• Rendicontazione non finanziaria

    Rendicontazione di sostenibilità: IRS n 12 del CNDCEC

    Con un comunicato di ieri il Consiglio nazionale dei commercialisti ed esperti contabili informa della IRS n 12 sulla Sostenibilità redatto dalla Dott.ssa Peta e dal Dott. Tucci della Commissione nazionale di studio del report di sostenibilità.

    Vediamo i principali temi dell'IRS n 12/2025.

    Rendicontazione di sostenibilità: IRS n 12 del CNDCEC

    L’IRS n. 12 ha lo scopo di orientare per il processo di rendicontazione ambientale tanto i soggetti obbligati equanto i volontari.

    L’informativa ambientale è un tema di grande attualità e di interesse per gli stakeholder dell’impresa, e coinvolge la responsabilità dei soggetti garanti della conformità dell’informativa di sostenibilità.

    Come specificato dallo stesso CNDCEC nel documento vengono approfonditi

    • i principi di rendicontazione ESRS E in accordo ai requirement della Tassonomia ambientale; 
    • le questioni ambientali da includere nella valutazione della doppia rilevanza; 
    • il processo di rendicontazione: la mappatura delle questioni rilevanti;
    • la rendicontazione dei rischi ambientali: contenuto minimo per i soggetti obbligati; 
    • l’informativa ambientale volontaria di PMI e microimprese nelle indicazioni dell’ESRS VSME; 
    • l’informativa ambientale nel dialogo di sostenibilità PMI-Banca e criticità generali.

    Ricordiamo che  il D. Lgs. n. 125/2024 ha recepito in Italia la Direttiva (UE) 2022/2464, Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), prevedendo il contenuto minimo dell’informativa societaria di sostenibilità per gli aspetti ambientali, sociali, di governance e condotta aziendale.

    A tal pproposito l’impresa deve valutare con approccio forward looking gli impatti, i rischi e le opportunità ambientali, materiali e finanziari nel sistema di gestione del rischio e integrarli nella strategia e nel modello aziendale attraverso la pianificazione di azioni e interventi correttivi coerenti con gli obiettivi di sostenibilità.

    A tal proposito per essere di aiuto ai professionisti interessati e alle imprese viene diffuso il documento di studio di cui si tratta e a cui si rimanda per approfondimenti.

  • Riforma dello Sport

    Noleggio impianto sportivo di SSD a ASD: perimetro di esclusione dall’IVA

    Con la Risposta a interpello n 36 del 17 febbraio le Entrate replicano ad una società sportiva dilettantistica senza scopo di lucro, costituita come società a responsabilità limitata, iscritta alla Federazione sportiva di riferimento

    L'istante gestisce un Centro Polisportivo in virtù di una convenzione con un altro soggetto, il quale si occupa della parte relativa ai lavori di riqualificazione.

    Si vogliono chiarimenti sul trattamento fiscale ai fini IVA delle prestazioni di noleggio dell’impianto sportivo ad altre associazioni sportive dilettantistiche che appartengono alla stessa Federazione.

    L'Istante ritiene che «preso atto che la riforma dello sport quella del Terzo settore e quella della normativa IVA sulle prestazioni sportive (la cui entrata in vigore, a seguito di proroghe, è prevista per il 1° gennaio 2025), intervengono in maniera sostanziale, sulla disciplina fiscale collegata alla gestione degli impianti sportivi, si è valutata in prima battuta la possibilità di fare riferimento alla defiscalizzazione operata ai fini IVA ai sensi dell'articolo 4, comma 4, del DPR n. 633/72, dovendo fatturare prestazioni di servizi a enti ed associazioni iscritte alla medesima federazione sportiva a cui aderisce
    la Società».
    Tuttavia, prosegue l'Istante, una maggiore analisi della normativa vigente fa ritenere corretto l'assoggettamento a Iva nella misura ordinaria di tutte le prestazioni di noleggio dell'Impianto, in considerazione del fatto che la Società svolge altre attività soggette a Iva, quali l'esercizio diretto di attività di commercio al dettaglio, attività al pubblico con relativo incasso di corrispettivi

    Nel dubbio chiede appunto se tali prestazioni rientrino nell’esclusione dall’IVA prevista dall’articolo 4, comma 4, del DPR n. 633/72, oppure se debbano essere assoggettate all’IVA ordinaria, tenendo conto del fatto che la società svolge anche altre attività soggette a IVA quale vendita di articoli sportivi, accesso al pubblico a pagamento, ecc.

