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Variazione catastale da superbonus: lettere ADE in partenza
Con il Provvedimento n 38133 del 7 febbraio le Entrate ha pubblicato le disposizioni di attuazione dell’articolo 1, commi 86 e 87, della legge 30 dicembre 2023, n. 213.
In particolare si tratta delle regole per la comunicazione da inviare al contribuente intestatario catastale di immobili oggetto degli interventi agevolati con superbonus in caso di mancata presentazione della dichiarazione di cui all’articolo 1, commi 1 e 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze del 19 aprile 1994, n. 701.
E' notizia di queste ore che tutto è pronto e sarebbero in partenza oltre diecimila lettere e tutti gli immobili con rendita catastale pari a zero saranno sottoposti a verifiche incrociate sui nominativi di chi ha effettuato comunicazioni di cessione del credito e sconto in fattura a partire dal 2020.
Prima dei dettagli ricordiamo che l'Agenzie delle Entrate invia una lettera, a chi non ha ancora provveduto ad aggiornare la rendita catastale del proprio immobile agevolato con Superbonus, per comprenderne le motivazioni, ed intimare in caso, sia dovuto, a provvedere all'aggiornamento.
In particolare, si da attuazione alle norme della legge di Bilancio dello scorso anno che consente alla amministrazione finanziaria, di effettuare riscontri per individuare chi, dopo l’utilizzo della super agevolazione, non ha adeguato i valori presenti nelle mappe del Fisco.
Durante l'ultima edizione di Telefisco 2025 tenutasi in febbraio, le Entrate,a voce del nuovo Direttore Vincenzo Carbone, hanno precisato che "L’obbligo di comunicare le variazioni nello stato degli immobili c’è sempre stato e l’invio delle lettere di compliance è solo uno strumento aggiuntivo rispetto a quello utilizzato negli anni precedenti".
Lo stesso direttore ha provato a rasserenare gli animi specificando che le comunicazioni riguarderanno le ipotesi in cui l’immobile "si trovi ancora allo stato rustico oppure in corso di fabbricazione e sia stato magari chiesto l’incentivo del superbonus" ma anche "i casi in cui ci potrebbe essere una rendita rivalutata superiore a determinate percentuali",
Carbone ha concluso dicendo che il tutto sarà sempre in modo “colloquiale” in cui l’interesse dell’amministrazione finanziaria è rappresentare una situazione che a noi potrebbe risultare non coerente con gli investimenti effettuati.
Lettere di aggiornamento rendite catastali con superbonus: il Fisco pubblica le regole
Con il Provvedimento n 38133 del 7 febbraio le entrate hanno stabilito che al fine di agevolare l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari relativi all’aggiornamento degli archivi catastali, l’Agenzia delle entrate invia apposita comunicazione ai sensi dell'articolo 1, comma 87, della legge 30 dicembre 2023, n. 213 agli intestatari catastali di immobili oggetto degli interventi di cui all'articolo 119 del decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2020, n. 77, e successivamente modificato dall’art. 24 del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 ottobre 2023, per i quali non risulta essere stata presentata, ove prevista, la dichiarazione di aggiornamento.
In particolare l'agenzia via PEC o con raccomandata invia una lettera con:
- a) codice fiscale, denominazione, cognome e nome del contribuente;
- b) identificativo catastale dell’immobile indicato dal contribuente nella Comunicazione dell’opzione relativa agli interventi di recupero del patrimonio edilizio, efficienza energetica, rischio sismico, impianti fotovoltaici e colonnine di ricarica ai sensi degli articoli 119 e 121 del decreto-legge n. 34 del 2020, come modificati dalla legge n. 234 del 2021;
- c) invito a fornire chiarimenti e idonea documentazione tramite il servizio “Consegna documenti e istanze” disponibile nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate, nel caso in cui il contribuente ravvisi inesattezze nei dati in possesso dell’Agenzia o intenda comunque fornire elementi in grado di giustificare la presunta anomalia.
