• Corsi Accreditati per Commercialisti

    STP e possesso PEC: chierimenti del CNDCEC

    Il CNDCEC con il pronto ordini n 88/2025 risponde alla richiesta di chiarimenti sul possesso della PEC da parte delle STP.

    Vediamo il contenuto della delucidazione a vantaggio dei professionisti facenti parte di società.

    STP e possesso PEC: chierimenti del CNDCEC

    Con il quesito formulato si domandava se le STP, società tra professionisti, siano tenute ad attivare e comunicare all'Ordine di appartenenza la PEC della società; oppure, se possa essere utilizzata dalla società la PEC di uno dei professionisti che risultano essere soci della STP.
    Viene intanto ricordato che le STP, in a quanto tenute a iscriversi nell'apposita sezione speciale del Registro delle presso la Camera di Commercio competente sono tenute a dotarsi di PEC/domicilio digitale.-

    L'articolo 16 del D.L. 185/2008 convertito con modificazioni dalla Legge n.2/2009 prevede, infatti, che "Le imprese costituite in forma societaria sono tenute a indicare il proprio domicilio digitale di cui allarticolo 1, comma 1, lettera n-ter del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 …".
    In quanto soggetti giuridici autonomi tenute ad iscriversi in apposita sezione dell'albo tenuto dall'Ordine professionale di riferimento, come previsto dall'articolo 8 del D.M. 8 febbraio 2013, n. 34, le STP sono soggette agli stessi obblighi comunicativi previsti per gli iscritti persone fisiche e quindi dovranno a comunicare all'Ordine il domicilio digitale della società comunicato al Registro delle Imprese.

  • Cedolare secca

    Cedolare secca locazioni: Ordinanza interlocutoria per chiarire l’applicabilità

    Con l'Ordinanza n 30016 la sezione tributaria della Cassazione ha chiesto alle sezioni Unite di risolvere una questione di difformità interpretativa sulla applicazione della cedolare secca nella locazione ad uso foresteria quando il conduttore è una società.

    Cedolare secca locazioni: ordinanza interlocutoria per chiarire il perimetro

    Il caso nasce da contratti di locazione che una persona fisica proprietaria di immobili aveva stipulato con una Università private  “con previsione di destinazione delle unità immobiliari ad abitazione ed alloggio temporaneo a favore di soggetti legati all’Università da rapporto di lavoro e/o collaborazione”. 

    L'agenzia delle Entrate nel caso di specie aveva negato l'applicazione della cedolare secca, conformemente all'orientamento prevalente che nega la tassa piatta sia quando il locatore svolga attività d'impresa, sia quando è il conduttore sia soggetto imprenditoriale.

    La contribuente usciva vittoriosa dal primo contenzioso mentre nel secodno era l'agenzia ad avere ragione.

    La Cassazione cui la contribuente ricorrreva, in primo luogo ha ricorda che l’art. 3 del DLgs. 23/2011 ha introdotto, in “alternativa facoltativa al regime ordinario”, la possibilità di applicare, su opzione del locatore, un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, nonché delle imposte di registro e di bollo sul contratto di locazione.

    Successivamente ricordava le tre regole necessarie per beneficiarne:

    • è il locatore a scegliere la cedolare secca,
    • il contratto deve avere ad oggetto “una locazione di unità immobiliare ad uso abitativo”,
    • la cedolare non si applica alle locazioni “effettuate nell’esercizio di una attività di impresa, o di arti e professioni”.

    La Cassazione ricorda anche che Altri due elementi il comma 6-bis dell art 3 del DLgs. 23/2011 ammette alla cedolare secca “le unità immobiliari abitative locate nei confronti di cooperative edilizie per la locazione o enti senza scopo di lucro … purché sublocate a studenti universitari e date a disposizione dei comuni con rinuncia all’aggiornamento del canone di locazione o assegnazione”;
    Inoltre ricorda anche che la ratio del regime è da individuarsi “nell’esigenza di contrastare l’evasione fiscale, applicando un regime di tassazione favorevole e di facilitare la movimentazione del mercato locatizio abitativo e con esso sostenere la conservazione del patrimonio immobiliare”.

