• Redditi Diversi

    ETC: il trattamento fiscale dei titoli rappresentativi di materie prime

    Gli ETC, acronimo di Exchange Traded Commodities, sono degli strumenti finanziari emessi a fronte di un investimento diretto in materie prime o in contratti derivati su materie prime.

    Con altre parole gli ETC sono strumenti finanziari derivati, di solito quotati sui mercati dei capitali, rappresentativi di singole materie prime o di un paniere di materie prime. 

    Ciò che caratterizza questi contratti è il fatto di replicare passivamente le performance di prezzo della singola materia prima (oro, petrolio, gas naturale, altro) utilizzata come sottostante; motivo per cui questi titoli  vengono utilizzati per effettuare degli investimenti in commodities senza dover sostenere l’onere di possedere materialmente la materia prima; si comprenderà infatti che, in taluni casi, lo stoccaggio fisico di una materia prima può costituire un problema o un rischio. 

    Per altro, anche quando questo non costituisce un problema, l’acquisto di un ETC permette di investire e disinvestire facilmente sul mercato secondario ai prezzi di mercato.

    Va precisato, perché questo ha delle implicazioni anche dal punto di vista fiscale, che gli ETC non sono OICR (acronimo di Organismo di Investimento Collettivo del Risparmio), ma sono dei titoli senza scadenza emessi a fronte di un investimento diretto nel sottostante di riferimento; questa caratteristica rende questo strumento finanziario particolarmente adatto all’investimento di medio o lungo periodo, in quanto permette all’investitore di aprire una posizione senza i problemi di rollover legati alla scadenza dei contratti (come invece avviene sui future), oltre al fatto che gli ETC non richiedono alcun margine e presentano costi di gestione (grazie alla gestione passiva) e di intermediazione contenuti. 

    Come detto, gli ETC non sono gli unici strumenti finanziari emessi a fronte di materie prime, utili per investire o speculare sul prezzo di questi asset, ma sono quelli più adatti all’investimento. 

    Similari, ma più adatti alla speculazione sono i contratti future rappresentativi di materie prime, che quotano il prezzo futuro del sottostante di riferimento: anche questi sono quotati sul mercato dei capitali ma, grazie alla leva finanziaria e a causa della breve scadenza dei contratti, sono più adatti alla speculazione di breve periodo. 

    Esistono anche CFD, acronimo di Contract For Difference, rappresentativi di materie prime, i quali nelle quotazioni cash non scadono; ma va precisato che questi strumenti non sono quotati sui mercato dei capitali, per cui presentano un rischio emittente legato al broker, fatto che non li rende particolarmente adatti a investimenti di medio o lungo periodo.

    La tassazione

    A differenza dei più famosi ETF, acronimo di Exchange Traded Fund, gli ETC, come anticipato, non sono OICR: il fatto che non siano fondi, dal punto di vista fiscale, comporta che questi strumenti non presentino il complicato trattamento fiscale previsto per gli ETF, ma più semplicemente siano produttivi di redditi diversi, come le azioni e i derivati.

    In conseguenza di ciò le plusvalenze realizzate dall’investimento in un ETC possono essere compensate con le minusvalenze conseguite con la dismissione di un altro ETC, o anche con quelle derivanti dall’investimento o dalla speculazione in azioni o in derivati. 

    Le plusvalenze realizzate possono anche essere compensate con le perdite pregresse, confluenti tra i redditi diversi, conseguite negli anni precedenti.

    Il totale delle plusvalenze realizzate, al netto delle compensazioni con minusvalenze e perdite pregresse, è sottoposto a imposta sostitutiva del 26%.

    Quando un ETC è posseduto per il tramite di un intermediario residente in Italia, il contribuente può decidere se avvalersi del regime amministrato, grazie al quale gli obblighi fiscali vengono espletati per il tramite dell’intermediario, in luogo del regime dichiarativo; quest’ultimo obbliga il contribuente ad esporre il reddito conseguito in dichiarazione annuale dei redditi, ma permette di versare le imposte nell’anno fiscale successivo in sede di dichiarazione.

