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Rimborsi IVA beni di terzi: la nozione di beni ammortizzabili
L'Agenzia delle Entrate ha pubblicato la Risoluzione n 20 del 26 marzo in replica a dubbi sul rimborso dell’eccedenza d’imposta detraibile in caso di “realizzazione di opere su beni di terzi”.
Si risponde in particolare a richieste di chiarimenti in merito all’interpretazione dell’articolo 30, comma 2, lett. c) del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 (di seguito, “d.P.R. n. 633 del 1972”) con riferimento alla rimborsabilità dell’eccedenza IVA detraibile “per opere realizzate su beni di terzi” a seguito della sentenza della Corte di cassazione – Sezioni Unite Civili – del 14 maggio 2024, n. 13162
Relativamente al rimborso dell’IVA assolta da un soggetto passivo per interventi su beni di terzi di cui il soggetto abbia il possesso, l’Agenzia ha precisato che la nozione di “beni ammortizzabili”, deve essere estesa ai beni che, “pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali investimenti (beni strumentali)”.
Rimborsi IVA beni di terzi: chiarimenti su beni ammortizzabili
La Risoluzione in oggetto ricorda nel dettaglio che le Sezioni Unite, recependo l’indirizzo maggioritario della Sezione
Tributaria, hanno ribadito «l’equivalenza dei presupposti della detrazione e del rimborso dell’IVA.»
I giudici di legittimità hanno parificato sul piano sostanziale “detrazione” e “rimborso” e hanno chiarito che, all’espressione «acquisto … di beni ammortizzabili», utilizzata dal legislatore IVA interno (articolo 30, comma 2 , lett. c), d.P.R. n. 633 del 1972), «va attribuito il significato – lato – di disponibilità di tali beni in virtù di un titolo giuridico che ne garantisca il possesso ovvero la detenzione per un periodo di tempo apprezzabilmente lungo (quale appunto è, di norma, non solo quello derivante dall’acquisizione della proprietà ovvero di un diritto reale, ma anche da un contratto di locazione/comodato), ferma in ogni caso la necessaria “strumentalità” dei beni stessi all’esercizio dell’impresa (che comunque è presupposto generale della detraibilità dell’IVA ex art. 19, comma 1, DPR n. 633/1972)» e che «l’applicazione della disposizione legislativa de qua va necessariamente estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo mediolungo, appunto quali ‘investimenti’ (beni strumentali)», ovvero con «riferimento alla nozione -ampia e sostanzialmente economica- di ‘beni di investimento.’»
Più specificamente, le Sezioni Unite hanno rimarcato che «il concetto di ‘bene ammortizzabile’ non può essere correttamente inteso nel contesto giuridico dell’IVA con riferimento alle previsioni normative in materia di imposte dirette
(artt. 102, 103, dPR 917/1986) e nemmeno risultano ermeneuticamente dirimenti le disposizioni sul bilancio contenute nel codice civile ovvero i principi contabili. Piuttosto bisogna fare riferimento alla nozione – ampia e sostanzialmente economica – di “beni di investimento” che è quella utilizzata nella direttiva ‘rifusa’ (artt. 174, comma 2, lett. a) e comma 3, 188, comma 1, secondo periodo, e comma 2, 189, lett. a), 190, direttiva 2006/112/CEE) e che quindi risulta essere l’unico parametro al quale un’interpretazione ‘conforme’ deve affidarsi.»
Così definiti i beni ammortizzabili nel perimetro dell’articolo 30, comma 2, lett. c), d.P.R. n. 633 del 1972 e in relazione al diritto al rimborso dell’IVA assolta dal soggetto passivo per “l’esecuzione di opere” su beni di terzi di cui abbia la detenzione, appare chiaro che l’applicazione della suddetta disposizione legislativa nazionale «deve necessariamente essere estesa ai beni che, pur stricto sensu non ammortizzabili, sono comunque destinati all’esercizio dell’impresa per un periodo di tempo medio-lungo, appunto quali ‘investimenti’ (beni strumentali).» -
Rivenditori Monopoli: come pagare le somme una tantum
Con la Circolare n. 5/D del 2025 l’Agenzia delle Dogane promuove l’utilizzo della piattaforma PagoPA anche per il pagamento delle somme una tantum, sostituendo la modalità di pagamento effettuata tramite il modello di versamento F24.
