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Si può licenziare chi fa un altro lavoro durante la malattia?
Il licenziamento del lavoratore dipendente che lavora presso terzi durante il periodo di malattia è stato piu volte affrontato dalla Corte di Cassazione con esiti non omogenei.
Nell'ultima pronuncia n. 1472/2024 del 15 gennaio 2024 ad esempio viene affermato che lo svolgimento di attività in periodo di assenza dal lavoro per malattia costituisce un illecito di pericolo e non di danno, nel senso che costituisce violazione sia quando provoca la mancata ripresa del lavoro, sia quando tale circostanza sia solo ipotetica cioè quando il comportamento del lavoratore sia da considerare "potenzialmente " pericoloso per la guarigione.
Nel caso specifico una lavoratrice, aveva lavorato come cameriera mentre era assente dal lavoro per lombalgia. Il suo ricorso contro il ilcenziamento era stato respinto sia in primo che in secondo grado in quanto i giudici hanno considerato il comportamento mancante di correttezza e buona fede in quanto l'attività violava il dovere fare il possibile per raggiungere una sollecita guarigione.
Nel ricorso in cassazione la lavoratrice affermava che la pronuncia della corte di appello non aveva tenuto in giusto conto il fatto che il suo rientro al lavoro era stato sollecito come da prognosi medica, il che dimostrava come i turni in pizzeria non avevano avuto conseguenze sul rapporto di lavoro principale.
La Suprema corte ha confermato la sentenza di appello ribadendo che il lavoratore in malattia deve astenersi da comportamenti che possano compromettere la corretta esecuzione dell’obbligazione principale del proprio contratto ovvero il rientro al lavoro . Inoltre si sottolinea che la sentenza dei giudici ha per oggetto la potenzialità del pregiudizio , aldilà dell'effettiva valutazione sui reali effetti della attività presso terzi, che eventualmente necessiterebbe di una consulenza medico legale "ex post".
Licenziamento per altra attività durante la malattia
Anche nella Sentenza n. 7641 del 19 marzo 2019 era stato confermato l’orientamento maggioritario secondo il quale il lavoratore sorpreso a lavorare per un’impresa terza durante un periodo di malattia può essere legittimamente licenziato, ma solo nel caso in cui tale attività lavorativa pregiudichi o rallenti la guarigione dallo stato morboso
Si trattava del licenziamento per giusta causa intimato ad A.R, per avere svolto, in periodo di assenza per infortunio per il quale erano prescritti cure e riposo , un'altra attività lavorativa consistita nella guida di automezzi e in operazioni di carico/scarico di cerchi in lega per autovetture.
I fatti contestati erano giunti a conoscenza della società attraverso un 'indagine investigativa, e avevano trovato conferma nelle dichiarazioni degli investigatori .
L consulenza d'ufficio disposta in primo grado aveva consentito di accertare la potenzialità dannosa del comportamento addebitato, tanto che il periodo di malattia si era protratto per molti giorni successivamente alla prima prognosi.
I giudici della Corte Suprema hanno quindi confermato la decisione della Corte d’Appello che si era espressa rilevando un inadempimento degli obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà e la violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede, per cui il recesso datoriale per giusta causa era giustificato anche a causa della mancanza di previsione nel contratto collettivo o del codice disciplinare
Licenziamento illegittimo con attività lavorativa durante la malattia
Orientamento opposto a quello sopracitato nella sentenza della Corte di Cassazione lavoro n. 4237 del 3 Marzo 2015.
In quel caso la corte ha affermato che non sussiste la giusta causa di licenziamento per il lavoratore che durante l’assenza per malattia svolge una attività lavorativa in favore di terzi se non è provato che abbia agito in maniera fraudolenta.
La Corte di Cassazione si è espressa precisando che non sussiste per il lavoratore assente per malattia un divieto assoluto di prestare, durante l’assenza, un’attività lavorativa in favore di terzi, purché questa non evidenzi una simulazione di infermità, oppure comporti una violazione del divieto di concorrenza o, ancora, comprometta la guarigione del lavoratore,.