    Per contro, quando un ETC è detenuto presso un intermediario non residente in Italia, il contribuente è obbligato al regime dichiarativo, oltre che sottoposto agli obblighi di monitoraggio fiscale (consistenti nella compilazione del quadro RW del modello Redditi PF) e all’eventuale versamento dell’IVAFE, l’Imposta sul Valore delle Attività Finanziarie detenute all'Estero, che sostituisce l’imposta di bollo italiana.

    Da un punto di vista dichiarativo la dichiarazione delle plusvalenze derivanti dall’investimento in un ETC passa attraverso al compilazione del quadro RT, dedicato alle “Plusvalenze di natura finanziaria”, del modello Redditi PF 2024.

    Con maggiore precisione, quella interessata è la Sezione II-A, dedicata appunto alle plusvalenze sottoposte a imposta sostitutiva del 26%; qui:

    • sul rigo RT21 saranno esposte le plusvalenze realizzate nel corso dell’anno;
    • sul rigo RT22 saranno indicate le minusvalenze realizzate nel corso dell’anno;
    • sul rigo RT23 sarà indicato il netto differenziale tra plusvalenze e minusvalenze conseguite: sul campo 2 se il totale è positivo, oppure sul campo 1 se il totale è negativo;
    • sui righi RT27 e RT29 sarà esposta l’imposta sostitutiva dovuta, rispettivamente al lordo e al netto di eventuali eccedenze non compensate derivanti dalla precedente dichiarazione.

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Credito transizione 5.0: come varia la % spettante

    La Circolare del 16 agosto del MIMIT fornisce utili indicazioni a chi voglia richiedere il credito di imposta ormai noto come credito transizione 5.0.

    Ricordiamo che si tratta un’agevolazione sotto forma di credito d’imposta proporzionale alla spesa sostenuta per nuovi investimenti in strutture produttive ubicate nel territorio dello Stato, effettuati nel biennio 2024-2025.

    Il credito di imposta è riconosciuto a condizione che si realizzi una riduzione dei consumi energetici di almeno il 3% per la struttura produttiva o, in alternativa, di almeno il 5% del processo interessato dall'investimento. 

    Tale riduzione dei consumi energetici deve conseguire da investimenti in beni materiali e immateriali funzionali alla transizione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0 ( Allegati A e B alla legge n 232/2016).

    Possono beneficiare del contributo tutte le imprese residenti e le stabili organizzazioni con sede in Italia, a prescindere dalla forma giuridica, dal settore economico, dalla dimensione e dal regime fiscale adottato per la determinazione del reddito d’impresa.

    Attenzione al fatto che, l’ammontare del credito d’imposta varia in relazione alla quota d’investimento e alla riduzione dei consumi, vediamo come dalle tabelle del MIMIT.

    Credito transizione 5.0: come varia la % in funzione dell’investimento

    Come specificato anche dal sito MIMIT, il credito d’imposta varia in relazione alla quota d’investimento e alla riduzione dei consumi, vediamo come nelle tabelle di sintesi del GSE:

    Si ricorda infine che il credito d’imposta riconosciuto è utilizzabile esclusivamente in compensazione nel modello F24 presentato tramite i servizi telematici offerti dall’Agenzia delle Entrate, entro la data del 31/12/2025, decorsi 5 giorni dalla regolare trasmissione dei dati all’Agenzia delle Entrate da parte del GSE.

    L’eventuale credito non ancora utilizzato alla data del 31/12/2025 è riportato in avanti ed è utilizzabile in 5 quote annuali di pari importo

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Transizione 5.0 e Bonus ZES Unica: i crediti a confronto

    Il MIMIT ha pubblicato gli strumenti utili per orientarsi nell'universo della Transizione 5.0 e relativo credito di imposta (Dl n 19/2024 art 38)  fruibile dalle imprese site nel territorio dello stato.

    Si tratta della Circolare 16 agosto e di un file pdf di riepilogo sotto forma di slide per chi abbia intenzione di richiedere il credito di imposta 5.0.

