• Bilancio

    La semplificazione dei bilanci di liquidazione

    Dal punto di vista normativo l’obbligo di redazione dei bilanci di liquidazione discende dall’articolo 2490 del Codice civile.

    Le modalità di redazione di questi bilanci, invece, dal punto di vista civilistico, sono regolamentati dal principio contabile numero 5, emanato dall’Organismo Italiano di Contabilità.

    L’OIC recentemente ha apportato modifiche significative al principio contabile numero 5, in un’ottica di maggiore prudenza e maggiore semplicità.

    Il nuovo principio contabile è stato pubblicato in una versione attualmente in bozza e si aspetta la pubblicazione della versione definitiva.

    Il motivo per cui queste modifiche sono state necessarie è il fatto che la precedente versione del principio contabile spesso non trovava piena applicazione nella prassi contabile, a causa di una non trascurabile complessità e delle difficoltà ad applicare delle stime ai beni aziendali da liquidare basate sul valore di realizzo prospettico, un valore molto spesso difficile da determinare.

    Le novità in tema di bilancio di liquidazione

    Il nuovo bilancio di liquidazione, come disegnato dalla nuova versione del principio contabile OIC 5, prevede un significato cambiamento nell’impostazione di base: il nuovo bilancio di liquidazione assume l’obiettivo di fornire una rendicontazione dell’andamento della procedura di liquidazione, e non più una stima prospettica dei beni aziendali.

    Tale nuovo obiettivo fa sì che il criterio di valutazione al valore di realizzo prospettico, di incerta determinazione, precedentemente adoperato, lascia il passo a criteri di valutazione più semplici, più prudenti, oltre che più facilmente determinabili e applicabili:

    • le poste dell’attivo, come immobilizzazioni (materiali e immateriali), rimanenze, partecipazioni, titoli, eccetera, sono valutate al minore tra il costo e il presumibile valore di realizzo, desumibile dall’andamento del mercato;
    • i crediti sono valutati al presumibile valore di realizzo;
    • le poste del passivo, indipendentemente dalla natura commerciale o finanziaria del debito, sono stimate al valore di presumibile estinzione;
    • ai fondi rischi e oneri sono adesso iscrivibili solo passività caratterizzate dai requisiti della certezza e dell’attendibilità, in quanto accantonamenti per oneri relativi a un’obbligazione non evitabile dalla società.

    Proprio in relazione ai fondi per rischi e oneri, va segnalato che, con il nuovo principio contabile OIC 5, va in soffitta il Fondo per costi ed oneri di liquidazione, il quale indicava l’ammontare complessivo dei costi che la società riteneva di dover sostenere durante il periodo di liquidazione, al netto dei proventi che stimava di conseguire.

    Tale fondo assumeva significato nel momento in cui il bilancio di liquidazione doveva costituire una rappresentazione prospettica del risultato della liquidazione, mentre perde di significato nel momento in cui lo stesso bilancio assume il più semplice ed efficace compito di rendicontare il processo liquidatorio, fino a quel momento effettuato.

    Anche per questo quindi, il nuovo bilancio di liquidazione, oltre ad essere più semplice e facilmente redigibile, è anche più prudente e attendibile.

    A tale fine il principio contabile OIC 5 prevede specifici schemi per il bilancio di per i periodi della liquidazione, dove la classificazione delle voci avviene per natura, senza distinzione tra ciò che era immobilizzato e ciò che era circolante, dato che, nel contesto di un processo di dismissione dei beni aziendali, questa distinzione perde di significato.

    Tra le voci di bilancio, al Conto economico, si segnalano delle specifiche voci destinate a raccogliere i componenti di reddito, positivi e negativi, derivanti dalla dismissione delle attività:

    • A6: Proventi della procedura liquidatoria;
    • B15: Oneri della procedura liquidatoria.

    Queste voci, rappresentative del risultato fino a quel momento raggiunto, sostituiscono il Fondo per costi ed oneri di liquidazione, rappresentativo del risultato che si stimava si sarebbe raggiunto, in coerenza con la nuova impostazione del bilancio di liquidazione.