Sono tali aspetti infatti ad implicare l’inosservanza del dovere di fedeltà imposto al prestatore d’opera e la legittimità della sanzione disciplinare massima.
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Fattura differita e fattura immediata: che differenza c’è?
La fattura differita, che costituisce di fatto un ripilogo di tutte le fatture emesse nei confronti di uno stesso soggetto, è un documento fiscale emesso in data diversa rispetto alla data della transazione.
Si tratta di una fattura che contiene tutte le operazioni eseguite nello stesso mese verso lo stesso clieto o fornitore.
La fattura immediata è il documento che si riferisce a una singola transazione, registrata al momento in cui è avvenuta.
Le due tipologie di fatture seguono anche una tempistica diversa di emissione, di seguito i dettagli.
Fattura elettronica differita: gli adempimenti
La fattura elettronica differita va emessa entro il giorno 15 del mese successivo rispetto alla data della transazione.
Essa si distingue per fattura relativa a:
- prestazione di beni,
- prestazioni di servizi.
Nel primo caso, sono richieste le seguenti informazioni specifiche:
- Codice fattura differita,
- Data di emissione,
- DDT (Documento di Trasporto).
Nel secondo caso la fattura riepilogativa dei servizi, invece del DDT, sarà necessario allegare una serie di documenti che attestino l’esecuzione della prestazione.
Fattura elettronica differita: i codici da usare
Il sistema SDI dell’Agenzia delle Entrate dal 2021 ha introdotto un codice TD specifico:
- TD24: per la cessione di prodotti, con allegato il DDT che attesti l’invio della merce o documento equiparato. Può anche essere utilizzato per indicare l’esecuzione di una prestazione di servizi.
- TD25: utilizzato esclusivamente per fatture elettroniche differite che prevedono cessioni di beni a un soggetto terzo da parte del cessionario tramite un proprio fornitore.
In merito alla data operazione, secondo la circolare 14/E/2019 dell’Agenzia delle Entrate, che conferma le direttive del Decreto IVA 633/72, è possibile inserire:
- a. la data di una delle transazioni, preferibilmente l’ultima eseguita nel corso del mese,
- b. l’ultimo giorno del mese.
- c. la data in cui viene effettuato l’invio tramite il sistema SDI.
Infine per quanto riguarda il DDT (Documento di Trasporto) esso, ricordiamolo, attesta il trasferimento di un bene dal venditore all’acquirente.
Il DDT va allegato in copia alla fattura, e un'altra copia dovrà essere consegnata all’acquirente dal trasportatore o inviata direttamente tramite posta elettronica.
Nella fattura differita sarà quindi sarà necessario inserire i DDT relativi alle varie fatture riepilogate nella differita.
Fattura differita e immediata: che differenza c'é?
Ricordando che la fattura differita TD24 (ai sensi dell'art 21 comma 4 lettera a) del Dpr 633/72) è prevista come deroga al principio generale prescritto dal primo periodo del comma 4 dell’articolo, si specifica essa non è alternativa rispetto alla fattura immediata TD01.
Il soggetto passivo potrà:
- fatturare entro 12 giorni dal momento di effettuazione delle operazioni e quindi emettere fattura TD01),
- oppure se dovesse decidere di fatturare oltre i 12 giorni dal momento dell’operazione, emettere un’unica fattura per tutte le operazioni poste in essere nel mese di riferimento. In tal caso dovrà emettere fattura differita (TD24) al massimo entro il giorno 15 del mese successivo a quello a cui si riferiscono le operazioni riportate in fattura..
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Dichiarazione IVA 2024: chi è esonerato?
Entro il 30 aprile è possibile inviare la Dichiarazione IVA 2024 anno d'imposta 2023.
