-
Testo Unico Sanzioni: cosa contiene
Il Cdm del 29 ottobre ha approvato tra gli altri il Testo Unico sulle sanzioni tributarie, amminidtrative e penali in via definitiva.
In attesa del testo approvato, si riepilogano i contenuti del primo testo reso disponbile.
Ricordiamo che le disposizioni approvate si applicheranno a decorrere dal 1° gennaio 2026.
Il viceministro all’Economia Maurizio Leo ha espresso soddisfazione affermando che si tratta di: Una tappa importante del percorso di attuazione della delega. Entro fine anno puntiamo ad approvare definitivamente anche i decreti ora all’esame del Parlamento per i pareri.
Leggi anche:
Testo Unico Sanzioni tributarie, amministrative e penali: finalità
Il Testo Unico persegue la finalità di:
- puntuale individuazione delle norme vigenti, organizzandole per settori omogenei, anche mediante l'aggiornamento dei testi unici di settore in vigore;
- coordinamento formale e sostanziale delle norme vigenti, anche di recepimento e attuazione della normativa dell'Unione europea, apportando le necessarie modifiche, garantendone e migliorandone la coerenza giuridica, logica e sistematica;
- abrogazione espressa delle disposizioni incompatibili ovvero non più attuali.
Il testo unico raccoglie:
- i principi generali e le disposizioni sanzionatorie contenuti nei decreti legislativi 18 dicembre 1997, n. 471 e n. 472, in materia di imposte dirette, imposta sul valore aggiunto e riscossione;
- le leggi d’imposta in materia di registro, ipotecaria, catastale, successioni, donazioni, bollo, concessione governativa, assicurazioni private e contratti vitalizi, imposta sugli intrattenimenti, canone Rai;
- le disposizioni penali in materia tributaria e la disciplina dei reati in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto di cui al decreto legislativo 10 marzo 2000, n. 74.
Le disposizioni vigenti sono trasfuse senza modificarne la formulazione, a eccezione delle ipotesi in cui sia stato necessario.
In particolare, sono trasfuse le disposizioni relative alla disciplina sanzionatoria sostanziale di riferimento dei singoli tributi erariali; la disciplina relativa a profili diversi (ad esempio in tema di accertamento e sanzioni) è stata trasfusa, per settore d’ambito, negli altri rispettivi testi unici attuativi della delega.
Il testo tiene conto, altresì, delle modifiche recate dal decreto legislativo concernente la riforma del sistema sanzionatorio tributario, amministrativo e penale – in attuazione dell’articolo 20 della legge delega n. 111 del 2023 – approvato nella riunione del Consiglio dei Ministri del 24 maggio 2024.
-
Rilevanza degli immobili come beni merce: principio della Cassazione
Con l'Ordinanza n 25550 del 24 settembre 2024 la Cassazione ha sancito un principio secondo cui i beni immobili che una società, in conformità al proprio oggetto sociale, costruisce su un terreno di sua proprietà e, successivamente, vende a un terzo, devono essere sottoposti alla disciplina tipica dei “beni merce” e non a quella dei “beni patrimoniali”.
Vediamo i dettagli del caso di specie.
Rilevanza immobili come beni merce: principio della Cassazione
Una Direzione provinciale della Agenzia delle Entrate notificava ad una sas, avviso di accertamento con il quale rettificava il reddito imputabile alla società nella misura di Euro 154.184,00 a fronte di un reddito imponibile dichiarato di Euro 14.184,00.
L'Ufficio, con distinti avvisi di accertamento, rettificava anche il reddito da partecipazione dei soci ai sensi dell'art. 5 D.P.R. 22/12/1986, n. 917 TUIR.
In particolarem l'Agenzia delle Entrate contestava che la società aveva ceduto a titolo oneroso un fabbricato dalla stessa precedentemente edificato, applicando erroneamente la disciplina dei beni patrimoniali e dichiarando una plusvalenza di Euro 20.000,00, senza qualificare, come sarebbe stato doveroso, l'immobile ceduto come bene merce e senza includere tra i ricavi di competenza l'intero corrispettivo ricevuto pari ad Euro 140.000,00 come imposto dall'art. 85 TUIR.