    La cassazione ricorda anche le recenti sentenza in base alle quali è stato affermato che la cedolare secca può essere applicata dal locatore anche qualora il conduttore concluda il contratto di locazione ad uso abitativo nell’esercizio della sua attività professionale.

    Nell’ordinanza n. 30016/2025, tuttavia è la stessa Cassazione ad avere espresso delle perplessità su quest’ultima impostazione.
    I giudici di legittimità spostano l’attenzione sulla condizione oggettiva di applicazione della cedolare secca, ponendo in dubbio la possibilità di considerare “ad uso abitativo” una locazione ad uso foresteria. 

    In particolare, alla locazione ad uso abitativo è connaturale l’utilizzazione diretta del bene da parte del conduttore che, invece, con riferimento all'uso foresteria non sussiste.

    Anche la sublocazione o la concessione in comodato dell’immobile, da parte del conduttore, assumono, nel caso che si osserva, una configurazione peculiare, in quanto il bene locato viene destinato ad alloggio temporaneo di dipendenti, collaboratori od ospiti, ovvero ad una finalità legata a soddisfare le esigenze produttive od organizzative legate all’esercizio dell’attività professionale o d’impresa del locatore.

    In conclusione, secondo l’ordinanza, un’interpretazione sistematica suggerisce che la tassa piatta possa applicarsi solo a locazioni che intervengano tra soggetti che non esercitino entrambi attività d’impresa.
    Avendo evidenziato il contrasto interpretativo, la Suprema Corte chiede l’intervento delle Sezioni Unite a cui spetterà il compito di dirimere la questione.

  • Antiriciclaggio

    Oro da investimento: tassazione agevolata per la rivalutazione

    Il 14 novembre è scaduto il termine per presentare gli emendamenti alla legge di bilancio 2026.

    Com'è noto i lavori parlamentari sono in corso e diverse proposte emendative sono state presentate a rettifica delle prima norma approvate dal Governo con il DDL di Bilancio lo scorso 17 ottobre.

    Tra gli emendamente ve n'è uno sull'oro da investimento, vediamo cosa contiene e chi riguarda la possibilità di una tassazione agevolata per l'oro rivalutat.

    Rivalutazione oro: tassazione agevolata in Legge di Bilancio 2026

    L'emendamento, ancora da approvare, riguarda coloro che hanno investito in oro.

    In base alle norme nazionali, i lingotti d’oro sono considerati “ora da investimento” quando hanno un titolo uguale o superiore a 995/1.000.

    Con la locuzione “oro da investimento” si intendono le monete d’oro di purezza pari o superiore a 900 millesimi coniate dopo il 1800, che hanno o hanno avuto corso legale nel Paese di origine e i lingotti o le placchette di peso superiore a 1 grammo di purezza pari o superiore a 995 millesimi. 

    Ciò premesso, la proposta emendativa introduce una rivalutazione agevolata dell’oro da investimento senza documentazione d’acquisto. 

    In particolare, l'emendamento rubricato Misure in materia di rivalutazione fiscale dell'oro da investimento prevede che:

    • i contribuenti che, alla data del 1° gennaio 2026, 
    • possiedono oro da investimento di cui all'articolo 1, lettera a), della legge 17 gennaio 2000, n. 7
    • in mancanza di documentazione attestante il relativo costo o il valore di acquisto,
    • possono presentare istanza di rivalutazione fiscale entro il 30 giugno 2026.

    Ai fini e agli effetti della determinazione delle plusvalenze di cui alla lettera c-ter) del comma 1 dell'articolo 67 e di cui alla lettera d) del comma 7 dell'articolo 68 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, per l'oro da investimento di cui all'articolo 1, lettera a), della legge 17 gennaio 2000, n. 7, posseduto alla data del 1° gennaio 2026, può essere assunto, in luogo del costo o del valore di acquisto, il valore determinato ai sensi dell'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, a condizione che il predetto valore sia assoggettato a un'imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 12,5 per cento e che sia certificato da una società iscritta al Registro degli Operatori Professionali in Oro presso l'Organismo Agenti e Mediatori. 

