• Oneri deducibili e Detraibili

    Auto aziendali: l’Agenzia chiarisce i criteri per il regime previgente

     Con l’approvazione definitiva al Senato del disegno di legge di conversione del DL 19/2025 (il cosiddetto “DL Bollette”), è stata  confermata la modifica  alla legge di bilancio 2025 in materia di tassazione dei fringe benefit relativi all’uso promiscuo dei veicoli aziendali.  Tutti gli operatori del settore e una autorevole circolare di ASSONIME  avevano infatti obiettato sulla retroattivita della norma .

     Restava comunque irrisolto il criterio relativo al momento di applicabilità della norma modificata (ordine dell'auto o contratto con il dipendente )

    In una nuova circolare, N. 10  del 3 luglio 2025  l'agenzia delle Entrate fornisce i chiarimenti definitivi (v. ultimo paragrafo).

    Ricordiamo di seguito anche tutti i dettagli sulla  disciplina in vigore.

    Cosa prevede la Legge di Bilancio 2025 sulle auto aziendali

    La Legge di Bilancio 2025 (legge  234 2024),  ha introdotto  novità in merito alla tassazione dell'uso promiscuo delle auto aziendali concesse ai dipendenti, con l'obiettivo di incentivare la transizione ecologica e il rispetto degli obiettivi di sostenibilità climatica. 

    Per questo motivo,  è stato  modificato l'articolo 51, comma 4, del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (DPR n. 917/1986), ridefinendo la tassazione per i veicoli aziendali concessi in uso promiscuo  in modo differenziato, come segue 

    1. Norma generale Dal 1° gennaio 2025, la base imponibile per il calcolo del reddito da lavoro dipendente derivante dall’uso promiscuo delle auto sarà pari al 50% dell’importo corrispondente a una percorrenza convenzionale di 15.000 km, calcolato secondo i costi chilometrici stabiliti dalle tabelle ACI, al netto di eventuali trattenute a carico del dipendente.
    2.  Eccezione per veicoli a basse emissioni:   la base imponibile è ridotta al 10% per i veicoli a trazione esclusivamente elettrica a batteria e al   20% per i veicoli elettrici ibridi plug-in.

    Le nuove  regole si applicano ai contratti di assegnazione ai dipendenti stipulati a partire dal 1° gennaio 2025.

    Il problema e le reazioni al blocco del primo emendamento

    La Commissione Bilancio della Camera, nel corso dell'esame per la conversione del DL Bollette,  aveva respinto l'emendamento concernente una possibile norma di  salvaguardia riguardante le auto aziendali. La motivazione della bocciatura in Commissione è legata all'estraneità di materia,  che impedisce  di inserirla nel testo di legge. 

    L'emendamento sopracitato  nasceva  dal problema evidenziato da  imprese e associazioni  per cui per i veicoli elettrici o ibridi  che saranno assegnati quest'anno ai dipendenti ma ordinati già l'anno scorso le agevolazioni non sono applicabili, con conseguenti forti disparità tra i contribuenti.  La modifica avrebbe previsto una deroga per le assegnazioni ai dipendenti  effettuate fino al 30 giugno 2025.

    L 'associazione Aniasa, che rappresenta le società di noleggio, ha espresso una forte preoccupazione per la decisione della Commissione , evidenziando come l'incertezza normativa abbia già causato un calo nelle immatricolazioni di circa 70.000 veicoli, con una perdita stimata di 2,5 miliardi di euro sul PIL.

    L’intervento di Assonime sui destinatari delle novità

    Sul tema delle  regole fiscali applicabili alle auto aziendali date in uso promiscuo, in seguito all'introduzione di nuove disposizioni nella legge di Bilancio 2025, la circolare n. 7/2025 di Assonime è intervenuta   affermando che le vecchie regole fiscali (in vigore fino al 31 dicembre 2024)  dovrebbero continuare ad applicarsi alle  auto aziendali concesse in uso promiscuo entro il 2024, evitando l'applicazione del criterio del valore normale e mantenendo la determinazione forfettaria basata sulle tariffe ACI.

    Nello specifico Assonime sottolinea che, a differenza di quanto avvenuto con i precedenti cambiamenti introdotti nel 2020, la legge di Bilancio 2025 non prevede una disciplina transitoria specifica . 

    Inoltre la circolare  evidenzia che la relazione tecnica alla legge di Bilancio 2025 indica gli effetti finanziari delle nuove disposizioni solo con riferimento alle auto immatricolate e assegnate dal 2025. 

    Questo suggerisce che le precedenti disposizioni debbano rimanere in vigore  e applicabili

    • ai veicoli immatricolati, concessi e con contratti stipulati tra il 1° luglio 2020 e il 31 dicembre 2024; 
    • ai veicoli immatricolati entro il 2024 ma concessi con contratti stipulati dal 2025;
    • ai veicoli immatricolati dal 2025 ma la cui concessione in uso promiscuo è stata pattuita con contratto stipulato entro il 2024.