In particolare, l’una tantum è il corrispettivo che il rivenditore deve versare per l’assegnazione, il rinnovo e il cambio di titolarità della concessione di rivendita di generi di monopolio.
Tali soggetti hanno la facoltà di corrispondere la somma una tantum dovuta, sia in un’unica soluzione che mediante pagamento rateizzato, utilizzando:
- il modello di versamento F24
- o attraverso le funzionalità disponibili sulla piattaforma digitale PagoPA.
Rivenditori Monopoli: come pagare le somme una tantum
Con la Circolare n. 5/D del 2025 l'Agenzia delle Dogane ricorda che, per il pagamento dell'unatantum, utilizzando il modello di versamento F24, è possibile che il rivenditore possa incorrere in errori di compilazione o nel versamento di somme in eccesso, caso in cui il rimborso comporta un’ulteriore attività istruttoria che coinvolge, oltre alla Direzione e all’Ufficio dei monopoli competente, anche il Dipartimento delle Finanze e l’Ufficio centrale di bilancio del Ministero dell’economia e delle finanze.
Di contro, l’utilizzo delle funzionalità della piattaforma PagoPA, invece, oltre che semplificare e velocizzare le operazioni di versamento, con correlato vantaggio del rivenditore e sgravio degli adempimenti amministrativi, previene anche la possibilità di errori negli importi versati e nel numero delle rate pagate.
Pertanto, con ai fini di una digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, l’Agenzia delle Dogane ha invitato gli Uffici dei Monopoli promuove l’utilizzo della piattaforma PagoPA anche per il pagamento delle somme una tantum, sostituendo la modalità di pagamento effettuata tramite il modello di versamento F24.
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IVA Agenzia di viaggio: chiarimenti ADE
Con Risposta a interpello n 80 del 21 marzo le Entrate replicano a dubbi sull'IVA delle agenzie di viaggio.
L’istante è una società estera extra-UE, non stabilita né identificata ai fini IVA in Italia, che gestisce una piattaforma online di prenotazione di servizi turistici (come hotel e voli), rivolta ai consumatori finali.
La società opera in nome proprio e, tramite un modello contrattuale chiamato "X Collect Booking", ottiene anticipatamente la disponibilità esclusiva di stanze da parte di hotel, che poi rivende ai viaggiatori senza dover chiedere conferma per ogni prenotazione.
La società istante sottolinea che secondo la normativa e la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea per le agenzie di viaggio è consolidato l’uso del regime speciale Toms (Tour operators margin scheme) anche per i servizi turistici singoli.
Tale regime è stato recepito nella normativa italiana attraverso l’articolo 74-ter del decreto Iva (Dpr 633/1972), il quale stabilisce che le agenzie devono avere la disponibilità dei servizi (come alloggi o trasporti) prima della richiesta del cliente.
L'istante ritiene di soddisfare le condizioni per i servizi offerti in quanto agisce in nome proprio e ottiene la disponibilità dei servizi di alloggio prima delle richieste dei clienti.
Vediamo la replica delle Entrate.
IVA Agenzia di viaggio: chiarimenti ADE
L'aganzia ricorda che l'applicazione del regime IVA delle agenzie di viaggio e turismo alla cessione di singoli servizi turistici è disciplinata dal comma 5 bis dell'articolo 74 ter del Decreto IVA ai sensi del quale Per le operazioni rese dalle agenzie di viaggio e turismo relative a prestazioni di servizi turistici effettuati da altri soggetti, che non possono essere considerati pacchetti turistici ai sensi dell'art. 2 del D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111, qualora precedentemente acquisite nella disponibilità dell'agenzia, l'imposta si applica, sempreché dovuta, con le stesse modalità previste dal comma 5 (ossia Per le prestazioni rese dalle agenzie di viaggio e turismo che agiscono in nome e per conto proprio relative a pacchetti turistici organizzati da altri soggetti e per le prestazioni dei mandatari senza rappresentanza di cui al secondo periodo del comma 1, l'imposta si applica sulla differenza, al netto dell'imposta, tra il prezzo del pacchetto turistico ed il corrispettivo dovuto all'agenzia di viaggio e turismo, comprensivi dell'imposta.)
Nell'interpello viene chiarito che per applicare lo speciale regime Iva, previsto per le agenzie di viaggio e turismo, è necessario che i servizi siano forniti da terzi e che l’agenzia li abbia acquisiti prima della richiesta del cliente.