    Va precisato che le microimprese potranno continuare a utilizzare gli ordinari schemi di bilancio anche in sede di liquidazione, in alternativa a quelli specifici proposti dall’OIC per la procedura.

  • Senza categoria

    Sostitutiva al 15% prestazioni aggiuntive medici: quando non spetta

    Con la Consulenza Giuridica n 2  del 3 febbraio le Entrate forniscono chiarimenti sull'applicazione di quanto previsto dall'articolo 7 del decreto legge 7 giugno 2024, n. 73 imposta sostitutiva nella misura del 15 per cento sui compensi erogati per lo svolgimento delle prestazioni aggiuntive svolte dai dirigenti medici e dal personale sanitario non dirigenziale.

    L'Agenzia risponde ad una Associazione che chiede di sapere se tale articolo possa essere applicato anche ai compensi erogati alle prestazione svolte per la sanità privata accreditata.

    Imposta sostitutiva prestazioni aggiuntive medici: chiarimenti

    L'articolo 7 del decreto legge 7 giugno 2024, n. 73 prevede l'applicazione di un'imposta sostitutiva sulle prestazioni aggiuntive dei dirigenti sanitari e del personale sanitario, alle condizioni ivi indicate, al fine di ridurre le liste di attesa per le prestazioni sanitarie.

    Il comma 1 prevede che «I compensi erogati per lo svolgimento delle prestazioni aggiuntive di cui all'articolo 89, comma 2, del contratto collettivo nazionale di lavoro dell'Area Sanità triennio 2019 2021, del 23 gennaio 2024, rideterminati ai sensi  dell'articolo 1, comma 218, della legge 30 dicembre 2023, n. 213, tenuto conto anche di quanto stabilito dal comma 2 del presente articolo, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 15 per cento».

    Per quanto riguarda l'ambito oggettivo, l'articolo 7, comma 1, del decreto richiama i compensi erogati per lo svolgimento delle prestazioni aggiuntive di cui all'articolo 89, comma 2, del CCNL Area Sanità triennio 20192021 del 23 gennaio 2024, il quale prevede che «Si considerano prestazioni erogate nel regime di cui alla lettera d) del comma 1 anche le prestazioni di cui all'art. 27, comma 8 (Orario di lavoro dei dirigenti) richieste, in via eccezionale e temporanea, ad integrazione dell'attività istituzionale, dalle Aziende o Enti ai propri dirigenti allo scopo di:

    • ridurre le liste di attesa;
    • acquisire prestazioni aggiuntive in presenza di carenza di organico ed impossibilità momentanea di coprire i relativi posti con personale in possesso dei requisiti di legge nelle more dell'espletamento delle procedure per la copertura dei posti vacanti;
    • in accordo con le équipes interessate e nel rispetto delle direttive nazionali e regionali in materia nonché dell'art. 7, comma 1, lett. b) (Confronto regionale).

    L'agenzia evidenzia che come chiarito nell'interpello pubblicato il 17 dicembre 2024, n. 264, i commi 1 e 2 dell'articolo 7 del decreto richiamano esplicitamente i contratti collettivi nazionali interessati dalla misura, vale a dire il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro dell'Area Sanità triennio 20192021, del 23 gennaio 2024, e il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro relativo al personale del Comparto Sanità triennio 20192021.

    L'articolo 1, comma 1, del CCNL relativo al personale del Comparto Sanità, dispone che «il presente contratto si applica a tutto il personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e a tempo determinato dipendente da tutte le Aziende ed Enti del comparto indicate all'art. 6 del CCNQ sulla definizione dei comparti di contrattazione collettiva del 3 agosto 2021».

    A norma del richiamato articolo 6 del Contratto Collettivo Nazionale Quadro del 3 agosto 2021, il comparto della contrattazione collettiva della Sanità ricomprende le «Aziende sanitarie, ospedaliere del Servizio sanitario nazionale».

    Le medesime considerazioni valgono per il CCNL dell'Area Sanità relativo al personale dirigente.