    Oltre a questo credito di imposta, sempre relativamente a determinati investimenti effettuati dalle imprese italiane vi è il credito di imposta spettante alle imprese operanti nella ZES unica del Mezzogiorno (Dl n 124/2023)

    Vediamo di seguito una tabella di sintesi, dove si specificano tra gli altri:

    • i beneficiari,
    • le tipologie di investimenti,
    • l'orizzonte temporale,

    e che consenta di mettere rapidamente a confronto le due agevolazioni.

    Transizione 5.0 e Bonus ZES Unica: i crediti a confronto

    Tabella di sintesi per il confronto tra il credito di imposta transizione 5.0 e quello spettante nella ZES Unica.

    Tipologia di credito di imposta Transizione  5.0 ZES Unica Mezzogiorno
    Beneficiari imprese e stabili organizzazione residenti  imprese e stabili organizzazione residenti con esclusione di alcuni settori di sotto elencati
    Prerequisiti Rispetto normativa sicurezza sul lavoro no
    Cause esclusione
    • imprese in stato di liquidazione scioglimento, altre procedure concorsuali; 
    • imprese destinatarie di sanzioni interdittive
      • imprese in stato di liquidazione scioglimento, altre procedure concorsuali, 
      • imprese in difficoltà per norme UE e imprese operanti in:
        • industria siderurgica, 
        • carbonifera e della lignite, 
        • produzione, 
        • stoccaggio, 
        • trasmissione e distribuzione di energia 
        • infrastrutture energetiche, 
        • banda larga, 
        • settori creditizio, finanziario e assicurativo.

    Tipologia costi e investimenti Beni materiali Allegato A, Beni immateriali Allegato B (legge n 232/2016) e ulteriori software e impianti fotovoltaici Investimenti in: immobili, macchinari, impianti, attrezzature e terreni
    Misura del credito percentuale dal 5 al 45% con tre scaglioni percentuale dal 5 al 60% differenziate per investimento, Regione, dimensione impresa
    Scadenza investimenti fino al 31 dicembre 2025 dal 1 gennaio 2024 al 15 novembre 2024
    Cumulabilità no con industria 4.0 e Zes

    Per tutti gli altri requisiti si rimanda alla normativa di riferimento, leggi anche: Transizione 5.0: pronte le modalità attuative

  • Bonus fiscali e crediti d'imposta

    Perdita bonus prima casa per forza maggiore: la Cassazione detta le regole

    Con la pronuncia n 20557/2024 della Cassazione si evidenzia in sintesi il perimetro entro cui poter applicare le cause di forza maggiore.

    In particolare, l'ordinanza in questione affronta il tema dell'applicabilità della forza maggiore in relazione alla decadenza dalle agevolazioni fiscali, in particolare riguardo all'obbligo, del caso di specie, di rivendere un immobile entro tre anni per mantenere il beneficio dell'imposta di registro ridotta all'1%.

    La Corte ha ribadito che, affinché la forza maggiore possa essere invocata, l'impedimento deve essere imprevedibile, inevitabile e non imputabile al contribuente. 

    Nel caso specifico, la Corte ha concluso che tali condizioni non erano presenti e ha confermato la decadenza dal beneficio fiscale.

    Perdita bonus prima casa per forza maggiore: la Cassazione detta le regole

    Il caso sottoposto alla Corte riguardava un contribuente che non era riuscito a rivendere l'immobile entro il termine triennale previsto, e che invocava la forza maggiore per evitare la decadenza dall'agevolazione.

    La Corte, richiamando i principi consolidati in materia, ha ribadito che la forza maggiore si configura come una situazione caratterizzata da imprevedibilità, inevitabilità e non imputabilità all'obbligato. 

    Se tali condizioni sono soddisfatte, l'inadempimento di un obbligo fiscale non può comportare la decadenza dal beneficio concesso.

    Tuttavia, nel caso concreto, la Corte ha escluso la presenza di forza maggiore, rilevando che le circostanze che avevano impedito la rivendita dell'immobile entro il termine triennale non erano né imprevedibili né inevitabili, ma, al contrario, riconducibili a situazioni che il contribuente avrebbe potuto prevedere e gestire con la dovuta diligenza.

