• Adempimenti Iva

    Insetticidi fitosanitari e aliquota IVA: chiarimenti ADE

    Con Risposta a interpello n 22 del 7 novembre le Entrate chiariscono l'aliquota IVA dei prodotti contenenti feromoni finalizzati al monitoraggio e alla cattura di insetti infestanti.

    Vediamo i chiarimenti.

    Insetticidi fitosanitari: quale aliquota applicare

    L'istante opera nell'ambito del settore della produzione e della vendita all'ingrosso di prodotti per la disinfestazione, commercializzando, tra l'altro, beni inquadrati come ''prodotti fitosanitari'', nonché prodotti contenenti feromoni, finalizzati al monitoraggio e alla cattura degli insetti infestanti, anche nel settore dell'agricoltura.
    Alla luce delle disposizioni contenute nella Circolare del Ministero della Salute del 4 ottobre 1999, n. 14 e nel Regolamento (CE) n. 1107/2009, l'Istante chiede quale sia l'aliquota IVA applicabile alla vendita dei prodotti contenenti feromoni che commercializza, precisando che detti prodotti non sono soggetti ad autorizzazione da parte del Ministero della Salute, prevista dal decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194 per i prodotti fitosanitari.

    In particolare, chiede di sapere se il prodotto X debba essere considerato un prodotto fitosanitario, con conseguente applicazione dell'aliquota IVA ridotta del 10 per cento ai sensi del punto 110) della Tabella A, parte III, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 anche in assenza
    dell'autorizzazione di immissione in commercio da parte del Ministero della Salute
    .
    Al tal fine, il Contribuente ha presentato un parere di accertamento tecnico rilasciato dall'Agenzia delle dogane e dei monopoli, che ha classificato il prodotto in questione tra gli ''Insetticidi, rodenticidi, fungicidi, erbicidi, inibitori di germinazione e regolatori di crescita per piante, disinfettanti e prodotti simili presentati in forme o in imballaggi per la vendita al minuto oppure allo stato di preparazioni o in forma di oggetti quali nastri, stoppini e candele solforati e carte moschicide: altri insetticidi: altri altri '', di cui al codice NC 3808 91 90.

    L'Amministrazione evidenzia che il numero 110), Tabella A, parte III, allegata al Decreto IVA, prevede l'applicazione dell'aliquota IVA ridotta del 10% per la cessione dei prodotti fitosanitari. 
    Secondo l'ADE i prodotti in commento consentono di attirare l'infestante mediante l'erogazione di feromoni, per poi catturarlo ed ucciderlo (visto anche il parere tecnico di ADM); di conseguenza, pur non essendo soggetti all'autorizzazione ministeriale, i beni in commento possono essere considerati come "prodotto fitosanitario" e potranno beneficiare dell'aliquota IVA ridotta pari al 10%, in ragione della loro finalità di salvaguardia.

    L'agenzia ritiene che il rilascio dell'AIC non sia un requisito per qualificare ''fitosanitario'' un prodotto: rappresenta piuttosto un requisito imprescindibile per la sua commercializzazione e per il suo utilizzo nel territorio dello Stato, o in altro Stato membro.
    In altri termini, se un prodotto presenta tutte le caratteristiche per essere definito ''fitosanitario'' ai sensi del citato articolo 2 del Regolamento n. 1107/2009 può essere immesso in commercio ed impiegato solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione ministeriale.

    Allegati:
  • Accertamento e controlli

    Autotutela tributaria: come presentare l’istanza

    Con la Circolare n 21/2024 le Entrate forniscono chiarimenti e istruzioni sulle novità introdotte dal Nuovo Statuto del Contribuente in merito all'istituto dell'Autotutela.

    Vediamo le regole per l'istanza commentate dall'Agenzia.

    Istanza di autotutela tributaria: a chi presentarla

    Gli articoli 10-quater e 10-quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente hanno riformato l'istituto dell'autotutela tributaria, distinguendola in due categorie

    • autotutela obbligatoria,
    • autotutela facoltativa. 

    Tali norme in vigore dal 18 gennaio 2024, mirano a garantire una maggiore tutela dei diritti del contribuente, introducendo criteri chiari per l'esercizio dell'autotutela da parte dell'amministrazione finanziaria.