Tale interpretazione è stata confermata da recenti sentenze della Corte di giustizia Ue e della Corte di Cassazione che chiariscono che è sufficiente che l’agenzia abbia la disponibilità del servizio, senza necessità di un acquisto definitivo.
Nella risposta delle Entrate viene anche citata la Sentenza n 3857/2022 con cui la Cassazione ha precisato che le norme, “… non richiedono che l'agenzia di viaggi abbia “acquistato” il servizio oggetto di rivendita al cliente, ma soltanto che il medesimo sia stato “acquisito nella disponibilità” dell'agenzia di viaggi, anteriormente ad una specifica richiesta del viaggiatore”.
Anche secondo la suprema Corte è sufficiente che l’agenzia di viaggi abbia la previa disponibilità del singolo servizio, intesa come potere di disporne effettivamente in qualsiasi momento, in via esclusiva e senza necessità di alcuna autorizzazione, almeno sino a una certa scadenza.
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Coefficienti redditività forfettari: quali usare per la dichiarazione 2025
Il Correttivo approvato, in via preliminare, il 13 marzo scorso dal Governo, contiene tra le altre norme una novità per i forfettari.
In particolare si chiarisce come comportarsi con la prossima dichiasrazione dei redditi 2025 anno di imposta 2024 vista la novità per i codici ATECO 2025 che influenzano anche i codici di redditività per quasta categoria di contribuenti.
Coefficienti redditività forfettari: quali usare per la dichiarazione 2025
L'art 1 in bozza del Dlgs approvato il 13 marzo si inquadra nel programma di razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari, iniziata con il decreto legislativo n. 1, del 2024, in attuazione della delega legislativa di cui all’articolo 16, della n. 111, del 2023.
La norma rubricata Disposizioni in materia di coefficienti per la determinazione del reddito dei contribuenti forfetari
in sintesi prevede che i coefficienti di redditività del regime forfetario si adatteranno alla nuova classificazione ATECO 2025 e fino a quel momento, continuano ad applicarsi quelli della tabella allegata alla L. 190/2014.
In dettaglio al solo fine di determinare il reddito imponibile nei confronti dei contribuenti forfetari e sino a quando non saranno elaborati dei nuovi coefficienti sulla base della classificazione ATECO 2025, il comma 1 prevede l’utilizzo dei coefficienti di redditività di cui all’allegato n. 2, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, utilizzando la precedente classificazione ATECO 2017, in continuità con gli anni precedenti.
La nuova classificazione ATECO 2025 in vigore dal 1° gennaio seppur operativa dal 1° aprile prossimo ha individuato le attività economiche secondo dei codici e descrizioni non più compatibili con la tabella dei coefficienti contenuta nell’allegato n. 2, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, attualmente in vigore.
Considerato che la nuova classificazione introduce modifiche sia nella struttura dei codici che nei rispettivi titoli e contenuti, i singoli contribuenti potrebbero rilevare la necessità di comunicare alle Entrate una nuova codifica, nel caso in cui meglio rappresenti l’attività svolta come evidenziato dalla Nota informativa congiunta di ISTAT, Unioncamere e Agenzia delle Entrate 11 dicembre 2024.
Ai fini amministrativi, è stato evidenziato che non sarà necessario effettuare alcuna comunicazione e il processo di riclassificazione sarà eseguito d’ufficio dalle Camere di Commercio, a partire dal 1° aprile 2025.
La nuova classificazione è stata recepita nella modulistica per l’applicazione degli ISA 2025.
Dal codice ATECO dipende anche il coefficiente di redditività del regime forfetario di cui alla L. 190/2014 e nella Relazione illustrativa al Decreto correttivo è stato rilevato che la nuova classificazione ATECO 2025 ha individuato le attività economiche secondo dei codici e delle descrizioni non più compatibili con quella attualmente in uso.
Per questo si dispone che nelle more dell’approvazione di una nuova tabella, continui a trovare applicazione quella attualmente prevista all’allegato 4 della L. 190/2014, come sostituita, da ultimo, dalla L. 145/2018.
Nella prossima dichiarazione dei reddeiti, il reddito continuerà ad essere determinato tenendo conto della precedente classificazione ATECO e dei relativi coefficienti di redditività, anche se il proprio codice risulti variato.
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IMU 2025: i coefficienti per i fabbricati D
In GU n 69 del 24 marzo viene pubblicato il Decreto MEF del 14 marzo con aggiornamento dei coefficienti, per l'anno 2025, per i fabbricati classificabili nel gruppo catastale D ai fini del calcolo dell'imposta municipale propria (IMU) e dell'imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi).
