• Bonus fiscali e crediti d'imposta

    Tax credit librerie 2025: domande entro il 31.10

    Entro il 31 ottobre è possibile inviare le domande per il tax credit librerie sulla piattaforma del Direzione generale Biblioteche e diritti d'autore.

    Ricordiamo che la Legge n.205 del 27 dicembre 2017 commi 319-321 ha riconosciuto a decorrere dall'anno 2018, agli esercenti che operano nella vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati con codice ATECO principale 47.61 o 47.79.1, un credito di imposta.

    Il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, con il Decreto interministeriale recante: “Disposizioni applicative in materia di credito di imposta per gli esercenti di attività commerciali, che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri, di cui all’art. 1, comma 319 e seguenti, della legge 27 dicembre 2017, n. 205”ne ha disciplinato le regole attuative, vediamo come fare per le domande.

    Si ricorda che, anche per il 2025, nella domanda dovrà essere indicata la dimensione dell’impresa (micro, piccola, media o grande).

    Vediamo come presentare domanda.

    Tax credit librerie 2025: domande entro il 31 ottobre

    A partire dalle ore 12 di lunedì 15 settembre 2025 sarà possibile presentare esclusivamente online le domande per il riconoscimento del credito d’imposta relativo al Tax Credit Librerie, riferito ai dati economici dell’anno 2024. 

    La scadenza per l’invio delle istanze è fissata alle ore 12 del 31 ottobre 2025.

    L’accesso alla piattaforma per la presentazione delle domande sarà possibile al seguente indirizzo: https://taxcreditlibrerie.cultura.gov.it/sportello-domande/.

    La dotazione finanziaria complessiva per l’annualità 2025 ammonta a 8.250.000 euro, in linea con quanto previsto per l’anno precedente. Si ricorda che, anche per il 2025, nella domanda dovrà essere indicata la dimensione dell’impresa (micro, piccola, media o grande).

    Si segnala, inoltre, che tutti gli utenti – compresi coloro che avevano già effettuato l’accesso o presentato istanza negli anni passati – dovranno procedere a una nuova registrazione a partire dal 15 settembre 2025.

    Per facilitare la compilazione è disponibile una guida consultabile sul portale. 

    Attenzione al fatto che eventuali richieste di chiarimento possono essere indirizzate all’indirizzo e-mail: [email protected].

  • Scritture Contabili

    Operazioni inesistenti: il ruolo degli indizi presuntivi

    Con l’ordinanza n. 25044 dell’11 settembre 2025, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio fondamentale in tema di operazioni soggettivamente inesistenti:

    • L’Amministrazione finanziaria può dimostrare anche in via presuntiva, sulla base di indizi oggettivi, la consapevolezza del cessionario di partecipare a una frode fiscale”.

    Elemento decisivo, nella fattispecie, in cui la cassazione ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, cassando la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado, che aveva annullato il recupero dell’Iva nei confronti di una società coinvolta in un articolato sistema di frode, è stato individuato nella retrocessione di una parte rilevante del corrispettivo a un soggetto diverso dall’emittente la fattura.

    Tale circostanzaè stata definita prova determinante della consapevolezza del contribuente.
    La Corte ha inoltre chiarito che la neutralità tecnica dell’Iva nel meccanismo del reverse charge non può sanare l’indetraibilità dell’imposta se l’operazione si inserisce in un contesto fraudolento.

    Operazioni inesistenti: il ruolo degli indizi presuntivi

    La vicenda trae origine da un processo complesso di frode Iva nel settore delle sponsorizzazioni sportive internazionali, documentato in un verbale della Guardia di finanza.
    Secondo gli accertamenti, due soggetti italiani avevano creato società con sede fittizia nel Regno Unito e in Irlanda, prive di personale e struttura d’impresa, utilizzate per emettere fatture false o gonfiate relative a prestazioni di sponsorizzazione nei campionati mondiali Superbike e Supersport.

    Il meccanismo prevedeva che i Team Corse italiani (sponsee) cedessero spazi pubblicitari sulle moto a società estere di comodo a prezzi irrisori. 

