
Dopo aver stabilito che la mancanza dei requisiti sostanziali comporta la decadenza dal regime di favore, ed in particolare la mancata prova in ordine alla tracciabilità dei versamenti, la Corte ha chiarito che l'associazione non aveva documentato la voce "spese per rimborsi vari" per 65.748,00 euro ed ha osservato che al fine di verificare che l'assenza del fine di lucro rimanga confinata a mere clausole statutarie, occorre che l'associazione sia in grado di fornire all'amministrazione riscontri contabili, quali fatture, ricevute, scontrini ovvero altra utile documentazione per determinare il reddito e l'Iva.
Da ciò è stato concluso che "Qualora l'associazione non sia in grado di produrre alcuna documentazione idonea a provare la sussistenza dei requisiti sostanziali per l'applicazione delle disposizioni di cui alla legge n. 398/1991 la stessa decade dal predetto regime di favore".
Relativamente alle contestazioni contenute nell'avviso di accertamento, si indica come la Asd "non ha istituito/conservato/esibito i registri e la documentazione contabile dell'anno di riferimento" e che ha "omesso l'esibizione delle fatture emesse e di tutta la documentazione relativa ai costi e spese dell'anno" , da ciò discendendo l'inosservanza di obblighi e comportamenti cui i beneficiari erano tenuti a pena di decadenza.
L’Asd ha contestato la decadenza dell'associazione dalle agevolazioni fiscali, sostenendo l'applicabilità al caso di specie dell'articolo 25, comma 5, della legge n. 133/1999, così come modificato dall'articolo 19 Dlgs. n. 158/2015, quale misura sanzionatoria più favorevole e, quindi, avente efficacia retroattiva, non essendo divenuto definitivo il provvedimento di irrogazione.
La Cassazione ha evidenziato che la decadenza dal beneficio in relazione alla non tracciabilità non costituisce un'ipotesi di sanzione, neppure impropria.
La dottrina evidenzia che le ipotesi di sanzione consistono in quelle "di situazioni di svantaggio per il contribuente che abbia violato determinati obblighi, che possono essere di due tipi: di carattere procedimentale, nel senso che al trasgressore vengano preclusi mezzi di tutela che altrimenti avrebbe o nel senso che vengano potenziati i normali poteri di accertamento dell'amministrazione… di carattere sostanziale, nel senso che viene maggiorata l'imposta, negando l'applicazione di deduzioni, di detrazioni, elevando l'imponibile o assumendo come fatti tassabili elementi che diversamente non lo sarebbero".
La Cassazione ha affermato il seguente principio di diritto: "La perdita di un'agevolazione fiscale, quando connessa al venir meno delle ragioni che giustificano la deroga al normale regime tributario, non costituisce una sanzione, neppure impropria, con la conseguenza che l'abolizione di un'ipotesi di decadenza dal relativo beneficio non configura una norma più favorevole ai sensi dell'art. 3 Dlgs. n. 472/1997. In particolare, l'abolizione da parte dell'articolo 19, legge. n. 158/2015 dell'ipotesi di decadenza dell'agevolazione accordata alle associazioni senza scopo di lucro dalla legge. n. 398/1991 per assenza dei tracciamenti dei versamenti, non configurando l'abolizione di una sanzione, non determina l'applicazione del principio del "favor rei", proprio in quanto la non tracciabilità dei versamenti determinava semplicemente il ripristino del regime fiscale ordinario. Ne consegue che alle condotte poste in essere sotto il vigore della pregressa disciplina si applica tuttora quest'ultima, dovendosi escludere la retroattività della norma abrogatrice".
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Ft con sconto errate: cosa accade se ritrasmesse allo SdI oltre 12gg
Con Risposta a interpello n 146/2024 le Entrate chiariscono che in presenza di errori su fatture inviate a dicembre 2023, se non si sana l'invio, pur sanando con ravvedimento la vilazione, la fattura non può essere retrodatata al 2023.
Questa è la sintesi della risposta delle entrate, vediamo più dettagli in merito al caso di specie.
Sconto in fattura erroneamente indicato: come sanarlo per il superbonus
L'istante nella sua qualità di condòmino incaricato del «condominio minimo» pone un quesito, concernente la fruizione dell'agevolazione da superbonus con sconto in fattura (di cui all'articolo 119 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020).