IMU 2025: i coefficienti per i fabbricati D
In particolare, agli effetti dell'applicazione dell'imposta municipale propria (IMU) e dell'imposta immobiliare sulle piattaforme marine (IMPi) dovute per l'anno 2025, per la determinazione del valore dei fabbricati di cui all'articolo 1, comma 746, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, i coefficienti di aggiornamento sono stabiliti nelle seguenti misure.
ANNO COEFFICIENTE ANNO COEFFICIENTE 2025 1,00 2002 1,72 2024 1,00 2001 1,76 2023 1,02 2000 1,82 2022 1,14 1999 1,85 2021 1,19 1998 1,87 2020 1,19 1997 1,92 2019 1,20 1996 1,98 2018 1,22 1995 2,04 2017 1,22 1994 2,11 2016 1,23 1993 2,15 2015 1,23 1992 2,17 2014 1,23 1991 2,21 2013 1,24 1990 2,32 2012 1,27 1989 2,42 2011 1,30 1988 2,53 2010 1,32 1987 2,74 2009 1,34 1986 2,95 2008 1,39 1985 3,16 2007 1,44 1984 3,37 2006 1,48 1983 3,58 2005 1,52 1982 3,79 2004 1,61 2003 1,66 -
Trasferimento società all’estero: quorum deliberativi
È di recente pubblicazione la Massima numero E.C.5 (2024) del Comitato Notarile del Triveneto che tratta dei quorum deliberativi necessari, in assemblea, per deliberare il trasferimento della sede sociale di una società all’estero.
Da un punto di vista normativo il trasferimento della sede sociale all’estero configura una operazione di trasformazione transfrontaliera e internazionale, ai sensi dell’articolo 2510-bis del Codice Civile.
Tale operazione richiede specifici quorum deliberativi da raggiungere in assemblea, che variano a seconda della tipologia di società.
La norma di riferimento per i quorum deliberativi necessari nella trasformazione transfrontaliera è l’articolo 24 del Decreto Legislativo 19/2023, il quale, se pure trattante specificatamente della fusione transfrontaliera, si applica anche alla trasformazione per espresso rimando dell’articolo 7 del medesimo Decreto Legislativo 19/2023.
Le maggioranze deliberative necessarie
Il comma 1 dell’articolo 24 del Decreto Legislativo 19/2023, anche in relazione alle trasformazioni transfrontaliere, prescrive che “per la regolare costituzione dell'assemblea si osservano le disposizioni di legge previste per la modificazione dell'atto costitutivo”, e che “la decisione è presa con la maggioranza dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea e, nelle società a responsabilità limitata, la decisione è presa anche con il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale”.
Quindi la norma, per le SRL, coordina la specifica disciplina prevista per le trasformazioni transfrontaliere con le norme codicistiche più generali previste per questo tipo di società; in definitiva sono richieste due condizioni:
- la maggioranza dei due terzi del capitale rappresentato in assemblea;
- il voto favorevole di una maggioranza che rappresenti almeno la metà del capitale sociale.
Non essendo presente una similare disposizione per le SPA, dubbio rimane se a queste si debba applicare la norma specifica prevista per le trasformazioni transfrontaliere con o senza coordinamento con le previsioni codicistiche. Secondo il Comitato Notarile del Triveneto, anche per questo tipo di società si applicano congiuntamente le disposizioni codicistiche; quindi sarà necessario un doppio quorum deliberativo:
- più di un terzo del capitale sociale;
- almeno due terzi del capitale sociale rappresentato in assemblea.
I notai del Triveneto affrontano anche la trasformazione transfrontaliera delle società di persone, per le quali il disposto normativo si limita a richiamare le norme del Codice civile: secondo il parere del Comitato, per questo tipo di società, per una tale operazione è necessario il consenso unanime richiesto dall’articolo 2252 del Codice civile per le modifiche statutarie.
Entrando più nello specifico, secondo il comma 1 dell’articolo 2500-ter del Codice civile una operazione di trasformazione da società di persone a società di capitali “è decisa con il consenso della maggioranza dei soci determinata secondo la parte attribuita a ciascuno negli utili”. Tuttavia, secondo il Comitato Notarile del Triveneto non è possibile applicare una tale norma, prevista per la trasformazione domestica, a una operazione di trasformazione transfrontaliera, per cui “appare più corretto qualificare l'operazione, sul piano delle maggioranze necessarie, una fattispecie di modifica statutaria diversa dalla trasformazione codicistica di società di persone in società di capitali, con conseguente applicazione del principio generale del consenso unanime ex articolo 2252 Codice civile”.