    Queste ultime rivendevano poi gli spazi alle società sponsor italiane, tra cui la contribuente, a corrispettivi esorbitanti

    Dopo il pagamento delle fatture, parte delle somme veniva restituita in contanti alle società sponsorizzate, tramite conti correnti svizzeri e austriaci riconducibili al sodalizio criminale.

    Sulla base del processo verbale di constatazione (PVC), l’Agenzia delle Entrate aveva recuperato l’Iva detratta e negato la deducibilità dei costi, ritenendo le operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti per circa l’84% degli importi fatturati.

    La Ctr aveva annullato l’accertamento, ma l’Agenzia propose ricorso per Cassazione denunciando erronea valutazione del thema decidendum e travisamento degli elementi indiziari.

    Accogliendo il primo motivo di ricorso, la Cassazione ha richiamato la propria giurisprudenza consolidata in materia di frodi Iva.
    In particolare, ha ribadito la ripartizione dell’onere della prova nelle operazioni soggettivamente inesistenti:

    • l'amministrazione finanziaria deve dimostrare, anche in via presuntiva e mediante indizi oggettivi, che il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione si inseriva in una frode. Non è necessario provare la partecipazione diretta all’accordo criminoso.
    • il contribuente: ha l’onere di fornire prova contraria, dimostrando di aver adottato la massima diligenza esigibile da un operatore accorto per evitare di essere coinvolto nella frode.

    Nel caso concreto, la Corte ha evidenziato che la Ctr aveva trascurato elementi probatori decisivi, come:

    • la retrocessione di parte del corrispettivo a soggetti diversi dagli emittenti delle fatture;
    • la fittizietà strutturale delle società estere;
    • la sproporzione evidente dei corrispettivi rispetto a quelli applicati dai main sponsor del campionato.

    La Cassazione ha inoltre chiarito che il contribuente non può limitarsi a invocare la regolarità contabile o la congruità dei pagamenti, né l’assenza di vantaggi economici, poiché tali circostanze non escludono la consapevolezza della frode e sono facilmente simulabili.


    Inoltre viene accolto anche il terzo motivo di ricorso, la Suprema Corte ha ritenuto erronea l’affermazione della Ctr secondo cui il reverse charge renderebbe l’operazione neutrale ai fini dell’Iva, escludendo qualsiasi danno per l’Erario.
    Richiamando l’articolo 47 del D.L. n. 331/1993 e la giurisprudenza della Corte di giustizia Ue, oltre alle Sezioni Unite (Cass. n. 22727/2022), la Cassazione ha ribadito che: 

    • “La neutralità tecnica dell’Iva non può prevalere sui principi anti-abuso: il diritto alla detrazione è escluso quando il cessionario sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione si inseriva in una frode”.

    In altre parole, anche se il meccanismo contabile del reverse charge comporta la registrazione simultanea dell’imposta a debito e a credito, l’Iva resta indetraibile se l’operazione è fittizia o fraudolenta.

  • PRIMO PIANO

    Dogane: novità dal 1° novembre per gli operatori

    Adm annunica le novità organizzative ed operative che partiranno dal 1° novembre

    Attenzione, per gli operatori, necessario aggiornare i propri sistemi e verisificare le competenze territoriali.

    Il comunicato stampa di ADM ha anche riepilogato sinteticamente a cosa prestare attenzione da sabato prossimo relativamente ad aggiornamenti di sistemi.

    Dogane: novità dal 1° novembre per gli operatori

    Le Dogane rendono noto che dal 1° novembre 2025 il nuovo assetto dell'Agenzia prevederà una articolazione in tredici Direzioni territoriali, ognuna con funzioni di programmazione e coordinamento su base regionale o interregionale. 

    Ad esse faranno capo gli Uffici locali, riorganizzati per aree funzionali e specializzazioni operative, al fine di ridurre duplicazioni, velocizzare i tempi e garantire uniformità nei controlli e nelle procedure.

    Da sabato 1° novembre cambieranno le sedi competenti per molti operatori economici, con conseguente aggiornamento degli indirizzi Pec e dei codici identificativi degli Uffici.

    Ogni operatore dovrà verificare tempestivamente il nuovo Ufficio territorialmente competente e aggiornare i propri sistemi informatici con i nuovi riferimenti.