La società e i soci impugnavano gli atti impositivi innanzi alla Commissione tributaria provinciale contestando gli addebiti e affermando che l'immobile ceduto doveva rientrare tra i beni patrimoniali della società.
L'Agenzia delle Entrate si costituiva nei diversi giudizi chiedendo dichiararsi la legittimità della pretesa impositiva e respingersi le impugnazioni. La CTP regionale riuniti i ricorsi, li respingeva con sentenza. La società e i soci proponevano appello innanzi alla Commissione tributaria regionale. L'Ufficio si costituiva con controdeduzioni chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
La CTR adita accoglieva l'appello e, di conseguenza, annullava gli accertamenti con sentenza, avverso la pronuncia della CTR, l'Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo.
L'Agenzia delle Entrate deduce violazione dell'art. 85, comma 1, TUIR in relazione all'articolo 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
Secondo l'Amministrazione ricorrente la sentenza avrebbe errato nel ritenere l'immobile ceduto come bene patrimonio piuttosto che come bene merce, con conseguente scelta di un erroneo regime fiscale quanto alla tassazione del ricavo maturato.
Secondo la Cassazione il motivo del ricordo è fondato poichè la società aveva nel suo oggetto sociale, fino al 2005 e prima di un mutamento dell'oggetto sociale, anche la costruzione di immobili e non la sola commercializzazione degli stessi e che era incontestato tra le parti che la società stessa avesse realizzato la costruzione dell'immobile compravenduto.
Tale circostanza, secondo la Commissione tributaria regionale, giustificava l'ascriversi dell'immobile ai beni patrimoniali e ciò anche in assenza della contabilizzazione del valore di esso tra le rimanenze, dovendo qualificarsi tale condotta di bilancio come un errore formale inidoneo a mutare la natura del bene in questione.
La Corte ha più volte affrmato dei principi, violati, a suo avviso, nella sentenza impugnata.
Viene specificato appunto che "in tema di redditi d'impresa, deve distinguersi tra immobili merce, destinati al mercato di compravendita, immobili patrimonio, destinati al mercato locativo, e immobili strumentali per destinazione o per natura, in quanto funzionali, i primi, secondo un'interpretazione restrittiva, allo svolgimento di attività tipicamente imprenditoriali e inidonei alla produzione di un reddito autonomo rispetto a quello del complesso aziendale nel quale sono inseriti, e caratterizzati, i secondi, da una strumentalità oggettiva senza che rilevi la loro utilizzazione per l'esercizio dell'impresa"
ed ancora: "in tema di redditi d'impresa, i beni immobili non strumentali né riconducibili ai beni-merce agli effetti dell'art. 57 (ora 90) del D.P.R. n. 917 del 1986 – che prevede l'indeducibilità dei relativi costi ed il concorso alla formazione del reddito secondo la disciplina sui redditi fondiari – vanno individuati in ragione della loro natura e della destinazione all'attività di produzione o di scambio oggetto dell'attività d'impresa, con la conseguenza che qualora gli stessi non siano correlati allo svolgimento di un'attività produttiva di reddito d'impresa, non solo non possono ritenersi beni-merce, ma neppure beni strumentali per destinazione"
Nel caso di specie l'immobile oggetto della compravendita non aveva, alla luce dei criteri delineati dalle pronunce riportate, nemmeno nella prospettazione delle parti e cioè in ragione delle circostanze di fatto per come descritte nella sentenza, natura di bene patrimoniale, perché pacificamente non destinato al mercato locativo, né natura di bene strumentale atteso che difettava di ogni destinazione alla realizzazione dell'attività di impresa.
Tale conclusione è perfettamente coerente con l'assenza di un registro dei cespiti ammortizzabili della società che riportasse l'immobile tra i beni patrimoniali.
La sentenza impugnata ha, allora, errato nel negare l'applicabilità alla fattispecie dell'art. 85 TUIR che recita: "sono considerati ricavi: a) i corrispettivi delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi alla cui produzione o al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa", atteso che solo tra di essi, e cioè tra i beni merce, poteva rientrare l'immobile ceduto.