In particolare, si riferisce che, il 29 dicembre 2023, la ditta BETA, avendo già eseguito lavori per circa il 70% del totale, ha emesso 3 distinte fatture (nn. 70, 71 e 72) che non contemplavano alcun conguaglio in denaro, giacché gli importi dovuti «[…] per accordi contrattualmente assunti con l'impresa appaltatrice, dovevano essere regolati mediante l'applicazione dello sconto ln fattura di cui all'articolo 121 del D.L. 19.05.2020, n.34.».
Tuttavia, «ln sede di avvio delle procedure di asseverazione, […] dopo il 31.12.2023, veniva riscontrato che […] lo ''sconto in fattura'' di cui sopra, non veniva esposto a valle dell'importo complessivo della fattura (IVA inclusa) ma bensì nel corpo della stessa, così ''erroneamente'' neutralizzando gli importi dei singoli interventi ivi riportati».
Ciò posto, l'istante chiede come sanare l'errore al fine di conservare l'agevolazione fiscale nella misura del 110%.
Le Entrate ricordano che in tema di detrazioni è stato «chiarito nella circolare 8 agosto 2020, n. 24/E e nella circolare 22 dicembre 2020, n. 30/E, per le persone fisiche, compresi gli esercenti arti e professioni, e gli enti non commerciali, in applicazione del criterio di cassa, le spese si intendono sostenute alla data dell'effettivo pagamento. In caso di sconto ''integrale'' in fattura (e, dunque, in assenza di un pagamento), occorre fare riferimento alla data di emissione della fattura da parte del fornitore» Va aggiunto, che «la fattura non può considerarsi emessa prima dell'invio allo SdI […]».
Con la recente risposta ad interpello n. 103 del 13 maggio 2024, sono stati forniti chiarimenti in merito alle condizioni al verificarsi delle quali la fattura può considerarsi tempestivamente emessa ai fini dell'agevolazione in argomento. (Leggi anche: Sconto integrale superbonus: detrazione in base alla data di FT).
Ciò detto, esaminando il caso di specie, risulta che la ditta fornitrice ha emesso, il 29 dicembre 2023, tre fatture errate, avendo praticato lo sconto sul solo imponibile, omettendo quindi di addebitare l'IVA in rivalsa.
Con la circolare n. 30/E del 22 dicembre 2020, al punto 5.3.4, è stato specificato che, ai fini dell'applicazione dello sconto in fattura, «per corrispettivo dovuto deve intendersi il valore totale della fattura, al lordo dell'IVA, e l'importo dello sconto non riduce la base imponibile e deve essere espressamente indicato nella fattura emessa a fronte degli interventi eseguiti».
Le successive note di debito (rectius fatture) prodotte per ''rettificare'' le fatture errate, seppur datate 29 dicembre 2023, sono state concretamente trasmesse allo SdI e, quindi, ''emesse'' il 27 marzo 2024, ben oltre il termine di 12 giorni che consentono di dare legittima rilevanza alla data corrispondente all'effettuazione dell'operazione (ossia al pagamento, anche tramite l'equivalente sconto).
A ciò si aggiunga che le nuove fatture replicano pedissequamente le precedenti fatture errate salvo che per l'addebito dell'IVA in rivalsa, poi assorbito anch'esso dallo sconto sicché le prime non sembrano essere state ''stornate'' con una nota di credito ma solo duplicate, in violazione delle norme.
Tralasciando il trattamento sanzionatorio delle violazioni commesse dalla ditta fornitrice:
- errata fatturazione senza esercizio della rivalsa,
- errata liquidazione periodica/annuale dell'IVA,
- documentazione della medesima operazione con più fatture,
che non è oggetto dell'istanza, l'agenzia evidenzia che, considerato che le note di debito (rectius fatture) corrette sono state inviate al SdI, e quindi emesse, il 27 marzo 2024, lo sconto in fattura, ove sussistano gli altri requisiti richiesti dalle norme, sarà applicabile nella misura prevista per il 2024 (70%) e non al 110%.
Si osserva, infine, che, sebbene con l'istituto del ravvedimento operoso, di cui all'articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, il fornitore, una volta rimosse le violazioni, abbia la possibilità di sanare le sanzioni ad esse relative, detta sanatoria, tuttavia, non consentirà di retrodatare l'efficacia delle fatture al fine di fruire dell'agevolazione di cui si discute in misura pari al 110%.