    L’Agenzia metterà a disposizione, tramite i propri canali istituzionali, elenchi aggiornati e tabelle di corrispondenza al fine di supportare tale transizione.

    Il cambiamento avrà un impatto diretto anche su:

    • procedure di sdoganamento,
    • istanze telematiche
    • rapporti che gli operatori si troveranno a intrattenere con gli Uffici e le aree operative interessate da tale riorganizzazione. 

    A seguito degli interventi organizzativi delle strutture territoriali dell’Agenzia, si comunica che le modifiche avranno decorrenza 1° novembre 2025.
    Inoltre per consentire il corretto aggiornamento dei sistemi e garantire la coerenza delle banche dati, sono previsti i seguenti interventi nella giornata del 1° novembre 2025:

    • Applicativi Accise: è previsto un intervento di configurazione dalle ore 00:00 alle ore 18:00 della giornata; saranno, pertanto, inibiti gli accessi ai servizi di trasmissione delle dichiarazioni e alle applicazioni fruibili dal Portale dell’Agenzia.
    • Applicativi Dogane: i sistemi di accoglienza e presentazione delle dichiarazioni saranno sempre disponibili; tuttavia, i flussi di elaborazione potranno subire lievi rallentamenti, anche nella restituzione degli esiti elaborativi, connessi al riavvio dei sistemi.
    • Applicativi Giochi: non sono previste interruzioni dei servizi system to system dedicati ai Concessionari o dei servizi telematici esposti sul Portale dell’Agenzia; tuttavia, i flussi di elaborazione potranno subire lievi rallentamenti, anche nella restituzione degli esiti elaborativi, connessi al riavvio dei sistemi.

    Attenzione al fatto che con separate comunicazioni le Direzioni centrali competenti ratione materie disciplineranno le eventuali modalità operative, extra sistema, per consentire un’ordinata trattazione delle attività amministrative nel periodo di fermo.

  • Adempimenti Iva

    Liquidazione IVA nel caso di dichiarazioni omesse: novità dal 2026

    Il DDL di Bilancio 2026, in corso di approvazione defnitiva, tra le norme ne contiene una con misure di contrasto agli inadempimenti in materia di imposta sul valore aggiunto.

    Adempimenti IVA: cosa cambia dal 2026

    Con l'articolo 25 dell DDL  Bilancio 2026 si prevede che al fine di dare attuazione alla Riforma 1.12 del PNRR (Riforma dell’Amministrazione fiscale), come da modifiche in corso di riprogrammazione, vengono introdotte le seguenti norme.

    Al decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, dopo l’articolo 54- bis, è inserito il seguente: «Art. 54-bis.1 (Liquidazione IVA nel caso di dichiarazioni omesse)
    In particolare, senza pregiudizio dell’azione accertatrice, l’Agenzia delle entrate, entro il termine di cui all’articolo 57, comma 2, può procedere, in caso di omessa presentazione della dichiarazione annuale dell’imposta sul valore aggiunto, alla liquidazione dell’imposta, anche avvalendosi di procedure automatizzate, sulla base delle fatture elettroniche emesse e ricevute, dei corrispettivi telematici trasmessi e degli elementi desumibili dalle comunicazioni dei dati delle liquidazioni periodiche. 

    Nell’effettuazione della liquidazione, non si tiene conto del credito risultante dalla dichiarazione presentata per il periodo di riferimento antecedente a quello oggetto di liquidazione e dall’imposta dovuta sono scomputati solo i versamenti effettuati. 

    Ai fini della liquidazione, si considera omessa anche la dichiarazione presentata senza i quadri dichiarativi necessari per la liquidazione dell’imposta dovuta.
    Quando dai controlli eseguiti emerge un’imposta da versare, l’esito della liquidazione è comunicato al contribuente che, nei successivi sessanta giorni, può segnalare eventuali dati o elementi non considerati, o valutati erroneamente, nella liquidazione e fornire i chiarimenti necessari, oppure provvedere al versamento dell’imposta dovuta, unitamente agli interessi e alle sanzioni di cui al comma 3. 