Gli intestatari catastali che hanno avuto conoscenza delle informazioni rese disponibili dall’Agenzia delle entrate possono regolarizzare le omissioni attraverso la presentazione delle dichiarazioni di cui all'articolo 1, commi 1 e 2, del regolamento di cui al decreto del Ministro delle finanze 19 aprile 1994, n. 701, beneficiando della riduzione delle sanzioni previste dall’articolo 31 del regio decreto legge 16 aprile 1939, n. 652, come richiamato dall’articolo 60 del Regolamento approvato con il decreto del Presidente della Repubblica 1° dicembre1949, n. 1142, in ragione del tempo trascorso dalla commissione delle violazioni stesse secondo le modalità previste dall’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
Variazione catastale: come si comunica alle Entrate
Come precisato dalle Entrate sulla pagina preposta del proprio sito:
- l'edificazione di nuovi immobili
- e la variazione nello stato di quelli già esistenti, connessa con mutazioni che implichino un riesame:
- della originaria categoria,
- della classe,
- e della consistenza dell’unità immobiliare variata,
indipendentemente da quale sia l’esito finale di tale riesame, devono essere dichiarate in catasto.
La dichiarazione, a carico degli intestatari dell’immobile, avviene con la presentazione all’Agenzia di un atto di aggiornamento predisposto da un professionista tecnico abilitato (architetto, ingegnere, dottore agronomo e forestale, geometra, perito edile, perito agrario limitatamente ai fabbricati rurali, agrotecnico).
Anche i possessori, in caso di inerzia dei titolari dei diritti reali (ad esempio espropri, cause per usucapione, mancanza di eredi) possono presentare la dichiarazione DOCFA, nei soli casi di prima iscrizione in catasto dei beni immobili.
In base alla normativa vigente, la presentazione degli atti di aggiornamento del Catasto dei Fabbricati prevede il versamento dei tributi speciali catastali.
Il termine di presentazione delle dichiarazioni al catasto è fissato in trenta giorni dal momento in cui i fabbricati sono divenuti abitabili o servibili all’uso cui sono destinati o comunque decorrenti dalla data di ultimazione della variazione nello stato per le unità immobiliari già censite.
In caso di tardiva presentazione, si applicano le sanzioni secondo le normative vigenti.
Occorre anche precisare che sono esclusi dall’obbligo di accatastamento i seguenti immobili:
- manufatti con superficie coperta inferiore a 8 metri quadrati;
- serre adibite alla coltivazione e protezione delle piante sul suolo naturale;
- vasche per l'acquacoltura o di accumulo per l'irrigazione dei terreni;
- manufatti isolati privi di copertura;
- tettoie, porcili, pollai, casotti, concimaie, pozzi e simili, di altezza utile inferiore a 1,80 metri, purché di volumetria inferiore a 150 metri cubi;
- manufatti precari, privi di fondazione, non stabilmente infissi al suolo;
- fabbricati in corso di costruzione-definizione;
- fabbricati che presentano un accentuato livello di degrado (collabenti);
- beni costituenti infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione.
L'assegnazione di una unità immobiliare ad una determinata categoria va fatta in base alla destinazione propria risultante dalle caratteristiche tecnico-fisiche rinvenibili, in particolare per gli immobili a destinazione ordinaria, nelle cosiddette “Unità tipo” di riferimento, che definiscono, su base locale, l’unità immobiliare di comparazione per le attività catastali di classamento ossia per l’attribuzione della corretta categoria e classe catastale agli immobili censiti in catasto (cfr. Quadro Generale delle Categorie – pdf).
Si rimanda al sito delle Entrate per tutti gli ulteriori approfondimenti e per la scelta della modalità adatta al proprio caso specifico.
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Certificazione unica tardiva o errata: regole per ravvedersi
Scaduto il termine "ordinario" del 17 marzo (il 16 marzo era domenica) di invio della CU 2025 Certificazione Unica dei sostituti di imposta si può ancora rimediare se non si è provveduto.
Ricordiamo che per le sole certificazioni degli autonomi il termine è a fine mese e in proposito leggi: Certificazione Unica autonomi: in scadenza il 31 marzo.
Relativamente alla scadenza ordinaria, chi non provvede nei tempi stabiliti dalla legislazione, può sempre ricorrere al ravvedimento operoso.