    Il valore determinato sulla base del prezzo del giorno ricavato da fonti ufficiali può essere assunto sino alla data di rilascio della certificazione.
    L'istanza  deve essere accompagnata da una relazione idonea a rappresentare analiticamente i dati riportati nell'istanza medesima.
    L'istanza, la relazione di accompagnamento e la certificazione del valore dei beni oggetto di rivalutazione devono essere presentate entro il 30
    giugno 2026.
    L'imposta sostitutiva deve essere versata entro il 30 settembre 2026, con facoltà per il contribuente di rateizzazione degli importi complessivamente
    dovuti fino a un massimo di tre rate annuali di pari importo, a decorrere dal 30 settembre 2026. 

    Sulle rate successive alla prima si applicano gli interessi nella misura del 3 per cento annuo, da versare contestualmente a ciascuna rata. La rivalutazione si perfeziona alla data di esecuzione dell'unico versamento o della prima rata.
    L'assistenza professionale ai fini dell'istanza di rivalutazione e della relazione di accompagnamento è riservata ai soggetti iscritti all'Albo degli Avvocati o dei Dottori Commercialisti ed Esperti Contabili.

    L'istante deve rilasciare al professionista che lo assiste una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà con la quale attesta che gli atti o documenti consegnati per l'espletamento dell'incarico non sono falsi e che i dati e notizie forniti sono rispondenti al vero.
    Le modalità applicative della procedura di rivalutazione prevista dai commi precedenti sono disciplinate con provvedimento del direttore dell'Agenzia delle entrate da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione

  • Accertamento e controlli

    Acconto di novembre aderenti al CPB

    Il giorno 30 novembre, che cadrà di domenica, scade il termine per pagare l'acconto delle tasse di novembre.

    Per questo, i pagamenti, vanno effettuati entro il 1° dicembre 2025.

    Tale scadenza vale per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare chiamati al pagamento della seconda o unica rata degli acconti irpef, ires e irap del 2025.

    Particolare attenzione va prestata Ai soggetti che hanno aderito al CPB.

    Leggi anche Acconto irpef novembre 2025: pagamenti entro il 1° dicembre

    Acconto di novembre aderenti al CPB

    Per i soggetti che hanno aderito al CPB operano regole particolari, l'articolo 20 del Decreto Legislativo n 13/2024 stabilisce infatti che l’acconto delle imposte relative ai periodi oggetto di CPB è calcolato secondo le regole ordinarie, tenendo conto dei redditi e del valore della produzione netta concordati.

    Per il calcolo, occorre innanzitutto verificare quale anno sia il 2025 rispetto al CPB, e infatti, 

    • per i contribuenti che hanno aderito al CPB per il biennio 2025-2026, il 2025 è il primo periodo di applicazione;
    • per contribuenti che hanno aderito al CPB per il biennio 2024-2025, il 2025 è il secondo periodo di applicazione.

    Ciò verificato, se si è al primo periodo di applicazione, e si è utilizzato il metodo storico, con riferimento alle imposte dirette, oltre all’acconto determinato sulla base degli importi indicati nel modello Redditi 2025, occorre versare una maggiorazione pari al 10% della differenza, se positiva, tra:

    •  il reddito concordato ossia quello indicato nel rigo P06 del modello CPB, per il 2025;
    •  il reddito d’impresa o di lavoro autonomo dichiarato per il periodo precedente, rettificato secondo le regole di determinazione proprie del concordato in base agli articoli 15 e 16 del DLgs.n 13/2024, ossia si tratta dell’importo indicato nel rigo P04 del modello CPB per il 2024.

    Inoltre, con riferimento all’IRAP, se l’acconto è determinato con il metodo storico, in aggiunta all’acconto determinato sulla base degli importi indicati nel modello IRAP 2025, è dovuta una maggiorazione pari al 3% della differenza, se positiva, tra:

    • il valore della produzione netta concordato, ossia valore indicato nel rigo P08 del modello CPB per il 2025;
    • il valore della produzione netta dichiarato per il periodo precedente, rettificato secondo le regole di determinazione proprie del concordato in base all'articolo 17 del DLgs. n 13/2024, ossia il valore indicato nel rigo P05 del modello CPB, per il 2024.

