• Accertamento e controlli

    Pignoramento presso terzi: cosa cambia con il Decreto PNRR

    Il DL n. 19 pubblicato in GU n. 52 del 2 marzo noto come Decreto PNRR prevede novità per il pignoramento presso terzi.

    Nel dettaglio l'art. 25 del DL introduce cambiamenti relativi al codice di procedura civile,  di cui al regio decreto  28 ottobre 1940, n. 1443, e tra le principali si evidenziano quelle intervenute sui seguenti articoli:

    • art. 546 sugli obblighi del terzo,
    • viene introdotto l'art. 551 bis su efficacia del pignoramento di crediti del debitore verso terzi.

    Per le altre modifiche si rimanda al testo integrale dell'art. 25 in oggetto.

    Pignoramento presso terzi: principali novità 2024

    L’articolo 25 del decreto n. 19/2024 in vigore dal 2 marzo, ha introdotto una riforma sostanziale all’articolo 546, primo comma, stabilendo che: dal giorno in cui gli è notificato l'atto di pignoramento (previsto nell'articolo 543), il terzo è soggetto agli obblighi che la legge impone al custode relativamente alle cose e alle somme da lui dovute:

    • nei limiti dell'importo del credito precettato aumentato di 1.000,00 euro per i crediti fino a 1.100,00 euro,
    • di 1.600,00  euro per i crediti da 1.100,01 euro fino a 3.200,00 euro 
    • e della metà per  i crediti superiori a 3.200,00 euro.

    Inoltre, è stato introdotto un nuovo articolo, il 551-bis, che disciplina l’efficacia del pignoramento dei crediti del debitore verso terzi. 

    Inserendo dopo l'articolo 551, il 551 bis, si prevede che salvo che sia già stata pronunciata l'ordinanza di assegnazione delle somme o  sia già intervenuta l'estinzione o la chiusura  anticipata  del  processo  esecutivo,  il pignoramento di crediti del  debitore verso terzi perde efficacia decorsi dieci anni dalla notifica al terzo del pignoramento o della dichiarazione di interesse di cui al secondo comma.
    Al fine di conservare l'efficacia del  pignoramento, nei due anni antecedenti alla scadenza del termine decennale di cui al  primo comma il creditore pignorante o il creditore intervenuto a norma dell'articolo 525 può notificare a tutte le parti e al terzo una dichiarazione di interesse al mantenimento del vincolo pignoratizio.

    La dichiarazione contiene:

    • l'indicazione della data di notifica del pignoramento, 
    • dell'ufficio giudiziario innanzi al quale è pendente la procedura esecutiva, delle  parti,  
    • del titolo esecutivo e del numero di  ruolo della procedura, 
    • nonché l'attestazione che il credito persiste. 

    Se la dichiarazione di interesse è notificata  dal creditore intervenuto, la stessa contiene anche la data  di deposito dell'atto di intervento. 

    La dichiarazione di interesse è depositata nel fascicolo dell'esecuzione, a pena di  inefficacia  della  stessa, entro dieci giorni dall'ultima  notifica.  

    Se il pignoramento è eseguito nei confronti di più terzi, l'inefficacia del medesimo si produce solo nei  confronti  dei terzi rispetto ai quali non è notificata e depositata la dichiarazione di interesse.
    In mancanza della notifica della dichiarazione di interesse il terzo è liberato dagli obblighi previsti dall'articolo 546 decorsi sei mesi dalla scadenza del  termine di efficacia del pignoramento previsto dal primo comma.

    Il processo esecutivo si estingue di diritto decorsi dieci anni dalla  notifica al  terzo del  pignoramento o della   successiva dichiarazione di interesse o, se i terzi sono più, dall'ultima delle notifiche ai medesimi.
    Leggi: Pignoramento presso terzi: quali omissioni lo rendono inefficace per ulteriori approfondimenti.

  • Contribuenti minimi

    Docente ripetizioni private: come viene tassato

    Con l'interpello n 63 dell'8 marzo le Entrate specificano che il regime forfettario e il regime speciale per i docenti titolari di cattedra che impartiscono anche lezioni private sono incompatibili.