In proposito le Entrate hanno pubblicato lo scorso anno la Circolare n 12/2024 con oggetto Istruzioni relative alla compilazione della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche e all’apposizione del visto di conformità per l’anno d’imposta 2023.
Il documento, sotto forma di risposte a quesiti, su specifiche tematiche tra i dubbi ne riguardava appunto uno sulla CU.
In ipotesi di errore o omissione nella trasmissione all’Agenzia delle entrate della certificazione unica (CU), si chiedeva se fosse possibile avvalersi dell’istituto del ravvedimento operoso.
La risposta delle Entrate è stata affermativa, ossia è possibile ravvedersi per tardiva CU, vediamo il dettaglio delle motivazioni.
Certificazione Unica tardiva o errata: regole per ravvedersi
Le Entrate, nel citato documento di prassi e in quelli successivi, specificano che è stato evidenziato che la tempistica prevista per l’invio delle CU è essenziale ai fini del loro utilizzo per l’elaborazione delle dichiarazioni precompilate, da rendere tempestivamente disponibili ai contribuenti, risultando non sempre compatibile con l’istituto del ravvedimento operoso di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472.
In merito, le Entrate hanno chiarito che la norma sanzionatoria posta a presidio della citata tempestività di cui all’articolo 4, comma 6-quinquies, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322, è stata oggetto di diversi interventi legislativi, assumendo l’attuale formulazione, secondo la quale, tra l’altro, per «[…] ogni certificazione omessa, tardiva o errata si applica la sanzione di cento euro in deroga a quanto previsto dall’articolo 12, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472, con un massimo di euro 50.000 per sostituto di imposta. Nei casi di errata trasmissione della certificazione, la sanzione non si applica se la trasmissione della corretta certificazione è effettuata entro i cinque giorni successivi alla scadenza indicata nel primo periodo. Se la certificazione è correttamente trasmessa entro sessanta giorni dai termini previsti nel primo e nel terzo periodo, la sanzione è ridotta a un terzo, con un massimo di euro 20.000».
Il legislatore ha, quindi, ritenuto ammissibile l’invio della CU oltre il termine di legge, sanzionando la tardività di tale invio e stabilendo apposita graduazione del quantum sanzionatorio.
Al fine di contemperare tale volontà con i principi generali dell’ordinamento tributario, tra i quali figura l’applicazione generale del ravvedimento operoso, in assenza di espressa previsione di segno contrario, devono ritenersi superate le indicazioni fornite con la circolare n. 6/E del 2015.
Ne consegue che è ammissibile ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso laddove l’invio della CU venga effettuato oltre i termini ordinariamente previsti.
Se il sostituto trasmette all’Agenzia delle entrate e rilascia al percipiente una CU tardiva o rettificativa, il contribuente potrà esibirla al CAF o al professionista abilitato affinché quest’ultimo ne tenga conto ai fini della predisposizione o dell’eventuale rettifica della dichiarazione dei redditi.
Tabelle di riepilogo delle scadenze invio CU 2025
Allegati:Percipiente Trasmissione ADE Lavoratori dipendenti, pensionati e redditi
assimilati
17 marzo Lavoratori autonomi esercenti arti o
professioni abituali
31 marzo Redditi esenti o non soggetti alla dichiarazione
precompilata
31 ottobre -
Polizza che assicura il presidente del CdA: il costo è indeducibile
La sentenza numero 24022 della Corte di Cassazione, pubblicata il 6 settembre 2024, esamina la dibattuta questione della deducibilità dei premi versati dalle società per polizze che assicurano il presidente del Consiglio di Amministrazione contro infortunio o decesso.
Sulla questione non esistono norme positive esplicite per cui bisognerà rifarsi alle norme generali sul funzionamento del reddito d’impresa, eventualmente accompagnate da giurisprudenza e prassi.
Tendenzialmente, anche nella prassi più comune, è opinione diffusa che questo tipo di polizze, stipulate dalla società, rappresentano per lo più dei costi indeducibili.
Tuttavia tale regola generale potrebbe trovare un limite in alcune situazioni.