    Noleggio impianto spotivo di SSD a ASD: imponibilità IVA

    L'Agenzia delle Entrate ha innanzitutto ricordato che l’articolo 4, comma 4, del DPR n. 633/72 stabilisce che non rientrano nel campo IVA le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate, in conformità alle finalità istituzionali, da associazioni e società sportive dilettantistiche nei confronti di:

    • soci, associati o partecipanti;
    • altre associazioni che svolgono la medesima attività e che appartengono alla stessa organizzazione locale o nazionale.

    Tuttavia, il Decreto-legge n. 146/2021 (articolo 5, comma 15-quater, lettera a) ha previsto la soppressione di tale regime di esclusione IVA a partire dal 1° gennaio 2026, con un regime transitorio che ne ha posticipato più volte l’applicazione.

    Viene confermato che il regime di esclusione dall’IVA di cui all’articolo 4, comma 4, DPR 633/72 è ancora applicabile fino al 31 dicembre 2025

    Tuttavia, per l’applicazione del regime agevolato devono essere soddisfatte tre condizioni fondamentali:

    • a) il prestatore deve essere un ente associativo o società sportiva dilettantistica senza scopo di lucro
       e nel caso di specie l’istante è una società sportiva dilettantistica costituita in forma di S.r.l. senza scopo di lucro;
    • b) le prestazioni devono essere effettuate in conformità alle finalità istituzionali dell’ente. Nel caso di specie l’attività di noleggio dell’impianto può essere considerata conforme alle finalità istituzionali solo se l’impianto è destinato esclusivamente ad attività sportive dilettantistiche. Se il noleggio dell’impianto avesse anche scopi commerciali, come l’affitto a soggetti non affiliati alla Federazione o per attività diverse dallo sport dilettantistico, si configurerebbe un’attività commerciale e l’operazione sarebbe soggetta a IVA;
    • c) il servizio deve essere reso a soci, associati o partecipanti di un’organizzazione sportiva nazionale o locale. Nel caos di specie il noleggio viene effettuato nei confronti di ASD affiliate alla stessa Federazione sportiva.

    Per le Entrate, se tutte le condizioni sono soddisfatte (compreso l’uso esclusivamente sportivo dell’impianto), le operazioni di noleggio rientrano nell’esclusione IVA fino al 31 dicembre 2025.

    Attenzione però al fatto che, dal 1° gennaio 2026, a seguito della soppressione del regime di esclusione IVA, tali operazioni saranno soggette all’aliquota IVA ordinaria.

    Inoltre, se l’impianto viene affittato anche a soggetti diversi da ASD affiliate o per scopi commerciali (eventi privati, attività non sportive, etc.), l’operazione sarà comunque soggetta ad IVA ordinaria anche prima del 2026.

    Riepilogando:

    • Fino al 31 dicembre 2025, il noleggio dell’impianto sportivo a favore di ASD affiliate alla stessa Federazione sportiva può beneficiare dell’esclusione IVA ai sensi dell’art. 4, comma 4, DPR 633/72, a condizione che l’impianto sia utilizzato esclusivamente per attività sportive dilettantistiche.
    • Dal 1° gennaio 2026, il regime di esclusione IVA verrà soppresso e tali operazioni saranno soggette ad IVA ordinaria.
    • Se la società sportiva effettua anche noleggi a soggetti diversi da ASD affiliate o per attività non sportive, tali operazioni sono immediatamente soggette a IVA.

  • Successioni

    Patto di famiglia: tassazione delle attribuzioni compensative

    Con la Risoluzione n. 12 del 14 febbraio le Entrate forniscono chiarimenti sulla tassazione, ai fini dell’imposta di donazione, delle “attribuzioni compensative” .

    L'agenzia in sintesi, nel documento di prassi evidenzia che l’aliquota e la franchigia dell’imposta di donazione da applicare alle “attribuzioni compensative” rientranti nel patto di famiglia sono determinate in base al rapporto di parentela esistente fra il disponente e il legittimario non assegnatario.

    Vediamo maggiori dettagli.

    Patto di famiglia: che cos’è?