    L'agenzia replica ad un instante, titolare anche di PIVA, che però intende chiudere, che domanda se in base a quanto previsto dall'articolo 1, commi da 13 a 16, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, per le quali è prevista l'applicazione di un'imposta sostitutiva del 15 per cento sui compensi derivanti dallo svolgimento di lezioni private da parte di docenti titolari di cattedra, sia dovuta solo la tassazione diretta del 15 per cento sui compensi.

    L'agenzia, nel fornire chiarimenti, dissente con l'istante che intende chiudere PIVA, ritenendolo non obbligatoria ne suo caso e specifica come debba essere tassato l'insegnante titolare di cattedra che impartisce lezioni private e i relativi adempimenti.

    Docente ripetizioni private: come viene tassato

    Le entrate ricordano che l'articolo 1 della legge 30 dicembre 2018, n. 145 (legge di bilancio 2019), dispone che a decorrere dal 1° gennaio 2019, ai compensi derivanti dall'attività di lezioni private e ripetizioni, svolta dai docenti titolari di cattedre nelle scuole di ogni ordine e grado, si applica un'imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e   delle addizionali regionali e comunali con l'aliquota del 15 per cento, salva opzione per l'applicazione dell'imposta sul reddito nei modi ordinari.

    I dipendenti  pubblici che  svolgono  l'attività  di insegnamento a titolo privato comunicano all'amministrazione di appartenenza l'esercizio di attività extra­professionale didattica ai fini della verifica di eventuali situazioni di incompatibilità. 

    In merito all'applicazione di tale regime agevolativo sono stati forniti chiarimenti con la circolare n. 8/E del 10 aprile 2019, paragrafo 1.8, nella quale è stato precisato che  le  somme tassate con l'imposta sostitutiva  non concorrono  alla formazione del reddito  complessivo, né  rilevano, in assenza di una specifica diversa disposizione, ai fini del riconoscimento  e della determinazione di detrazioni, deduzioni e altre agevolazioni fiscali. 

    I redditi soggetti a imposta sostitutiva rilevano, invece, ai fini della determinazione della situazione economica equivalente (ISEE). 

    È possibile optare per l'applicazione dell'imposta sul reddito nei modi ordinari. 

    Come enunciato chiaramente nel testo legislativo, tali disposizioni prevedono un regime ''speciale'' di carattere sostitutivo ai fini della tassazione del reddito, basato sulla applicazione di un'imposta sostitutiva del 15 per cento sui compensi derivanti dall'attività di lezioni private e ripetizioni in luogo di quella ordinaria. 

    Detta  normativa,  dunque,  non  dispone in  ordine ai  presupposti e agli  obblighi previsti dalla disciplina dell'imposta sul valore aggiunto, per la quale restano applicabili le  regole  ordinarie.  

    Al  riguardo, l'agenzia ricorda che ai  fini dell'applicazione dell'imposta occorre verificare la sussistenza dei presupposti soggettivo, oggettivo e territoriale recati dall'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica del 26 ottobre 1972, n. 633, ai sensi del quale l'Iva «si applica alle prestazioni di servizi da chiunque effettuate nel territorio dello Stato nell'esercizio di arti e professioni»

    Ai sensi dell'articolo 3 del d.P.R. n. 633 del 1972 costituiscono «prestazioni di servizi le prestazioni verso corrispettivo dipendenti da contratti d'opera, appalto, trasporto, mandato, spedizione, agenzia, mediazione, deposito e in genere da obbligazioni di fare, di non fare e di permettere quale ne sia la fonte».

    Lo  svolgimento di  lezioni private verso corrispettivo, pertanto, integra  il presupposto oggettivo per l'applicazione dell'imposta. 

    Più precisamente, l'articolo 10, primo comma, n. 20) del d.P.R. n. 633 del 1972 prevede che sono esenti da Iva «le lezioni relative a materie scolastiche e universitarie impartite da insegnanti a titolo personale».

    Assunti il presupposto territoriale e quello oggettivo, ai fini che qui rilevano, si evidenzia che quanto al presupposto soggettivo l'articolo 5 del medesimo d.P.R. prevede che per «esercizio di arti e professioni si intende l'esercizio per professione abituale, ancorché non esclusiva, di qualsiasi attività di lavoro autonomo da parte di persone fisiche […]». L'abitualità presuppone che il soggetto ponga in essere  con regolarità, sistematicità  e  ripetitività una  pluralità di  atti economici  coordinati  e  finalizzati  al conseguimento di uno scopo, con esclusione delle sole ipotesi in cui gli stessi siano posti in essere in via meramente occasionale; la sussistenza di tale requisito presuppone una valutazione di fatto, da effettuare in relazione al caso concreto.