Attenzione al fatto che, i soggetti che vogliono evitare l'invio della comunicazione LIPE del 4° trimestre 2023, possono effettuare la presentazione del modello Iva 2024 entro il 29 febbraio prossimo, con l'inclusione del quadro VP.
Dichiarazione IVA 2024: chi è esonerato?
Sono invece esonerati dalla presentazione della dichiarazione IVA i seguenti soggetti d’imposta:
- i contribuenti che per l’anno d’imposta abbiano registrato esclusivamente operazioni esenti di cui all’art. 10, nonché coloro che essendosi avvalsi della dispensa dagli obblighi di fatturazione e di registrazione ai sensi dell’art. 36-bis abbiano effettuato soltanto operazioni esenti. L’esonero non si applica qualora il contribuente abbia effettuato anche operazioni imponibili (ancorché riferite ad attività gestite con contabilità separata) ovvero se sono state registrate operazioni intracomunitarie o siano state eseguite le rettifiche di cui all’art. 19-bis2 ovvero siano stati effettuati acquisti per i quali in base a specifiche disposizioni l’imposta è dovuta da parte del cessionario (acquisti di oro, argento puro, rottami ecc.);
- i contribuenti che per tutto l’anno d’imposta si sono avvalsi del regime forfetario per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti e professioni previsto dall’art. 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, (vedi circolare n.32 del 5 dicembre 2023);
- i contribuenti che si avvalgono del regime fiscale di vantaggio per l’imprenditoria giovanile e lavoratori in mobilità previsto dall’art. 27, commi 1 e 2, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98;
- i produttori agricoli esonerati dagli adempimenti ai sensi dell’art. 34, comma 6;
- gli esercenti attività di organizzazione di giochi, di intrattenimenti ed altre attività indicate nella tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 640, esonerati dagli adempimenti IVA ai sensi dell’art. 74, sesto comma, che non hanno optato per l’applicazione dell’IVA nei modi ordinari (vedi Appendice alla voce: “Attività di intrattenimento e di spettacolo”);
- le imprese individuali che abbiano dato in affitto l’unica azienda e non esercitino altre attività rilevanti agli effetti dell’IVA (cfr. circolari n. 26 del 19 marzo 1985 e n. 72 del 4 novembre 1986);
- i soggetti passivi d’imposta nell’ipotesi di cui all’art. 44, comma 3, secondo periodo, del decreto-legge n. 331 del 1993, qualora abbiano effettuato nell’anno d’imposta solo operazioni non imponibili, esenti, non soggette o comunque senza obbligo di pagamento dell’imposta
- i soggetti che hanno esercitato l’opzione per l’applicazione delle disposizioni recate dalla legge 16 dicembre 1991, n. 398, esonerati dagli adempimenti IVA per tutti i proventi conseguiti nell’esercizio di attività commerciali connesse agli scopi istituzional;
- i soggetti domiciliati o residenti fuori dall’Unione europea, non identificati in ambito comunitario, che si sono identificati ai fini dell’IVA nel territorio dello Stato con le modalità previste dall’art. 74-quinquies per l’assolvimento degli adempimenti relativi a tutti i servizi resi a committenti, non soggetti passivi d’imposta;
- i raccoglitori occasionali di prodotti selvatici non legnosi di cui alla classe ATECO 02.30 e i raccoglitori occasionali di piante officinali spontanee ai sensi dell’art. 3 del decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 75, che nell’anno solare precedente hanno realizzato un volume d’affari non superiore ad euro 7.000 (art. 34-ter).
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Eliminazione barriere architettoniche: spetta la detrazione al 75% per gli infissi?
Con una FAQ del 5 febbraio le Entrate confermano quanto previsto dal DL n 212/2023 sul bonus barriere architettoniche.
In particolare, si replica ad un contribuente che domandava: È vero che se sostituisco gli infissi non posso più richiedere la detrazione del 75% prevista per eliminare le barriere architettoniche?
La risposta è affermativa, la detrazione del 75% non potrà più essere richiesta per altre tipologie di lavori, compresi quelli di automazione degli impianti degli edifici e delle singole unità immobiliari.