    La norma, dunque, circoscrive l'applicazione dell'agevolazione a quelle prestazioni aggiuntive svolte dai dirigenti e dal personale sanitario cui si applica la contrattazione collettiva nazionale.

    Alla luce di quanto premesso, si ritiene che l'imposta sostitutiva in commento non possa essere applicata ai compensi erogati al personale della sanità privata accreditata ai quali non si rendono applicabili i citati contratti collettivi.

  • Versamenti delle Imposte

    Plusvalenza da cessione di palladio: tassazione al 26%

    Con la Consulenza Giuridica n 1 del 3 febbraio le Entrate forniscono chiarimenti sulla nozione di metalli preziosi rilevanti ai fini delle plusvalenze di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c–ter), del Testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917.

    L'associazione istante chiede se  nel novero dei  metalli preziosi rilevanti ai fini delle plusvalenze di cui all'articolo 67, comma 1, lettera c­ter), del Testo unico delle imposte sui redditi rientri, oltre all'oro, all'argento e al platino, anche il palladio, tenuto conto della definizione di ''metalli preziosi'' utilizzata nel decreto legislativo 22 maggio 1999, n. 251 e nell'annesso regolamento di applicazione di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 150.

    L'agenzia fornisce risposta affermativa.

    Plusvalenza da cessione di metalli preziosi: vi rientra anche il palladio

    L'articolo  67,  comma  1, lettera  c­ter), del Tuir, stabilisce che «le  plusvalenze, diverse da quelle di cui alle lettere c) e c­bis), realizzate mediante cessione a titolo oneroso ovvero rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di valute estere, oggetto di cessione a termine o rivenienti da depositi o conti correnti, di metalli preziosi, sempreché siano allo stato grezzo o monetato, e di quote di partecipazione ad organismi d'investimento collettivo» rappresentano redditi diversi «se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione alla qualità di lavoratore dipendente». 

    L'articolo 3, comma 1, del decreto legge n. 66 del 2014, stabilisce che le imposte sostitutive sui redditi diversi riconducibili alla  richiamata lettera c ­ter,  del  comma  1, dell'articolo 67 del Tuir «sono stabilite nella misura del 26 percento»

    Le Entrate chiariscono che il decreto legislativo n. 251 del 1999, recante la disciplina dei titoli e dei marchi di identificazione dei metalli preziosi, considera ''metalli preziosi'' il platino, il palladio, l'oro e l'argento. 

    Inoltre, la ''Convenzione sul controllo e la marcatura degli oggetti in metalli preziosi'', entrata in vigore in Italia il 15 dicembre 2023, chiarisce che «I metalli preziosi sono il platino, l'oro, il palladio e l'argento. Il platino è il metallo più prezioso, seguito dall'oro, dal palladio e dall'argento» 

    Tenuto conto che il riferimento contenuto nella circolare n. 165/E del 1998, nell'ambito oggettivo della lettera c ­ter), del comma 1, dell'articolo 67 del Tuir, all'oro, argento, o platino è a titolo esemplificativo, si ritiene che, come stabilito, sia in sede nazionale che internazionale, anche il palladio debba ritenersi ricompreso nel perimetro della locuzione ''metalli preziosi'' di cui alla citata disposizione.

    Pertanto, le plusvalenze realizzate con le cessioni a titolo oneroso del palladio, allo stato grezzo o monetato, costituiscono redditi diversi ai sensi dell'articolo 67, comma 1, lettera c­ter), del Tuir, da assoggettare all'imposta sostitutiva nella misura del 26 per cento.

  • Enti no-profit

    Proventi di ente ecclesiastico da fondo immobiliare: chiarimenti ADE sulla tassazione

    Con la Risposta n 18 del 31 gennaio le Entrate hanno replicato ad un istante ente dotato di personalità giuridica canonica pubblica, qualificato fiscalmente come ente non commerciale ai sensi dell'articolo 73, comma 1, lettera c) del Testo unico delle imposte sui redditi (TUIR).

    L’ente si finanzia principalmente attraverso il godimento del proprio patrimonio immobiliare e altre forme di entrata, con l’obiettivo di sostenere il clero e perseguire le finalità indicate nello Statuto.

