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Flat tax incrementale: quando si paga
Le entrate con una FAQ del 14 giugno hanno chiarito che per il pagamento della flat tax incrementale valgono i termini ordinari.
Prima dei dettagli sul quesito e sulla risposta dell'ADE ricordiamo che con il Provvedimento n 68687 sono state pubblicate le regole per versare le imposte con l Modello Redditi PF 2024.
Tra le novità del Modello Redditi 2024 vi è quella nel Quadro LM per la flat tax incrementale.
In dettaglio, nel quadro LM è inserita una nuova sezione, nella quale i soggetti che aderiscono al regime della tassa piatta incrementale, determinano il reddito incrementale, costituito dalla differenza tra il reddito d’impresa e di lavoro autonomo conseguito nel 2023 e il reddito d’impresa e di lavoro autonomo d’importo più elevato dichiarato negli anni dal 2020 al 2022, decurtata di un importo pari al 5 per cento di quest’ultimo ammontare, sul quale è dovuta l’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali regionale e comunale, in misura del 15 per cento (art. 1, commi da 55 a 57, legge 29 dicembre 2022, n. 197).
E' bene ricordare che sulla tassa piatta incrementale l'agenzia ha pubblicato anche la Circolare n 18/2023.
Flat tax incrementale: come optare nel modello redditi 2024
Nel quadro LM del Modello redditi PF 2024 fascicolo 3 vi è una nuova sezione nella quale i soggetti che aderiscono al regime della tassa piatta determinano il reddito incrementale.
La presente sezione deve essere utilizzata dai contribuenti esercenti attività d’impresa, arti e professioni che intendono aderire al regime della tassa piatta incrementale ai sensi dell’art. 1, commi da 55 a 57, legge 29 dicembre 2022, n. 197 e non può essere compilata contestualmente alla sezione I e/o alla sezione III.
Per ulteriori dettagli sulla flat tax leggi anche: Flat tax incrementale 2024: chi potrà beneficiarne
Attenzione al fatto che non possono fruire del presente regime i contribuenti che hanno iniziato l’attività nel 2023, ma è necessario che essi abbiano svolto l’attività e conseguito reddito per almeno un intero anno nell’ambito del triennio precedente.
Inoltre il regime non può essere applicato dai contribuenti che nel presente anno aderiscono al regime forfetario di cui all’articolo 1, commi da 54 a 89, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, mentre può essere applicato da coloro che hanno fruito del predetto regime nel triennio precedente (Circolare 18/E del 28 giugno 2023).
Ai fini della determinazione dell’incremento i redditi da confrontare sono quelli relativi alle sole attività d’impresa e di lavoro autonomo.
Pertanto vanno considerati i soli redditi di lavoro autonomo e d’impresa indicati nei quadri RE, RF, RG, LM, nonché i redditi prodotti dagli imprenditori agricoli che fruiscono del regime di cui agli articoli 56, comma 5, e 56-bis del TUIR, limitatamente ai redditi d’impresa prodotti, indicati nel quadro RD, al netto delle perdite pregresse portate in diminuzione dei predetti redditi.
Nel rigo LM12 “Maggior reddito d’impresa e di lavoro autonomo triennio precedente”, va indicato:
- nelle colonne da 1 a 3, l’importo del reddito d’impresa e di lavoro autonomo conseguito nei rispettivi anni d’imposta 2020, 2021 e 2022, facendo concorre integralmente ai predetti redditi l’eventuale reddito derivante dall’impresa familiare o dall’azienda coniugale non gestita in forma societaria;
- nella colonna 4, il maggiore tra gli importi indicati nelle colonne precedenti, incrementato della franchigia del 5 per cento;
Nel rigo LM13, “Redditi d’impresa e di lavoro autonomo 2023” va indicato, in colonna 1, l’importo dei redditi d’impresa e di lavoro autonomo conseguiti nell’anno d’imposta 2023 già indicati nei quadri RE, RF, RG e/o RD.