    Ancora  Assonime argomenta che applicare retroattivamente le nuove regole alle auto concesse in uso promiscuo sulla base delle normative precedenti va contro il  principio del legittimo affidamento dei contribuenti interessati.

    Detraibilità auto 2024/25 il regime transitorio approvato

    La nuova  norma proposta  dai relatori di maggioranza introduce il nuovo comma 48-bis all’articolo 1 della legge n. 207/2024, stabilendo che la vecchia disciplina fiscale – quella in vigore fino al 31 dicembre 2024 – continui ad applicarsi non solo ai veicoli concessi tra il 1° luglio 2020 e la fine del 2024, ma anche a quelli ordinati entro il 31 dicembre 2024 e concessi in uso promiscuo ai dipendenti fino al 30 giugno 2025.

    La misura consente quindi a datori di lavoro e dipendenti di beneficiare del vecchio regime fiscale per un periodo transitorio.

    Tuttavia, restava il nodo dell’ambiguità legata al momento determinante per l’applicazione del regime: ancora secondo Aniasa, dovrebbe essere l’ordine, non la consegna, a determinare il trattamento fiscale, altrimenti si rischiano ulteriori disparità.

    Si sottolinea infatti che  non sono rari i ritardi nella consegna dei veicoli – spesso legati a fattori produttivi e logistici indipendenti dalla volontà delle parti.

    Chiarimenti dell’Agenzia nella circolare 10 del 3.7.2025

    La circolare n. 10/2025 dell’Agenzia delle Entrate interviene per chiarire definitivamente  i criteri per determinare il fringe benefit derivante dalla concessione in uso promiscuo di veicoli aziendali, alla luce delle modifiche introdotte dalla Legge 207/2024 che hanno previsto la detraibilità del  50% del costo riferito a 15.000 km annui (calcolato secondo le tabelle ACI), con percentuali ridotte (10% o 20%) per veicoli elettrici o ibridi plug-in.

    Grazie alla  disciplina transitoria (art. 1, comma 48-bis L. 207/2024, introdotto dal DL “Bollette”), resta applicabile il regime previgente ai veicoli:

    1. Concessi dal 1° luglio 2020 al 31 dicembre 2024;
    2. Ordinati entro il 31 dicembre 2024 e concessi dal 1° gennaio al 30 giugno 2025, a prescindere dalla data di stipula del contratto.

    In particolare, sui dubbi espressi da Assonime,  viene specificato che ai fini dell’applicazione della disciplina transitoria, è rilevante la data di consegna al dipendente e la presenza dei requisiti di immatricolazione e stipula contratto nel periodo 1° luglio 2020 – 30 giugno 2025.

    Inoltre, se il veicolo gode di un regime più favorevole secondo le nuove regole (es. elettrico), l’Agenzia consente comunque di applicare quest’ultimo.

    Infine, in caso di proroga del contratto si applica il regime originario, mentre nella riassegnazione a un altro dipendente va considerata la normativa in vigore al momento della nuova concessione.

  • Agricoltura

    Contributi agricoli 2025 per coltivatori diretti, coloni, mezzadri e IAP

    L’INPS ha pubblicato la Circolare n. 107 del 2 luglio 2025, che definisce gli importi dei contributi obbligatori dovuti nel 2025 dai coltivatori diretti, coloni, mezzadri e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP). 

    La circolare conferma le modalità di calcolo dei contributi previdenziali (IVS), maternità e INAIL, aggiornando i valori di riferimento in base alle nuove disposizioni ministeriali sulle retribuzioni convenzionali. Aliquote e agevolazioni invariate.

    Contributi IVS: reddito convenzionale e aliquote

    Per il calcolo della contribuzione IVS si parte dal reddito convenzionale, calcolato secondo le fasce previste dalla Tabella D allegata alla Legge 233/1990. Per l’anno 2025, il reddito medio giornaliero convenzionale, stabilito con Decreto del Ministero del Lavoro del 10 giugno 2025, è pari a 65,19 euro.

    Le aliquote contributive IVS restano invariate rispetto agli anni precedenti e sono pari al 24,00%, indipendentemente da:

    • fascia d’età (under o over 21 anni)
    • ubicazione dell’azienda (zona normale o svantaggiata)

    Questa aliquota include il contributo addizionale del 2%, previsto dalla Legge 233/1990, art. 12, comma 4.

    In aggiunta, è previsto un contributo per ogni giornata di iscrizione, fissato per il 2025 in 0,80 euro, fino a un massimo di 156 giornate per ciascuna unità attiva.

    È confermata anche per il 2025 la riduzione del 50% dei contributi per i lavoratori autonomi over 65 titolari di pensione calcolata con sistema retributivo o misto, come previsto dall’art. 59, comma 15 della Legge 449/1997.

    Contributi maternità -INAIL- Agevolazioni

    Il contributo annuo per la maternità resta invariato rispetto all’anno precedente ed è pari a 7,49 euro per ogni unità attiva iscritta alla gestione.