    Si precisa, inoltre, che il regime ''speciale'' e quello ''forfetario'' non sono tra loro compatibili. 

    L'articolo 1, comma 57, infatti, dispone che non «possono avvalersi del regime forfetario: a) le persone fisiche che si avvalgono di regimi speciali ai fini dell'imposta sul valore aggiunto o di regimi forfetari di determinazione del reddito». 

    Ciò  posto,  nella  fattispecie  in esame appare  rilevante la circostanza che l'Istante abbia operato nello svolgimento della propria attività di docenza ''abitualmente'' con apertura di partita Iva e dichiari che è sua intenzione, anche dopo l'assunzione come docente statale, continuare a farlo con ''regolarità'' svolgendo ''5/6 lezioni a settimana''. 

    Pertanto, realizzandosi il requisito della ''abitualità'', l'Istante dovrà mantenere la partita Iva e valutare se: ­

    • continuare ad applicare il regime ''forfetario'' di cui alla legge n. 190 del 2014, con tassazione del reddito, ai fini Irpef, con l'aliquota del 15 per cento, senza applicazione dell'Iva, ma con obbligo di fatturazione,
    • in alternativa, ­applicare il regime ''speciale'' di cui alla legge n. 145 del 2018, con applicazione dell'imposta  sostitutiva  Irpef  del  15  per  cento  sui  compensi  derivanti  dall'attività  di lezioni private e ripetizioni, con obbligo di fatturazione, in regime di esenzione ai sensi dell'articolo 10, n. 20), del d.P.R. n. 633 del 1972 (salva l'opzione per dispensa degli adempimenti ai sensi ex articolo 36­bis del d.P.R. n. 633 del 1972) 

    Allegati:
  • Agricoltura

    Giovani imprenditori agricoli: il credito d’imposta formazione

    Il Ddl approvato definitivamente dal Parlamento in data 28 febbraio e atteso il GU prevede diverse misure a sostegno del comparto giovanile dell'agricoltura.

    In dettaglio, il disegno di legge riguarda la promozione e lo sviluppo dell'imprenditoria giovanile nel settore agricolo e mira a sostenere l'insediamento e la permanenza dei giovani in agricoltura, prevedendo misure specifiche come:

    • la creazione di un fondo per il primo insediamento,
    • agevolazioni fiscali, 
    • crediti d'imposta per la formazione.

    L'intento è rilanciare il settore agricolo favorendo il ricambio generazionale e rispettando la normativa dell'Unione Europea.

    Vediamo il credito di imposta per la formazione.

    Ddl imprenditorialità agricola giovanile: credito per la formazione

    Il credito di imposta per la formazione, come descritto nell'articolo 6 del disegno di legge, prevede la concessione di un credito di imposta pari all'80% delle spese sostenute e documentate per la partecipazione a corsi di formazione relativi alla gestione dell'azienda agricola. 

    Le condizioni sono le seguenti:

    • l'agevolazione è rivolta ai giovani imprenditori agricoli che hanno iniziato la propria attività a partire dal 1° gennaio 2021,
    • il limite massimo annuale del credito d'imposta è fissato a 2.500 euro.,

    è prevista una copertura degli oneri derivanti da credito d'imposta per l'anno 2024 fino a un limite massimo di 2 milioni di euro, attraverso una corrispondente riduzione del Fondo per interventi strutturali di politica economica.

  • Lavoro Dipendente

    Detassazione premi di risultato 2024: Circolare n 5 ADE sul welfare

    Con la Circolare n 5 del 7 marzo le Entrate chiariscono diversi aspetti del welfare aziendale.

    Tra i chiarimenti al paragrafo 3,1 la Circolare tratta la Detassazione dei premi di risultato –(Articolo 1, comma 18, della legge di bilancio 2024 L’articolo 1, comma 18, della legge di bilancio 2024)

    Detassazione premi di risultato: imposta sostitutiva al 5%

    L’articolo 1, comma 18, della legge di bilancio 2024 prevede, per i premi e le somme erogati nell’anno 2024, la riduzione dal 10 al 5 per cento dell’aliquota dell’imposta sostitutiva sui premi di risultato e di partecipazione agli utili d’impresa prevista dall’articolo 1, comma 182, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (legge di stabilità 2016)

    Tale disposizione ripropone, anche per l’anno d’imposta 2024, la riduzione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva relativa ai premi di produttività già introdotta, per il periodo d’imposta 2023, dall’articolo 1, comma 63, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 (legge di bilancio 2023).