Ad esempio, quando la polizza assicurativa che copre il presidente del CdA non è riscattabile (non presentando così alcun sottinteso speculativo di tipo finanziario) e il beneficiario risulti essere l’impresa e non l’amministratore, potrebbe essere plausibile ipotizzare la deducibilità del costo: l’inerenza dovrebbe essere giustificata dal fatto che la società, in questo modo, si garantirebbe contro un evento negativo per l’impresa anche dal punto di vista economico. Va da sé che, in una tale situazione, a fronte della deduzione del costo del premio, l’eventuale risarcimento costituirebbe una sopravvenienza attiva.
Situazione diversa è invece quella in cui l’impresa stipuli una polizza in cui il beneficiario sia lo stesso amministratore (o i suoi eredi): in una tale situazione il costo del premio sostenuto per una polizza contro decesso o morte, secondo prassi consolidata, dovrebbe costituire un fringe benefit da tassare come remunerazione in natura in capo all’amministratore, in base all’articolo 51 del TUIR.
Di conseguenza, essendo questo costo una parte del compenso dell’amministratore, e da questi portato a reddito, in base alle previsioni dell’articolo 95 del TUIR, il costo dovrebbe essere deducibile per la società.
La sentenza 24022/2024 della Corte di Cassazione
Di ben diverso avviso è la Corte di Cassazione, la quale, con la sentenza 24022, pubblicata il 6 settembre 2024, stabilisce un generale principio di indeducibilità dei premi assicurativi versati per polizze che assicurino da decesso o infortunio il presidente del Consiglio di Amministrazione della società.
Secondo la Corte, infatti, tali costi sarebbero inerenti alla gestione dell’impresa ma indeducibili in quanto non diretti alla produzione del reddito.
Tale punto di vista sarebbe sostenuto anche da precedenti pronunciamenti della medesima Corte di Cassazione, tra le quali le citate 18204/2017 e 28004/2009.
Nel caso esaminato il beneficiario della polizza assicurativa era lo stesso amministratore (o i suoi eredi), ma la Corte non propone alcuna distinzione in base al beneficiario, elemento non considerato quindi rilevante ai fini della deducibilità del premio corrisposto, in quanto, come detto, il perno dell’indeducibilità sarebbe costituito dall’assenza di legame con la produzione di reddito.
Similmente la Corte non prende neanche in esame se tali premi siano stati considerati fringe benefit dall’amministratore e, come tali, da questi portati a tassazione; situazione anche questa, dunque, non considerata rilevante ai fini della deducibilità dei costi sostenuti.
Come detto, in questo modo la Corte di Cassazione dispone un generale principio di indeducibilità delle polizze assicurative stipulate contro l’infortunio o il decesso di un amministratore, senza lasciare molto spazio all’interpretazione.
Va però segnalato che, nei limiti del caso in cui il costo della polizza costituisca un fringe benefit, e come tale sia tassato in capo all’amministratore, per la società il costo sostenuto smette di essere un costo assicurativo e diviene una parte della remunerazione dell’amministratore; come tale dovrebbe costituire un costo deducibile, in base alle regole generali che regolano il reddito d’impresa.
È dunque possibile ipotizzare che il punto affermato dalla Corte di Cassazione non riguardi il caso in cui una tale polizza costituisca un fringe benefit, che potrebbe costituire una diversa fattispecie, non esaminata dalla sentenza 24022/2024.
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Organi di controllo imprese: regole per gli aiuti di Stato
La Legge di Bilancio 2025 in vigore dal 1 ° gennaio ha previsto una norma di prima approvazione e poi modificata sulla figura del Revisore del MEF, presente nelle imprese che ricevono aiuti di Stato.
Con la prima approvazione in Cdm del DDL di Bilancio risultava che con l'originario articolo 112 si volesse introdurre l'obbligo di revisori del MEF nelle aziende.
La norma ha generato diverse polemiche riscuotendo il dissenso dei Sindacati e del Consiglio Nazionale dei Commercialisti che hanno chiesto di espungere la previsione normativa.