Leggi anche Bonus barriere architettoniche: stop alle detrazioni per infissi e bagni
Detrazione 75% eliminazione barriere architettoniche: spetta per gli infissi?
Le entrate specificano che, con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 212/2023 art 3 la detrazione del 75% per i lavori finalizzati al superamento e all’eliminazione di barriere architettoniche prevista dall'art 119 ter del decreto legislativo n. 34/2020, spetta soltanto per la realizzazione in edifici già esistenti di interventi riguardanti esclusivamente scale, rampe, ascensori, servoscala e piattaforme elevatrici.
la medesima non potrà più essere richiesta per altre tipologie di lavori, compresi quelli di automazione degli impianti degli edifici e delle singole unità immobiliari.
Inoltre, le nuove regole prevedono l’obbligo di effettuare il pagamento con bonifico parlante e quello di richiedere l’asseverazione a tecnici abilitati per attestare che i lavori effettuati rispettano i requisiti previsti dal decreto n. 236/1989.Bonus barriere architettoniche: importi massimi per la detrazione
Le Entrate evidenziano inoltre che, dopo il DL n 212/2023, restano invariati gli importi massimi su cui calcolare la detrazione:
- 50.000 euro per gli edifici unifamiliari o per le unità immobiliari situate all’interno di edifici plurifamiliari
- 40.000 euro, moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, per gli edifici composti da due a otto unità immobiliari
- 30.000 euro, moltiplicati per il numero delle unità immobiliari che compongono l’edificio, per gli edifici composti da più di otto unità immobiliari.
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Testimonianza Processo Tributario: come si presenta?
Nel corso dell’ultimo Telefisco 2024 il Dipartimento della Giustizia tributaria del MEF ha chiarito che, fino a che non sarà adottato l’apposito decreto ministeriale, con cui verrà varato il modello di testimonianza scritta per il processo tributario, sarà utilizzabile il diverso modello previsto dal Codice di procedura civile (art. 257-bis e art. 103-bis delle relative disposizioni attuative) e dal DM 17.02.2010.
Il tutto, evidentemente, pur con le modifiche del caso, come ad esempio riferimenti della Corte di Giustizia Tributaria che ha ammesso la prova testimoniale nel contenzioso in corso.
Testimonianza Processo Tributario: come si presenta?
Si ricorda in proposito che l’art. 1, comma 1, lettera a) del D.Lgs 220/2023, di riforma del processo tributario, è intervenuto anche sulla disposizione del D.Lgs 546/1992 (art. 7, comma 4), in tema di testimonianza nel processo tributario.
E lo ha fatto stabilendo innanzitutto la facoltà di notifica in via telematica dell’intimazione e del modulo di deposizione testimoniale, nonché di deposito in via telematica del modulo di deposizione sottoscritto dal testimone con firma digitale.
Nello specifico viene oggi previsto, in deroga alle previsioni attuative del codice civile, che il testimone munito di firma digitale può:
- rendere la testimonianza su un apposito modulo, che sarà scaricabile sul sito del Dipartimento della Giustizia tributaria non appena introdotto dal DM illustrato in precedenza, e
- sottoscriverlo in ogni sua parte apponendo la firma digitale, con successivo deposito telematico da parte del difensore della parte che ha reso la testimonianza.
In proposito la relazione illustrativa al Decreto evidenzia che il deposito tramite il difensore della parte che ha citato il testimone si rende necessario in quanto il testimone non ha accesso al SIGIT (ossia al “Portale del processo tributario telematico” – PTT).
Al di là delle recenti novità, l’art. 7 del D.Lgs 546/1992 – che disciplina i poteri delle Corti di giustizia tributaria di primo e secondo grado – prevede al comma 4 che non sia ammesso il giuramento e che la Corte, ove lo ritenga necessario, possa ammettere la prova testimoniale (da effettuarsi comunque in forma scritta) nonché infine che, ove la pretesa tributaria si fondi su verbali o altri atti facenti fede fino a querela di falso, la prova sia ammessa soltanto su circostanze di fatto diverse da quelle attestate dal pubblico ufficiale.
