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Avvisi, pre avvisi, solleciti della Riscossione: quando arrivano
L'agenzia della Riscossione con notizia del 10 giugno spiega cosa sono:
- gli avvisi,
- i preavvisi,
- i solleciti,
che invia ai contribuenti in caso di mancato pagamento.
In dettaglio, un contribuente li riceve se non ha provveduto al versamento di quanto già richiesto in precedenza, con cartelle o avvisi di accertamento esecutivo o di addebito, e prima che vengano attivate le procedure di recupero.
Con gli avvisi, i preavvisi, i solleciti, l’Agenzia delle entrate-Riscossione ricorda all’interessato che un pagamento previsto non è stato effettuato, ma che, comunque, può provvedere a regolarizzare la propria posizione prima che vengano avviate le procedure di riscossione per il recupero del credito.
Vediamo quali sono in dettaglio.
Sollecito di pagamento: che cos’è
Il sollecito di pagamento è promemoria, spedito per posta semplice, che contiene l’invito a mettersi in regola con i pagamenti.
Per quanto riguarda i contribuenti con debiti fino a 1.000 euro, l'articolo 1, comma 544, della legge n. 228/2012 dispone il divieto di avviare procedure cautelari o esecutive, relativamente a debiti di tale entità, se non dopo aver preliminarmente inviato al contribuente uno specifico sollecito di pagamento e dopo che siano decorsi inutilmente 120 giorni dall’invio del sollecito stesso.
Il sollecito contiene:
- le informazioni di carattere generale relative alle modalità per effettuare il versamento, oppure, nei casi previsti dalla normativa, per rateizzare le somme dovute,
- il dettaglio degli importi da pagare,
- la descrizione della tipologia di crediti in riscossione,
- l’anno di riferimento,
- l’ente creditore che li richiede,
- e l’indicazione dell’ammontare di ciascuna voce di debito.
Prima dell’attivazione delle procedure cautelari (fermo di beni mobili registrati – più comunemente fermo amministrativo – e ipoteca su un immobile) ci sono due tipologie di comunicazione che vengono disposte:
- sia nel caso del fermo sia per l’ipoteca,
- il debitore riceve un preavviso (comunicazione preventiva) che dà 30 giorni di tempo dalla notifica per mettersi in regola.
Preavviso di fermo: che cos’è?
Il preavviso di fermo amministrativo è una comunicazione preventiva che l’agente della riscossione, in base alla legge (articolo 86, del Dpr n. 602/1973) è tenuto a notificare al contribuente intestatario di beni mobili registrati, iscritti nei pubblici registri, prima di poter disporre il provvedimento stesso di fermo amministrativo.
Con il preavviso, il debitore ha 30 giorni dalla notifica per mettersi in regola.
Esso contiene l’avvertenza che, trascorsi i 30 giorni senza che vi sia stato pagamento oppure una richiesta di rateizzazione o sospensione della riscossione nei casi previsti dalla legge nonché un annullamento del debito, si procederà, senza ulteriori comunicazioni, all’iscrizione del fermo amministrativo nel Pubblico registro automobilistico (Pra) sul veicolo a motore indicato nell’atto.
Il fermo non viene iscritto se il debitore dimostra, entro lo stesso termine dei 30 giorni, che il bene mobile è strumentale all’attività di impresa o della professione (Dl n.69/2013, "decreto del fare") oppure qualora sia adibito a uso di persona diversamente abile.
La comunicazione di preavviso contiene:
- le informazioni utili per il pagamento,
- il prospetto delle somme da pagare, delle singole cartelle, della tipologia dei crediti in riscossione, l’indicazione dell’ente creditore che li richiede,
- la ripartizione delle voci che compongono il debito,
- il termine e l’organo giurisdizionale a cui rivolgersi in caso di impugnazione dell’atto.
Preavviso di ipoteca: che cos’è?
L'articolo 77 del Dpr n. 602/1973 prevede il preavviso di ipoteca, che l’agente della riscossione è tenuto a notificare al contribuente prima di attivare la procedura cautelare di iscrizione ipotecaria su uno o più immobili di proprietà.
Il preavviso invita il debitore proprietario di un immobile a pagare le somme dovute entro 30 giorni, dopo i quali si procederà all’iscrizione di ipoteca vera e propria.