Con un emendamento approvato in data 17 dicembre 2024 la norma è stata rimodulata in modo sostanziale.
Vediamo la norma e soprattutto le anticipazioni sui contenuti del DPCM in arrivo con le regole attuative.
Obblighi Organi di controllo per gli aiuti: regole in arrivo
L'art 112 della prima bozza di Legge di bilancio 2025 prevedeva di introdurre l’obbligo di integrazione della composizione del collegio di revisione o sindacale con un rappresentante del Ministero dell’economia e delle finanze relativamente agli enti, società, organismi e fondazioni che ricevono dallo Stato, anche in modo indiretto, un contributo di entità significativa, definito in sede di prima applicazione nel valore di 100 mila euro annui e da definire in seguito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze.
A tale previsione si sono opposti i Commercialisti che in audizione in Commissioni Bilancio di Camera e Senato, hanno espresso, a nome del CNDCEC, grandi perplessità sulla norma, che produce una “limitazione sia della libera iniziativa d’impresa, sia dei poteri dell’assemblea dei soci”.
Il Presidente De Nuccio commentava che: “La richiesta di abrogare l’articolo 112 risiede nei forti dubbi di legittimità costituzionale della norma e della sua compatibilità con le libertà fondamentali dell’ordinamento dell’Unione europea. Oltre a tali profili, di per sé già dirimenti, la norma appare ulteriormente incomprensibile tenuto conto dell’attuale quadro normativo che già riserva a professionisti qualificati, tra cui i commercialisti, l’attività di vigilanza sull’osservanza della legge, sul rispetto dei principi di corretta amministrazione e sull’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili. Ogni altra deriva normativa appare dirigistica e lesiva dell’affidabilità e della professionalità di chi già oggi svolge egregiamente la fondamentale attività di controllo legale”.
Il 17 dicembre la Commissione Bilancio della Camera ha approvato un emendamento all’art. 112 del provvedimento, alla cui versione finale si è arrivati dopo diverse riformulazioni.
Si tratta dell'attuale comma 857, inserito dalla Camera, che dispone che gli organi di controllo, anche in forma monocratica, già costituiti o da costituire per il rispetto delle finalità di cui al presente comma, delle società, degli enti, degli organismi e delle fondazioni che ricevono, anche in modo indiretto e sotto qualsiasi forma, un contributo di entità significativa a carico dello Stato stabilito con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, da adottare entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, provvedono, nello svolgimento dei compiti e secondo le responsabilità ad essi attribuiti in base alla normativa vigente, ad effettuare apposite attività di verifica intese ad accertare che l’utilizzo dei predetti contributi sia avvenuto nel rispetto delle finalità per i quali i medesimi sono stati concessi e inviano annualmente al Ministero dell’economia e delle finanze una relazione contenente le risultanze delle verifiche effettuate.
In sintesi, in base a questa novità non ci sarà più l’obbligo di inserire all’interno dell’organo di controllo un rappresentante del MEF ma spetterà ai sindaci a monitorare l’utilizzo dei contributi, inviando poi ogni anno una relazione al Ministero dell’Economia.
In proposito le associazioni di categoria e il CNDCEC hanno espresso soddisfazione per la modifica richiesta a gran voce.
Organi di controllo imprese: regole per gli aiuti di Stato
Dalle indiscrezioni si apprende che è in arrivo il DPCM con le regole attuative del perimetro di azione dei revisori nelle aziende.
Il testo del provvedimento dovtrebbe prevedere che:
- si considerano di entità significativa i contributi a carico dello Stato, erogati da amministrazioni centrali dello Stato o da società da queste direttamente possedute, in misura maggioritaria, con esclusione delle società quotate e loro controllate, o da enti pubblici non economici vigilati dalle predette amministrazioni centrali, che, cumulativamente:
- a) hanno dato luogo a erogazioni di somme di denaro destinate alla realizzazione di finalità o di specifici progetti di interesse pubblico, con irrilevanza delle erogazioni di contributi destinati a una generalità di soggetti, di quelli aventi natura corrispettiva, retributiva, indennitaria o risarcitoria, di quelli concessi sotto forma di credito di imposta, nonché di quelli erogati agli enti del terzo settore di cui decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117;
- b) sono di importo pari o superiore ad un milione di euro annui ovvero di ammontare pari al 50 per cento del totale delle entrate, dei ricavi o del valore della produzione del soggetto beneficiario. Ai fini di cui alla presente lettera rilevano i contributi comunque percepiti, anche in forma disgiunta.