A tale ultimo riguardo si consideri il principio di diritto, costantemente affermato dalla Corte, secondo il quale "in tema di determinazione del reddito di impresa, il corrispettivo della vendita di un complesso di unità immobiliari, effettuato da una società avente come oggetto principiale l'attività di compravendita di immobili, costituisce, a norma dell'art. 53 (ora art. 85), comma 1, lett. a), del D.P.R. n. 917 del 1986, ricavo interamente tassabile, atteso che la tassabilità della sola plusvalenza riguarda il corrispettivo realizzato mediante cessione di beni relativi all'impresa diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio essa è diretta"
Per tutto quanto premesso si accoglie il ricorso, si cassa la sentenza impugnata.
-
Buoni pasto anche per i giorni di ferie, dice la Cassazione
La sentenza n. 25840 della Corte di Cassazione del 27 settembre 2024 ha affrontato una questione rilevante relativa al diritto dei lavoratori di ricevere una retribuzione completa durante il periodo di ferie in particolare si ritiene che il buono pasto sia da ricomprendere nel concetto di retribuzione e quindi sia dovuto anche per i giorni di ferie. La decisione con la nuova interpretazione sugli elementi da ricomprendere nella retribuzione ordinaria puo avere un impatto rilevante nei rapporti lavorativi.
Vediamo più in dettaglio.
Buoni pasto nei giorni di ferie: il caso
Il caso in oggetto vedeva coinvolti una S.r.l. e un suo dipendente, che lamentava di non aver percepito durante le ferie una retribuzione equivalente a quella normalmente ricevuta in servizio. Il lavoratore, infatti, contestava l’esclusione di componenti quali
- l'indennità perequativa,
- l’indennità compensativa e
- il ticket-mensa,
che sono normalmente parte del suo compenso.
La Corte d'Appello di Napoli aveva confermato la decisione del Tribunale di Benevento a favore del dipendente, sottolineando come queste indennità siano concepite per bilanciare i disagi legati alle mansioni svolte e debbano quindi essere considerate parte della retribuzione anche in ferie.
Buono pasto nei giorni di ferie: la decisione della Cassazione
La Cassazione, esaminando il caso, ha ribadito l'importanza del diritto europeo in tema di ferie retribuite, richiamando la direttiva 2003/88/CE e la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Secondo tali principi, il lavoratore ha diritto a percepire una retribuzione ordinaria anche durante le ferie, in modo da non essere dissuaso dal godere del periodo di riposo, necessario per la sua salute e sicurezza.
Nel caso di specie, la Cassazione ha sostenuto che la Corte d'Appello di Napoli aveva correttamente interpretato la normativa interna alla luce di tali disposizioni comunitarie, ritenendo quindi che il compenso delle ferie dovesse includere tutte le indennità legate allo “status” personale e professionale del lavoratore, anche quelle normalmente percepite durante i giorni lavorativi.
Infine, la Cassazione ha respinto il ricorso presentato dall'Ente, confermando la condanna dell'azienda al pagamento delle differenze retributive al lavoratore. La Corte ha inoltre disposto il pagamento delle spese processuali a carico della ricorrente.
La sentenza sottolinea l’importanza di assicurare una retribuzione che non disincentivi il lavoratore dal godere del diritto alle ferie, mantenendo un trattamento economico che rispecchi quello ricevuto durante il servizio attivo.
Il concetto di omnicomprensività della retribuzione
Il concetto di "omnicomprensività della retribuzione" fa riferimento all'inclusione di tutte le componenti retributive, fisse e variabili, che il lavoratore percepisce abitualmente, anche per determinare la retribuzione durante le ferie o periodi di riposo. Secondo questo principio, la retribuzione dovuta durante le ferie non si limita al solo stipendio base, ma deve comprendere anche altre indennità e compensi che riflettono la normale paga del lavoratore, come le indennità di mansione o il ticket mensa, ove rilevanti.
Il concetto è presente all’art. 36 della Costituzione italiana
Tale principio però finora è stato interpretto dalla giurisprudenza in maniera restrittiva affermando che "In tema di retribuzione dovuta al prestatore di lavoro ai fini dei cc.dd. istituti indiretti (mensilità aggiuntive, ferie, malattia ed infortunio), non esiste nel nostro ordinamento "un principio generale ed inderogabile di omnicomprensività", individuabile soltanto nella previsione di specifiche norme di legge o di contratto collettivo".