    L’articolo 1, commi da 182 a 189, della legge di stabilità 2016 disciplina l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali nella misura del 10 per cento sui premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, misurabili e verificabili sulla base dei criteri definiti con  il decreto di cui al comma 188, nonché sulle somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa. 

    L’imposta sostitutiva, in vigore dal 2016, si applica, fino a un importo di euro 3.000 lordi (comma 182), al premio in denaro erogato ai lavoratori dipendenti del settore privato in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali (comma 187), con un reddito da lavoro, nell’anno precedente a quello di percezione, non superiore a euro 80.000 (comma 186), in conseguenza di incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione come definiti nel decreto interministeriale del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze 25 marzo 201622 , nonché alle somme elargite sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

    Considerato che la nuova disposizione prevede solo la riduzione dell’aliquota dell’imposta sostitutiva applicabile, si ritiene che alla stessa possano applicarsi le istruzioni già fornite con le circolari n. 23/E del 2023, 29 marzo 2018, n. 5/E, e 15 giugno 2016, n. 28/E, cui si rinvia per ulteriori approfondimenti.

    Allegati:
  • Dichiarazione 730

    Credito di imposta riacquisto prima casa: indicarlo nel 730/2024

    Il credito di imposta per il riacquisto prima casa spetta a chi vende l’abitazione acquistata con le agevolazioni prima casa e, entro un anno, ne compra un’altra in presenza delle condizioni per usufruire dei benefici “prima casa”.

    Il credito d’imposta a cui si ha diritto è pari all’imposta di registro o all’Iva pagata per il primo acquisto agevolato.

    730/2024: credito di imposta riacquisto prima casa

    Se il contribuente intende fruirne in dichiarazione, deve compilare: il rigo G1 nel Modello 730/2023 del quadro G Crediti di imposta.

    Nel Rigo G1 – Credito d’imposta per il riacquisto della prima casa: deve essere compilato dai contribuenti che hanno maturato un credito d’imposta a seguito del riacquisto della prima casa.
    Questo rigo non deve essere compilato da coloro che hanno già utilizzato il credito di imposta:

    • per ridurre l’imposta di registro dovuta sull’atto di acquisto agevolato che lo determina;
    • per ridurre le imposte di registro, ipotecarie e catastali, oppure le imposte sulle successioni e donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito.

    Colonna 1 (Residuo precedente dichiarazione): riportare il credito d’imposta per il riacquisto della prima casa che non ha trovato capienza nell’imposta che risulta dalla precedente dichiarazione, indicato nel rigo 131 del prospetto di liquidazione (Mod. 730-3) del mod. 730/2023, o nel rigo RN47, col. 11, del Mod. REDDITI PF 2023.

    Per individuare le condizioni per fruire dei benefici sulla prima casa si rimanda alle informazioni contenute nelle “Guide fiscali” reperibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it.

    Colonna 2 (Credito anno 2023): indicare il credito d’imposta maturato nel 2023. L’importo del credito è pari all’imposta di registro o all’IVA pagata per il primo acquisto agevolato; in ogni caso questo importo non può essere superiore all’imposta di registro o all’IVA dovuta in relazione al secondo acquisto.

    Il credito d’imposta spetta quando ricorrono le seguenti condizioni:

    • l’immobile è stato acquistato usufruendo delle agevolazioni prima casa, nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2023 e la data di presentazione della dichiarazione dei redditi;
    • l’acquisto è stato effettuato entro un anno dalla vendita di un altro immobile acquistato usufruendo delle agevolazioni prima casa oppure se la vendita dell’altro immobile acquistato usufruendo dell’agevolazione prima casa è effettuata entro un anno dall’acquisto della nuova prima casa. È stata disposta la sospensione, nel periodo compreso tra il 23 febbraio 2020 e il 30 ottobre 2023, dei termini per effettuare gli adempimenti previsti ai fini del mantenimento del beneficio ‘prima casa’ e ai fini del riconoscimento del credito d’imposta per il riacquisto della ‘prima casa’. I predetti termini sospesi hanno iniziato a decorrere o hanno ripreso a decorrere dal 31 ottobre 2023. Tale sospensione si è resa necessaria allo scopo di impedire la decadenza dal beneficio, attese le difficoltà nella conclusione delle compravendite immobiliari e negli spostamenti delle persone, dovute all’emergenza epidemiologica da COVID-19;
    • i contribuenti interessati non sono decaduti dal beneficio prima casa.