- l’erogazione dei contributi assume rilievo ove percepita dai soggetti beneficiari a partire dal 1° gennaio 2025 e resta ferma la possibilità di rinuncia del contributo.
- i soggetti erogatori comunicano, entro il 28 febbraio di ciascun anno alla Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero dell’economia e delle finanze – Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato gli esiti dell’attività di ricognizione delle società, degli enti, degli organismi e delle fondazioni, a favore delle quali risultano essere stati assegnati nel corso del precedente esercizio finanziario contributi di entità significativa, come definiti
- i collegi di revisione e sindacali, anche in forma monocratica, delle società, degli enti, degli organismi e delle fondazioni che ricevono un contributo di entità significativa a carico dello Stato, assicurano, nell’ambito dei compiti e delle responsabilità ad essi attribuiti in base alla normativa vigente, lo svolgimento di apposite attività di verifica intese ad accertare che l’utilizzo dei predetti contributi è avvenuto nel rispetto delle finalità per i quali i medesimi sono stati concessi, ovvero ha dato luogo alla realizzazione dei progetti previsti. A tal fine, gli organi di controllo provvedono a inviare, entro il 30 aprile dell’anno successivo a quello in cui i contributi sono stati erogati al Ministero dell’economia e delle finanze, una relazione contenente le risultanze delle verifiche effettuate. Con direttiva dello stesso Ministero sono stabilite le modalità per la trasmissione in via telematica della relazione.
- ove non già esistenti, gli organi di controllo sono costituiti, anche in forma monocratica, dai soggetti beneficiari dei contributi, previa approvazione delle occorrenti modifiche statutarie, regolamentari e organizzative, al fine di assicurare lo svolgimento degli adempimenti di cui al medesimo comma.
Attenzione al fatto che il mancato invio della relazione ovvero la comunicazione di mancata esecuzione del progetto o di mancato rispetto delle finalità per le quali il contributo era stato concesso è valutata ai fini dell’eventuale ammissione alla erogazione di contributi pubblici o del medesimo contributo, qualora previsto, nella successiva annualità.
- si considerano di entità significativa i contributi a carico dello Stato, erogati da amministrazioni centrali dello Stato o da società da queste direttamente possedute, in misura maggioritaria, con esclusione delle società quotate e loro controllate, o da enti pubblici non economici vigilati dalle predette amministrazioni centrali, che, cumulativamente:
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Transazioni commerciali: tasso per ritardato pagamento
Pubblicato in GU n 63 del 17 marzo il comunicato del MEF con il saggio degli interessi da applicare a favore del creditore nei casi di ritardo nei pagamenti nelle transazioni commerciali.
Ricordiamo che ai sensi dell'art. 5 del Dlgs n. 231/2002 "Gli interessi moratori sono determinati nella misura degli interessi legali di mora. Nelle transazioni commerciali tra imprese è consentito alle parti di concordare un tasso di interesse diverso, nei limiti previsti dall'articolo 7."
Il tasso di riferimento è così determinato:
- per il primo semestre dell'anno cui si riferisce il ritardo, è quello in vigore il 1° gennaio di quell'anno;
- per il secondo semestre dell'anno cui si riferisce il ritardo, è quello in vigore il 1° luglio di quell'anno.
Pertanto ai sensi dell'art. 5 del decreto legislativo. n. 231/2002, come modificato dalla lettera e) del comma 1 dell'art. 1 del decreto legislativo n. 192/2012, si comunica che per il periodo 1° gennaio-30 giugno 2025 il tasso di riferimento e' pari al 3,15 per cento.
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Spese sanitarie detraibili anche quando sostenute all’estero
Sono molteplici le situazioni in conseguenza delle quali un contribuente italiano può trovarsi a sostenere delle spese sanitarie all’estero.