La magistratura affida dunque alla legge e alla contrattazione collettiva il compito di stabilire quali elementi vanno considerati per il calcolo della retribuzione L’inclusione degli elementi è subordinata alla verifica che tali compensi non siano connessi a specifiche condizioni di presenza o di prestazioni straordinarie. Non devono quindi includersi, di norma, bonus occasionali o straordinari legati a obiettivi personalizzati
Invece recentemente la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha stabilito che, durante le ferie, il lavoratore deve percepire una retribuzione che non differisca significativamente da quella ricevuta nei periodi di attività, per evitare disincentivi al godimento delle ferie, diritto fondamentale per la tutela della salute e sicurezza. Nell causa causa Robinson-Steele (2006), hanno affermato che il diritto alle ferie retribuite implica una "retribuzione normale" anche nel periodo di riposo, senza esclusioni arbitrarie di elementi della retribuzione.
L'applicazione del principio di omnicomprensività ha conseguenze significative per i datori di lavoro, in quanto stabilisce l'obbligo di considerare nel calcolo delle ferie tutte le componenti della retribuzione connesse alla posizione lavorativa abituale del dipendente.
Ciò comporta un’accurata valutazione dei contratti collettivi e delle norme aziendali, che devono rispecchiare la corretta suddivisione delle componenti retributive ordinarie. Il mancato rispetto di questo principio può portare a contenziosi sanzionati con il pagamento delle differenze retributive e delle spese legali.
-
Bando 2024 Brevetti+: chiuso lo sportello
Il Ministero delle Imprese e del Made in Italy, con la pubblicazione dei bandi 2024 rende operative le misure Brevetti+, Disegni+ e Marchi+ finalizzate alla concessione delle agevolazioni per la valorizzazione dei titoli di proprietà industriale delle micro, piccole e medie imprese.
In favore dei tre interventi sono messi a disposizione complessivi 32 milioni di euro.
In merito alla misura Brevetti+, disciplinata con Decreto MIMIT del 6 agosto, è prevista la concessione di un’agevolazione a fondo perduto, ai sensi e nei limiti del regolamento de minimis, del valore massimo di euro 140.000,00.
Tale agevolazione non può essere superiore all’80% dei costi ammissibili.
La percentuale di agevolazione può raggiungere l’85% dei costi ammissibili nel caso di imprese in possesso della certificazione della parità di genere.
Il suddetto limite è elevato al 100% per le imprese beneficiarie che al momento della presentazione della domanda risultavano contitolari, con un Ente Pubblico di ricerca (Università, Enti di Ricerca e IRCCS), della domanda di brevetto o di brevetto rilasciato, ovvero titolari di una licenza esclusiva avente per oggetto un brevetto rilasciato ad uno dei suddetti enti pubblici, già trascritta all’UIBM, senza vincoli di estensione territoriali.
Leggi anche Bando Disegni+: domande dal 12 novembre
Fondo Brevetti +: obiettivi
La misura Brevetti + 2024 è l’intervento che intende favorire lo sviluppo di una strategia brevettuale e l’accrescimento della capacità competitiva delle micro, piccole e medie imprese, attraverso la concessione ed erogazione di incentivi per l’acquisto di servizi specialistici finalizzati alla valorizzazione economica di un brevetto in termini di redditività, produttività e sviluppo di mercato.
La dotazione finanziaria, riferita all’annualità 2024 e stanziata per l’attuazione dell’intervento, è pari a 20 milioni di euro.
Fondo Brevetti +: beneficiari
Viene precisato che possono beneficiare delle agevolazioni le PMI, anche di nuova costituzione, aventi sede legale ed operativa in Italia, che si trovino in una delle seguenti condizioni:
- siano titolari di un brevetto per invenzione industriale concesso in Italia successivamente al 1° gennaio 2023 ovvero siano titolari di una licenza esclusiva trascritta all’UIBM di un brevetto per invenzione industriale concesso in Italia successivamente al 1° gennaio 2023. In entrambi i casi, i brevetti devono essere in regola con i pagamenti delle tasse di mantenimento in vita, ove dovute, al momento della presentazione della domanda;
- siano titolari di una domanda nazionale di brevetto per invenzione industriale depositata successivamente al 1° gennaio 2022 con un rapporto di ricerca con esito “non negativo”;
- siano titolari di un brevetto concesso dall’EPO e convalidato in Italia successivamente al 1° gennaio 2023;
- siano titolari di una domanda di brevetto europeo o di una domanda internazionale di brevetto depositata successivamente al 1° gennaio 2022, con il relativo rapporto di ricerca con esito “non negativo”, che rivendichi la priorità di una precedente domanda nazionale di brevetto, purché la domanda nazionale di priorità non sia stata già ammessa alle agevolazioni “Brevetti+” nell’ambito dei precedenti bandi.