    Anche per il 2025, il contributo per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali è così determinato:

    • 768,50 euro per le aziende situate in zone normali
    • 532,18 euro per le aziende in territori montani o zone svantaggiate

    È inoltre prevista una riduzione del 14,80% dei premi e contributi INAIL, in base al Decreto Interministeriale 24 settembre 2024, applicabile alle aziende individuate nei tracciati trasmessi dall’INAIL, come da Legge 147/2013, art. 1, comma 128.

    Le agevolazioni contributive continuano ad applicarsi nei casi previsti:

    1. territori montani: ai sensi dell’art. 9 del DPR 601/1973
    2. zone agricole svantaggiate: come da art. 15 della Legge 984/1977

    Scadenze e modalità di pagamento

    Il versamento dei contributi agricoli 2025 deve essere effettuato in quattro rate utilizzando il modello F24. Le scadenze previste sono:

    • 16 luglio 2025
    • 16 settembre 2025
    • 17 novembre 2025
    • 16 gennaio 2026

    Le istruzioni operative per la compilazione del modello F24 saranno disponibili nel “Cassetto previdenziale del contribuente” dell’INPS.

    Tabelle riepilogo contributi agricoli 2025

    Tipo  Importo/Valore Note
    Reddito convenzionale giornaliero 65,19 € Stabilito con Decreto 10/06/2025
    Aliquota IVS 24,00% Uguale per tutte le categorie
    Contributo addizionale giornaliero 0,80 € Massimo 156 giornate annue
    Contributo maternità annuo 7,49 € Per ogni unità iscritta
    Contributo INAIL zona normale 768,50 € Fisso
    Contributo INAIL zona svantaggiata 532,18 € Fisso
    Riduzione INAIL 14,80% Per aziende individuate da INAIL
    Scadenze versamento 16/07, 16/09, 17/11/2025, 16/01/2026 Mediante F24

    Tabelle come da allegato alla circolare
    Contributi  Coltivatori Diretti – Coloni Mezzadri

    Fascia Zone normali Zone montane / svantaggiate
    Ordinari Pensionati Ordinari Pensionati
    Fascia 1 € 3.341,50 € 2.058,75 € 3.105,18 € 1.822,43
    Fascia 2 € 4.155,07 € 2.465,53 € 3.918,75 € 2.229,21
    Fascia 3 € 4.968,65 € 2.872,32 € 4.732,33 € 2.636,00
    Fascia 4 € 5.782,22 € 3.279,10 € 5.545,90 € 3.042,78
    Contributi  Imprenditori agricoli 

    Fascia

    IAP Ordinari IAP Pensionati
    Fascia 1 € 2.573,00 € 1.290,25
    Fascia 2 € 3.386,57 € 1.697,03
    Fascia 3 € 4.200,15 € 2.103,82
    Fascia 4 € 5.013,72 € 2.510,60

  • Lavoro Dipendente

    Congedo parentale 2025: istruzioni e verifica dei periodi utilizzati

    La circolare INPS n.95 del 26. maggio ha fornito le istruzioni dettagliate per la fruizione dell'ulteriore mese di congedo parentale facoltativo con indennità innalzata all' 80% (invece che 30)  come previsto dall' ultima legge di bilancio. 

    L'istituto ha comunicato nel messaggio 2078 2025 che è stata attivata una funzionalità che consente il controllo dei periodi di congedo  richiesti,   utilizzati  o indennizzati  per consentire una facile pianificazione da parte dei genitori. 

    Ecco i dettagli nei paragrafi seguenti.

    Indennità congedo 80%: a chi spetta – tabella sintetica ed esempi

    A partire dal 2025, i genitori lavoratori dipendenti che usufruiscono del congedo parentale entro i 6 anni di vita del bambino (o 6 anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione/affidamento) possono beneficiare di un'indennità più alta. La nuova legge prevede che per tre mesi in totale, anche non consecutivi, il congedo parentale sia retribuito all’80% dello stipendio.

     I tre mesi all’80% non sono aggiuntivi rispetto ai 10/11 mesi complessivi già previsti per il congedo parentale, ma rappresentano solo un aumento della retribuzione per tre di questi mesi. I tre mesi retribuiti meglio possono essere divisi tra i due genitori o utilizzati da uno solo, e valgono anche se il congedo viene preso a ore, a giorni o in modalità continuativa.

    La misura si applica solo ai lavoratori dipendenti: sono esclusi i lavoratori autonomi e quelli iscritti alla Gestione separata INPS. 

    Inoltre, è necessario che il congedo di maternità o paternità sia terminato dopo determinate date (31 dicembre 2023 o 31 dicembre 2024) per poter accedere all' indennità piu alta. vedi tabella sotto .

    In generale, il diritto all’80% spetta solo se si ha un lavoro dipendente al momento della richiesta del congedo. Le amministrazioni pubbliche gestiscono direttamente questi congedi per i propri dipendenti.