Può accadere durante un viaggio, durante un periodo di lavoro all’estero oppure anche per scelta, quando c’è la necessità di una prestazione sanitaria di particolare specializzazione, non reperibile in Italia.
A riguardo il sito del Ministero degli esteri e quello del Ministero della salute offrono una serie di utili informazioni per i contribuenti che hanno necessità di usufruire di prestazioni sanitarie all’estero.
Come regola generale, i cittadini dell’Unione Europea possono usufruire di cure gratuite, presso le strutture pubbliche o in quelle convenzionate, in tutti i paesi dell’Unione, fermo restando il pagamento del ticket sanitario.
Per usufruire di queste prestazioni basta presentare una tessera sanitaria italiana in corso di validità; ma va precisato che l’entità del ticket sanitario può variare, anche considerevolmente, da paese a paese.
Per quanto riguarda invece i paesi extra UE, bisogna fare una distinzione tra i paesi con cui l’Italia è in un rapporto di convenzione per l’assistenza sanitaria e quelli in cui questo rapporto non c’è.
Quando un tale rapporto c’è, le condizioni previste dalla convenzione possono cambiare da paese a paese. Diversamente, quando una tale convenzione non c’è, come accade spesso per molti paesi fuori dall’Unione Europea, i costi sono totalmente a carico del contribuente.
Per tale motivazione, chi viaggia fuori dall’Unione, spesso stipula una polizza assicurativa che copre anche una evenienza di questo tipo.
La detrazione delle spese sanitarie sostenute all’estero
In ragione di tutto ciò si pone il problema se i costi sostenuti all’estero dal contribuente per prestazioni sanitarie possano godere della detrazione del 19% dal reddito complessivo Irpef: la risposta è affermativa.
Come regola generale le spese sanitarie sostenute all’estero godono dello stesso regime di detrazione di quelle sostenute in Italia.
Anche per queste spese, dunque, è necessario un documento fiscale che certifichi le caratteristiche della prestazione usufruita, con i riferimenti di chi l’ha sostenuta, come avviene in Italia, secondo le indicazioni fornite dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare 14/E/2023.
Per le medesime motivazioni la spesa sanitaria, per essere detraibile, dovrà essere sostenuta con mezzo tracciato, come bonifico bancario o pagamento tramite bancomat o carta di credito (requisito ovviamente non richiesto per farmaci e dispositivi medici).
Riguardo i documenti comprovanti la prestazione, ovviamente effettuata da personale sanitario qualificato, sarà richiesta la traduzione: se il documento è in inglese, francese, tedesco e spagnolo, la traduzione può essere fatta dallo stesso contribuente; se in altra lingua, è richiesta una traduzione giurata in lingua italiana.
Può accedere, tuttavia, che la spesa sanitaria sostenuta all’estero non sia pagata direttamente dal contribuente, ma dalla compagnia assicurativa con la quale questi aveva stipulato una polizza: si pensi alle già citate polizze assicurative che molti contribuenti stipulano in caso di viaggio fuori dall’Unione Europea.
Ebbene, il costo è detraibile anche quando una prestazione sanitaria è effettuata all’estero e la spesa viene sostenuta dal contribuente e poi rimborsata da compagnia assicuratrice, oppure sia da questa direttamente saldata per conto del contribuente.
Ciò che è richiesto, ai fini della detraibilità, in questo caso, è che il premio sostenuto dal contribuente per la polizza non sia stato né detratto né dedotto dal contribuente.
Per quanto riguarda l’obbligo di tracciabilità, quando la spesa è sostenuta direttamente dalla società assicuratrice, questo si considera assolto.
Tratta proprio di una situazione analoga la recente sentenza della Corte di Cassazione numero 30611/2024, di cui chi scrive ha già parlato con l’articolo “Spese sanitarie detraibili anche quando pagate dall’assicurazione”, e a cui si rimanda per un approfondimento: nel caso esaminato dalla Corte, la prestazione sanitaria era stata effettuata dal contribuente in un paese fuori dall’Unione Europea, e pagata direttamente dalla compagnia assicurativa.