Nel caso in cui il reddito d’impresa o derivante dall’esercizio di arti o professioni sia negativo, ai fini del raffronto tra i redditi d’impresa e di lavoro autonomo conseguiti nei vari anni d’imposta e ai fini della determinazione dell’incremento di reddito da assoggettare alla “flat tax incrementale”, la perdita è da ritenersi irrilevante. Nell’ipotesi in cui il parametro di confronto rispetto al reddito del 2023 sia negativo, il reddito soggetto alla tassa piatta incrementale non può eccedere quello dell’anno 2023, sempre nei limiti di 40.000 euro. (Circolare 18/E del 28 giugno 2023). Pertanto nei predetti righi LM12 ed LM13 non possono essere indicati importi negativi.
Nel caso di svolgimento di attività d‘impresa familiare o di azienda coniugale non gestita in forma societaria, l’agevolazione spetta esclusivamente sulla quota di reddito attribuita al titolare della stessa, sebbene ai fini della determinazione dell’incremento reddituale venga considerato, negli anni oggetto di raffronto, l’intero reddito dell’impresa (Circolare n. 18/E del 28 giugno 2023).
Pertanto, se nel 2023 è stata svolta attività economica in forma d’impresa familiare (o di azienda coniugale) il titolare della stessa deve ricomprendere il reddito dell’intera impresa o azienda nel rigo LM13, colonna 1, indicando, nella successiva colonna 2, la quota percentuale dell’impresa o dell’azienda posseduta.
Nel rigo LM14, colonna 1, va indicato l’incremento reddituale lordo, dato dalla seguente differenza, se positiva: (LM13 col.1 – LM12, col.4);
Nel rigo LM14, colonna 2, viene indicato il reddito effettivamente agevolabile, pari all’importo di colonna 1, nel limite massimo di € 40.000.
Qualora nel 2023 sia stato realizzato esclusivamente reddito derivante da impresa familiare, il reddito effettivamente agevolabile va determinato tenendo conto della sola quota di reddito posseduta del titolare e pertanto in tal caso l’importo di LM14 col. 2 è pari a: LM14 colonna 1 x LM13, colonna 2, sempre nei limiti dell’importo di 40.000 euro.
Flat incrementale 2024: quando si paga?
La legge istitutiva della flat tax incrementale non richiama espressamente le disposizioni in materia di versamento dell’imposta sui redditi delle persone fisiche, essa però è una imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali che vanno liquidate nel Modello Redditi PF 2024.
Con FAQ del 14 giugno le Entrate hanno replicato al seguente quesito: si chiede se sia possibile applicare alla flat tax incrementale di cui all’articolo 1, commi da 55 a 57, della legge 29 dicembre 2022, n. 197:
- 1. l’istituto della rateazione di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241
- 2. il differimento del versamento entro il trentesimo giorno successivo ai termini previsti (applicando la maggiorazione dello 0,40 per cento), previsto dall’articolo 17, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 7 dicembre 2001, n. 435
- 3. il differimento del versamento al 31 luglio 2024 (senza alcuna maggiorazione), stabilito dall’articolo 37, comma 1, del decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 13, in favore dei soggetti che esercitano attività economiche per le quali sono stati approvati gli ISA e che dichiarano ricavi o compensi di ammontare non superiore al limite stabilito, per ciascun indice, dal relativo decreto di approvazione.
Le entrate hanno replicato che si ritiene che gli istituti sopra menzionati possano essere applicati anche alla flat tax incrementale.
Ciò in quanto, pur se la norma istitutiva della stessa non opera un rinvio espresso alle modalità e ai termini di versamento delle imposte sui redditi, detto rinvio è da ritenersi implicito, attese sia la natura intrinseca di imposta sui redditi della flat tax incrementale, sia la mancanza di una disciplina che ne regolamenti termini di versamento specifici.
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Imposta di bollo sulle quietanze delle Ft: quando spetta l’esenzione
Con Risposta a interpello n 129 del 5 giugno le Entrate trattano chiarimenti sull'imposta di bollo su quietanze di pagamento rilasciate a seguito delle emissioni di fatture soggette al bollo.