    La Circolare specifica che la richiesta di autotutela va indirizzata all’Ufficio che ha emesso l’atto di cui si chiede l’annullamento.
    Inoltre, si evidenzia che la competenza a esercitare il potere di autotutela sussiste in capo alle strutture territoriali mentre quelle centrali non sono coinvolte nei relativi procedimenti, ad eccezione delle ipotesi di richieste di autotutela aventi a oggetto atti a rilevanza esterna emessi da queste ultime.
    Pertanto, in capo agli Uffici centrali non è configurabile alcun potere di intervento rispetto agli atti rientranti nell’esclusiva competenza delle strutture territoriali, provinciali o regionali, che abbiano provveduto alla loro adozione.

    Nell’ipotesi in cui il contribuente presenti, per errore, la richiesta a una struttura non competente (come, ad esempio, a una Direzione regionale per un atto emesso da un Ufficio di una Direzione provinciale), la struttura ricevente deve trasmettere tempestivamente detta richiesta all’Ufficio competente, informandone contestualmente il contribuente all’indirizzo indicato nella richiesta stessa o, in assenza, a quello risultante come domicilio fiscale in anagrafe tributaria, analogamente a quanto previsto, nella previgente disciplina, dall’articolo 5 del DM n. 37 del 1997, secondo il quale «in caso di invio di richiesta ad un Ufficio incompetente, questo è tenuto a trasmetterla all’Ufficio competente dandone comunicazione al contribuente» e in ossequio ai principi di leale collaborazione e buona fede previsti dall’art. 10 dello Statuto dei diritti del contribuente.

    Istanza di autotutela tributaria: contenuto e modalità

    L’istanza deve rappresentare in modo esaustivo tutti gli elementi (di fatto e di diritto) su cui si fonda la richiesta di autotutela e va corredata di tutta la documentazione in possesso del richiedente idonea a dimostrare la sussistenza dei vizi che giustificano la revisione dell’atto.
    L’istanza deve essere presentata avvalendosi di strumenti atti a certificarne l’invio da parte del soggetto legittimato a presentarla, tramite, ad esempio, l'utilizzo dei servizi telematici (accesso tramite SPID, CIE o CNS), tramite posta elettronica certificata o in alternativa tramite consegna a mano con accesso fisico allo sportello.
    Al fine di garantire l’efficienza dell’azione amministrativa, è opportuno che le richieste di autotutela riportino:

    • i dati identificativi del contribuente o del suo eventuale rappresentante a cui è stato notificato l’atto di cui si chiede l’annullamento;
    • i dati di contatto a cui inviare comunicazioni e notificare l’eventuale provvedimento di accoglimento o diniego della richiesta indicando l’indirizzo di posta elettronica certificata. Qualora l’istante non sia titolare di indirizzo di posta elettronica certificata, oppure essendo titolare di un indirizzo PEC lo stesso non sia inserito nei pubblici registri, si potrà indicare nell’istanza di autotutela quale dato di contatto utile ai fini delle comunicazioni e delle notifiche, l’indirizzo PEC del difensore/procuratore/intermediario munito di mandato o procura alle liti per la presentazione dell’istanza, da cui risulti l’elezione di domicilio presso lo stesso;
    • in mancanza di uno dei predetti domicili digitali, la notifica del provvedimento deve essere eseguita al domicilio fiscale del contribuente istante risultante dall’anagrafe tributaria;
    • gli estremi dell’atto di cui si chiede l’annullamento;
    • una dettagliata descrizione della fattispecie e ogni documentazione utile
      allo svolgimento della fase istruttoria da parte degli Uffici;
    • i vizi dell’atto e le ragioni di fatto e di diritto, in modo chiaro ed esaustivo, per le quali si chiede l’annullamento;
    • la sottoscrizione del richiedente o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato ai sensi dell’articolo 63 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, previa procura, in calce o a margine dell'atto, ovvero allegata all'istanza.

  • IMU e IVIE

    Variazioni aliquote IMU 2025: attivo il portale per i Comuni

    Il MEF informa che, come anticipato nel Comunicato del 27 settembre 2024, è stata resa disponibile, all’interno del Portale del federalismo fiscale, nell’apposita sezione denominata “Gestione IMU”, l’applicazione informatica attraverso cui i comuni possono individuare le fattispecie in base alle quali diversificare le aliquote dell’IMU nonché elaborare e trasmettere il relativo Prospetto per l’anno di imposta 2025.  

    Ricordiamo però che, con il DM 6 settembre del MEF è stato integrato il decreto 7 luglio 2023 concernente l'individuazione delle fattispecie in materia di imposta municipale propria (IMU), in base alle quali i comuni possono diversificare le aliquote di cui ai commi da 748 a 755 dell'articolo 1 della legge 27 dicembre  2019,  n. 160.