    Secondo quanto stabilito dall’articolo 768-bis del codice civile, il patto di famiglia è «il contratto con cui, compatibilmente con le disposizioni in materia di impresa familiare e nel rispetto delle differenti tipologie societarie, l’imprenditore trasferisce, in tutto o in parte, l’azienda, e il titolare di partecipazioni societarie trasferisce, in tutto o in parte, le proprie quote, ad uno o più discendenti».
    Al fine di tutelare il diritto alla quota di legittima spettante ai legittimari non assegnatari, il successivo articolo 768-quater prevede che «Al contratto devono partecipare anche il coniuge e tutti coloro che sarebbero legittimari ove in quel momento si aprisse la successione nel patrimonio dell’imprenditore. Gli assegnatari dell’azienda o delle partecipazioni societarie devono liquidare gli altri partecipanti al contratto, ove questi non vi rinunzino in tutto o in parte, con il pagamento di una somma corrispondente al valore delle quote previste dagli articoli 536 e seguenti; i contraenti possono convenire che la liquidazione, in tutto o in parte, avvenga in natura. I beni assegnati con lo stesso contratto agli altri partecipanti non assegnatari dell’azienda, secondo il valore attribuito in contratto, sono imputati alle quote di legittima loro spettanti; l’assegnazione può essere disposta anche con successivo contratto che sia espressamente dichiarato collegato al primo e purché vi intervengano i medesimi soggetti che hanno partecipato al primo contratto o coloro che li abbiano sostituiti. Quanto ricevuto dai contraenti non è soggetto a collazione o a riduzione».
    Ai fini delle imposte indirette, l’articolo 3 del Testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni (TUS), approvato con decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, al comma 4-ter1 , prevede che «I trasferimenti, effettuati anche tramite i patti di famiglia di cui agli articoli 768-bis e seguenti del codice civile a favore dei discendenti e del coniuge, di aziende o rami di esse, di quote sociali e di azioni non sono soggetti all’imposta. In caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio spetta limitatamente alle partecipazioni mediante le quali è acquisito il controllo ai sensi dell’articolo 2359, primo comma, numero 1), del codice civile o integrato un controllo già esistente.
    In caso di aziende o rami di esse, il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa proseguano l’esercizio dell’attività d’impresa per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento; in caso di quote sociali e azioni di soggetti di cui all’articolo 73, comma 1, lettera a), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento; in caso di altre quote sociali, il beneficio si applica a condizione che gli aventi causa detengano la titolarità del diritto per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento. 

    Gli aventi causa rendono, contestualmente alla presentazione della dichiarazione di successione o all’atto di donazione o al patto di famiglia, apposita dichiarazione di impegno alla continuazione dell’attività o alla detenzione del controllo o al mantenimento della titolarità del diritto. 

    Il mancato rispetto delle condizioni comporta la decadenza dal beneficio, il pagamento dell’imposta in misura ordinaria, della sanzione amministrativa prevista dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, e degli interessi di mora decorrenti dalla data in cui l’imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.

    Il beneficio si applica anche ai trasferimenti di azioni e di quote sociali di società residenti in Paesi appartenenti all’Unione europea o allo Spazio economico europeo o in Paesi che garantiscono un adeguato scambio di informazioni, alle medesime condizioni previste per i trasferimenti di quote sociali e azioni di soggetti residenti».

    Patto di Famiglia: Circolare n 3/2008 e la principale giurisprudenza

    Al riguardo, la circolare 22 gennaio 2008, n. 3/E, al paragrafo 8.3.2, ha chiarito che l’agevolazione in parola «si applica esclusivamente con riferimento al trasferimento effettuato tramite il patto di famiglia, e non riguarda anche l’attribuzione di somme di denaro o di beni eventualmente posta in essere dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni sociali in favore degli altri partecipanti al contratto. Tali ultime attribuzioni rientrano nell’ambito applicativo dell’imposta delle  successioni e donazioni».
    Tale interpretazione è stata ribadita dalla successiva circolare 29 maggio  2013, n. 18/E, al paragrafo 5.3.2.