Fondo Brevetti +: spese ammissibili
Il contributo è finalizzato all’acquisto di servizi specialistici correlati e strettamente connessi alla valorizzazione economica del brevetto e funzionali alla sua introduzione nel processo produttivo ed organizzativo dell’impresa proponente, al fine di accrescere la capacità competitiva della stessa.
Sono ammissibili i costi dei seguenti servizi, esclusa IVA, distinti per Macroarea (di seguito individuate con le lettere A, B e C); ogni Macroarea prevede i seguenti sotto-servizi:
A. Progettazione, ingegnerizzazione e industrializzazione (incluso Proof of Concept)
- studio di fattibilità (specifiche tecniche con relativi elaborati, individuazione materiali, layout prodotto);
- progettazione produttiva;
- studio, progettazione ed ingegnerizzazione del prototipo, anche in un’ottica di incremento del valore del TRL;
- progettazione e realizzazione firmware esclusivamente per le macchine a controllo numerico finalizzate al ciclo produttivo;
- analisi e definizione dell’architettura software solo se relativo al procedimento oggetto della domanda di brevetto o del brevetto, con esclusione della realizzazione del codice stesso;
- test di produzione;
- certificazioni di prodotto o di processo strettamente connesse al brevetto oggetto della domanda.
B. Organizzazione e sviluppo
- organizzazione dei processi produttivi;
- analisi per la definizione qualitativa e quantitativa dei nuovi mercati geografici e settoriali;
- definizione della strategia di comunicazione, promozione e presidio dei canali distributivi.
C. Trasferimento tecnologico
- predisposizione accordi di segretezza;
- predisposizione accordi di concessione in licenza del brevetto;
- contratto di collaborazione tra PMI e istituti di ricerca/università (accordi di ricerca sponsorizzati);
Ai fini dell’ammissibilità del progetto di valorizzazione:
- il progetto non può basarsi su un’unica tipologia di servizio;
- nel progetto deve essere presente almeno un servizio della Macroarea A;
- gli importi richiesti per i servizi relativi alle Macroaree B e C, complessivamente, non possono superare il 40% del totale del piano richiesto.
Fondo Brevetti +: presenta la domanda
Le agevolazioni sono concesse sulla base di una procedura valutativa con procedimento a sportello, secondo quanto stabilito dall'articolo 5 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 123 e successive modificazioni e integrazioni.
Le domande di agevolazioni devono essere compilate esclusivamente tramite la procedura informatica e secondo le modalità e gli schemi pubblicati nell'apposita sezione del sito web del Soggetto Gestore e possono essere presentate
- a partire dalle ore 12:00 del 29 ottobre 2024 e
- fino alle ore 18.00 del medesimo giorno
nonché, in caso di disponibilità finanziarie residue, dalle ore 10.00 alle ore 18.00 dei successivi giorni lavorativi, dal lunedì al venerdì, fino ad esaurimento delle risorse finanziarie disponibili.
ATTENZIONE a seguito esaurimento delle risorse disponibili, a partire dal 30 ottobre 2024, con decreto il MIMIT dispone la chiusura dello sportello per la presentazione delle domande di accesso alle agevolazioni.
Allegati: -
Testo Unico Giustizia Tributaria: cosa contiene
Il Governo ha approvato in data 30 ottobre tre Testi Unici in via definitiva:
- Testo Unico Giustizia Tributaria,
- Testo Unico Tributi Erariali Minori,
- Testo Unico Sanzioni.
In attesa del testo approvato ieri che potrebbe aver subito cambiamenti rispetto alla prima approvazione, ripiloghiamo i principali contenuti e le finalità del provvedimento, evidenziando che anche questo testo unico, dovrebbe entrare in vigore dal 2026.