    Attenzione al fatto che, i Comuni dovranno usare dal 1 gennaio 2025 la piattaforma preposta sul portale federalismo fiscale.

    Per provvedere all'aedempimento sono anche state aggiornate le linee guida, scarica qui il file.

    Riepiloghiamo le novità previste a partire dal 2025.

    Aliquote IMU diversificabili dai Comuni: le regole 2025

    Il Decreto MEF del 6 settembre pubblicato nella GU del 18 settembre, integra le fattispecie di diversificazione delle aliquote IMU da parte dei comuni.

    In dettaglio, è approvato l'allegato A che sostituisce l'allegato A del Decreto 7 luglio 2023, con cui sono state individuate le fattispecie in materia di imposta municipale propria (IMU), in base alle quali i comuni possono diversificare le aliquote di cui all'art. 1, commi da 748 a 755, della legge 27 dicembre 2019, n. 160.
    L'attuale allegato A, di cui al decreto 6 settembre, modifica e integra  le condizioni in base alle quali i comuni possono  introdurre ulteriori differenziazioni all'interno di ciascuna delle fattispecie già previste.

    Nel caso in cui il comune eserciti la facoltà deve in ogni caso effettuare la diversificazione nel rispetto dei criteri generali di ragionevolezza, adeguatezza, proporzionalità e non discriminazione. 

    I comuni elaborano e trasmettono al Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze il Prospetto, recante le fattispecie di interesse selezionate, tramite l'applicazione informatica  disponibile nell'apposita sezione del portale del federalismo fiscale, attiva, per l'IMU 2025 dal 31 ottobre scorso.

    Inoltre sono pubblicate le Linee guida per l’elaborazione e la trasmissione del Prospetto delle aliquote dell’IMU”, aggiornate con le modifiche apportate dal citato decreto 6 settembre 2024. 

    I comuni possono diversificare le aliquote dell'IMU rispetto a quelle di cui all'art. 1, commi da 748 a 755 della legge n. 160 del 2019, solo utilizzando l'applicazione informatica di cui al comma 1 ed esclusivamente con riferimento alle fattispecie di cui all'art. 2.
    L'applicazione informatica deve essere utilizzata anche se il comune non intende diversificare le aliquote ai sensi del comma 2.

    Attenzione al fatto che, le aliquote stabilite dai comuni nel Prospetto hanno effetto, ai sensi dell'art. 1, comma 767, della legge n. 160 del 2019, per l'anno di riferimento, a condizione che il Prospetto medesimo sia pubblicato sul sito internet del Dipartimento delle  finanze del Ministero dell'economia e delle finanze entro il 28 ottobre dello stesso anno.

    Il mef ricorda, infine, che, per il primo anno di applicazione obbligatoria del Prospetto, in deroga all'art. 1, comma 169, della legge n. 296 del 2006 e all’art. 1, comma 767, terzo periodo, della legge n. 160 del 2019, in mancanza di una delibera approvata secondo le modalità previste dal comma 757 del medesimo art. 1 e pubblicata nel termine di cui al successivo comma 767, si applicano le aliquote di base di cui ai commi da 748 a 755 del citato art. 1 della legge n. 160 del 2019. 

    Le aliquote di base continueranno ad applicarsi sino a quando il comune non approvi una delibera secondo le modalità appena descritte.

    Allegati:
  • Riforma fiscale

    Nuova Autotutela tributaria: istruzioni ADE

    Con la Circolare n 21 del 7 novembre si pubblicano le istruzioni operative per gli Uffici finanziari territoriali in materia di autotutela tributaria, a seguito delle novità introdotte con gli articoli 10-quater e 10- quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente.

    Vengono forniti chiarimenti in merito all’esercizio del potere di autotutela tributaria, alla luce della nuova disciplina dell’istituto.
    In particolare, il citato decreto legislativo ha:

    • introdotto una regolamentazione distinta ed espressa delle ipotesi di:
      • autotutela obbligatoria (articolo 10-quater) 
      • e facoltativa (articolo 10-quinquies), avendo riguardo anche ai riflessi di queste ultime sulla responsabilità amministrativo- contabile dell’amministrazione finanziaria (art. 10-quater, comma 3);
    • abrogato la previgente disciplina in materia di autotutela tributaria e, in  particolare, l’articolo 2-quater del decreto-legge 30 settembre 1994, n. 564,  convertito, con modificazioni, dalla legge 30 novembre 1994, n. 656, nonché il  decreto ministeriale 11 febbraio 1997, n. 37.