L'agenzia chiarisce quando si paga il bollo anche sulla quietanza della fattura.
L'Ente istante nell'espletamento della propria attività amministrativa «intrattiene rapporti regolati da fatture esenti IVA e, di conseguenza assoggettate ad imposta di bollo, nei confronti di soggetti pubblici, alcuni dei quali con natura di Amministrazioni dello Stato» e in tale ultimo caso, è tenuta al pagamento dell'imposta di bollo, ai sensi dell'articolo 8 del d.P.R. n. 642 del 1972.
Ciò posto, l'Ente chiede se alle quietanze di pagamento rilasciate con apposito documento, distinto dalla fattura già assoggettata all'imposta di bollo, si applichi la nota 2 dell'articolo 13, comma 1 della Tariffa, allegato A del d.P.R. n. 642 del 1972, che prevede una esenzione.
Vediamo il chiarimento delle Entrate.
Bollo sulle quietanze delle Ft: quando spetta l’esenzione
Le Entrate hanno replicato ricordando che l'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 642 dispone che «Sono soggetti all'imposta di bollo gli atti, documenti e i registri indicati nell'annessa tariffa».
A tale proposito, l'articolo 13, comma 1 della Tariffa allegata al citato d.P.R., dispone che l'imposta si applica nella misura di 2 euro per ogni esemplare, per le «Fatture, note, conti e simili documenti, recanti addebitamenti o accreditamenti, anche non sottoscritti, ma spediti o consegnati pure tramite terzi; ricevute e quietanze rilasciate dal creditore, o da altri per suo conto, a liberazione totale o parziale di una obbligazione pecuniaria»
La nota 2 del medesimo articolo 13, comma 1 prevede, inoltre, che «L'imposta non è dovuta:
- a) quando la somma non supera L. 150.000 (euro 77,47) a meno che si tratti di ricevute o quietanze rilasciate a saldo per somma inferiore al debito originario, senza la indicazione di questo o delle precedenti quietanze, ovvero rilasciate per somma indeterminata;
- b) per la quietanza o ricevuta apposta sui documenti già assoggettati all'imposta di bollo o esenti».
Pertanto, quindi, l'applicazione della citata lett. b) richiede necessariamente che la quietanza sia fisicamente apposta sul documento già assoggettato ad imposta di bollo ovvero esente.
In tal senso, con la risposta pubblicata il 5 febbraio 2020, n. 21, infatti, è stato chiarito che le quietanze «in linea generale […] devono essere assoggettate all'imposta di bollo nella misura di euro 2,00» e, inoltre, è stato precisato che non è dovuta l'imposta di bollo per le quietanze relative a fatture ma solo quando fisicamente apposte su fatture esenti Iva ovvero già assoggettate all'imposta di bollo.
L'articolo 8 del richiamato d.P.R. n. 642 del 1972 prevede che «Nei rapporti con lo Stato l'imposta di bollo, quando dovuta, è a carico dell'altra parte, nonostante qualunque patto contrario».
L'articolo 1199 del codice civile dispone che «Il creditore che riceve il pagamento deve, a richiesta e a spese del debitore, rilasciare quietanza».
Nel caso in esame, la quietanza si sostanzia in un documento distinto dalla fattura che ha già scontato l'imposta di bollo e, pertanto, trattandosi di un nuovo atto che risulta annoverato tra quelli indicati nell'articolo 13 della Tariffa allegata al d.P.R. n. 642 del 1972, è soggetto ad imposta di bollo secondo la regola generale.
Alla luce di quanto illustrato, si ritiene che, nel caso di specie, sulle quietanze oggetto del quesito l'imposta di bollo, dovuta nella misura di euro 2,00 per esemplare, può essere assolta tramite il contrassegno ovvero secondo la modalità virtuale ai sensi dell'articolo 3 del d.P.R. n. 642 del 1972, nei termini sopra indicati.