    Se l’acconto è determinato sulla base del criterio previsionale, la seconda rata è calcolata come differenza tra

    •  l’acconto complessivamente dovuto in base al reddito e al valore della produzione netta concordato;
    •  quanto versato con la prima rata.

    Per i soggetti per cui il 2025 è il secondo secondo periodo di applicazione del CPB,  se si utilizza il metodo storico, l’acconto relativo al 2025 deve essere determinato facendo riferimento alle imposte dirette e IRAP dovute per il 2024, senza considerare la parte di reddito concordato assoggettata a imposta sostitutiva.

    L'acconto, pertanto, è determinato sulla base del rigo “Differenza” del quadro RN, al pari di quanto previsto per i contribuenti che non hanno aderito al concordato preventivo biennale. 

    Il valore indicato in questo rigo tiene già conto del reddito concordato, in quanto nei quadri reddituali (RE, RF, RG) deve essere riportato il reddito concordato rettificato determinato nel quadro CP, già ridotto della quota assoggettata ad eventuale imposta sostitutiva CPB. 

    Tale aspetto ricordiamolo era stato chiarito con una FAQ delle Entrate del 28 maggio scorso.

    Invece, sempre se il 2025 è il secondo periodo di applicazione del CPB, l’acconto determinato sulla base del criterio previsionale deve essere calcolato considerando il reddito e il valore della produzione netta concordati per il 2025.

    Per approfondimenti si rimanda alla norma di riferimento ossia il Decreto Legislativo n 13/2024 oltre che ai documenti di prassi pubblicati nel frattempo.

  • Crisi d'impresa

    Piano del consumatore: non spetta ai fideiussori di attività d’impresa

    Con la Sentenza 11 novembre 2025, n. 29746, la Cassazione si è pronunciata in tema di qualifica di “consumatore” ai fini dell’accesso al piano di ristrutturazione dei debiti ex art. 67 D.Lgs. 14/2019 (Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza – CCII).

    Viene specificato che, secondo il nuovo codice della crisi, è considerata "consumatore" la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale, commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta, anche se socia di una società dei tipi disciplinati nei capi III, IV e VI del titolo V del libro quinto del Codice civile.

    La qualifica di "consumatore" spetta esclusivamente alle persone fisiche

    La stessa persona fisica che esercita un’attività imprenditoriale o professionale può essere considerata "consumatore" solo quando stipula un contratto finalizzato alla soddisfazione di esigenze della vita quotidiana, estranee all’esercizio della propria attività.

    Viceversa, devono essere qualificati come "professionisti", persone fisiche o giuridiche, coloro che concludono un contratto non necessariamente nell’ambito della propria attività principale, ma comunque per uno scopo connesso all’attività imprenditoriale o professionale.

    Piano del consumatore omologato e poi revocato in sede di reclamo

    La pronuncia della Corte di Cassazione, Sez. I civile, 11 novembre 2025 n. 29746, trae origine dal procedimento avviato da un soggetto che aveva chiesto l’omologazione di un piano di ristrutturazione dei debiti del consumatore ai sensi dell’art. 67 del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII).

    Il Tribunale aveva omologato il piano, dopo aver ritenuto sussistente la qualifica soggettiva di consumatore e adeguata la proposta.

    Contro tale decisione proponevano reclamo due srl, sostenendo che il soggetto non potesse essere considerata consumatrice.

    I debiti per i quali richiedeva la ristrutturazione derivavano infatti da fideiussioni prestate in favore di due società nelle quali la stessa:

    • deteneva partecipazioni rilevanti (80% in una società e 60% nell’altra),
    • aveva ricoperto ruoli di amministratrice per anni,
    • aveva rilasciato le garanzie pochi giorni dopo la cessazione delle cariche, pur rimanendo socia di maggioranza.

    La Corte d’Appello aveva accolto il reclamo revocando l’omologa, ritenendo che i debiti non fossero estranei all’attività imprenditoriale.

    Il soggetto ricorreva per Cassazione affidandosi a cinque motivi, contestando:

    • erronea interpretazione della nozione di “consumatore” ex art. 2, comma 1, lett. e) CCII;
    • mancata considerazione dell’attività concretamente svolta al momento della domanda (non più imprenditoriale);
    • omesso esame di fatti decisivi;
    • nullità della sentenza per violazione dell’art. 101, comma 2, c.p.c.;
    • violazione dell’art. 115 c.p.c. e del giudicato interno.