    Tanto premesso, con la circolare, in ossequio al principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione, si forniscono istruzioni operative agli Uffici per garantirne l’uniformità di azione in relazione all’applicazione della nuova disciplina dell’autotutela, dando rilievo al contenuto dell'istanza di autotule e alle modalità di presentazione.

    Autotutela obbligatoria: le regole

    L’articolo 10-quater dello Statuto dei diritti del contribuente, rubricato «Esercizio del potere di autotutela obbligatoria», dispone, al comma 1, che l’amministrazione finanziaria procede in tutto o in parte all’annullamento di atti di imposizione ovvero alla rinuncia all’imposizione, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio o in caso di atti definitivi, nei seguenti casi di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione:

    • a) errore di persona;
    • b) errore di calcolo;
    • c) errore sull’individuazione del tributo;
    • d) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’amministrazione finanziaria;
    • e) errore sul presupposto d’imposta;
    • f) mancata considerazione di pagamenti di imposta regolarmente eseguiti;
    • g) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.

    In linea con le esigenze di certezza alle quali la disposizione si ispira le ipotesi ivi richiamate devono ritenersi tassative e, quindi, di stretta interpretazione.

    In via preliminare, è opportuno chiarire che, coerentemente con la volontà del legislatore delegante di «potenziare l’esercizio del potere di autotutela», rientra nella nozione di atto di imposizione qualunque atto mediante il quale l’amministrazione finanziaria eserciti il proprio potere autoritativo con effetti di natura patrimoniale pregiudizievoli nei riguardi del contribuente.

    In tale nozione, rientrano, tra l’altro, gli «atti recanti una pretesa impositiva»6 (come, ad esempio, gli avvisi di accertamento e di rettifica) e quelli di chiusura della partita IVA.

    La disposizione normativa sopra richiamata pone, dunque, a carico dell’amministrazione finanziaria, l’obbligo di esercitare il potere di autotutela di atti di imposizione, ivi inclusi gli atti di accertamento catastale

    • (i) quando ricorrano i vizi tassativamente elencati dalla stessa 
    • e (ii) sempre che gli stessi diano luogo a forme di manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione.

    Al riguardo, la Relazione al decreto che ha novellato le norme, precisa che «il riferimento alla evidente illegittimità o infondatezza si richiama espressamente al concetto di “errori manifesti” utilizzato dalla delega ed incorpora il significato attribuito dalle vigent norme di legge al profilo oggettivo dell’istituto dell’autotutela (oltre all’abrogato articolo 68 del D.P.R. n. 287/1992 anche l’articolo 2-quater del D.L. n. 564/1994 si riferisce congiuntamente agli atti “illegittimi o infondati” per individuare l’oggetto dell’autotutela)».

    Emerge, dunque, con chiarezza dai lavori preparatori della disposizione in esame e in particolare dalla Relazione, che deve escludersi «l’obbligatorietà dell’autotutela in tutti i casi in cui la questione appaia dubbia, anche per l’esistenza di contrasti giurisprudenziali».

    Si ritiene, che, in caso di autotutela ad istanza di parte, il contribuente sia tenuto ad indicare puntualmente il tipo di vizio da cui è affetto l’atto e le ragioni in virtù delle quali il predetto vizio sia riconducibile ad una delle fattispecie tassative di cui all’articolo 10-quater.

    Ciò non esclude, tuttavia, che, ove sussistano obiettive condizioni di incertezza relative al corretto inquadramento della fattispecie, «anche per l’esistenza di contrasti giurisprudenziali», l’amministrazione finanziaria, in sede istruttoria, tenuto conto anche degli elementi indicati nell’istanza, può rilevare che la fattispecie rappresentata non rientri tra quelle che legittimano il ricorso all’articolo 10-quater per l’assenza della condizione di «manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione».

    In definitiva, alla luce della ratio sottesa alla distinzione tra autotutela obbligatoria e autotutela facoltativa, si ritiene che i vizi elencati dall’articolo 10- quater, configurino ipotesi di autotutela obbligatoria laddove il loro apprezzamento non presupponga la soluzione di questioni interpretative obiettivamente incerte, come, ad esempio, per l’esistenza di contrasti

    giurisprudenziali, dovendosi tali vizi manifestare, in ogni caso, in errori rilevabili ictu oculi.