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Corrispettivi telematici: nuove sanzioni per omissioni
In data 24 maggio, il Governo ha approvato la versione definitiva del Dlgs Sanzioni, altro tassello della Riforma Fiscale, con molte novità in tema di omissioni.
Tra queste, si rinnova il sistema delle sanzioni relative agli scontrini o corrispettivi telematici, vediamone alcune, specificando che il testo è ancora in bozza e che le nuove regole sono attese in Gazzetta Ufficiale.
Corrispettivi telematici: nuove sanzioni per omissioni
Il decreto legislativo di riforma delle sanzioni tributarie approvato dal Consiglio dei Ministri il 24 maggio 2024 ha modificato, tra le altre, le regole riguardanti errori o omissioni nei corrispettivi telematici, agendo sui Dlgs n 127/2015 e n 471/97.
Sinteticamente, tra le novità si evidenzia che, la sanzione per invio omesso è stata ridotta dal 90% al 70% dell'imposta relativa all'importo irregolare.
Analogamente, vengono ridotte anche le sanzioni per:
- mancata emissione di scontrini, ricevute o documenti di trasporto,
- o per emissione con importi inferiori a quelli effettivi.
Inoltre, è stata introdotta una soglia massima per le sanzioni legate all'omessa, tardiva o errata trasmissione dello scontrino elettronico:
- per le violazioni che non influenzano la liquidazione dell'IVA, l'importo massimo per ciascun trimestre sarà di 1.000 euro.
Si rivedono le sanzioni per la memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi, abbassando la sanzione dal 90% al 70% dell'imposta dovuta per corrispettivi non memorizzati o trasmessi erroneamente, con sanzione minima a 300 euro.
Per il malfunzionamento dei registratori di cassa telematici e per il mancato intervento di riparazione, purché i corrispettivi siano stati registrati nel registro d'emergenza, la sanzione per omessa verifica periodica rimane tra 250 e 2.000 euro.
La nuova normativa inoltre prevede un limite massimo per le sanzioni trimestrali relative allo scontrino elettronico.
La sanzione per omesso, tardivo o errato invio dei corrispettivi giornalieri che non influenzano la liquidazione dell'IVA è fissata a 100 euro per trasmissione, con un massimo di 1.000 euro per trimestre.
Si attende il testo definitivo del provvedimento.
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Domicilio del debitore mancante: chi emette gli atti di recupero?
Con Provvedimento n 257290 del 5 giugno le Entrate fissano le regole per individuare l’ufficio competente ad emettere gli atti di recupero per i quali manca il domicilio fiscale del debitore (articolo 38-bis, comma 1, lett. g) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600.)
Domicilio debitore mancante: chi emette l’atto di recupero?
In particolare, l’articolo 38-bis, comma 1, lett. g) del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, prevede che la competenza all’emanazione dell’atto di recupero di cui alla citata lett. g) spetta all’ufficio dell’Agenzia delle entrate competente in ragione del domicilio fiscale del soggetto, individuato ai sensi degli articoli 58 e 59 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, al momento della commissione della violazione.
La medesima lett. g) statuisce che, in mancanza del domicilio fiscale, la competenza è attribuita ad un’articolazione dell’Agenzia delle entrate individuata con provvedimento del Direttore.
In attuazione della citata disposizione, con il provvedimento ade n 257290 del 5 giugno è previsto che, in mancanza del domicilio fiscale del debitore la competenza all’emanazione dell’atto di recupero spetta alla Direzione Provinciale dell’Agenzia delle entrate che, al momento della commissione della violazione, risulta competente con riferimento al luogo dove la violazione è stata commessa.
Con riferimento alle ipotesi di cessione di crediti di imposta, il luogo della commissione della violazione utile ad individuare la competenza, in assenza del domicilio fiscale del contribuente beneficiario, è il domicilio fiscale del cessionario, al momento di utilizzo del credito; tale domicilio è individuato ai sensi degli articoli 58 e 59 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600. Al riguardo per individuare la competenza territoriale, con riferimento al luogo dove è stata commessa la violazione, è necessario fare riferimento all’Allegato A del Regolamento di amministrazione dell’Agenzia delle Entrate.