    Sosteneva, tra l’altro, che le garanzie fossero state rilasciate quando le società erano inattive e prossime al fallimento e che gli scopi perseguiti fossero personali, per evitare aggressioni derivanti da debiti successori. La Cassazione rigetta integralmente il ricorso, ritenendo corretta la valutazione in fatto svolta dalla Corte territoriale.

    La Corte richiama i principi della giurisprudenza UE (Corte di Giustizia, cause C-74/15 “Tarcau” e C-534/15 “Dumitras”), secondo cui la tutela del consumatore non spetta quando il garante:

    • è amministratore della società debitrice, oppure,
    • detiene una partecipazione non trascurabile nella stessa,
    • e la garanzia è prestata in collegamento funzionale con l’attività imprenditoriale.

    Questi elementi, afferma la Cassazione, ricorrono pienamente nel caso di specie.

    Secondo la Corte, la prestazione di fideiussione: “costituisce vero e proprio atto strumentale all’attività del debitore ove il garante sia coinvolto nell’effettiva gestione dell’impresa”

    E nel caso concreto il collegamento funzionale tra garanzie e attività delle società è “strettissimo”.

    La Cassazione precisa che la definizione di consumatore del CCII:

    • non si discosta dalla previgente definizione della L. 3/2012,
    • non estende automaticamente la qualifica ai soci,
    • richiede comunque che il debito sia contratto per scopi estranei all’attività imprenditoriale.

    Il cuore della pronuncia è contenuto nel seguente principio, espresso letteralmente nella motivazione: “Ne consegue che i requisiti soggettivi per l'applicazione della ‘disciplina consumeristica’ alla ricorrente sono stati motivatamente esclusi, proprio in ragione della sua peculiare ‘posizione’ nella vicenda societaria sopra descritta, dovendosi negare, nella fattispecie in esame, che la ricorrente avesse stipulato le garanzie in parola nella qualità di consumatore, al contrario avendolo fatto invece nell’esclusivo interesse delle due società. Tali fideiussioni, pertanto, si presentavano come a quelle società strettamente ‘funzionali’.”

  • Ipotecaria e catastali

    Strutture all’aperto: come aggiornare le rendite catastali entro il 15 dicembre

    Entro il 15 dicembre gli intestatari catastali delle strutture ricettive all’aperto avranno tempo per presentare le variazioni catastali volte a escludere dalla rendita gli allestimenti mobili di pernottamento dotati di meccanismi di rotazione in funzione: case mobili o mobile home, roulotte, camper, caravan, ecc.)
    Attenzione al fatto che tali variazioni catastali hanno effetto retroattivo, a partire dal 1° gennaio 2025.

    Riepiloghiamo le regole.

    Strutture all’aperto: istruzioni per l’aggiornamento rendite catastali

    L’art. 7-quinquies del DL 113/2024 aveva fissato al 15 giugno 2025 il termine per adempiere agli aggiornamenti, tuttavia, la scadenza è stata differita, a termini scaduti, al 15 dicembre 2025, dall'art 14 comma 5 del DL n 95/2025. 

    L’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n 65 in oggetto, ha illustrato le novità introdotte e gli obblighi dichiarativi per i titolari di diritti reali delle unità immobiliari interessate nonché le modalità di compilazione delle previste dichiarazioni di aggiornamento catastale.

    La novità prevede che dal 1° gennaio 2025, sono infatti esclusi da questa stima gli allestimenti mobili di pernottamento dotati di meccanismi di rotazione in funzione ubicati nelle strutture ricettive all’aperto.

    Inoltre, ai fini della stima diretta delle strutture ricettive all’aperto, il valore delle aree destinate al pernottamento viene aumentato, rispetto all’ordinario valore di mercato, in misura pari:

    • all’85%, per le aree attrezzate per i predetti allestimenti mobili di pernottamento;
    • al 55%, per le aree non attrezzate destinate al pernottamento degli ospiti.