    Si precisa che il credito d’imposta spetta anche a coloro che hanno acquistato l’abitazione da imprese costruttrici sulla base della normativa vigente fino al 22 maggio 1993 (e che quindi non hanno formalmente usufruito delle agevolazioni per la “prima casa”), purché dimostrino che alla data di acquisto dell’immobile ceduto erano comunque in possesso dei requisiti necessari in base alla normativa vigente in materia di acquisto della c.d. “prima casa”, e questa circostanza risulti nell’atto di acquisto dell’immobile per il quale il credito è concesso.

    Colonna 3 (Credito compensato nel Mod. F24): riportare il credito d’imposta utilizzato in compensazione nel modello F24 fino alla data di presentazione del 730/2024.

  • Bilancio

    Assemblee societarie a distanza: proroga fino al 31 dicembre 2024

    Una norma che ha caratterizzato il periodo della pandemia da Covid-19 è stata quella contenuta nell’articolo 106 del DL 18/2020, che, in risposta ai problemi di assembramento, ha permesso a società ed enti non commerciali di espletare le assemblee societarie da remoto, utilizzando modalità telematiche, anche quando lo statuto sociale non contempla tale possibilità.

    Va ricordato che tale modalità di convocazione delle assemblee non è preclusa dal legislatore, ma richiede che il soggetto giuridico ne preveda la possibilità sullo statuto sociale.

    La disciplina in deroga legittima tale modalità di svolgimento delle riunioni sociali, anche nel caso in cui lo statuto non ne prevede l’eventualità.

    Terminato il periodo della pandemia, la legislazione in deroga è stata di anno in anno rinnovata, l’ultima volta ad opera della Legge numero 18 del 23 febbraio 2024, l’annuale Decreto Milleproroghe, che per l’appunto proroga la possibilità di esercitare le assemblee da remoto, anche in assenza di previsione statutaria, fino al 30 aprile 2024 (per un approfondimento è possibile leggere l’articolo Assemblee a distanza per società e associazioni fino ad aprile 2024).

    Tuttavia, il disposto normativo inserito in sede di conversione sul Decreto Milleproroghe, sembra essere una norma transitoria, il cui effetto terminerà nel momento in cui sarà pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Disegno di Legge Capitali (Atto camera 1515).

    La nuova norma

    L’articolo 11 comma 2 del DdL Capitali prevede che “il termine di cui all’articolo 106, comma 7, del Decreto Legge 17 marzo 2020, numero 18, convertito, con modificazioni, dalla Legge 24 aprile 2020, numero 27, relativo allo svolgimento delle assemblee di società ed enti, è differito al 31 dicembre 2024”. 

    Quindi la medesima disciplina in deroga rappresentata dall’articolo 106 del DL 18/2020 continuerà ad avere forza fino al 31 dicembre 2024.

    Finora non sono state chiare le motivazioni che hanno spinto il legislatore a derogare le disposizioni statutarie con norme transitorie il cui obiettivo originario risulta da tempo superato, essendo terminate le problematiche concernenti l’assembramento che hanno caratterizzato il periodo della pandemia.

    Una possibile motivazione può essere rintracciata nella parte della normativa in deroga che interessa le società quotate. Queste società, durante il periodo pandemico, grazie alle norme in deroga, hanno potuto imporre ai soci la partecipazione alle assemblee sociali per il mezzo di un rappresentante designato dalla società, impedendo così ai singoli soci di partecipare personalmente, fisicamente o telematicamente, alle assemblee.