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Dichiarazione valutaria nel settore traffico commerciale marittimo e nautica da diporto
Nelle more dell’implementazione di un sistema telematico per la trasmissione delle dichiarazioni valutarie, l'Agenzia delle Dogane ha adottato istruzioni specifiche per agevolare i soggetti obbligati al fine di rispettare le norme vigenti.
La circolare n.15 del 29.05.2024 dell'Agenzia delle Dogane fornisce istruzioni dettagliate per la presentazione della dichiarazione valutaria e l'esecuzione dei relativi controlli per il traffico commerciale marittimo, crocieristico e della nautica da diporto, in conformità al regolamento UE n. 2018/1672 (Regolamento dell'Unione Europea relativo alla circolazione di denaro contante) e al D.Lgs. n. 195/2008 (d.lgs che recepisce il regolamento UE in materia di dichiarazione valutaria).
Le istruzioni si applicano a tutte le navi e imbarcazioni utilizzate per scopi commerciali, trasporto passeggeri e unità da diporto. Tali istruzioni operative trovano applicazione dal 3 giugno 2024.
Dichiarazione valutaria traffico commerciale marittimo e nautica da diporto: istruzioni modalità di presentazione
- Presentazione Fisica:
- I soggetti obbligati devono consegnare fisicamente la dichiarazione valutaria presso l'ufficio doganale competente al momento del passaggio alla frontiera.
- Questo obbligo si applica sia al deposito e alla registrazione della dichiarazione, sia all'utilizzo della pre-dichiarazione registrata sul sito dell'Agenzia delle Dogane.
- Presentazione Telematica a mezzo PEC in assenza di operazioni di imbarco/sbarco di denaro contante:
- I comandanti/armatori di navi, imbarcazioni commerciali, passeggeri di unità da diporto e altri soggetti delegati o presenti a bordo, in alternativa alla modalità di presentazione mediante consegna fisica, possono presentare la dichiarazione valutaria anche mediante PEC (posta elettronica certificata) prima dell'attraversamento della frontiera.
- La PEC deve essere inviata all'Ufficio delle Dogane competente per territorio.
- Tale modalità è prevista nel caso in cui il denaro contante trasportato, di importo pari o superiore a 10.000 euro, non venga materialmente sbarcato o imbarcato dal mezzo di trasporto.
Dichiarazione valutaria traffico commerciale marittimo e nautica da diporto: esecuzione dei controlli
- Anche nel caso in cui il denaro rimanga a bordo nel porto di arrivo o di partenza o in rada dopo l'attraversamento delle acque territoriali, è obbligatorio presentare la dichiarazione valutaria.
- La modalità telematica non consente un immediato riscontro sull'esattezza degli elementi informativi, quindi non prevede il rilascio di un visto di convalida.
Dichiarazione valutaria traffico commerciale marittimo e nautica da diporto: operazioni di imbarco/sbarco di denaro contante
In presenza di:
- operazioni di imbarco o sbarco di denaro contante
- di importo pari o superiore a euro 10.000,
i soggetti tenuti agli obblighi dichiarativi dovranno obbligatoriamente recarsi fisicamente presso l’Ufficio doganale competente per il primo punto di entrata o per l’ultimo punto d’uscita del territorio nazionale per il deposito e la registrazione della dichiarazione ovvero per il completamento della stessa.
Con riguardo a tali casistiche, nei casi di approdo o sbarco al di fuori delle fasce orarie di operatività dell’Ufficio , ovvero laddove non sia presente un Ufficio delle Dogane nel Comune di sbarco/imbarco, al fine di poter disporre della prova di corretto adempimento dell’obbligo in questione, la dichiarazione deve essere anticipata telematicamente a mezzo PEC all’Ufficio territorialmente competente per la registrazione, e consegnata presso il medesimo Ufficio, ovvero quello limitrofo , nell’ambito della stessa regione,
- al massimo entro il primo giorno utile successivo all’arrivo o
- antecedente alla partenza per il deposito e registrazione della stessa ovvero il suo completamento.