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Società sportive dilettantistiche: il documento del CNDCEC
Il CNDCEC informa della pubblicazione del Documento intitolato “Le Società Sportive Dilettantistiche: profili civilistici e fiscali. Novità introdotte dal d.lgs. n. 36/2021” realizzato nell’ambito dell’area di delega “Diritto societario”.
Vediamo i principali contenuti.
Società sportive dilettantistiche: il documento del CNDCEC
Lo studio dei commercialisti esamina l’attuale disciplina delle società sportive dilettantistiche contenuta negli artt. 6-12 d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 36, come modificato dal d.lgs. 5 ottobre 2022, n. 163 e dal d.lgs. 29 agosto 2023, n. 120, nonché la relativa disciplina fiscale.
Il documento nella prima parte si concentra sui tipi societari utilizzabili, sui requisiti statutari inderogabili prescritti, nonché su alcune peculiarità della disciplina delle società sportive dilettantistiche, quale ad esempio la c.d. lucratività attenuata, ovvero l’obbligo di devoluzione ai fini sportivi del patrimonio in caso di scioglimento della società.
Diversamente, nella seconda parte si esaminano i profili strettamente fiscali, soffermandosi sulla normativa di riferimento e sui regimi agevolati.
Inoltre sono individuate alcune criticità correlate al difficile coordinamento tra la disciplina di diritto societario – come incisa dal già menzionato d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 36 -, la normativa fiscale e le indicazioni fornite dalle federazioni sportive di riferimento che possono comportare, anche a livello pratico, dubbi interpretativi nella redazione degli statuti.
Società sportive dilettantistiche: aspetti fiscali
Il documento dei Commercialisti evidenzia come, rispetto alle importanti novità introdotte in ambito civilistico dal punto di vista formale quali:
- aggiornamento statutario con previsione di nuove clausole,
- iscrizione in un nuovo Registro sostitutivo nelle funzioni del Registro CONI,
- incompatibilità amministratori, e altro
oltre che dal punto di vista sostanziale quali:
- esercizio prevalente di attività sportive dilettantistiche,
- dicotomia tra attività sportive e attività diverse
nonché in materia lavoro, la riforma dello Sport ha avuto un impatto limitato sotto il profilo tributario per le società sportive dilettantistiche.
In base a quanto previsto dal Dlgs. n. 36/2021, in parte già previste nella versione previgente dell’art. 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, vi è la necessità per le SSD di attingere, quale disciplina di riferimento, a norme collocate al di fuori dei cinque decreti di riforma del diritto sportivo quali, a titolo esemplificativo e non esaustivo:
- il d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Testo unico delle imposte sui redditi – Tuir);
- il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Disciplina dell’imposta sul valore aggiunto);
- il d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 642 (Disciplina dell’imposta di bollo).
Per l’imposizione diretta, lo stesso d.lgs. n. 36/2021 all’art. 36, comma 2, conferma quanto sottolineando come “per tutto quanto non regolato dal presente decreto, è fatta salva l’applicazione delle norme del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917”.
Una prova ulteriore è data dalla facoltà per le SSD che presentano determinati requisiti di applicare lo specifico regime contabile e fiscale di favore proprio degli enti associativi rappresentato dal regime agevolato di cui alla legge 16 dicembre 1991, n. 398co sì come risulta fruibile ex art. 90, comma 1, legge 27 dicembre 2002, n. 289 la decommercializzazione delle attività e delle operazioni rese in diretta attuazione degli scopi istituzionali, verso il pagamento di corrispettivi specifici disciplinata dall’art. 148, comma 3, Tuir e, ai fini Iva, dall’art. 4, comma 4, d.P.R. n. 633/7279 nonché le norme in materia di raccolte pubbliche di fondi e attività commerciali connesse a scopi istituzionali di cui all’art. 25, comma 2, legge 13 maggio 1999 n. 133.
Risulta invece preclusa alle SSD l’applicazione del regime forfettario ai fini delle imposte sui redditi di cui all’art. 145 del Tuir.
Si rimanda al documento in oggetto per ulteriori approfondimenti.