    Decorso tale termine, in caso di inerzia del contribuente, oppure qualora i riscontri forniti non siano idonei a modificare l’importo dell’imposta liquidata, le somme dovute per imposta, sanzioni e interessi sono iscritte direttamente nei ruoli a titolo definitivo, ai sensi dell’articolo 14 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. 

    Se gli elementi forniti dal contribuente portano ad una diversa determinazione dell’imposta dovuta, l’esito della liquidazione è nuovamente comunicato al contribuente e, dalla data di comunicazione, decorre il termine di cui al primo periodo. 

    Per il pagamento delle somme dovute non è possibile avvalersi della compensazione prevista dall’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241.
    In caso di iscrizione a ruolo delle somme dovute, per il relativo pagamento non è ammessa la compensazione prevista dall’articolo 31 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.

    Quando dai controlli eseguiti emerge un’imposta da versare, si applica la sanzione di cui all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, determinata in base all’imposta liquidata. Se il contribuente provvede a versare le somme dovute nel termine di cui al comma 2, la sanzione è ridotta a un terzo

    L’avvenuta comunicazione degli esiti della liquidazione non consente di applicare l’articolo 5, comma 1-bis, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. 

    Con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate possono essere dettate disposizioni attuative del presente articolo, con particolare riguardo alle modalità da seguire per la comunicazione delle risultanze delle liquidazioni e ai dati utilizzabili per l’effettuazione delle stesse.»;
    Inoltre, si prevede che all’articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In caso di avvenuta comunicazione della liquidazione di cui all’articolo 54-bis.1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per imposta dovuta si intende la differenza tra l’ammontare del tributo liquidato in base all’accertamento e quello già liquidato ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 54- bis1.»;
    Si prevede infine che all’articolo 30, comma 1, del Testo unico delle sanzioni tributarie amministrative e penali, di cui al decreto legislativo 5 novembre 2024, n. 173, dopo il quinto periodo, è aggiunto il seguente: «In caso di avvenuta comunicazione della liquidazione di cui all’articolo 54-bis.1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, per imposta dovuta si intende la differenza tra l’ammontare del tributo liquidato in base all’accertamento e quello già liquidato ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 54- bis.1.».

  • Accise

    Accisa carburanti 2026: come cambiano con la Legge di Bilancio

    Il DDL di Bilancio 2026, in corso di approvazione defnitiva, tra le norme ne contiene una che modifica le accise sui carburanti a partire dal 1° gennaio prossimo.

    Vediamo il dettaglio

    Accisa carburanti 2026: scendono con la Legge di Bilancio

    Con la norma in questione l'attuale articolo 30 prevede che al decreto legislativo 28 marzo 2025, n. 43, all’articolo 3, sono apportate le seguenti modificazioni: 

    • a) il comma 1 è sostituito dal seguente: «1. Ai fini del superamento del sussidio ambientalmente dannoso EN.SI.24, di cui al
      Catalogo dei sussidi ambientalmente dannosi e dei sussidi ambientalmente favorevoli, a decorrere dal 1° gennaio 2026 è applicata una riduzione dell’accisa sulle benzine nella misura di 4,05 centesimi di euro per litro e un aumento, nella medesima misura, dell’accisa applicata al gasolio impiegato come carburante. Conseguentemente le aliquote di accisa sulle benzine e sul gasolio impiegato come carburante di cui all’Allegato I al testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, sono rideterminate nella seguente identica misura:
    • benzina: euro 672,90 per mille litri;
    • gasolio usato come carburante: euro 672,90 per mille litri.»;
    • il comma 3 è sostituito dal seguente: « Per il gasolio utilizzato negli impieghi indicati ai numeri 5 e 9 della Tabella A, allegata al testo unico di cui al decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, non trovano applicazione la variazione, in aumento, dell'aliquota di accisa sul gasolio usato come carburante stabilita dal decreto 14 maggio 2025 del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica e del Ministro dell’economia e delle finanze di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti e il Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 110 del 14 maggio 2025 e la variazione, in aumento, della medesima
      aliquota stabilita dal comma 1, lettera b), del presente articolo.»;

    Si resta in attesa della norma definitiva

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    ZES UNICA: proroga al 2028 e modalità di invio comunicazione

    L'art 96 in bozza del DDL di Bilancio 2026 contine misure per la ZES UNICA del mezzogiorno.