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Modelli ISA 2025: ecco le regole
L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato il Provvedimento n 131055 del 17 marzo le regole per gli ISA indici sintetici di affidabilità:
- ISA 2025 Indici sintetici di affidabilità – Commercio
- ISA 2025 Indici sintetici di affidabilità – Agricoltura
- ISA 2025 Indici sintetici di affidabilità – Manifatture
- ISA 2025 Indici sintetici di affidabilità – Professionisti
- ISA 2025 Indici sintetici di affidabilità – Servizi
Ricordiamo che all'atto della pubblicazione della prima bozza le Entrate evidenziavano che i modelli sono aggiornati ai nuovi codici ATECO 2025.
ISA 2025: pubblicati i definitivi
A partire dal 1° gennaio 2025 è entrata in vigore la nuova classificazione ATECO 2025 che sostituisce la versione della classificazione ATECO 2007 – Aggiornamento 2022.
Tale nuova classificazione verrà adottata ai fini amministrativi a partire dal 1° aprile 2025 e se ne è tenuto conto anche nella predisposizione degli ISA 2025.
Con il provvedimento di cui sopra, sono approvati, unitamente alle relative istruzioni – costituite da una Parte Generale, comune a tutti i modelli, da parti specifiche per ciascun modello e da parti relative ai quadri A, F e H, comuni ai modelli che ne prevedono il richiamo nelle relative istruzioni specifiche – i modelli per la comunicazione dei dati rilevanti ai fini dell’applicazione degli indici sintetici di affidabilità fiscale, che sono parte integrante dei modelli della dichiarazione dei redditi.
Attenzione al fatto che i modelli devono essere presentati dai contribuenti che nel periodo d’imposta 2024 hanno esercitato, in via prevalente, una delle attività economiche del settore dell’agricoltura, delle manifatture, dei servizi, delle attività
professionali e del commercio per le quali risultano approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale indicati nella Tabella 1 allegata alle Istruzioni Parte Generale in precedenza citate e che sono tenuti all’applicazione degli stessi, ovvero che, ancorché esclusi dall’applicazione degli indici, sono comunque tenuti alla presentazione dei modelli, in quanto:- esercitano due o più attività di impresa, non rientranti nel medesimo indice sintetico di affidabilità fiscale, qualora l’importo dei ricavi dichiarati relativi alle attività non rientranti tra quelle prese in considerazione dall’indice sintetico di affidabilità fiscale, relativo all’attività prevalente, superi il 30 per cento dell’ammontare totale dei ricavi dichiarati;
- svolgono attività d’impresa, arte o professione e partecipano a un gruppo IVA di cui al Titolo V-bis del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633.
Al solo fine di acquisire le informazioni utili alla elaborazione dei relativi indici sintetici di affidabilità fiscale, i contribuenti che, nel periodo d’imposta 2024, hanno dichiarato redditi d’impresa derivanti dall’esercizio in via prevalente di una delle seguenti attività economiche:
- a) Attività di ingegneria, codice attività 71.12.10;
- b) Attività di commercialisti, codice attività 69.20.01;
- c) Attività di esperti contabili, codice attività 69.20.03;
- d) Attività di consulenti del lavoro, codice attività 69.20.04;
- e) Progettazione, pianificazione e supervisione di scavi archeologici, codice attività 71.11.01;
- f) Attività di architettura n.c.a., codice attività 71.11.09;
- g) Servizi veterinari, codice attività 75.00.00;
- h) Attività legali e giuridiche, codice attività 69.10.10, devono compilare uno dei seguenti modelli approvati con il presente provvedimento:
- DK02U – Attività degli studi di ingegneria, per l’attività di cui alla lettera a);
- DK05U – Servizi forniti da dottori commercialisti, ragionieri, periti commerciali e consulenti del lavoro, per le attività di cui alle lettere da b) a d);
- DK18U – Attività degli studi di architettura, per le attività di alle lettere e) e f);
- DK22U – Servizi veterinari, per l’attività di cui alla lettera g);
- DK04U – Attività degli studi legali, per l’attività di cui alla lettera h).