    In sintesi:

    Mese di congedo parentale Indennità Decorrenza Condizioni
    1° mese 80% della retribuzione Dal 1° gennaio 2023 Genitore dipendente con fine maternità/paternità dopo il 31/12/2022
    2° mese 80% della retribuzione Dal 1° gennaio 2024 Genitore dipendente con fine maternità/paternità dopo il 31/12/2023
    3° mese 80% della retribuzione Dal 1° gennaio 2025 Genitore dipendente con fine maternità/paternità dopo il 31/12/2024
    Ulteriori 6 mesi 30% della retribuzione Regime vigente Indipendente da reddito
    Ultimi 2 mesi 0% (salvo basse soglie di reddito) Regime vigente Possibile indennità se reddito basso

    Riportiamo due dei 4 esempi forniti dalla circolare:

    Esempio A) – Figlio nato il 20 novembre 2024;

    – la madre lavoratrice dipendente termina il periodo di congedo di maternità il 20 febbraio 2025;

    – il padre fruisce di due mesi di congedo parentale dal 21 novembre 2024 al 20 gennaio 2025.

    I mesi di congedo parentale dal 21 novembre 2024 al 20 gennaio 2025 sono indennizzati all’80% della retribuzione (come previsto dalla legge di Bilancio 2023 e 2024) in quanto il mese dal 21 novembre 2024 al 20 dicembre 2024 rientra nella previsione della legge di Bilancio 2023 e il mese dal 21 dicembre 2024 al 20 gennaio 2025 rientra nella previsione della legge di Bilancio 2024 per il periodo dal 21 dicembre 2024 al 31 dicembre 2024 e nella previsione della legge di Bilancio 2025 per il periodo dal 1° gennaio 2025 al 20 gennaio 2025 che ha elevato l’indennità di congedo parentale dal 60% all’80% per tutti i periodi fruiti a decorrere dal 1° gennaio 2025.

    Ai genitori residua un ulteriore mese di congedo parentale indennizzabile all’80% (introdotto dalla legge di Bilancio 2025), da fruire entro il compimento di 6 anni di età del figlio, in quanto, il figlio è nato prima del 1° gennaio 2025 e la madre termina il periodo di congedo di maternità successivamente al 31 dicembre 2024.

    Esempio B)   – Madre lavoratrice dipendente che fruisce del congedo di maternità, esclusivamente dopo il parto, dal 15 settembre 2024 (data effettiva del parto) al 15 febbraio 2025;

    – il padre lavoratore dipendente fruisce di tre mesi di congedo parentale dal 1° ottobre 2024 al 31 dicembre 2024 di cui due mesi indennizzati all’80% della retribuzione (come previsto dalle leggi di Bilancio 2023 e 2024) e un mese indennizzato al 30% della retribuzione, in quanto l’ulteriore mese di congedo indennizzabile all’80%, previsto dalla legge di Bilancio 2025, è fruibile solo a decorrere dal 1° gennaio 2025;

    – il padre fruisce, inoltre, di un mese di congedo parentale dal 10 gennaio 2025 al 9 febbraio 2025.

    Il mese di congedo parentale fruito dal padre nel corso dell’anno 2025 è indennizzabile solo al 30% e non all’80% della retribuzione, in quanto l’elevazione dell’indennità è prevista solo nei tre mesi spettanti a ogni genitore e non trasferibili all’altro (primo periodo del comma 1 dell’art. 34 del T.U.). Il padre ha fruito dei suoi tre mesi non trasferibili all’altro genitore dal 1° ottobre al 31 dicembre 2024.

    La madre, concluso il periodo di congedo di maternità, può fruire dell’ulteriore mese di congedo parentale indennizzato all’80%, di cui alla legge di Bilancio 2025 entro i 6 anni di vita del figlio.

    Congedo parentale: come si richiede?

    La domanda di congedo parentale deve essere presentata esclusivamente in modalità telematica attraverso uno dei seguenti canali:

    –    tramite il portale istituzionale www.inps.it, se si è in possesso di identità digitale (SPID almeno di livello 2, CIE 3.0 o CNS), utilizzando gli appositi servizi raggiungibili dalla home page attraverso il percorso “Lavoro” > “Congedi, permessi e certificati”;

    –    tramite il Contact center Multicanale, chiamando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile a pagamento, in base alla tariffa applicata dai diversi gestori);

    –    tramite gli Istituti di patronato, utilizzando i servizi offerti dagli stessi.

    Nuovo servizio Contatore congedo parentale

    Dal 30 giugno 2025 è attiva, all’interno del servizio online “Domande di maternità e paternità”, la nuova funzionalità “Consulta contatori congedo parentale”. Il servizio consente ai genitori di verificare in autonomia i periodi di congedo parentale richiesti e autorizzati, con o senza indennità, riferiti a figli nati, adottati o affidati negli ultimi 12 anni.