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Attività Enoturismo e Oleoturismo: quale regime nella dichiarazione IVA 2024?
La legge di bilancio 2018 (art.1 commi 502-505 L. 205/2017) ha introdotto per l'attività enoturistica la possibilità di determinare l'IVA in maniera forfettaria.
La legge di bilancio 2020 (art.1 commi 513 e 514 Legge 160/2019) ha esteso analoga disciplina anche all'attività oleoturistica.
Vediamo le ripercussioni nella compilazione della dichiarazione IVA 2024 riferita al periodo di imposta 2023.
Prima di dettagliare ricordiamo però che l'Agenzia delle Entrate ha recentemente pubblicato il Provvedimento con le regole e il modello di dichiarazione IVA 2024 da presentare tra il 1 febbraio e il 30 aprile 2024.
Attenzione al fatto che per le attività onoturistiche ed oleoturistiche nel modello di dichiarazione IVA 2024 è stata introdotta la casella di revoca dell''opzione del regime speciale IVA.
Attività di enoturismo e dichiarazione IVA 2024
L'imposta dovuta si determina per differenza applicando la detrazione forfetaria del 50% all’imposta relativa alle operazioni imponibili:
- registrate
- soggette a registrazione nel periodo.
Il sistema di determinazione forfetaria dell’imposta è previsto anche agli effetti delle imposte sui redditi.
Ovviamente, resta ferma la possibilità per i contribuenti che non vogliano determinare forfetariamente l’imposta dovuta di comunicare l’apposita opzione in sede di dichiarazione IVA relativa all’anno in cui la scelta è stata operata al rigo VO35 della dichiarazione IVA 2024. Ricordiamo che l’opzione è vincolante per un triennio ed è valida fino a revoca

Attività di oleoturistica e dichiarazione IVA 2024
Come prima l'imposta dovuta si determina per differenza applicando la detrazione forfetaria del 50% all’imposta relativa alle operazioni imponibili:
- registrate,
- soggette a registrazione nel periodo.
Il sistema di determinazione forfetaria dell’imposta è previsto anche agli effetti delle imposte sui redditi.
Ovviamente, anche in questo caso, nella dichiarazione IVA 2024 è possibile per chi effettua attività oleoturistica e, che hanno optato per la detrazione dell’IVA e per la determinazione del reddito nei modi ordinari e comunicano, pertanto, di non essersi avvalsi della determinazione forfetaria dell’imposta prevista dall’art. 5, della legge 30 dicembre 1991, n. 413.
L’opzione è vincolante per un triennio ed è valida fino a revoca. In questo caso deve essere compilato il rigo VO36.

Attività di enoturismo: quali sono
Si ricorda che le linee guida e indirizzi sono stati definiti con decreto del Ministero delle Politiche agricole, alimentari, forestali e del turismo del 12 marzo 2019) in base al quale sono considerate attività enoturistiche tutte le attività formative ed informative rivolte alle produzioni vitivinicole del territorio e la conoscenza del vino, con particolare riguardo alle indicazioni geografiche ( DOP, IGP ) nel cui areale si svolge l'attività, quali, a titolo esemplificativo,
- le visite guidate ai vigneti di pertinenza dell'azienda, alle cantine,
- le visite nei luoghi di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione della vite, della storia e della pratica dell'attività vitivinicola ed enologica in genere;
- le iniziative di carattere didattico, culturale e ricreativo svolte nell'ambito delle cantine e dei vigneti, ivi compresa la vendemmia didattica;
- le attività di degustazione e commercializzazione delle produzioni vitivinicole aziendali, anche in abbinamento ad alimenti, da intendersi quali prodotti agro-alimentari freddi preparati dall'azienda stessa, anche manipolati o trasformati, pronti per il consumo e aventi determinati requisiti.