    Esso chiede chiarimenti in merito alla propria qualificazione come “investitore istituzionale” ai sensi dell'articolo 32, comma 3, del Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78, per stabilire il regime fiscale applicabile ai proventi derivanti dalla partecipazione a un fondo immobiliare chiuso gestito da una società di gestione del risparmio SGR 

    Proventi di ente ecclesiastico da fondo immobiliare: chiarimenti ADE sulla tassazione

    L’Agenzia delle Entrate, dopo aver analizzato la normativa di riferimento e il contesto operativo dell’Istante, conclude che:

    l'Istante è un investitore istituzionale poiché l’ente persegue esclusivamente le finalità indicate nell’articolo 1, comma 1, lettera c-bis) del D.Lgs. 153/1999 (tra cui religione e sviluppo spirituale) e rientra tra gli investitori istituzionali individuati dall'articolo 32, comma 3, lettera g) del D.L. 78/2010.

    A conferma di ciò l'ADE cita anche la circolare n 35/E del 28 dicembre 2023, che ha chiarito che:

    • gli istituti per il sostentamento del clero svolgono un'attività peculiare rispetto ad altri enti ecclesiastici, in quanto hanno una finalità istituzionale specifica.
    • pur gestendo patrimoni immobiliari, non si tratta di attività commerciali, ma di una modalità per reperire mezzi finanziari per il clero.

    Avendo tale qualifica, l'ente investitore istituzionale, deve applicare la ritenuta a titolo d'imposta del 26% sui proventi derivanti dalla partecipazione al fondo immobiliare la SGR ai sensi dell'articolo 7 del D.L. 351/2001.

    L'Agenzia ribadisce che, trattandosi di un ente che gestisce il patrimonio immobiliare esclusivamente per il sostentamento del clero, la sua attività non assume rilevanza commerciale e non è soggetta al regime di trasparenza fiscale previsto per altri soggetti che detengono quote superiori al 5%.

  • Studi di Settore

    ISA 2025: individuazione dati rilevanti e indici soggetti a revisione

    Con il Provvedimento n 24728 del 31 gennaio 2025 le Entrate pubblicano le regole per l'individuazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale per il periodo di imposta 2025 e il programma delle revisioni degli indici sintetici di affidabilità fiscale applicabili a partire dal periodo d’imposta 2025.

    ISA 2025: novità dalle Entrate

    Il provvedimento stabilisce che ai sensi del comma 4 dell’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, i dati economici, contabili e strutturali rilevanti per l’applicazione degli indici sintetici di affidabilità per il periodo d’imposta 2025, da dichiarare da parte dei contribuenti interessati, sono:

    • quelli individuati nei decreti di approvazione degli indici in vigore per il periodo d’imposta 2024;
    • quelli funzionali alla attività di revisione individuati all’interno dei modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale utilizzati per il periodo d’imposta 2023 approvati con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle entrate 28 febbraio 2024;
    • quelli indicati nell’allegato 1.

    Nell’allegato 2 sono individuate le attività economiche per le quali è prevista la revisione degli indici sintetici di affidabilità fiscale.

    In base a quanto previsto dal comma 2-bis dell’articolo 9-bis del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 21 giugno 2017, n. 96, l’attività di revisione degli indici sintetici di affidabilità fiscale deve tenere conto delle evoluzioni della classificazione delle attività economiche ATECO.

    Vista la nuova classificazione delle attività economiche ATECO 2025, entrata in vigore dal 1° gennaio 2025, le attività economiche per le quali è prevista la revisione degli indici sintetici di affidabilità fiscale, sono individuate facendo riferimento alla nuova classificazione ATECO 2025.

    Gli indici sintetici di affidabilità fiscale, relativi alle attività economiche elencate nell’allegato 2, sono applicati a partire dal periodo d’imposta 2025, a seguito di approvazione con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze

    Allegati:
  • Dichiarazione Redditi Persone Fisiche

    Chiarimenti CPB: accesso annuale e integrativa a sfavore

    Inaugurato con la dichiarazione annuale dei redditi 2024 per l’anno fiscale 2023, il Concordato Preventivo Biennale, tra modifiche normative e innumerevoli chiarimenti operativi di prassi, non finisce mai di proporre novità e precisazioni.