    La funzione è stata introdotta per agevolare il calcolo e la pianificazione dei periodi di astensione dal lavoro per la cura dei figli, nei limiti previsti dalla normativa vigente. Il sistema consente di consultare:

    • il totale dei periodi di congedo parentale richiesti,
    • i giorni riconosciuti con indennità,
    • i giorni riconosciuti senza indennità.

    È inoltre disponibile il dettaglio dei periodi accolti, respinti o ancora in lavorazione. La funzionalità non restituisce risultati per figli che abbiano superato i 12 anni di età (o maggiorenni in caso di adozione/affidamento da oltre 12 anni), in quanto non sussiste più il diritto al congedo parentale.

    Modalità di accesso e utilizzo

    Il servizio è disponibile al seguente link: Domande di maternità e paternità – INPS

    • Una volta effettuato l’accesso, è possibile:
    • selezionare il figlio di riferimento,
    • consultare il totale dei giorni fruiti (con e senza indennità),
    • accedere al dettaglio tramite il pulsante “Dettaglio periodi”,
    • applicare filtri personalizzati,
    • visualizzare le domande presentate e lo stato della lavorazione.

    Congedo parentale: limiti individuali e di coppia

    La funzione consente di tenere sotto controllo anche i limiti individuali e di coppia  per i congedi di maternità/paternità stabiliti dall’art. 32 del D.lgs. 151/2001.

    Si ricorda che :

    • ogni genitore ha diritto a un massimo di 6 mesi (7 mesi per il padre in alcune condizioni),
    • il limite complessivo di entrambi i genitori è di 10 mesi (inferiore alla somma dei due limiti individuali), elevabile a 11 mesi se il padre fruisce di almeno 3 mesi.

  • Appalti

    Manodopera appalti: le regole per l’equivalenza dei CCNL

    Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (MIT) ha risposto a un quesito giuridico in merito alla corretta applicazione dell’art. 4 dell’Allegato I.01 del D.lgs. 36/2023, così come modificato dal D.lgs. 209/2024,   nella Nota 3522 del 3.6.2025

    n particolare, si chiede se, nel caso in cui un operatore economico (OE) proponga in offerta l’applicazione di un contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL) diverso da quello indicato nella legge di gara, la valutazione di equivalenza delle tutele economiche e normative debba essere effettuata seguendo esclusivamente i criteri stabiliti nei commi 2 e 3 del citato articolo.

    Qui il testo del decreto correttivo

    Valutazione delle Tutele Economiche e normative

    Il MIT conferma che la valutazione dell’equivalenza delle tutele economiche deve basarsi puntualmente sui parametri indicati nel comma 2 dell’art. 4. Tali parametri includono:

    • Retribuzione tabellare annua
    • Indennità di contingenza
    • Elemento distinto della retribuzione (EDR)
    • Mensilità aggiuntive
    • Ulteriori indennità

    Ai sensi del comma 4, la tutela economica può ritenersi equivalente quando il valore complessivo delle componenti fisse della retribuzione annua non risulta inferiore a quello previsto dal CCNL indicato nel bando.

    Il comma 3 dello stesso articolo elenca invece gli elementi su cui si basa la valutazione dell’equivalenza delle tutele normative. Questi comprendono istituti come:

    • Lavoro straordinario e supplementare
    • Lavoro part-time
    • Trattamento per malattia e maternità
    • Permessi retribuiti, ecc.

    Il MIT specifica che anche tali aspetti devono essere analizzati con attenzione. L’equivalenza può ritenersi sussistente solo se eventuali differenze risultano marginali.

    Attesa linee guida ministeriali

    Per individuare concretamente cosa si intenda per “scostamenti marginali” in ambito normativo, è previsto che il Ministero del Lavoro, di concerto con il MIT, adotti apposite linee guida entro 90 giorni dall’entrata in vigore dell’Allegato I.01. In attesa di tali linee guida, è ammesso richiamare le indicazioni contenute nella relazione illustrativa al Bando-tipo ANAC n. 1/2023.

    In sintesi, il MIT ribadisce che l’equivalenza delle tutele economiche e normative è subordinata al rispetto rigoroso dei criteri previsti dall’art. 4 e che le valutazioni devono essere documentate e fondate su parametri oggettivi, in attesa delle linee guida ministeriali definitive.

  • Lavoro Dipendente

    Impronte digitali per le presenze dei dipendenti: uso sempre vietato

    Il Garante per la protezione dei dati personali  con Provvedimento n.167 del 27 marzo 2025 ha sanzionato un istituto di istruzione superiore per aver introdotto un sistema di rilevazione delle presenze dei dipendenti che prevedeva l’uso delle impronte digitali in abbinamento a un badge.

    L’uso di questo sistema, basato sul rilevamento biometrico, era stato adottato per contrastare fenomeni di uso improprio dei badge e per garantire una maggiore affidabilità nella registrazione delle presenze.