In conclusione, le entrate evidenziano che la soluzione prospettata dall'istante non può essere condivisa e andranno, quindi, modificate, coerentemente con la misura agevolativa effettivamente spettante, l'asseverazione intermedia e la comunicazione della cessione del credito.
Allegati: -
Credito transizione 5.0: certificazione sul risparmio energetico
Il Decreto MEF/MIMIT (in bozza) con le regole attuative del Credito transizione 5.0, ora al vaglio della Corte dei Conti contiene tutte le regole operative di questa nuova agevolazione introdotta dall'art 38 del DL n. 19/2024 e ritoccato dal DL n 69/2024 convertito in legge n 67/2024.
Vediamo l'art 15 necessaria certificazione sul risparmi energetico, specificando che il testo del DL rispetto alla prima versione ha meglio specificato i requisiti dei certificatori
Leggi anche: Credito Transizione 5.0: le regole attuative.
Credito transizione 5.0: certificazione risparmio energetico
L'art 15 del DL MEF/MIMIT specifica che la riduzione dei consumi energetici è attestata con apposite certificazioni tecniche, rilasciate da uno o più valutatori indipendenti nella forma di perizie asseverate che rispetto all’ammissibilità del progetto di innovazione e al completamento degli investimenti attestino:
- a) ex ante, la riduzione dei consumi energetici conseguibili tramite gli investimenti nei beni di cui all’articolo 6;
- b) ex post l’effettiva realizzazione degli investimenti conformemente a quanto previsto dalla certificazione ex ante.
La certificazione tecnica ex ante si compone delle informazioni relative al progetto di innovazione
riferite in particolare all’individuazione della struttura produttiva e dei relativi processi, della riduzione dei consumi energetici, ivi compresi gli indicatori e gli algoritmi di calcolo utilizzati, nonché i criteri per la definizione dell’eventuale scenario controfattuale.
La certificazione tecnica ex post si compone delle informazioni relative al progetto di innovazione necessarie ad attestarne il completamento conformemente a quanto previsto dalla certificazione ex
ante in termini tecnici ovvero nel caso di variazioni intervenute nel corso della realizzazione del progetto di innovazione delle informazioni relative al progetto di innovazione effettivamente realizzato e dei consumi energetici effettivamente conseguiti.
Le certificazioni tecniche attestano altresì il rispetto delle condizioni previste dall’articolo 7 commi da 1 a 4 per gli investimenti in beni materiali nuovi strumentali all’esercizio d’impresa finalizzati all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili destinata all’autoconsumo.
Le certificazioni tecniche sono redatte sulla base degli appositi modelli messi a disposizione sul sito istituzionale del GSE entro cinque giorni dall’emanazione del presente decreto.
Credito transizione 5.0: i certificatori
Sempre lo stesso art 15 prevede che sono abilitati al rilascio delle certificazioni tecniche:
- a) gli Esperti in Gestione dell’Energia (EGE), certificati da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11339;
- b) le Energy Service Company (ESCo), certificate da organismo accreditato secondo la norma UNI CEI 11352;
- c) gli ingegneri iscritti nella seziona A dell’albo professionale, con competenze e comprovata esperienza nell’ambito dell’efficienza energetica dei processi produttivi.
I soggetti di cui al comma 6 sono tenuti a dichiarare, ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica n. 445 del 2000, il possesso dei requisiti di professionalità previsti dal presente articolo, nonché, ai fini della dimostrazione del possesso dei requisiti di indipendenza, imparzialità e onorabilità, di non trovarsi in situazioni di conflitto di interessi, anche potenziale, ai sensi della vigente normativa in materia e di non aver riportato condanne penali.
Al fine di tenere indenni le imprese in caso di errate valutazioni di carattere tecnico ovvero di non veridicità delle certificazioni da cui consegue la decadenza dal beneficio, i soggetti certificatori sono tenuti a dotarsi di idonee coperture assicurative, stipulando una specifica polizza di assicurazione della responsabilità civile, con massimale adeguato al numero delle certificazioni rilasciate e agli importi dei benefici derivanti dai progetti di innovazione cui si riferiscono le certificazioni garantendo all’impresa e al bilancio dello Stato il risarcimento dei danni eventualmente provocati dall’attività prestata
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Soglia UE uso contante: tutte le regole
Il Regolamento UE n 1624 del 2024, pubblicato nella Gazzetta dell'Unione del 19 giugno, in vigore da oggi 9 luglio prevede tutte le regole da rispettare per i paesi europei relativamente all'uso del contante.