    Con un primo orientamento, espresso con ordinanza 19 dicembre 2018, n.  32823, la Corte di Cassazione ha enunciato il principio secondo cui «il patto di famiglia di cui agli artt. 768 bis c.c. e ss. è assoggettato all’imposta sulle donazioni per quanto concerne sia il trasferimento dell’azienda o della partecipazione dal disponente al discendente (fatto salvo il ricorso delle condizioni di esenzione di  cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 3, comma 4 ter), sia la corresponsione di somma compensativa della quota di legittima dall’assegnatario dell’azienda o della  partecipazione ai legittimari non assegnatari; quest’ultima corresponsione è assoggettata ad imposta in base all’aliquota ed alla franchigia relative non al  rapporto tra disponente ed assegnatario, e nemmeno a quello tra disponente e  legittimario, bensì a quello tra assegnatario e legittimario».
    Successivamente, con sentenza 24 dicembre 2020, n. 29506, il Giudice di  legittimità, nel richiamare il riferito precedente n. 32823 del 2018, ha inteso  rivisitare il proprio orientamento.
    Più precisamente, la Corte, dopo avere chiarito che «l’obbligo di  liquidazione non ha fonte negoziale, ma legale, e che lo stesso non costituisce un  elemento accidentale dell’attribuzione, ma un elemento necessario, imposto dalla legge», ha evidenziato che l’effetto giuridico che ne deriva è «in tutto simile all’apposizione di un onere» ai sensi dell’articolo 58, comma 1, del TUS.

    Secondo la Cassazione, in particolare, deve ritenersi assoggettata all’imposta di donazione «la liquidazione del conguaglio ex art. 768 quater c.c., operato dall’assegnatario in favore dei legittimari non assegnatari […]. Solo in ciò discostandosi dal precedente più volte richiamato (Cass., Sez. 5, n. 32823 del 19/12/2018), questo Collegio ritiene che, una volta ricondotto il patto di famiglia alla disciplina fiscale dettata dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 58, comma 1, […] la liquidazione del conguaglio, anche se operata dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni sociali, deve essere considerata, ai fini fiscali, come liberalità dell’imprenditore nei confronti dei legittimari non assegnatari.

    In altre parole, proprio in virtù del richiamo al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 58, comma 1, il patto di famiglia in cui il beneficiario del trasferimento di azienda o delle partecipazioni societarie liquidi il conguaglio agli altri legittimari, dal punto di vista impositivo, contiene più atti di liberalità dell’imprenditore, una a favore del beneficiario del trasferimento e le altre a favore degli altri legittimari non assegnatari».

    La Suprema Corte, quindi, ha concluso nel senso che «In materia di disciplina fiscale del patto di famiglia, alla liquidazione operata dal beneficiario del trasferimento dell’azienda o delle partecipazioni societarie in favore del

    legittimario non assegnatario, ai sensi dell’art. 768 quater c.c., è applicabile il disposto del D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 58, comma 1, intendendosi tale liquidazione, ai soli fini impositivi, donazione del disponente in favore del

    legittimario non assegnatario, con conseguente attribuzione dell’aliquota e della franchigia previste con riferimento al corrispondente rapporto di parentela o di coniugio», precisando, altresì, che «L’esenzione prevista dal D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 3, comma 4 ter, si applica al patto di famiglia solo con riguardo al trasferimento dell’azienda e delle partecipazioni societarie in favore del discendente beneficiario, non anche alle liquidazioni operate da quest’ultimo in favore degli altri legittimari».

    In considerazione del riportato orientamento di legittimità, i chiarimenti resi dalle circolari n. 3/E del 2008, al paragrafo 8.3.2, e n. 18/E del 2013, al paragrafo 5.3.2, sopra richiamati, devono essere precisati nel senso che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di donazione alle “attribuzioni compensative” disposte dall’assegnatario dell’azienda o delle partecipazioni societarie in favore del legittimario non assegnatario, l’aliquota e la franchigia sono determinate tenendo conto del rapporto di parentela o di coniugio intercorrente tra disponente e legittimario non assegnatario.

    Conclude l'agenzia che gli Uffici sono invitati a riesaminare i procedimenti pendenti interessati dalla questione di cui si tratta, alla luce dei chiarimenti e delle indicazioni che precedono.

  • Riforma fiscale

    Omnicomprensività reddito di lavoro autonomo: chiarimenti in arrivo

    Il 12 febbraio durante il question time sono stati rischiesti chiarimenti sulla nozione di omnicomprensività del reddito di lavoro autonomo.