    L’amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere all’istanza di autotutela obbligatoria entro il termine di 90 giorni dalla sua ricezione

    Tale conclusione discende dal combinato disposto di cui agli articoli 19, comma 1, lettera g-bis) – che, come detto, inserisce tra gli atti impugnabili anche il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’articolo

    10-quater – e 21, comma 2 del decreto legislativo n. 546 del 1992, che stabilisce che il ricorso avverso il rifiuto tacito sulle istanze di autotutela obbligatoria può essere proposto decorsi novanta giorni dalla loro presentazione.

    Il comma 2 dell’articolo 10-quater dispone che «L’obbligo di cui al comma 1 non sussiste in caso di sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria, nonché decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione».

    Al riguardo, la Relazione ha fornito alcuni elementi utili a circoscrivere meglio le ipotesi di esclusione dell’obbligo di autotutela in presenza dei presupposti di cui al comma 1.

    In particolare, la stessa chiarisce che «per evidenti esigenze di certezza, al comma 2 si prevede il divieto di esercitare l’autotutela per motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria», con l’ulteriore precisazione che «non è ostativo all’autotutela né un giudicato meramente processuale, né un giudicato sostanziale basato su motivi diversi da quelli che giustificano l’autotutela».

    Pertanto, pur in presenza di un giudicato sostanziale, il potere di autotutela deve, comunque, essere esercitato per vizi che dimostrino la manifesta illegittimità dell’atto o dell’imposizione diversi da quelli sui quali si è pronunciato il giudice.

    Per le medesime ragioni di certezza, il legislatore ha individuato in un anno il limite temporale dell’autotutela obbligatoria relativa ad atti definitivi e ha disposto che il termine annuale decorre «dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione».

    In tali ipotesi, ai fini del rispetto del computo del termine di un anno dalla definitività dell’atto, rileva la data di presentazione dell’istanza di autotutela da parte del contribuente. Pertanto, l’amministrazione finanziaria è tenuta a rispondere anche oltre l’anno dalla definitività dell’atto di imposizione purché l’istanza di autotutela sia stata presentata prima di tale termine.

    Tenuto conto dei principi della legge delega che hanno guidato l’introduzione degli articoli 10-quater e 10-quinquies in esame, deve considerarsi, tuttavia, riconosciuta al contribuente la facoltà di presentare, anche oltre la scadenza del predetto termine annuale, un’istanza di autotutela facoltativa, rappresentando quest’ultima una categoria residuale che, in quanto tale, ricomprende i casi in cui ci si trovi al di fuori del perimetro, espressamente delineato, dell’autotutela obbligatoria.

    Per ragioni di certezza dei rapporti giuridici, richiamate dal legislatore delegato, l’istanza di autotutela – sia essa facoltativa che obbligatoria – non può più essere presentata o, comunque, una volta presentata, il provvedimento di autotutela non può più intervenire quando l’atto di imposizione è stato oggetto, anche parzialmente, di qualunque forma di definizione della pretesa, anche agevolata (ad esempio, nel caso di accertamento con adesione, conciliazione, acquiescenza).

    Ad esempio, qualora il contribuente – pur impugnando un avviso di accertamento – abbia definito in via agevolata le sanzioni, ai sensi dell’articolo 17, comma 2, del decreto legislativo n. 472 del 1997, la richiesta di autotutela e l’eventuale provvedimento dell’Ufficio potranno interessare esclusivamente la pretesa avanzata a titolo d’imposta, dovendosi ritenere ferma l’irripetibilità delle somme versate per la definizione agevolata delle sanzioni.

    Per quanto concerne l’indicazione tassativa dei vizi che configurano, nei casi di manifesta illegittimità, ipotesi di autotutela obbligatoria, l’elenco contenuto nell’articolo 10-quater dello Statuto dei diritti del contribuente non coincide con

    quello contenuto nel citato articolo 2 del decreto ministeriale n. 37 del 1997.

    L’articolo 10-quater non contempla espressamente, infatti, le seguenti fattispecie:

    • l’evidente errore logico;
    • la doppia imposizione;
    • la sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati.

    Al riguardo, si ritiene che tali ipotesi possano confluire nella fattispecie dell’errore sul presupposto d’imposta. In particolare, rileverà:

    • l’errore logico, qualora lo stesso determini una palese infondatezza dell’atto che si traduca nel ritenere indebitamente realizzato il presupposto d’imposta;
    • la doppia imposizione, qualora sia espressamente vietata da una norma e la cui violazione determini la mancata realizzazione del presupposto d’imposta;
    • la sussistenza di requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni ed agevolazioni qualora l’errore riguardi i presupposti per fruire delle predette deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi.