La ricevuta della PEC potrà essere esibita in caso di controllo antecedente alla presentazione fisica presso l’Ufficio competente.
- Presentazione Fisica:
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IMU pertinenze: spetta agevolazione anche senza dichiarazione
Entro il 17 giugno, il 16 termine ordinario è domenica, scade il termine per pagare l'acconto IMU 2024.
A tal proposito, ricordiamo una interessante ordinanza della Cassazione che ha chiarito il perimetro della esenzione per le pertinenza.
In particolare, viene sancito che non si paga l'imu sulle pertinenze anche senza dichiarazione da parte del contribuente.
L'Ordinanza della Cassazione n 12226/2023 ha sancito il seguente principio: anche se il contribuente non ha presentato la dichiarazione, le pertinenze dell'immobile non pagano IMU in base al principio della leale collaborazione e della buona fede, sancito dalla Legge 7 luglio 2000, n. 212.
In particolare, secondo tale principio, l’inosservanza di un adempimento che costituisce un presupposto solo formale per il godimento di un’agevolazione non impedisce di riconoscere il diritto al beneficio del contribuente che abbia i requisiti per usufruire dello stesso.
Agevolazione IMU pertinenze: spetta anche senza dichiarazione
Un Comune ha proposto ricorso in Cassazione avverso la una sentenza della Commissione tributaria regionale che ha rigettato l'appello nei confronti di due contribuenti proprietari di immobili con pertinenze in controversia su impugnazione di due avvisi di accertamento per l’ICI relativa all’anno 2011 e due avvisi di accertamento per l’IMU relativa all’anno 2012, oltre ad interessi moratori e sanzioni amministrative, in relazione proprio alle due aree pertinenziali site nel medesimo Comune, adibite a giardino.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che, nonostante l’inserimento nell’ “Ambito Residenziale Consolidato R2” secondo il Piano di Governo del Territorio del Comune e la successiva Variante Generale del medesimo Piano di Governo le aree non erano soggette ad ICI-IMU, costituendo giardini pertinenziali ai fabbricati appartenenti in comproprietà.
Con il primo motivo del ricorso il Comune denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 10, comma 4, e d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, 13, comma 12-ter, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che le aree in questione potessero costituire pertinenze dei fabbricati adiacenti in assenza di una tempestiva dichiarazione del vincolo di destinazione da parte dei comproprietari.
La Corte in precedenti sentenze ha specificato che in tema di ICI: "qualora l’immobile sia adibito a negozio o bottega direttamente dal soggetto passivo dell’imposta, ed il Comune, con apposito regolamento, abbia stabilito, per tali casi, il diritto a fruire di aliquota agevolata (nei limiti di quanto previsto dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 6) ove il contribuente presenti una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per il godimento dell’agevolazione, essa spetta comunque al contribuente, ancorché questi non abbia presentato la suddetta dichiarazione, poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente – sancito dalla l. 7 luglio 2000, n. 212, art. 10 comma 1 (ndr l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10 comma 1), (c.d. “Statuto del contribuente”), di cui costituisce espressione la previsione dell’art. 6, comma 4, della stessa legge – a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune (Cass., Sez. 5″, 17 maggio 2017, n. 12304).
Con l'Ordinanza di cui si tratta, e in relazione al caso specifico, la Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto:
"Ai fini dell’ICI e dell’IMU, anche in difetto di dichiarazione preventiva da parte dei contribuenti, l'area pertinenziale può considerarsi parte integrante del fabbricato a cui essa accede, perdendo autonoma rilevanza ai fini impositivi, nonostante l'edificabilità risultante dalle previsioni della pianificazione urbanistica (generale ed attuativa), sempre che l'ente impositore abbia avuto contezza (attraverso l'acquisizione di documenti o l'assunzione di informazioni, anche se per finalità extratributarie) del vincolo di pertinenzialità – desumibile dall'accertamento in fatto della stabile e durevole destinazione del bene accessorio a servizio o ornamento del bene principale – prima dell'anno di imposta a cui si riferisce l'avviso di accertamento".