Inoltre, il decreto fermi i requisiti generali, anche di carattere igienico-sanitario e di sicurezza, previsti dalla normativa vigente, prevede determinati requisiti e standard di servizio per gli operatori che svolgono attività enoturistiche:
- apertura settimanale o anche stagionale di un minimo di tre giorni, all'interno dei quali possono essere compresi la domenica, i giorni prefestivi e festivi;
- strumenti di prenotazione delle visite, preferibilmente informatici;
- cartello da affiggere all'ingresso dell'azienda che riporti i dati relativi all'accoglienza enoturistica, ed almeno gli orari di apertura, la tipologia del servizio offerto e le lingue parlate;
- sito o pagina web aziendale;
- indicazione dei parcheggi in azienda o nelle vicinanze;
- materiale informativo sull'azienda e sui suoi prodotti stampato in almeno tre lingue, compreso l''italiano;
- esposizione e distribuzione del materiale informativo sulla zona di produzione, sulle produzioni tipiche e locali con particolare riferimento alle produzioni con denominazione di origine sia, in ambito vitivinicolo che agroalimentare, sulle attrazioni turistiche, artistiche, architettoniche e paesaggistiche del territorio in cui e' svolta l'attività enoturistica;
- ambienti dedicati e adeguatamente attrezzati per l'accoglienza e per la tipologia di attività in concreto svolte dall'operatore enoturistico;
- personale addetto dotato di competenza e formazione, anche sulla conoscenza delle caratteristiche del territorio, compreso tra il titolare dell'azienda o i familiari coadiuvanti, i dipendenti dell'azienda ed i collaboratori esterni;
- l'attività di degustazione del vino all'interno delle cantine deve essere effettuata con calici in vetro o altro materiale, purché non siano alterate le proprietà organolettiche del prodotto;
- svolgimento delle attività di degustazione e commercializzazione da parte di personale dotato di adeguate competenze e formazione, compreso tra: titolare dell'azienda o familiari coadiuvanti; dipendenti dell'azienda e collaboratori esterni.
Attività di oleoturismo: quali sono
Con il termine "oleoturismo" si intendono
- tutte le attività di conoscenza dell'olio d'oliva espletate nel luogo di produzione,
- le visite nei luoghi di coltura, di produzione o di esposizione degli strumenti utili alla coltivazione dell'ulivo,
- la degustazione e la commercializzazione delle produzioni aziendali dell'olio d'oliva, anche in abbinamento ad alimenti,
- le iniziative a carattere didattico e ricreativo nell'ambito dei luoghi di coltivazione e produzione.
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Credito IVA soc. non operativa: quando si può rigenerare?
Con Risposta a interpello n 10 del 17 gennaio le Entrate trattano il caso di una società considerata non operativa in un periodo di imposta in cui aveva richiesto in compensazione un credito risultante dalla Dichiarazione IVA annuale.
L'istante chiede «come possa ricostituire il credito IVA tramite il pagamento rateale di cui al piano di ammortamento».
Credito IVA soc. non operativa: quando si può rigenerare?
Nel caso di specie la società ha chiesto chiarimenti in merito all'utilizzo in compensazione dell'eccedenza IVA a credito per le società che non hanno superato il ''test di operatività'' di cui all'articolo 30 della legge 23 dicembre 1994, n. 724
La società riceveva un avviso di accertamento dall'Agenzia delle Entrate avente ad oggetto la restituzione di un rimborso IVA pari a € 140.000,00, sulla base dei presupposti di mancata operatività di cui all'art. 30, legge 724/1994.
A fronte della richiesta, l'istante provvedeva a presentare istanza di rateizzazione, ottenendo la suddivisione del pagamento in n. 72 rate mensili.
Ai fini dell'utilizzo del credito IVA l'istante riferisce di essere risultata operativa nel 2011e pertanto, il credito IVA di € 140.000,00, una volta ratealmente restituito, non è da considerarsi perduto e può essere liberamente utilizzato.