    Il personale amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA) poteva esprimere un consenso volontario all’utilizzo dell’impronta digitale. Secondo quanto riportato nel provvedimento, 34 dipendenti su 36 avevano acconsentito, mentre ai due contrari era stata garantita un’alternativa: l’uso del solo badge. 

    In ogni caso, il Garante ha evidenziato che il consenso in ambito lavorativo non può essere considerato una base giuridica valida per il trattamento di dati biometrici, a causa del rapporto di subordinazione tra datore di lavoro e dipendente, che rende difficile dimostrare la reale libertà della scelta.

    Violazione della normativa sul trattamento dei dati biometrici

    Il trattamento dei dati biometrici, come le impronte digitali, è soggetto a regole molto stringenti previste dal Regolamento (UE) 2016/679 (GDPR) e dal Codice in materia di protezione dei dati personali (d.lgs. n. 196/2003). Tali dati rientrano tra le “categorie particolari” di dati personali, la cui raccolta e utilizzo è generalmente vietata, salvo in presenza di condizioni specifiche.

    In particolare, per essere lecito, il trattamento deve fondarsi su una norma di legge o su un contratto collettivo che lo autorizzi espressamente. Inoltre, devono essere previste adeguate misure di garanzia per tutelare i diritti e le libertà degli interessati. In assenza di tali presupposti normativi, come nel caso in esame, il trattamento risulta illecito anche se è effettuato con tecniche che non conservano direttamente l’immagine dell’impronta, ma ne creano un modello matematico (template) non riconducibile a dati fisici immediatamente visibili

    Il Garante ha ricordato che una norma del 2019 (art. 2 della legge 19 giugno 2019, n. 56) aveva ipotizzato l’introduzione generalizzata di sistemi biometrici nelle pubbliche amministrazioni, ma le relative disposizioni sono state abrogate dalla Legge di Bilancio 2021. Pertanto, attualmente non esiste alcuna norma che legittimi l’uso di impronte digitali per il controllo delle presenze nel settore pubblico.

    Esito del procedimento e sanzione

    A seguito dell’istruttoria, il Garante ha concluso che l’istituto scolastico ha violato i principi di “liceità, correttezza e trasparenza” nel trattamento dei dati biometrici, previsti dagli articoli 5, 6 e 9 del GDPR. Anche se l’istituto ha successivamente sospeso l’uso del sistema e cancellato i dati raccolti, la condotta è stata considerata comunque illecita.

    Il trattamento ha riguardato solo 34 persone e sono state offerte modalità alternative di registrazione, ma il Garante ha sottolineato la gravità dell’infrazione, data la natura dei dati trattati. 

    La sanzione pecuniaria è stata quindi fissata in 4.000 euro, ritenuti proporzionati ed efficaci come misura dissuasiva. È stata inoltre disposta la pubblicazione del provvedimento sul sito dell’Autorità, data la delicatezza della questione trattata e l’importanza di fornire un indirizzo chiaro in materia di protezione dei dati in ambito lavorativo. 

    Questo caso evidenzia come, anche in presenza di consenso da parte dei lavoratori, l’uso di tecnologie biometriche nei luoghi di lavoro debba essere fondato su basi giuridiche solide e rispettare pienamente la normativa europea e nazionale in materia di protezione dei dati personali. 

  • Assegni familiari e ammortizzatori sociali

    Naspi 2025: tutte le regole aggiornate

    Tra le modifiche presentate dal Governo  in extremis al disegno di legge di bilancio per il 2025, e poi entrate nel testo definitivo  (Legge 207/2024) una delle novità  di maggiore impatto  riguarda la NASpI, l'indennità di disoccupazione.

     E' stato inserito infatti un ulteriore requisito per gli eventi di disoccupazione verificatisi a partire dal 1° gennaio 2025 che rende piu difficile l'accesso .

    In base alla nuova normativa, in pratica  il lavoratore  che :

    • si dimette da una azienda oppure risolve consensualmente il rapporto di lavoro  e
    •  nei 12  mesi successivi viene assunto e licenziato da una seconda azienda,  prima di aver maturato almeno 13 settimane di contributi, NON  ha diritto alla NASpI.

    INPS ha fornito le istruzioni operative con la circolare 98 del 5 giugno 2025. Ecco tutte le indicazioni .

    La motivazione della modifica 2025

    L’obiettivo   della novità è contrastare comportamenti elusivi che spesso vedono lavoratori e datori di lavoro collaborare per simulare situazioni di disoccupazione involontaria al fine di accedere al sussidio. Lo testimonierebbero i dati Inps  sulle comunicazioni obbligatorie  che indicano un aumento di cessazioni volontarie  (che  come noto non danno diritto alla disoccupazione),   seguite da rioccupazioni temporanee con licenziamento, finalizzate esclusivamente a generare le condizioni  per il diritto alla NASpI. 