    Vediamo tutti i dettagli.

    ZES UNICA: proroga al 2028

    In dettaglio viene modificato l'articolo 16 del decreto-legge 19 settembre 2023, n. 124, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 novembre 2023, n. 162, nel modo seguente:

    • a) al comma 1, le parole: «Per gli anni 2024 e 2025» sono sostituite dalle seguenti: «Per gli anni 2024, 2025, 2026, 2027 e 2028»;
    • b) al comma 4, primo periodo, le parole «e dal 1° gennaio 2025 al 15 novembre 2025» sono sostituite dalle seguenti: «, dal 1° gennaio 2025 al 15 novembre 2025 e dal 1° gennaio 2026 al 31 dicembre 2028»;
    • c) al comma 6, primo periodo, le parole «e di 2.200 milioni di euro per l'anno 2025» sono sostituite dalle seguenti: «, 2.200 milioni di euro per l'anno 2025, 2.300 milioni di euro per l'anno 2026, 1.000 milioni di euro per l'anno 2027 e di 750 milioni di euro per l’anno 2028».

    Inoltre per gli anni 2026, 2027 e 2028, ai fini della fruizione del credito d'imposta come modificato dal comma 1 su indicato gli operatori economici comunicano all'Agenzia delle entrate:

    • dal 31 marzo 2026 al 30 maggio 2026 l'ammontare delle spese ammissibili sostenute dal 1° gennaio 2026 e quelle che prevedono di sostenere fino al 31 dicembre 2026, 
    • dal 31 marzo 2027 al 30 maggio 2027 l'ammontare delle spese ammissibili sostenute dal 1° gennaio 2027 e quelle che prevedono di sostenere fino al 31 dicembre 2027 
    • dal 31 marzo 2028 al 30 maggio 2028 l'ammontare delle spese ammissibili sostenute dal 1° gennaio 2028 e quelle che prevedono di sostenere fino al 31 dicembre 2028. 

    A pena di decadenza dall'agevolazione, gli operatori economici che hanno presentato la comunicazione di cui al primo periodo inviano:

    • dal 3 gennaio 2027 al 17 gennaio 2027, 
    • dal 3 gennaio 2028 al 17 gennaio 2028 
    • dal 3 gennaio 2029 al 17 gennaio 2029 

    all'Agenzia delle entrate una comunicazione integrativa attestante l'avvenuta realizzazione degli investimenti indicati nella comunicazione presentata ai sensi del predetto primo periodo.

    La comunicazione integrativa, a pena del rigetto della comunicazione stessa, reca, altresì, l'indicazione dell'ammontare del credito d'imposta

    maturato in relazione agli investimenti effettivamente realizzati e delle relative fatture elettroniche e degli estremi della certificazione prevista dal decreto del Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR 17 maggio 2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana n. 117 del 21 maggio 2024. 

    Attenzione la comunicazione integrativa indica un ammontare di investimenti effettivamente realizzati non superiore a quello riportato nella comunicazione inviata.

    Con provvedimento adottato dal Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono approvati i modelli di comunicazione da utilizzare e sono definite le relative modalità di trasmissione telematica.

    Ai fini del rispetto dei limiti di spesa per gli anni 2026, 2027 e 2028 l'ammontare massimo del credito d'imposta fruibile da ciascun beneficiario è pari all'importo del credito d'imposta risultante dalla comunicazione integrativa moltiplicato per la percentuale resa nota con provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle entrate, da emanare entro dieci giorni dalla scadenza del termine di presentazione delle comunicazioni integrative. 

    Detta percentuale è ottenuta rapportando il limite di spesa all'ammontare complessivo dei crediti d'imposta indicati nelle comunicazioni integrative.

  • Accertamento e controlli

    Crediti d’imposta e onere della prova: principio della Cassazione

    Con la Cassazione n 24841/2025 viene chiarito l'onere della prova per il contribuente ai fini dell'utilizzo dei crediti di imposta, ossia la suprema corte specifica che grava sul contribuente, il quale richieda il riconoscimento di un credito d’imposta, l’onere di provare i fatti costitutivi dell’esistenza del credito. 