Leggi anche:
Testo Unico Giustizia Tributaria: come è composto
In particolare viene specificato che il Decreto legislativo relativo al testo unico della giustizia tributaria in esame preliminare ha carattere compilativo ed è stato elaborato coerentemente all’articolo 21, comma 1, della legge 9 agosto 2023, n. 111.
Il testo in bozza di preconsiglio dei ministri si compone di 131 articoli divisi in due Parti riguardanti:
- l’ordinamento della giurisdizione tributaria
- le disposizioni sul processo tributario.
La Parte I, Titolo I, ripropone il Titolo I del decreto legislativo n. 545 del 1992; con riguardo alla funzione giurisdizionale tributaria, è stato definito che la stessa è esercitata dai magistrati tributari assunti con concorso pubblico e dai giudici tributari iscritti nel ruolo unico nazionale tenuto dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
La Parte II è suddivisa in n. 3 Titoli. I Titoli I e II ripropongono i pari Titoli del decreto legislativo n. 546 del 1992. Il Titolo III contiene le disposizioni finali, ovvero quelle abrogate in quanto riprese nel corpus della proposta di testo unico.
L'art 131 che chiude il testo ancora in bozza prevede che le disposizioni si applicano a decorrere dal 1° gennaio 2026.
Testo Unico Giustizia Tributaria: la giurisdizione tributaria
Ai sensi dell'art 1 del Testo Unico in bozza viene previsto che la giurisdizione tributaria è esercitata dai magistrati tributari di cui al comma 4 e dai giudici tributari presenti nel ruolo unico nazionale di cui al comma 2.
Nel ruolo unico nazionale dei componenti delle Corti di giustizia tributaria, tenuto dal Consiglio di presidenza della giustizia tributaria, sono inseriti, ancorché temporaneamente fuori ruolo, i giudici tributari in servizio alla data di entrata in vigore del presente testo unico.
I giudici tributari, salvo quanto previsto nel terzo periodo, sono inseriti nel ruolo unico secondo la rispettiva anzianità di servizio nella qualifica.
I componenti delle Corti di giustizia tributaria nominati a seguito di appositi bandi pubblicati a partire da quello del 3 agosto 2011, Gazzetta Ufficiale, 4ª serie speciale, n. 65 del 16 agosto 2011, sono inseriti nel ruolo unico secondo l'ordine dagli stessi conseguito in funzione del punteggio complessivo per i titoli valutati nelle relative procedure selettive.
In caso di pari anzianità di servizio nella qualifica ovvero di pari punteggio, i componenti delle Corti di giustizia tributaria sono inseriti nel ruolo unico secondo l'anzianità anagrafica.
A decorrere dall'anno 2013, il ruolo unico è reso pubblico annualmente, entro il mese di gennaio, attraverso il sito istituzionale del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria.
I magistrati tributari sono reclutati secondo le modalità previste dagli articoli da 5 a 8.
L’organico dei magistrati tributari è individuato in 448 unità presso le corti di giustizia tributaria di primo grado e 128 unità presso le corti di giustizia tributaria di secondo grado.
I criteri di valutazione e i punteggi di cui alla tabella C allegata al presente decreto sono modificati, su conforme parere del consiglio di presidenza della giustizia tributaria, con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze.
-
Testo Unico Tributi erariali minori: cosa contiene
Il 30 ottobre il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il Decreto legislativo relativo al testo unico dei tributi erariali minori in attuazione dell’articolo 21 della legge 9 agosto 2023, n. 111.
Il testo persegue la finalità di una puntuale individuazione delle norme vigenti organizzandole nel settore di rispettiva competenza, le disposizioni vigenti sono trasfuse senza modificarne la formulazione, a eccezione delle ipotesi in cui sia stato necessario.
In attesa di visionare il testo definitivo riepiloghiamo i contenuti come specificati dal Governo relativamente alla prima bozza approvata che ad oggi dovrebbe aver subito cambiamenti.
Il provvedimento dovrebbe entrate in vigore definitivamente dal 2026.
Leggi anche:
Testo Unico Tributi erariali minori: cosa contiene
Come sottolienato dal Governo, sono trasfuse le disposizioni relative alla disciplina sostanziale di riferimento dei singoli tributi nonché le previsioni in tema di adempimenti e versamenti.