    Nella stessa ottica di limitazione dell'accesso alla Naspi la misura nel Collegato lavoro legge 203 2024,  sulle dimissioni per fatti concludenti, ovvero la risoluzione del rapporto di lavoro a carico del lavoratore in caso di assenze ingiustificate oltre i limiti previsti per contratto ( o  oltre i 15 giorni se il contatto non specifica la soglia massima) 

    Naspi, la norma originaria: stato di disocccupazione e requisiti

    La nuova norma è contenuta nel comma 171 modificativo dell'art. 3, c. 1 del D.Lgs. 22/2015  sui requisiti che un lavoratore disoccupato deve possedere per ottenere la NASPI, l''indennità di disoccupazione destinata ai lavoratori che perdono involontariamente il  lavoro

    Ricordiamo che  in tale articolo  originariamente la NASPI richiedeva:

    • Essere in stato di disoccupazione;
    • Aver maturato almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione.
    • aver accumulato 30 giornate di lavoro effettivo, indipendentemente dal minimale contributivo, nei 12 mesi antecedenti la disoccupazione. 

    L'ultimo  requisito è stato eliminato per gli eventi di disoccupazione verificatisi a partire dal 1° gennaio 2022, in seguito all'approvazione della Legge 234/2021 bilancio 2022. 

    Per quanto riguarda la definizione di “stato di disoccupazione”, si fa riferimento all'art. 19 del Dlgs 150/2015.

     In base a questa disposizione, una persona è considerata disoccupata se priva di impiego e se dichiara telematicamente, al sistema informativo delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità a svolgere attività lavorativa e a partecipare alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l'impiego.

    Naspi 2025: i nuovi requisiti secondo INPS

    Il 5 giugno INPS ha pubblicato nella circolare 98 le istruzioni sulla novità .

    Viene  ribadito che:

    •  il  nuovo requisito contributivo di 13 settimane maturate nell'intervallo tra i due periodi di lavoro  si applica solo a coloro che presentano domanda di NASpI per eventi di cessazione involontaria (licenziamento, scadenza contratto) successivi al 1° gennaio 2025 e che, nei 12 mesi precedenti, abbiano interrotto volontariamente un contratto a tempo indeterminato.

    Sono escluse da questa regola alcune specifiche casistiche, per le quali resta l’accesso ordinario alla NASpI:

    • Dimissioni per giusta causa, incluse quelle dovute a trasferimenti non giustificati da motivi tecnici, organizzativi o produttivi;
    • Dimissioni in periodo protetto per maternità o paternità (art. 55 D.lgs. n. 151/2001);
    • Risoluzioni consensuali nell’ambito della procedura di conciliazione (art. 7 Legge n. 604/1966);
    • Risoluzioni consensuali per rifiuto di trasferimento in sedi distanti oltre 50 km o raggiungibili in oltre 80 minuti con i mezzi pubblici.

    Si precisa inoltre che, mentre la cessazione volontaria deve riguardare un contratto a tempo indeterminato, la successiva cessazione involontaria può riferirsi anche a un contratto a tempo determinato.

    Requisito delle tredici settimane di contribuzione

    Nei casi descritti sopra, la normativa richiede che il lavoratore maturi almeno 13 settimane di contribuzione tra:

    • la data della cessazione volontaria (dimissioni o risoluzione consensuale),
    • e la data della cessazione involontaria per cui si richiede la NASpI.

    Questo periodo sostituisce il normale quadriennio di osservazione previsto per l’accertamento del requisito contributivo NASpI.

    Sono valide per il calcolo delle 13 settimane:

    • settimane retribuite con contribuzione sufficiente;
    • contributi figurativi per maternità obbligatoria (con condizione di contribuzione attiva al momento dell’astensione);
    • periodi di congedo parentale indennizzati in costanza di rapporto di lavoro;
    • periodi di lavoro in Paesi UE o convenzionati (totalizzabili);
    • assenze per malattia dei figli fino a 8 anni, nel limite di 5 giorni all’anno.

    Anche la contribuzione maturata nel settore agricolo può essere conteggiata, applicando le equivalenze specifiche (6 giornate lavorative agricole equivalgono a una settimana contributiva). In questi casi, resta applicabile la disciplina sulla prevalenza del settore lavorativo per l’accesso alla NASpI.

    L'istituto sottolinea che le novità introdotte non modificano né l’importo né la durata della NASpIi, che  continuano a essere determinati secondo gli articoli 4 e 5 del D.lgs. n. 22/2015 e le relative istruzioni attuative (in particolare la circolare INPS n. 94/2015).

    Il nuovo requisito riguarda esclusivamente i casi in cui vi sia stata una cessazione volontaria nei 12 mesi precedenti alla disoccupazione involontaria, e in tali casi è necessario dimostrare le tredici settimane di contribuzione tra i due eventi.