    Ricordiamo che il concetto di forza maggiore, così come codificato dall’art. 6 comma 5 del DLgs. 472/1997, rappresenta una causa di non punibilità in ambito tributario per il contribuente che commetta una violazione per cause a lui non imputabili.

    Tale concetto, oltre a essere applicato nell'ambito delle sanzioni amministrative, è stato progressivamente riconosciuto dalla giurisprudenza come idoneo a evitare la decadenza da agevolazioni tributarie.

    Un esempio rilevante riguarda l'agevolazione "prima casa" (Nota II-bis all’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/1986), che prevede l’obbligo di trasferire la residenza entro 18 mesi dall’acquisto per mantenere il beneficio fiscale. La giurisprudenza  in varie pronunce della stessa Cassazione, ha riconosciuto che, in presenza di situazioni di forza maggiore, l’inadempimento di tale obbligo non può comportare la decadenza dal beneficio. 

    Un principio generale emerge da questi orientamenti giurisprudenziali: non si può richiedere l'adempimento di un obbligo quando questo è divenuto impossibile per cause non imputabili al soggetto tenuto all'obbligazione. 

    Tale principio è stato ulteriormente confermato dalla recente ordinanza n. 20557/2024, che ha riconosciuto l’applicabilità della forza maggiore anche alla decadenza dal regime agevolativo previsto dall’art. 1 della Tariffa, parte I, allegata al DPR 131/86, relativamente all'obbligo di rivendita dell'immobile entro tre anni.

    In sintesi, la forza maggiore si configura come un principio trasversale e immanente nell’ordinamento giuridico italiano, in grado di influenzare non solo l’applicazione delle sanzioni tributarie, ma anche il mantenimento di specifici benefici fiscali, a condizione che l’impedimento sia imprevedibile, inevitabile e non imputabile al contribuente.

  • Start up e Crowdfunding

    Detraibilità IVA dei beni acquistati in fase di start up

    Con l'ordinanza n 22664/2024 la Cassazione ha stabilito che è detraibile l'IVA per l'acquisto di beni strumentali all'attività d'impresa a prescindere dal momento di acquisto degli stessi.

    Anche se acquistati in fase di start up spetta la detrazione IVA, i dettagli della pronuncia.

    Detraibilità IVA dei beni in fase di start up: chiarimenti della Cassazione

    Con l'ordinanza n. 22664 del 12 agosto 2024 , la Corte di Cassazione affronta la questione della detraibilità dell'IVA sugli acquisti di beni strumentali effettuati da una società durante la fase di start-up, ovvero prima dell'effettivo avvio dell'attività imprenditoriale.

    Il tutto si è generato da un contenzioso tra una società e l'Agenzia delle Entrate veniva disconosciuto un credito IVA di circa 62.000 euro, relativo all'acquisto di un opificio industriale.

    L'immobile, acquistato per essere utilizzato nell'attività di confezionamento di abbigliamento, era stato poi locato a terzi prima che l'attività imprenditoriale fosse effettivamente avviata.

    L'Agenzia delle Entrate aveva ritenuto che, essendo trascorsi circa cinque anni tra l'acquisto e l'avvio dell'attività, mancassero i requisiti di inerenza e strumentalità necessari per la detraibilità dell'IVA.

    L'ADE aveva sostenuto che l'immobile non era stato effettivamente utilizzato per l'attività dichiarata e che la locazione a terzi era estranea all'esercizio dell'attività imprenditoriale principale.

    La Corte di Cassazione, ha però accolto il ricorso della società, stabilendo che l'IVA è detraibile anche per beni strumentali acquistati durante la fase preparatoria di un'attività imprenditoriale, a condizione che tali acquisti siano effettivamente inerenti all'attività imprenditoriale complessiva

    La Corte ha affermato che non è necessario che l'attività sia già operativa al momento dell'acquisto del bene, purché il bene stesso sia funzionale all'organizzazione dell'impresa e alle sue future attività economiche, sottolineando che solo gli acquisti chiaramente estranei all'attività imprenditoriale non possono beneficiare della detrazione dell'IVA.