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Modello Redditi PF 2024: redditi da usufrutto legale e redditi dei minori
L'art. 4 lett. c) comma 1 del TUIR stabilisce che “i redditi dei beni dei figli minori soggetti all’usufrutto legale dei genitori sono imputati per metà del loro ammontare netto a ciascun genitore. Se vi è un solo genitore o se l’usufrutto legale spetta ad un solo genitore i redditi gli sono imputati per l’intero ammontare”.
I genitori, quindi, devono includere nella propria dichiarazione anche i redditi dei figli minori sui quali hanno l’usufrutto legale.
Tuttavia, NON sono soggetti ad usufrutto legale:
- i beni acquistati dal figlio con i proventi del proprio lavoro;
- i beni lasciati o donati al figlio per intraprendere una carriera, un’arte o una professione;
- i beni lasciati o donati, con la condizione che i genitori esercenti la potestà o uno di essi non ne abbiano l’usufrutto (la condizione, però, non ha effetto per i beni spettanti al figlio a titolo di legittima);
- i beni pervenuti al figlio per eredità, legato o donazione e accettati nell’interesse del figlio contro la volontà dei genitori esercenti la potestà (se uno solo di essi era favorevole all’accettazione, l’usufrutto legale spetta esclusivamente a questi);
- e pensioni di reversibilità da chiunque corrisposte.
I redditi dei figli minori non soggetti ad usufrutto legale devono, invece, essere dichiarati a nome di ciascun figlio da uno dei genitori (se la potestà è esercitata da uno solo dei genitori la dichiarazione deve essere presentata da quest’ultimo).
Vediamo a tal proposito come si presenta la dichiarazione per conto dei figli.
Modello Redditi PF 2024 gli esclusi da usufrutto legale
Le istruzioni al Modello redditi PF 2024 specificano che in caso di dichiarazione presentata dall’erede per il defunto, dal rappresentante legale per la persona incapace o dai genitori per i redditi dei figli minori esclusi dall’usufrutto legale, dal liquidatore di impresa individuale, dal curatore fallimentare /curatore della liquidazione giudiziale, dal curatore dell’eredità giacente, dall’amministratore dell’eredità devoluta sotto condizione sospensiva in favore di nascituro non ancora concepito, ci sono regole specifiche.
In particolare, i soggetti che presentano la dichiarazione per conto di altri, devono compilare il Modello REDDITI indicando i dati anagrafici ed i redditi del contribuente cui la dichiarazione si riferisce.
Deve inoltre essere compilato il riquadro “Riservato a chi presenta la dichiarazione per conto di altri” per indicare le generalità del soggetto che presenta la dichiarazione, specificando nella casella “Codice carica” il codice corrispondente alla propria qualifica, ricavabile dalla tabella fornita dalle stesse istruzioni
In particolare, chi presenta la dichiarazione per altri deve indicare:
- il proprio codice fiscale,
- il “codice carica” che identifica il tipo di carica che ricopre,
- nel campo “data carica” la data (giorno, mese e anno) in cui è stato nominato o la data del decesso nel caso di dichiarazione presentata dall’erede,
- il proprio cognome, nome e il proprio sesso,
- la propria data di nascita (il giorno, il mese e l’anno),
- il comune o lo Stato estero di nascita e la provincia relativa.
I dati relativi alla residenza anagrafica o, se diverso, al domicilio fiscale, devono essere indicati solo nel caso in cui il soggetto che presenta la dichiarazione per conto del contribuente sia residente all’estero (in tal caso barrare anche l’apposita casella) ovvero abbia indicato il codice di carica “11” (ad esempio sindaco che svolge attività tutoria di minore).