    Ciò premesso, gli intestatari delle strutture ricettive all’aperto devono presentare gli atti di aggiornamento catastale entro il 15 giugno 2025, termine prorogato al 15 dicembre

    Si precisa che limitatamente all’anno 2025, per gli atti di aggiornamento catastale presentati entro tale data, le rendite rideterminate delle strutture ricettive all’aperto hanno effetto già dal 1° gennaio 2025.

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Credito ZES Mezzogiorno: integrativa entro il 2 dicembre

    A partire dal 18 novembre e fino al 2 dicembre è possibile presentare la Comunicazione integrativa per il credito ZES Mezzogiorno

    Riepiloghiamo le regole e vediamo il modello con le istruzioni per procedere.

    Credito ZES Mezzogiorno: integrativa entro il 2 dicembre

    Le imprese che hanno presentato la comunicazione originaria per il credito d’imposta Zes unica 2025 devono completare l’ultimo adempimento per accedere all’agevolazione, devono inviare la comunicazione integrativa con l’indicazione degli investimenti effettivamente realizzati dal 1° gennaio al 15 novembre 2025.

    La finestra per l’invio si pare domani e si chiuderà il prossimo 2 dicembre.   

    Con la comunicazione di cui si tratta si attesta l’effettiva realizzazione degli investimenti effettuati tra il 1° gennaio e il 15 novembre 2025 nella zona economica speciale, che comprende le regioni di Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia.

    A tal fine è necessario utilizzare il modello che l'agenzia delle entrate ha pubblicato con il Provvedimento n 25972 del 31 gennaio 2025.

    Scarica qui il modello e le istruzioni per la comunicazione integrativa per il credito ZES Mezzogiorno.

    Nel provvedimento viene specificato che ai sensi dell’articolo 1, comma 486, secondo periodo, della legge, la Comunicazione integrativa è inviata esclusivamente con modalità telematiche, direttamente dal beneficiario oppure avvalendosi di un soggetto incaricato della trasmissione delle dichiarazioni di cui all’articolo 3, commi 2-bis e 3, del decreto del Presidente della Repubblica 22 luglio 1998, n. 322. 

    La trasmissione telematica della Comunicazione integrativa è effettuata utilizzando esclusivamente il software denominato “ZESUNICAINTEGRATIVA2025”, disponibile gratuitamente sul sito internet delle Entrate.
    Si considera tempestiva la Comunicazione integrativa trasmessa alla data di scadenza del termine e nei quattro giorni precedenti ma scartata dal servizio telematico, purché ritrasmessa entro i cinque giorni solari successivi a tale termine.
    Nel medesimo periodo, con le stesse modalità è possibile:

    • a) inviare una nuova Comunicazione integrativa, che sostituisce integralmente quella precedentemente trasmessa. L’ultima Comunicazione integrativa validamente trasmessa sostituisce tutte quelle precedentemente inviate;
    • b) annullare la Comunicazione integrativa precedentemente trasmessa. Tale scelta comporta l’annullamento di tutte le Comunicazioni integrative precedentemente trasmesse con conseguente decadenza dall’agevolazione ai sensi del citato secondo periodo del comma 486.

    La Comunicazione integrativa inviata successivamente al termine di presentazione è scartata in fase di accoglienza. 

    Oltre i termini di presentazione di cui al paragrafo 4.1 possono essere accolte eventuali Comunicazioni integrative rettificative dei dati del quadro C, nei casi di Comunicazioni integrative sottoposte al controllo antimafia risultate

    Ricordiamo che il credito d’imposta Zes unica, introdotto dal Dl n. 124/2023 e confermato per il 2025, sostiene le imprese che investono in beni strumentali nuovi destinati, come detto, alle aree produttive delle regioni del Mezzogiorno e dell’Abruzzo. 

    Gli investimenti devono essere compresi tra 200mila euro e 100 milioni di euro per ciascun progetto.

    Conclusa la fase di invio della comunicazione integrativa, un provvedimento del Direttore dell’Agenzia attesterà la percentuale di fruizione del credito d’imposta, che viene calcolata sulla base dell’ammontare delle richieste pervenute in rapporto al limite massimo di spesa, pari a 2,2 miliardi di euro.