    Naspi 2025: nuove precisazioni sull’importo e tipo di contratto

    In un comunicato stampa del 23 giugno INPS è intervenuto nuovamente precisando che :

    •  mentre la cessazione volontaria per dimissioni o risoluzione consensuale deve riferirsi a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato,
    •  la successiva cessazione involontaria, per cui si richiede la prestazione NASpI, può riguardare sia un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che un rapporto di
    • lavoro a tempo determinato.

    Per quanto attiene all’aspetto strettamente contributivo  si considerano utili:

    • i contributi previdenziali, comprensivi della quota NASpI, versati durante il rapporto di lavoro subordinato;

    • i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria se all'inizio dell'astensione risulta già versata o dovuta contribuzione e i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;

    • i periodi di lavoro all’estero in Paesi comunitari o convenzionati ove sia prevista la possibilità di totalizzazione;

    • i periodi di astensione dal lavoro per malattia dei figli fino a 8 anni di età nel limite di cinque giorni lavorativi nell'anno solare.

    ATTENZIONE se  periodo  tra la data di cessazione volontaria del rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data di cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede la  sono presenti contributi nel settore agricolo, questi sono cumulabili  e quindi utili ai fini del perfezionamento del requisito delle tredici settimane di contribuzione.

    Infine l'istituto ribadisce che  le novità introdotte dalla legge di Bilancio si riferiscono esclusivamente al nuovo requisito delle tredici settimane di contribuzione  nel caso di una cessazione volontaria per dimissioni o risoluzione consensuale intervenuta nei dodici mesi precedenti la cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede

    la prestazione NASpI.

    Pertanto, la norma introdotta  non incide sulla determinazione della misura e  della durata della prestazione NASpI, il cui calcolo continua a essere effettuato secondo le disposizioni precedenti.

  • Inail

    Prestazioni per infortuni e malattie professionali 2025: istruzioni INAIL

    La rivalutazione delle prestazioni INAIL è un aggiornamento annuale previsto per garantire che rendite e indennizzi  INAIL in caso di infortuni e malattie professionali siano adeguati all’aumento del costo della vita.

    Il ministero del lavoro ha reso disponibile sul sito istituzionale il decreto 56 del 18 aprile 2025 con i valori aggiornati alla rivalutazione 2025 relativamente ai settori industria, navigazione lavoro domestico.

    Con la circolare 37 del 23 giugno 2025 INAIL fornisce ulteriori istruzioni  e le tabelle complete per tutti i settori delle retribuzioni convenzionali da prendere come riferimento per tutti i settori.

    Rivaluazione e importi 2025 per rendite, assegni e indennizzi INAIL

     Nel 2025 l’incremento applicato è pari a +1,0084 per le prestazioni esistenti, con aggiornamento anche dei limiti minimi e massimi di retribuzione per il calcolo delle nuove rendite.

    La retribuzione media giornaliera 2025 è stata fissata a 97,27 euro, mentre:

    • il limite minimo annuo è pari a 20.426,70 euro
    • il massimo annuo è pari a 37.935,30 euro
    • Per il personale del settore marittimo, i valori salgono fino a 54.626,83 euro per comandanti e capi macchinisti.

    Rendite per inabilità permanente

    Gli assegni mensili continuativi, aggiornati con il coefficiente di rivalutazione, vengono riliquidati secondo il grado di inabilità. 

    Ecco gli importi validi dal 1° gennaio 2025:

    Grado di inabilità Importo mensile (dal 1° gennaio 2025)
    Dal 50% al 59% € 377,46
    Dal 60% al 79% € 529,59
    Dall'80% all'89% € 983,27
    Dal 90% al 100% € 1.514,87
    100% + APC (assistenza personale continuativa) € 2.188,44

    Assegno per assistenza personale continuativa (APC)

    L’assegno mensile APC per inabilità gravi è stato aggiornato a 672,72 euro.

    Assegno una tantum in caso di morte

    L’indennizzo forfettario in caso di morte per infortunio o malattia professionale è stato aumentato a 12.342,84 euro.

    INAIL e infortuni domestici: cosa spetta nel 2025

    Anche per gli infortuni in ambito domestico sono stati aggiornati i riferimenti. 

    La retribuzione annua convenzionale, base per il calcolo delle rendite, è pari a 20.426,70 euro.

    Per i casi di inabilità permanente tra il 6% e il 15%, è previsto un assegno una tantum che passa da 337,41 euro a 395,00 euro.

    Settore agricoltura

    Nel settore agricoltura la retribuzione convenzionale annua per la liquidazione delle rendite è fissata in euro 30.834,394 .

    Nello specifico, gli importi da prendere in considerazione per ciascuna categoria di  lavoratori del settore agricoltura sono i seguenti:

    Lavoratori subordinati a tempo determinato – Retribuzione annua convenzionale :euro 30.834,39

    Lavoratori subordinati a tempo indeterminato –   Retribuzione effettiva compresa entro i limiti previsti per il settore industriale

    • minimo euro 20.426,70
    • massimo euro 37.935,30

    Lavoratori autonomi Retribuzione annua convenzionale: euro 20.426,705