    In conclusione,  l'IVA sugli acquisti di beni strumentali durante la fase di start-up è detraibile, purché tali beni siano effettivamente destinati all'attività imprenditoriale, anche se l'operatività dell'impresa avviene successivamente.

  • IMU e IVIE

    Esenzione IMU: quando spetta nella doppia residenza dei coniugi

    Con l'Ordinanza n 19684 del 2024 la Cassazione ha chiarito ulteriormente il perimetro della esenzione IMU per i coniugi che risiedono in due abitazioni differenti per motivi di lavoro.

    L'ordinanza statuisce una massima di riferimento per l'accertamento della abitazione pricipale nel caso di doppia residenza dei coniugi, vediamola.

    Esenzione IMU: quando spetta nella doppia residenza dei coniugi

    Il MEF a seguito della Ordinanza n 19684 del 17 luglio scorso ha pubblicato la relativa massima utile ai fini dell'accertamento della abitazione principale per coniugi con doppia residenza.

    In particolare, vuiene statito che il contribuente non può usufruire dell'agevolazione prevista per l'abitazione principale, se presso l'immobile interessato non ha fissato la residenza anagrafica. 

    Infatti, il diritto all'esenzione per ciascuna abitazione principale delle persone legate da vincolo di coniugio o unione civile, che abbiano avuto l'esigenza, in forza delle necessità della vita, di stabilire la loro dimora abituale e la residenza anagrafica in altro immobile sussiste e coinvolge anche il mantenimento dell'esenzione in ipotesi in cui i componenti del nucleo familiare siano stati indotti da esigenze personali a stabilire la residenza e la dimora abituale in luoghi ed immobili diversi purché, pur in assenza di convivenza col nucleo familiare, sia stata stabilita la residenza anagrafica nell'immobile per il quale l'esenzione sia stata invocata.

  • Agricoltura

    Aiuti PAC 2024: domande ammissibili entro il 26 agosto

    Pubblicato in GU del 30 luglio 2024 il decreto dell'Agricoltura del 28 giugno scorso in attuazione del regolamento (UE) 2024/1468  del  Parlamento  e  del Consiglio recante semplificazione di determinate  norme  della  PAC 2023-2027 e termini di presentazione delle domande di  aiuto della Politica agricola comune per l'anno 2024.

    Il decreto reca 8 articoli con modifiche a precedenti normative interessando tra le altre:

    • la definizione di "seminativo", 
    • modifiche agli aiuti per gli impollinatori, 
    • l'elenco delle colture da rinnovo di cui all'allegato VIII del  decreto del Ministro dell'agricoltura 23 dicembre 2022, ecc.

    Inoltre viene prorogato il termine per l'invio delle domande per gli aiuti PAC 2024, come si seguito specificato.

    Aiuti PAC 2024: domande ammissibili entro il 26 agosto

    Ai sensi dell'art 7 viene previsto che per l'anno di domanda 2024, il  termine  per la presentazione della domanda unica di cui all'art. 11, comma 4, del decreto del Ministro dell'agricoltura, della sovranità alimentare  e delle  foreste  23 dicembre 2022,  ed  il  termine  ultimo  per  la presentazione  delle  domande  di  aiuto  e  di  pagamento  per   gli interventi a superficie  e  a  capo  dello  sviluppo  rurale  di  cui all'art.  7  del  decreto  del   Ministro   dell'agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste 9 marzo 2023, sono  posticipati al 31 luglio 2024.
    Alle domande e alle modifiche presentate oltre il termine del 31 luglio 2024 si applicano le riduzioni previste  dall'art. 5 del decreto legislativo 17 marzo 2023, n. 42, come integrato dal decreto legislativo 23 novembre 2023, n. 188.
    Le domande e le modifiche presentate oltre il 26 agosto  2024, sono irricevibili.