Ciò premesso, essa chiede «come possa ricostituire il credito IVA tramite il pagamento rateale di cui al piano di ammortamento».
In sintesi le entrate replicano che il credito IVA risultante dalla dichiarazione annuale chiesto a rimborso e successivamente contestato dall’Amministrazione finanziaria per mancanza dei presupposti di operatività può essere “rigenerato”, previa restituzione integrale di quanto rimborsato, nel caso in cui, nelle annualità successive, il contribuente sia risultato congruo e coerente ai fini degli Studi di settore.
L'agenzia sottolinea che nel caso di specie, per stessa ammissione dell'istante, con riferimento al triennio 2009-2011, la società è risultata non operativa per soli i periodi d'imposta 2009 e 2010 e non anche per il 2011, ricorrendo una delle cause di «esclusione/disapplicazione della normativa dell'art. 30, legge n. 724/1994 la stessa è infatti risultata congrua e coerente «ai fini degli studi di settore (cod. 11), come si evince dalla dichiarazione Mod. Unico SP 2012.
Si tratta, in particolare, spiega l'agenzia, dell'esimente prevista dall'articolo 30, comma 1, n. 6sexies), che opera ex lege, nel senso che, in presenza di [una o più cause di esclusione ndr], in ogni caso ed indipendentemente dal reddito conseguito, la società non potrà considerarsi ''non operativa'', senza che il contribuente debba fornire alcuna prova contrari.
Il ricorrere, per il 2011, della causa di esclusione sopra indicata, comporta, altresì, il venir meno di uno dei presupposti per la perdita definitiva del credito IVA maturato.
Nel presupposto, dunque, dell'effettivo ricorrere di una causa di esclusione e dell'effettiva esistenza del credito IVA in commento, si ritiene che l'istante possa rigenerare il credito IVA oggetto di recupero, previo riversamento delle 72 rate mensili.
Credito IVA soc. non operativa: il rigo VL40 del Modello IVA
Le entrate inoltre sottolineano che, nelle Istruzioni per la compilazione del Modello IVA 2023 (cosa confermata dal Modello IVA 2024 appena pubblicato), con riferimento al Rigo VL40, viene chiarito che è possibile «indicare l'ammontare corrispondente al credito riversato, al netto delle somme versate a titolo di sanzione e interessi, qualora nel corso del periodo d'imposta oggetto della presente dichiarazione siano state versate somme richieste con appositi atti di recupero emessi a seguito dell'indebito utilizzo in compensazione di crediti esistenti ma non disponibili (ad es. utilizzo in compensazione del credito IVA in mancanza del visto di conformità previsto dall'art. 10, comma 1, lett. a), n. 7, del decreto legge n. 78 del 2009). Attraverso tale esposizione, la validità del credito oggetto di riversamento viene rigenerata ed equiparata a quella del credito formatosi nel periodo d'imposta relativo alla presente dichiarazione».
Pertanto si ritiene che, limitatamente alle somme rateali effettivamente pagate ogni anno, l'istante possa indicare, nel rigo VL40 della dichiarazione IVA annuale, la quota di credito IVA così ''ripristinata'', che confluirà in tal modo nel quadro VX, ove sarà possibile chiederne il rimborso, sussistendo le condizioni enucleate dall'articolo 30 del decreto IVA ovvero destinarlo in detrazione e/o in compensazione.
L'utilizzo del credito resta, in ogni caso, subordinato alla preventiva esposizione nella dichiarazione annuale.
Ciò, ancor di più nel caso di specie, ove il riversamento del credito è eseguito non mediante il modello F24, ma utilizzando bollettini/moduli di pagamento o mediante addebito diretto su conto corrente.
In tale evenienza, sarà peraltro essenziale che l'istante conservi la documentazione relativa ai versamenti eseguiti, al fine di poterla esibire all'ufficio nel caso in cui emergano anomalie in sede di controllo.
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