    Nel loro quesito gli Onorevoli interroganti hanno richiamano l’articolo 54 del TUIR che introduce, quale criterio generale di determinazione del reddito di lavoro autonomo, il principio di onnicomprensività, similmente a quanto avviene nella determinazione del reddito di lavoro dipendente.
    Viene appunto evidenziato che sulla disposizione sussisterebbero dubbi interpretativi circa l’eventuale inclusione degli interessi maturati su un deposito bancario connesso all’attività professionale e, di conseguenza, la loro rilevanza nella determinazione del reddito d’impresa.
    A parere degli Interroganti, tenuto conto che tale incertezza interpretativa potrebbe avere un impatto significativo sulla determinazione delle basi imponibili per le imprese con conseguenze rilevanti in termini di compliance fiscale e pianificazione finanziaria, gli stessi chiedono di sapere “quali iniziative di competenza il Governo intenda adottare al fine di chiarire l’ambito applicativo dell’articolo 54 del TUIR, in particolare con riferimento alla rilevanza, (ai fini ndr) della determinazione del reddito d’impresa, degli interessi maturati su un deposito bancario connesso all’attività professionale”.

    Omnicomprensività reddito di lavoro autonomo: chiarimenti in arrivo

    Al riguardo, sentiti i competenti Uffici dell’Agenzia delle entrate, la replica ricorda innanzitutto che nell’ambito di una più ampia revisione della disciplina dei redditi di lavoro autonomo, con l’art. 5, comma 1, lettera b), del d.lgs. 13 dicembre 2024, n. 192, è stato interamente sostituito l’art. 54 del TUIR, il quale, al comma 1, primo periodo, ora prevede che “Il reddito derivante dall'esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta in relazione all'attività artistica o professionale e l'ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell'esercizio dell'attività, salvo quanto diversamente stabilito nel presente articolo e negli altri articoli del capo V”.
    Con tale disposizione è stato, pertanto, introdotto, nell’ambito della determinazione del reddito di lavoro autonomo, il principio di onnicomprensività, in virtù del quale qualunque somma percepita nello svolgimento dell’attività professionale e/o artistica nel periodo d’imposta è ricondotta alla categoria reddituale del lavoro autonomo.

    Viene invece chiarito che la questione interpretativa prospettata riguarda il più generale tema del coordinamento tra il principio di onnicomprensività – sulla base del quale sono tassate, come reddito di lavoro autonomo, “tutte le somme e i valori in genere a qualunque titolo percepiti nel periodo di imposta in relazione all'attività artistica o professionale (… )”- e le altre disposizioni tributarie che si rendono, comunque, applicabili al momento della percezione dei proventi riconducibili all’attività professionale (come nel caso degli interessi attivi bancari maturati sul conto corrente dedicato all’attività professionale).
    Ciò posto, l’Agenzia delle entrate fa presente che, trattandosi di una modifica normativa di recente introduzione, cui si riconnettono delicate attività esegetiche che implicano l’armonico coordinamento con altre disposizioni aventi dignità giuridica di norme speciali, il relativo nodo interpretativo è attualmente oggetto di mirati approfondimenti e sarà sciolto in maniera sistematica nell’ambito di un prossimo documento di prassi.

  • Risparmio energetico

    General contractor e superbonus: condizioni per continuare con lo sconto in ft

    Con la Risposta a interpello n 26 del 12 febbraio le Entrate replicano al caso di appalto con general contractor per il superbonus ed  esercizio delle opzioni per il cd. sconto in fattura o per la cessione del credito d'imposta di cui all'articolo 121 del decreto legge n. 34 del 2020 , a seguito dell'entrata in vigore del decreto legge n. 39 del 2024.

    In sintesi le Entrate hanno evidenziato che il condominio potrà continuare ad applicare lo sconto in fattura se il general contractor ha pagato ai subappaltatori, entro il 30 marzo 2024, almeno una parte dei lavori già eseguiti, anche in assenza di fatture emesse nei confronti del condominio.

    General contractor e superbonus: condizioni per continuare con lo sconto in ft

    L'interpello fornisce un chiarimento sull’applicazione delle deroga al generale divieto all'esercizio delle opzioni per la fruizione con modalità alternative alla detrazione operato dal Dl n. 11/2023 (“decreto Cessioni”) come modificato dal Dl n. 39/2024.