La disciplina relativa a profili diversi (ad esempio in tema di accertamento e sanzioni) è stata trasfusa, per settore d’ambito, in altri testi unici attuativi della delega.
Il testo unico ( in bozza) è composto di 100 articoli.
Il Titolo I raccoglie la normativa concernente le imposte in materia di assicurazioni private e di contratti vitalizi.
Il Titolo II reca la normativa in materia di imposta sugli intrattenimenti.
Il Titolo III concerne l’imposta erariale sui voli dei passeggeri di aerotaxi e l’imposta sugli aeromobili privati.
Il Titolo IV contiene le previsioni normative relative all’imposta sul valore degli immobili all’estero (IVIE).
Il Titolo V contiene le previsioni normative relative all’imposta sulle transazioni finanziarie (Tobin Tax).
Il Titolo VI raccoglie la disciplina in materia di abbonamento alle radioaudizioni (c.d. canone RAI).
Il Titolo VII contiene le previsioni normative relative all’imposta sui servizi digitali.
Il Titolo VIII è riportata la normativa concernente le tasse sulle concessioni governative.
Il Titolo IX attiene alla disciplina dei tributi e diritti speciali.
Il Titolo X contiene le disposizioni finali e l’elenco delle disposizioni da abrogare in quanto riprese nel testo unico.
-
Credito di imposta restauro immobili storici: fino a 100mila euro
La Legge di bilancio 2025 inizia il suo iter di approvazione con l'invio da parte del Governo del testo, reso ieri disponibile alla stampa, del DDL di bilancio approvato lo scorso 15 ottobre.
Vediamo cosa contiene relativamente alle norme per incentivare il settore della Cultura relativamente a:
- scavi archeologici,
- manutenzione, conservazione e restauro immobili storici.
- valorizzazione luoghi di cultura
Legge di bilancio 2025: le misure per la Cultura
Si incrementa di 3 milioni di euro annui a decorrere dal 2025 l'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, comma 333, della legge n. 213 del 2023, al fine di sostenere la realizzazione di una campagna nazionale di scavi archeologici nei parchi archeologici nazionali, di interventi per la sicurezza e la conservazione nonché di attività finalizzate alla tutela delle aree e delle zone di interesse archeologico.
Si rinnova l’articolo 65-bis del decreto-legge n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021, relativo al credito d’imposta per la manutenzione, la protezione o il restauro di immobili di interesse storico e artistico, riconosciuto in misura pari al 50 per cento degli oneri rimasti a carico delle persone fisiche, fino a un importo massimo complessivo del citato credito di 100 mila euro.
Il credito d'imposta spetta a condizione che l'immobile non sia utilizzato nell'esercizio di impresa e non è cumulabile con qualsiasi altro contributo o finanziamento pubblico e con la detrazione prevista dall'articolo 15, comma 1, lettera g), del Testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 917 del 1986.
Si rifinanzia il fondo di cui al suddetto articolo 65-bis, comma 1, del decreto-legge n. 73 del 2021, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106 del 2021, per un importo di 1 milione di euro annui per ciascuno degli anni 2025, 2026 e 2027.
Contestualmente, per favorire e diffondere maggiormente l’utilizzo della misura fiscale ed aumentare la consistenza degli interventi di manutenzione, protezione e restauro degli immobili, il tetto massimo di utilizzo della misura fiscale, viene innalzato a 200 mila euro a decorrere dal 2025, incentivando in tal modo l’effettuazione di una più ampia gamma di lavori conservativi sugli immobili di interesse storico e artistico.
Si prevede che le attività di valorizzazione del patrimonio culturale, con specifico riferimento alle operazioni e ai servizi svolti in attuazione del piano nazionale straordinario di valorizzazione, siano implementate a decorrere dall’anno 2025. L’analisi e la valutazione positiva sull’andamento negli ultimi anni del piano nazionale di valorizzazione degli istituti e luoghi della cultura che ha registrato una crescente adesione da parte del personale del Ministero della cultura ha reso necessario un incremento della dotazione.
A tal fine le risorse di cui all’articolo 1, comma 316, della legge n. 205 del 2017, sono incrementate di 2 milioni di euro annui dall’anno 2025.