Sinteticamente è bene evidenziare che la soglia da non superare è di 10.000 euro e ad occuparsi dei dettagli è l'art 80 del regolamento in oggetto, vediamoli.
Soglia UE uso contante: 10.000 euro per certi soggetti
L'art 80 del Regolamento UE in questione, specifica Limiti ai pagamenti in contanti di importo elevato in cambio di beni o servizi, prevedendo che:
- le persone che commerciano beni o forniscono servizi possono accettare o effettuare un pagamento in contanti fino a un importo di 10 000 EUR o importo equivalente in valuta nazionale o estera, indipendentemente dal fatto che la transazione sia effettuata con un'operazione unica o con diverse operazioni che appaiono collegate.
- gli Stati membri possono adottare limiti inferiori previa consultazione della Banca centrale europea conformemente all'articolo 2, paragrafo 1, della decisione 98/415/CE del Consiglio (47). Tali limiti inferiori sono notificati alla Commissione entro tre mesi dall'introduzione della misura a livello nazionale.
- i limiti inferiori al limite di cui al paragrafo 1 già esistenti a livello nazionale continuano ad applicarsi. Gli Stati membri notificano tali limiti alla Commissione entro il 10 ottobre 2024.
- il limite di cui al paragrafo 1 non si applica:
- a) ai pagamenti tra persone fisiche che non agiscono nell'esercizio di una professione;
- b) ai pagamenti o ai depositi effettuati presso i locali degli enti creditizi, degli emittenti di moneta elettronica quali definiti all'articolo 2, punto 3), della direttiva 2009/110/CE e dei prestatori di servizi di pagamento quali definiti all'articolo 4, punto 11), della direttiva (UE) 2015/2366. I pagamenti o i depositi di cui al primo comma, lettera b), che siano al di sopra del limite, sono segnalati alla FIU entro i termini da essa imposti.
- gli Stati membri provvedono affinché siano adottate misure appropriate, compresa l'imposizione di sanzioni, nei confronti delle persone fisiche o giuridiche che agiscono nell'esercizio della loro professione e sono sospettate di una violazione del limite di cui al paragrafo 1 o di un limite inferiore adottato dagli Stati membri.
- il livello complessivo delle sanzioni è calcolato, conformemente alle pertinenti disposizioni del diritto nazionale, in modo da produrre risultati proporzionati alla gravità della violazione, scoraggiando così di fatto ulteriori reati dello stesso tipo.
- se, per cause di forza maggiore, diventano indisponibili a livello nazionale mezzi di pagamento tramite fondi, quali definiti all'articolo 4, punto 25), della direttiva (UE) 2015/2366, diversi dalle banconote e dalle monete, gli Stati membri possono sospendere temporaneamente l'applicazione del paragrafo 1 o, se del caso, del paragrafo 2 del presente articolo e ne informano senza indugio la Commissione. Gli Stati membri informano inoltre la Commissione in merito alla durata prevista dell'indisponibilità di mezzi di pagamento tramite fondi, quali definiti all'articolo 4, punto 25), della direttiva (UE) 2015/2366, diversi dalle banconote e dalle monete e alle misure adottate dagli Stati membri per ripristinarne la disponibilità. Se, sulla base delle informazioni comunicate dallo Stato membro, ritiene che la sospensione dell'applicazione del paragrafo 1 o, se del caso, del paragrafo 2 non sia giustificata da un caso di forza maggiore, la Commissione adotta una decisione, di cui è destinatario tale Stato membro, con la quale chiede la revoca immediata di tale sospensione.
Occorre però precisare, leggendo il regolamento che:
- il regolamento diventerà definitivamente applicabile in tutti i Paesi Ue solo a partire dal 10 luglio 2027, quando dovrà essere garantito l’allineamento fra la normativa nazionale in materia e le disposizioni del regolamento, come prescrive l'art 90.
- diversamente da quanto attualmente previsto in Italia, in cui il limite pari a 5.000 euro, riguarda qualsiasi trasferimento tra soggetti diversi, mentre la nuova disposizione UE riguarderà le persone che commercino beni o forniscano servizi.
- i limiti inferiori già esistenti a livello nazionale continuano ad applicarsi, ma gli Stati membri dovranno notificarli alla Commissione entro il 10 ottobre 2024.