    Resta inteso, comunque, che anche in tali ipotesi deve sussistere la manifesta illegittimità dell’atto di imposizione.

    L’elenco di cui all’articolo 10-quater contempla, invece, una fattispecie che l’articolo 2 del decreto ministeriale n. 37 del 1997 non prevedeva expressis verbis, e cioè l’errore sull’individuazione del tributo.

    In tale ipotesi, potrebbero rientrare i casi di erronea applicazione di un’imposta in luogo di un’altra, come, ad esempio, in caso di non corretta applicazione dei principi di alternatività IVA-imposta di registro ovvero di imposta sulle donazioni – imposta di registro.

    Le fattispecie non riprodotte nell’elenco contenuto nell’articolo 10-quater e che, comunque, non integrano altre ipotesi ivi contemplate, non rilevano ai fini dell’autotutela obbligatoria e, dunque, l’amministrazione non ha l’obbligo di esercitare il relativo potere; resta ferma, in tali ipotesi, la possibilità di esercitare il potere di autotutela facoltativa.

    Leggi Autotutela tributaria: come presentare l'istanza per le istruzioni.

  • Diritti d'Autore e Proprietà industriale

    Decreto Marchi: via dal 2 dicembre ai progetti di cessione marchi di interesse nazionale

    Pubblicato in GU n 260 del 6 novembre il Decreto MIMIT del 28.10 con Disposizioni operative relative alle procedure di tutela dei  marchi di particolare interesse e valenza nazionale.

    In particolare viene pubblicato il format per il progetto di cessione dell'attività (previsto dall'art 2 del Decreto MIMIT 3 luglio 2024 con Disposizioni in materia di tutela dei marchi di particolare interesse e valenza nazionale).

    Ai sensi dell'art 2 del Decreto 28.10.2024 del MIMIT l'impresa, nazionale o estera, che intende investire in Italia o rasferire in  Italia  attività  produttive ubicate all'estero, interessata a utilizzare uno o  più marchi pubblicati, può presentare apposita richiesta, ai sensi dell'art.  5, comma 1, del decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy del 3 luglio 2024, utilizzando il  format di cui all'Allegato  2  al  presente decreto.

    Vediamo i dettagli.

    Decreto Marchi di interesse nazionale. il forma per il progetto di cessione

    L'art 1 del Decreto 28 ottobre 2024 specifica che il progetto di cessazione dell'attività di cui  all'art.  2, comma 2, del decreto MIMIT del 3 luglio 2024 deve essere redatto utilizzando il format di cui all'allegato 1 al presente decreto.
    Il progetto deve essere trasmesso, nei termini fissati dall'art. 2, comma 1, del decreto del Ministro delle  imprese  e  del made  in Italy del 3 luglio 2024, alla Direzione generale per la politica industriale, la riconversione e la crisi industriale,  l'innovazione, le PMI e il made in Italy, via PEC al seguente indirizzo: [email protected]
    La predetta DGIND, entro tre mesi dalla ricezione del  progetto comunica  all'impresa gli  esiti dell'attività istruttoria volta alla verifica della sussistenza dei requisiti del marchio in relazione al particolare interesse e alla valenza nazionale dello stesso, all'indirizzo PEC indicato nel predetto format.
    Come previsto dall'art. 2, comma 4,  del  decreto  del  Ministro delle imprese e del made in Italy  del  3  luglio  2024,  il mancato riscontro da parte della DGIND entro il predetto termine di tre mesi, si intende come manifestazione di non interesse  a  subentrare  nella titolarita' del marchio.
    Nel caso in cui la DGIND comunichi l'interesse del Ministero a subentrare nella titolarità del marchio, procederà immediatamente all'avvio dei lavori con l'impresa per la  predisposizione  dell'atto di cui all'art. 2, comma 5, del decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy del 3 luglio 2024.
    La DGIND  cura  gli  adempimenti  relativi  alla  pubblicazione, previsti dall'art. 2, comma 6, e dall'art. 4 del decreto del Ministro delle imprese e del made in Italy del 3 luglio 2024.
    La procedura si  applica a  partire dal 2 dicembre 2024.

    Leggi anche: Decreto marchi: regole MIMIT per rilevare quelli di interesse nazionale

    Allegati:
  • Determinazione Imposta IRES

    Costi su beni di terzi: ammortamento e deduzione

    La sentenza numero 22139 della Corte di Cassazione, datata 6 agosto 2024, esamina il trattamento fiscale dei costi sui beni di terzi, sia in termini di ammortamento che di deducibilità.