    Il DdL Capitali, tra le altre cose, non a caso proprio con il comma 1 del medesimo articolo 11, consente alle società quotate di rendere stabile tale modalità di svolgimento delle assemblee che impedisce la partecipazione diretta ai soci, e di precludere a questi la possibilità di presentare proposte di deliberazioni in assemblea o anche solo di fare domande, con una possibile contrazione del livello di democraticità delle riunioni; per cui la proroga reiterata della normativa emergenziale in deroga potrebbe costituire una sorta di ponte transitorio tra il periodo pandemico e il momento dell’approvazione delle nuove norme.

  • Agricoltura

    Aiuti imprese agricole: le regole per i danni da plasmopara viticola

    Pubblicato in GU n 54 del 5 marzo il Decreto MASAF 24 gennaio 2024 con le regole gli interventi compensativi dei danni subiti nel settore agricolo,  nelle aree  colpite  da  infezione  da  plasmopara   viticola,   ai   sensi dell'articolo 11 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, convertito dalla legge 9 ottobre 2023, n. 136, e del regolamento (UE)  2022/2472 della Commissione europea del 14 dicembre 2022.

    Vediamo le imprese agricole incluse e quelle escluse dal sostegno ministeriale.

    Aiuti imprese agricole: le regole per danni da plasmopara viticola

    Il decreto prevede che per i danni a  produzioni viticole causati  da infezioni di plasmopara viticola nel corso della campagna  2023,  sono  concessi contributi finalizzati alla ripresa economica e  produttiva,  di  cui all'art. 5, comma 2, del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 102, a favore delle micro, piccole e medie imprese attive nella produzione di uva che a causa delle  suddette  infezioni  abbiano  subito danni superiori al 30 per cento della produzione lorda vendibile.

    Gli aiuti sono subordinati alle seguenti condizioni:

    • a)  sono   versati   unicamente   a   seguito   di   disposizioni amministrative  nazionali  di  contenimento  della  peronospora,  che saranno emanate per la campagna 2024;
    • b) sono versati in uno dei seguenti ambiti:
      • i. un programma pubblico, a livello  dell'Unione,  nazionale  o regionale, di prevenzione, controllo o eradicazione dell'epizoozia  o dell'organismo nocivo ai vegetali in questione;
      • ii.  misure  di  emergenza  imposte   dall'autorita'   pubblica competente dello Stato membro;
      • iii. misure atte a eradicare o contenere un organismo nocivo ai vegetali attuate in conformita' dell'art. 18, dell'art. 28, paragrafi 1 e 2, dell'art. 29, paragrafi 1 e 2, dell'art. 30,  paragrafo  1,  e dell'art. 33, paragrafo 1, del regolamento (UE) 2016/2031;
      • iv. misure  atte  a  prevenire,  controllare  ed  eradicare  le epizoozie in conformita' del regolamento (UE) 2016/429.

    Gli aiuti sono pagati direttamente all'azienda interessata e sono limitati ai costi e ai danni causati dalle infezioni di plasmopara viticola alle  produzioni di uva, a seguito di riconoscimento ufficiale da parte del Masaf mediante decreto di declaratoria da adottarsi su proposta della regione territorialmente competente.
    Il regime di aiuto è introdotto entro tre anni dalla  data  in cui  sono  state  registrate  le  perdite  causate  dalla plasmopara viticola ai vegetali e gli aiuti sono erogati entro quattro  anni  da tale data.

    Gli aiuti  e  gli eventuali altri pagamenti ricevuti dal beneficiario, compresi quelli percepiti nell'ambito di  altre  misure nazionali o unionali per gli stessi costi ammissibili, sono  limitati all'80% dei costi ammissibili.  

    L'intensità di aiuto  può essere aumentata al 90% nelle zone soggette a vincoli naturali. 

    Aiuti danni plasmopara viticola: le imprese escluse

    Il decreto prevede inoltre che sono escluse dagli aiuti di cui al presente regime:

    • a) le grandi imprese;
    • b) le imprese in difficoltà ai sensi dell'art. 2,  paragrafo  1, punto (59) del regolamento (UE) n. 2022/2472, ad eccezione di quelle in difficolta' a causa degli eventi di cui all'art. 1.

    Sono esclusi dal pagamento degli aiuti di cui al presente regime i soggetti destinatari di un ordine di recupero pendente a seguito di una precedente decisione della Commissione europea che  dichiara  gli aiuti  illegittimi  e  incompatibili con   il mercato interno conformemente a quanto indicato all'art. 1, par.  4  del  regolamento (UE) n. 2022/2472.