    Il condominio ha deciso con assemblea straordinaria tenutasi nel 2022, di effettuare lavori per i quali intende usufruire delle detrazioni del Superbonus, affidando gli interventi a un general contractor interessato ad applicare lo sconto in fattura. 

    Dopo aver presentato la Cilas il 25 novembre 2022, il condominio ha dovuto cambiare il general contractor e l'inizio dei lavori è slittato al 6 novembre 2023.

    Inoltre, il condominio intende utilizzare il Superbonus con una detrazione del 70% per le spese del 2024, rientrando nelle deroghe previste dal decreto Cessioni.
    Il condominio chiede se può continuare a utilizzare lo sconto in fattura anche dopo l'entrata in vigore del decreto-legge n. 39/2024, nonostante non ci siano fatture dirette tra il general contractor e il condominio al 30 marzo 2024.
    Il Dl n. 11/2023) all'articolo 2, comma 1, ha stabilito, a partire dal 17 febbraio 2023, un divieto all'esercizio delle opzioni alternative alla detrazione, come lo sconto in fattura o la cessione del credito. 

    Tuttavia, i commi successivi hanno previsto specifiche deroghe a tale divieto, applicabili solo al verificarsi di determinate condizioni. 

    Il comma 2, ha previsto che il divieto non si applica per le spese sostenute per interventi che beneficiano del Superbonus (articolo 119 del decreto Rilancio) e per altre detrazioni specifiche.

    Inoltre, al comma 2, lettera b), ha stabilito che il divieto non opera se, prima del 17 febbraio 2023, è stata adottata una delibera assembleare da parte dei condomini e presentata la comunicazione di inizio lavori asseverata (Cila).
    L'articolo 1 del decreto-legge n. 39/2024 ha ulteriormente rimodulato l'ambito di applicazione delle deroghe previste dal decreto Cessioni prevedendo che le disposizioni di cui all'articolo 2, commi 2 e 3, non si applicano agli interventi per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto, non è stata sostenuta alcuna spesa documentata da fattura per lavori già effettuati.
    La norma ha l'obiettivo di garantire che solo coloro i quali hanno effettivamente sostenuto spese documentate per lavori già effettuati possano continuare a esercitare le opzioni di sconto in fattura o cessione del credito.

    Le deroghe al divieto di esercizio delle opzioni continuano a operare solo se, entro il 30 marzo 2024, sono stati effettuati lavori e sono state sostenute le relative spese. 

    L'agenzia ha precisato che nel caso di sconto in fattura, se lo sconto è integrale si fa riferimento alla data di emissione della fattura, se lo sconto è parziale si considera la data di pagamento dell'importo residuo. 

    Inoltre, l’Agenzia ricorda che, secondo la risposta n. 137/2024, la spesa effettuata con bonifico, si considera sostenuta nel momento in cui viene dato l'ordine di pagamento alla banca. 

    Viene inoltre precisato che per esercitare l'opzione di sconto in fattura, è necessario che il pagamento avvenga entro il 30 marzo 2024 e si riferisca a lavori già effettuati.

    La condizione di lavori già effettuati è soddisfatta se il pagamento è effettuato entro il 30 marzo 2024 e si riferisce alla realizzazione, anche parziale, dei lavori. 

    Attenzione al fatto che è possibile che la spesa sia sostenuta da un soggetto diverso dal committente finale, purché documentata.

    Conseguentemente, l'opzione per lo sconto in fattura o per la cessione del credito può essere esercitata anche dal committente che si avvale di un appaltatore come un contraente generale, che nonostante abbia pagato alla data del 30 marzo 2024 ai subappaltatori una parte dei lavori effettuati, non abbia entro tale data emesso fattura nei confronti del committente in relazione ai medesimi lavori. L’Agenzia, precisa che anche in questa ipotesi i pagamenti devono riferirsi a lavori già effettuati

    Quando più interventi sono compresi nello stesso titolo abilitativo, la condizione è soddisfatta se le spese pagate si riferiscono anche a solo uno degli interventi.

    Il egame tra il pagamento e il committente, beneficiario finale dell’agevolazione, deve essere ben documentato.