    Il fatto concreto esaminato dalla corte è singolare: una azienda costruiva un immobile su un terreno di proprietà del comune, su cui veniva stabilita la sede dell’impresa, ma senza avere titolo di godimento del terreno.

    L’azienda avrebbe voluto ammortizzare l’immobile costruito, situazione contestata dall’Agenzia delle Entrate, secondo la quale la proprietà è dirimente ai fini del diritto ad ammortizzare i costi di costruzione.

    La sentenza 22139/2024

    La Corte di Cassazione, nella sentenza numero 22139, pubblicata il 6 agosto 2024, ritiene che i costi di costruzione o di acquisto di un bene sono ammortizzabili solo nel caso in cui il bene entri nel patrimonio dell’imprenditore.

    Ciò implica l’acquisizione del bene in termini di proprietà, di altro diritto reale di godimento, o di leasing (prevedendo il contratto l’acquisto differito del bene).

    Tale circostanza, nota la Corte, trova conferma in quanto previsto dall’OIC sui principi contabili numero 16 e 24, concernente le immobilizzazioni (materiali e immateriali): secondo tale documento, infatti, un bene viene annoverato tra le immobilizzazioni nel momento in cui entra nella sfera della proprietà dell’imprenditore o nel caso in cui vengano comunque trasferiti rischi e benefici.

    In conseguenza di tutto ciò, secondo la Corte di Cassazione “i costi di costruzione di un fabbricato realizzato su di un terreno di proprietà altrui in assenza di concessione a costruire o di acquisto del diritto di superficie non sono ammortizzabili, riguardando il bene di un terzo, ma al limite sono deducibili, al pari dei costi di manutenzione […], ricorrendone le condizioni di legge”.

    Il punto cardine della questione è il fatto che, in mancanza del diritto di superficie o di concessione a costruire, il proprietario del terreno diviene anche proprietario dell’edificio su di esso costruito, in base al principio di accessione; questo diritto costituisce una modalità di acquisto della proprietà che avviene   quando il proprietario di un bene principale diviene anche proprietario dei beni accessori che si uniscono o si incorporano a tali beni, per la forza attrattiva del bene principale; tale acquisizione di proprietà non richiede il consenso del proprietario del bene accessorio, a prescindere dalla motivazione che ha comportato l’incorporazione (un classico esempio può essere l’acquisizione della proprietà delle piantagioni che crescono su un terreno).

    In definitiva, quindi, la Corte emana il seguente principio di diritto: “in tema di imposte dirette, i costi relativi alle immobilizzazioni materiali o immateriali sono ammortizzabili purché riguardino beni consumabili che entrano nel patrimonio dell’imprenditore a titolo di proprietà o di altro diritto reale di godimento, non essendo, invece, ammortizzabili i costi riguardanti beni di proprietà di terzi”.

  • Start up e Crowdfunding

    Start up e PMI innovative: gli incentivi per chi investe

    Pubblicata in GU n 261 la legge n 162 del 2024 con Disposizioni per la promozione e lo sviluppo delle start-up  e delle piccole e medie imprese innovative mediante  agevolazioni  fiscali  e incentivi agli investimenti.

    La legge composta da 5 articoli entrerà in vigore il 22 novembre prossimo, vediamo le novità per queste realtà imprenditoriali.

    Incentivi fiscali per investimenti in start-up e in PMI innovative

    Con l'art 2 della legge si prevede che per gli investimenti effettuati in start-up innovative e in PMI innovative per i quali è riconosciuta  una  detrazione dall'imposta sul reddito delle persone fisiche ai sensi dell'articolo  29-bis  del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221, ovvero dell'articolo  4,  comma 9-ter, del decreto-legge 24  gennaio  2015,  n.  3,  convertito,  con modificazioni,  dalla  legge  24  marzo  2015,  n.  33, qualora   la detrazione  sia  di  ammontare  superiore  all'imposta   lorda,  per l'eccedenza è riconosciuto un credito d'imposta  utilizzabile  nella dichiarazione dei redditi in diminuzione delle imposte  dovute  o  in compensazione ai sensi dell'articolo 17  del  decreto  legislativo  9 luglio 1997, n. 241.

    Il credito d'imposta è fruibile nel periodo  di imposta in cui e' presentata  la  dichiarazione  dei  redditi  e  nei periodi di imposta successivi.
    Le disposizioni si  applicano  agli  investimenti effettuati a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello  in corso al 31 dicembre 2023.