    Anche in questi ultimi mesi, con ormai chiusa la campagna dichiarativa 2024 e non ancora iniziata quella del 2025, non mancano di presentarsi spunti in tema di Concordato Preventivo Biennale.

    Le novità derivano da ulteriori chiarimenti di prassi, con la pubblicazione di alcune FAQ da parte dell’Agenzia delle Entrate e delle risposte fornite sull’argomento dai responsabili dell’ente il 27 gennaio scorso in occasione del Videoforum organizzato da Italia Oggi.

    L’Agenzia delle Entrate, con la FAQ numero 9 del 25 ottobre 2024, precisa infatti che “i contribuenti che non aderiscono al CPB relativo ai periodi di imposta 2024 e 2025 potranno aderire al CPB relativo ai periodi d’imposta 2025 e 2026 in presenza dei requisiti di accesso”.

    Ciò vuol dire che il CPB non si configura come una misura periodica a carattere biennale, ma come uno strumento presente a regime nell’ordinamento, al quale il contribuente può accedere un qualsiasi anno, avendone i requisiti per l’accesso, a prescinde dal fatto che lo abbia fatto o non lo abbia fatto nelle annualità precedenti.

    In caso di dichiarazione integrativa a sfavore

    In occasione del Videoforum del 27 gennaio 2025 l’Agenzia delle Entrate ha risposto ad alcune domande sul Concordato Preventivo Biennale, per lo più relative alle situazioni che possono portare alla decadenza dal nuovo istituto.

    Tra le diverse situazioni viene presentata l’ipotesi in cui il contribuente, che ha precedentemente accettato il CPB, presenti una dichiarazione integrativa con valori reddituali diversi da quelli in precedenza dichiarati, in relazione ai quali era stata accettata la proposta di concordato.

    L’Agenzia precisa che quando la dichiarazione integrativa modifica dati o tipologie reddituali che non influiscono sulla proposta di concordato, quindi i redditi diversi da quelli d’impresa e di lavoro autonomo, non rileva ai fini della decadenza dal CPB. Diversamente, quando sono oggetto di modifica i redditi d’impresa o di lavoro autonomo, in una misura superiore al 30% rispetto a quelli che previsti dalla proposta di concordato, ciò determina la decadenza dall’istituto, in base all’articolo 22 comma 1 lettera b) del Decreto Legislativo 13/2024 e alla Circolare Agenzia delle Entrate numero 18/2024.

    Il punto è di notevole rilevanza, perché, da un punto di vista operativo, precisa l’Agenzia, il contribuente che trasmette una dichiarazione integrativa con maggiori redditi d’impresa o di lavoro autonomo, dovrà effettuare un ricalcolo della proposta con il solo fine di verificare se è stata superata, o meno, la soglia del 30% di discostamento. Se tale soglia è superata avverrà la decadenza, se non è superata la decadenza non avviene e il reddito concordato resterà quello accettato con la dichiarazione precedente.

     

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Transizione 5.0: piattaforma sospesa dal 3 al 5 febbraio

    Il Credito transizione 5.0 rientra tra le misure disciplinate dal Decreto 24 luglio 2024 pubblicato in GU n 183/2024, che reca le modalità attuative della disciplina di cui all'articolo 38 del decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 aprile 2024, n. 56, che istituisce il Piano Transizione 5.0.

    In particolare il decreto riconosce un credito d'imposta alle imprese che effettuano nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, nell'ambito di progetti di innovazione da cui consegua una riduzione dei consumi energetici.

    Il Piano Transizione 5.0 insieme al piano transizione 4.0, sostiene il processo di trasformazione digitale ed energetica delle imprese mettendo a disposizione nel biennio 2024-2025 12,7 miliardi di euro.

    La Legge di Bilancio 2025 in vigore dal 1° gennaio ha introdotto diverse novità a cui occorre adeguare le domande già presentate.