  • IMU e IVIE

    Immobili in comodato ai parenti: precisazioni MEF sul Prospetto aliquote IMU

    Il MEF in data 10 febbraio ha pubblicato una serie di FAQ in sostegno ai Comuni impegnati nella compilazione del Prospetto Aliquote IMU.

    Ricordiamo che il prospetto, reso disponibile dal MEF a partire dal 31 ottobre 2024, va compilato con i dati della Delibera di variazione delle aliquote ed inviato tramite il portale federalismo fiscale.

    Leggi anche: Prospetto aliquote IMU: compilazione entro il 28 febbraio             

    Tra i quesiti, giunti al MEF dai Comuni, era stato chiesto se sia possibile inserire nel Prospetto un’aliquota agevolata per le unità immobiliari concesse in comodato ai parenti nelle ipotesi per le quali l’art. 1, comma 747, lett. c), della legge n. 160 del 2019 prevede l’abbattimento del 50 per cento della base imponibile, vediamo la replica del Ministero.

    Immobili in comodato ai parenti: precifazioni MEF sul Prospetto aliquote IMU

    Il MEF ha replicato che il comune può stabilire una specifica aliquota agevolata, diversa da quella indicata nella fattispecie principale “Altri fabbricati (fabbricati diversi dall'abitazione principale e dai fabbricati appartenenti al gruppo catastale D)”, per le unità immobiliari concesse in comodato ai parenti in line retta entro il primo grado nell’ipotesi prevista dall’art. 1, comma 747, lett. c), della legge n. 160 del 2019. 

    Occorre, tuttavia, far presente che la specifica aliquota così stabilita dal comune, oppure quella attribuita agli “Altri fabbricati (fabbricati diversi dall'abitazione principale e dai fabbricati appartenenti al gruppo catastale D)”, andrà applicata
    alla base imponibile ridotta del 50 per cento, 
    come previsto dal citato comma 747, lett. c).
    Tale precisazione, del resto, è presente nella schermata principale dell’applicazione relativa al Prospetto, nel riepilogo e nel file PDF recante il medesimo, nei quali compare la frase “Per le fattispecie di cui all'art. 1, commi 747 e 760, della legge n. 160 del 2019, l'imposta è determinata applicando la riduzione di legge sull'aliquota stabilita dal comune per ciascuna fattispecie”.

  • Locazione immobili 2024

    Omessa dichiarazione imposta di soggiorno: le sanzioni

    Durante l'ultima edizione di Telefisco 2025 il MEF ministero delle finanze ha precisato il regime sanzionatorio della omessa dichiarazione per l'imposta di soggiorno.

    Veniva domandato un chiarimento in merito alle novità introdotte dall'art 180 del DL n 34/2020 che ha qualificato come responsabili d’imposta i gestori delle strutture ricettive.

    I gestori sono responsabili in caso di omesso versamento della imposta in oggetto e quindi passibili dell’irrogazione della sanzione di cui all’articolo 13 del Dlgs 471/1997, a prescindere dal pagamento della stessa da parte del turista.

    A carico dei gestori inoltre è stato istituito l’obbligo di presentare una dichiarazione, entro il 30 giugno di ciascun anno redatta sui modelli ministeriali. 

    Infine è stato stabilito che in caso di omessa o infedele dichiarazione si applica la sanzione variabile dal 100% al 200% dell’imposta dovuta.

    Il quesito chiedeva chiarimenti sull'importo della sanzione qualora il gestore abbia pagato l'imposta ma non presentato la dichiarazione per l'imposta di soggiorno.

    Omessa dichiarazione imposta di soggiorno: le sanzioni

    Nel caso in cui il soggetto obbligato abbia pagato l'imposta ma non presentato la relativa dichiaraizone, veniva suggerito di versare una sanzione minima previsto per i tributi locali.

    Il MEF ha evidenziato che  la sanzione minima non è contemplata in alcuna disposizione sull’imposta di soggiorno e pertanto in presenza di una condotta collaborativa del gestore, si è correttamente richiamata l’esigenza di ridurre la sanzione minima a un quarto, in virtù del principio di proporzionalità, in base a quanto disposto nell’articolo 7, comma 4, del Dlgs 472/1997.

    Pertanto l’omessa presentazione della dichiarazione annuale ai fini dell’imposta di soggiorno è punita con la sanzione pari al 25% (un quarto del 100%) dell’imposta indicata in dichiarazione, anche se integralmente versata.