    Patrimonializzazione imprese trmite sviluppo del mercato italiano dei capitali

    Inoltre con l'art 3 al fine  di  sostenere la  patrimonializzazione delle  imprese italiane e il rafforzamento delle filiere, reti  e infrastrutture strategiche tramite lo sviluppo del mercato  italiano dei  capitali, all'articolo 27 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34,  convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, dopo il comma 5 è  inserito il comma 5-bis che prevede quanto segue.

    Limitatamente all'operatività a condizioni di mercato di cui al comma 4, con esclusione delle operazioni di ristrutturazione di cui al comma  5,  sesto  periodo, il  Patrimonio  Destinato può altresì effettuare interventi tramite la sottoscrizione di quote  o azioni di organismi di investimento collettivo del risparmio di nuova costituzione e istituiti in Italia, gestiti da società per la gestione del risparmio autorizzate  ai  sensi  dell'articolo  34  del testo  unico  delle  disposizioni  in materia  di   intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, o da gestori autorizzati ai sensi degli  articoli  41-bis,  41-ter  e 41-quater del medesimo testo unico, la cui politica  di  investimento sia coerente con le finalità del Patrimonio Destinato nel  rispetto delle seguenti condizioni:

    • a) ferma restando la coerenza dello specifico investimento con le priorità e finalità del Patrimonio Destinato gli organismi  di  investimento collettivo del risparmio investono prevalentemente in titoli  quotati in mercati regolamentati o  sistemi  multilaterali  di negoziazione italiani emessi da emittenti di  medio-piccola capitalizzazione con sede legale o significativa e stabile organizzazione in Italia, anche con fatturato annuo inferiore a euro 50 milioni;
    • b) per la quota non  prevalente,  ai  fini  di  ottimizzare  la gestione dei rischi di portafoglio  e  liquidità gli  organismi di investimento collettivo  del  risparmio  possono  investire,  secondo limiti, criteri e condizioni stabiliti con il Regolamento di  cui  al comma 6,  in  titoli  quotati  in  mercati  regolamentati  o  sistemi multilaterali di negoziazione italiani emessi da emittenti  con  sede legale o significativa e stabile organizzazione in Italia,  anche  in deroga al comma 4, lettera b);
    • c) le disposizioni di cui alle lettere a)  e  b)  si  applicano anche  ai  titoli  emessi  da  emittenti che hanno   completato positivamente il processo di ammissione alla  quotazione  su  mercati regolamentati o sistemi multilaterali di negoziazione  italiani,  con data certa di inizio negoziazione;
    • d) ai fini di ottimizzare la gestione dei rischi di  liquidita' gli  organismi  di  investimento  collettivo del risparmio possono altresì investire, secondo limiti, scadenze,  criteri  e  condizioni stabiliti con il Regolamento di cui al comma 6, in titoli  di  debito emessi dalla Repubblica italiana, da Stati membri dell'Unione europea partecipanti all'area euro e dalla Commissione europea;
    • e)  l'ammontare  delle  quote  o   azioni   dell'organismo   di investimento collettivo del  risparmio  sottoscritte  dal Patrimonio Destinato e' mantenuto nel limite del 49 per cento dell'ammontare del patrimonio dell'organismo di investimento collettivo  del  risparmio; la restante quota dell'ammontare  del  patrimonio  dell'organismo  di investimento   collettivo   del   risparmio   e'   sottoscritta    da co-investitori  privati  alle  medesime  condizioni  del   Patrimonio Destinato».

    A decorrere dalla data  di  entrata  in  vigore  della  presente legge, l'articolo 23 del regolamento di cui al decreto  del Ministro dell'economia e delle finanze 3 febbraio 2021, n. 26, è abrogato  e le altre disposizioni del medesimo regolamento si applicano in quanto compatibili. 

    Legge start up e PMI innovative: ulteriori modifiche a norme precedenti

    La legge di cui sitratta ha inotlre previsto:

    • modifiche all'articolo 14 del decreto-legge 25 maggio  2021,  n.  73,  convertito, con modificazioni, dalla legge 23 luglio 2021, n.  106,  in materia di agevolazioni agli  investimenti  in  start-up  e  PMI innovative, nonche' disposizioni in materia di Anagrafe  nazionale  delle ricerche,
    • modifiche  al  testo  unico  delle   disposizioni  in materia  di  intermediazione finanziaria,  di  cui  al  decreto  legislativo  24  febbraio 1998, n. 58 

    cui si rimanda dal testo di legge.