    A tal fine, il portale di “Transizione 5.0" sarà sospeso dalle ora 18 del 3 febbraio e fino alle ore 18 del 5 febbraio per consentire gli aggiornamenti in base alle novità normative.

    Entro il 7 febbraio le imprese che hanno presentato progetti riceveranno un aggiornamento del beneficio fiscale spettante.

    Vediamo ora cosa ha previsto la manovra 2025 su questo bonus.

    Transizione 5.0: lavori in corso per implementarla

    Con un comunicato del 13 dicembre il MIMIT il Ministro Urso evidenziava che, dopo ampia concertazione con le parti in causa, si è raggiunto "Un risultato importante e significativo nella direzione auspicata dalle imprese" riferendosi all'emendamento governativo alla Manovra 2025 economica depositato che rende più semplice e incentivante il Piano Transizione 5.0.

    "Quattro sono le modifiche sostanziali sulle quali abbiamo ottenuto il consenso preventivo della Commissione Europea nel confronto sul merito durato alcune settimane Sono semplificate le procedure di calcolo dei consumi energetici; è prevista la possibilità di cumulo con altri incentivi nazionali ed europei; è inclusa una maggiorazione per i pannelli fotovoltaici realizzati in Europa ed è definita un'aliquota unica per investimenti fino a 10 milioni. Un forte impulso al sostegno degli investimenti delle imprese sull’innovazione green".

    In dettaglio con i commi 427-429 dell'art 1 della Legge di Bilancio si modifica come segue la misura:

    • (a) il credito d’imposta può essere riconosciuto, in alternativa alle imprese, alle società di servizi energetici (ESCo) certificate;
    • (b) per alcune fattispecie relative all’acquisizione di moduli fotovoltaici si modifica l’incremento della base di calcolo del credito d’imposta; (c, d, e) si eleva al 35 per cento del costo l’importo del credito d’imposta per la quota di investimenti d’importo compreso tra 2,5 milioni di euro e 10 milioni di euro (precedentemente pari al 15 per cento), prevedendo specifiche modifiche normative di coordinamento;
    • (f) si prevede che, per le società di locazione operativa, il risparmio energetico conseguito può essere verificato rispetto ai consumi energetici della struttura o del processo produttivo del noleggiante, ovvero, in alternativa, del locatario;
    • (g) viene definita la misura della contribuzione al risparmio energetico degli investimenti beneficiari del credito d’imposta industria 4.0;
    • (h) si prevede che la riduzione dei consumi energetici sia considera in ogni caso conseguita nei casi di progetti di innovazione realizzati per il tramite di una società di servizi energetici (ESCo) in presenza di determinate condizioni; 
    • (i) si prevede la cumulabilità del credito d’imposta con il credito per investimenti nella Zona Economica Speciale (ZES unica – Mezzogiorno) e nella Zona Logistica Semplificata (ZLS);
    • (l) si precisa che il credito d'imposta è cumulabile con ulteriori agevolazioni previste nell'ambito dei programmi e strumenti dell'Unione europea, a condizione che il sostegno non copra le medesime quote di costo dei singoli investimenti del progetto di innovazione.

    Si prevede che le disposizioni sopra indicate si applichino agli investimenti effettuati dal 1° gennaio 2024 e che con riferimento agli incrementi delle aliquote del credito d’imposta sopra descritti la loro fruizione sia subordinata ad una comunicazione del GSE nei limiti delle risorse destinate al finanziamento della misura.

    Ricordiamo che la piattaforma del GSE per la prenotazione dei crediti d’imposta è operativa dal 12 settembre scorso (accessibile dall’Area Clienti del sito istituzionale del GSE).

    Il principale problema evidenziato dalle imprese nel primo periodo di utilizzo è stato il divieto di cumulo con altri incentivi, sia nazionali che regionali.

    Il ministero dopo gli incontri con le imprese ha deciso di rivedere a rialzo tetti e aliquote della agevolazione. Leggi anche Transizione 5.0: pronte le modalità attuative..