    Non è sufficiente l’esposizione della pretesa nella dichiarazione, poiché il credito fiscale non nasce da questa, ma dal meccanismo di applicazione del tributo. 

    È sempre il contribuente, anche nelle ipotesi in cui trattasi di compensazione di debiti tributari con credito Iva, ad essere gravato dell’onere di dar prova dei fatti costituenti il diritto esercitato. 

    Crediti d’imposta e onere della prova: principio della Cassazione

    Quando un contribuente presenta un’istanza di rimborso per un credito d’imposta, non è sufficiente dichiarare l’esistenza del credito nella dichiarazione fiscale. 

    È necessario dimostrarlo con documentazione adeguata, perché il credito non nasce dalla dichiarazione, ma dal meccanismo di applicazione del tributo.

    Questo è il principio ribadito dalla Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 24841 del 9 settembre 2025, confermando un principio consolidato:

    • chi chiede un credito d’imposta assume il ruolo di attore in senso sostanziale e ha l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto esercitato.

    Tale assunto si applica anche ai casi di compensazione orizzontale con crediti IVA: anche in questi casi è il contribuente a dover fornire prova piena e concreta della spettanza del credito utilizzato.

    Crediti d’imposta e onere della prova: la giurisprudenza consolidata

    Il caso analizzato dalla Cassazione riguarda una controversia tra una Srl e l’Agenzia delle Entrate. 

    La società aveva chiesto il rimborso di importi versati in eccesso con F24 a titolo di Ires, Iva e Irap per l’anno d’imposta 2013.

    In particolare:

    • il versamento era stato effettuato in compensazione, utilizzando un credito IVA maturato nel 2016;
    • la somma versata era riferita a un debito già annullato dall’Agenzia in autotutela, quindi inesistente.

    La società, quindi, non doveva nulla, ma ha eseguito un versamento compensando con un credito successivo, per poi chiedere il rimborso dell’importo pagato

    L’Agenzia ha negato il rimborso e ha contestato la legittimità del credito IVA utilizzato, sostenendo che si trattava di un’operazione strumentale al conseguimento indebito del rimborso.

    In primo e secondo grado, le Commissioni tributarie avevano accolto le ragioni della società. 

    L’Agenzia delle Entrate ha quindi presentato ricorso in Cassazione, che ha ribaltato il verdetto.

    Secondo la Corte:

    • l’onere probatorio non si esaurisce con la dichiarazione;
    • il credito non nasce con l’esposizione nella dichiarazione, ma dal rapporto tributario sostanziale;
    • il contribuente deve provare la reale sussistenza del credito, anche se lo ha utilizzato in compensazione.

    Nel caso specifico, la Cassazione ha sottolineato che:Tale onere non può essere assolto con la mera esposizione della propria pretesa restitutoria nella dichiarazione, giacché il credito fiscale non nasce da questa, bensì dal meccanismo fisiologico di applicazione del tributo previsto dalla legge”.

    Nel processo tributario, quando è in gioco il riconoscimento di un rimborso, il contribuente ha un ruolo attivo, anche se è formalmente resistente.

    La Cassazione ha ribadito che in questi casi il contribuente è attore in senso sostanziale e deve allegare e provare i fatti che fondano il credito.

    Le contestazioni dell’Agenzia costituiscono mere difese e non sono soggette a preclusioni.

    Questo principio è coerente con precedenti orientamenti giurisprudenziali che chiariscono come in tema di rimborsi il contribuente debba assumersi integralmente l’onere probatorio.

    Con una precedente sentenza n. 21766/2021, i giudici hanno affermato che: l’Amministrazione finanziaria può contestare un credito IVA, anche dopo il termine per accertare l’imponibile, se il credito non deriva da una minore imposta dovuta, ma da altri fattori (es. errori, duplicazioni, irregolarità formali).

    Lo stesso principio era stato affermato in precedenza anche in materia di IRES (Cass. n. 5096/2016) che ha statuito che  i termini decadenziali per l’accertamento valgono solo per i crediti del Fisco, non per i debiti nei confronti del contribuente.

    Ciò significa che la richiesta di rimborso non può mai essere considerata automatica o intoccabile, ma può essere sempre oggetto di verifica sstanziale da parte dell’Agenzia.