Trascorso tale termine, senza che il contribuente abbia dato seguito al pagamento delle somme dovute oppure senza che ne abbia richiesto la rateizzazione, in mancanza di provvedimenti di annullamento o sospensione, si procede con l’iscrizione dell’ipoteca alla conservatoria competente.
L'ipoteca può essere iscritta in presenza di debiti non inferiori a 20mila euro, per un importo pari al doppio del credito complessivo per cui si procede.
L’iscrizione di ipoteca viene comunicata al contribuente con una apposita comunicazione, inviata tramite raccomandata a/r.
Avviso di intimazione: che cos’è?
L’avviso di intimazione è l’atto che l’agente della riscossione notifica al contribuente prima dell’avvio delle procedure esecutive (pignoramento), nel caso in cui sia trascorso più di un anno dalla notifica della relativa cartella di pagamento.
L’avviso concede al debitore 5 giorni dalla notifica per effettuare il versamento di quanto dovuto, con la possibilità, comunque, di poter chiedere la rateizzazione delle somme a debito o la sospensione della riscossione nei casi previsti dalla legge.
L’avviso di intimazione perde la propria efficacia trascorso un anno dalla sua notifica e, in tal caso, qualora si debba proseguire nell’attività di recupero del credito con l’avvio di ulteriori procedure esecutive, si dovrà notificare un nuovo avviso di intimazione.
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Adempimento collaborativo: regole interpello preventivo
Pubblicato in GU n 132 del 7 giugno il decreto MEF del 20 maggio con modifiche al decreto 15 giugno 2016 in materia di interpello per i contribuenti che aderiscono al regime dell'adempimento collaborativo.
Sull'Adempimento collaborativo leggi anche: Adempimento collaborativo 2024: approvato il codice di condotta con le novità 2024.
Interpello preventivo: regole nel decreto MEF 20 maggio
Il decreto alla luce delle novità introdotte dalla Riforma Fiscale apporta le modifiche di seguito indicate:
- nel decreto del 2016 viene inserita la previsione di un invito al contraddittorio, da parte dell’Agenzia, prima di notificare al contribuente una risposta sfavorevole a un'istanza di interpello o di qualsiasi altra posizione contraria a una comunicazione di rischio, con lo scopo di illustrargli la propria posizione;
- l’ufficio dovrà comunicare al contribuente che ha presentato l’istanza di interpello uno schema di risposta con la sintetica illustrazione della propria posizione, a cui il contribuente più rispondere a sua volta con proprie osservazioni in un termine non inferiore a 30 giorni;
- dalla data della notifica al contribuente dello schema di risposta, il termine per la risposta all’istanza si sospende di 60 giorni;
- analogo schema preventivo di risposta viene previsto nel caso di posizione contraria a una comunicazione di rischio;
- in merito alla tempistica di risposta all’istanza di interpello: in analogia con quanto già introdotto all’articolo 11 dello Statuto del contribuente con la recente riforma (Dlgs n. 219/2023), ferma la facoltà di chiedere documentazione integrativa, viene introdotta una sospensione del termine di 45 giorni previsto per la risposta tra il 1° e il 31 agosto e ogni volta che è obbligatorio chiedere un parere preventivo ad altra amministrazione. Se il parere non viene reso entro 60 giorni dalla richiesta, l’Agenzia risponderà comunque all’istanza di interpello, con la puntualizzazione che, se il periodo di sospensione per la richiesta del parere obbligatorio termina tra 1° e il 31 agosto, anche il termine per la risposta è in ogni caso sospeso fino al 31 agosto.
Si rimanda al decreto 20 maggio del MEF per le altre novità.
Allegati: -
Modello Certificazione crediti ricerca e sviluppo: come compilarlo
Il MIMIT ha pubblicato il DD del 5 giugno con il modello di certificazione del credito d’imposta ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica, design e ideazione estetica (ai sensi dell’art. 23, commi 2, 3, 4 e 5 del D.L. n. 73/2022, convertito, con modifiche, dalla L. n. 122/2022 nonché del D.P.C.M. del 15 settembre 2023).
Vediamo come è composto.
Modello Certificazione crediti ricerca e sviluppo: come compilarlo
Il modello di certificazione crediti allegato al DD 5 giugno appare molto lineare.
Esso, risulta diviso con una parte iniziale di sintesi con la richieste dei seguenti dati:
- dati del certificatore,
- dati dell'impresa richiedente,
- dati del progetto,
- data di rilascio della certificazione
Successivamente vi si trova:
- la certificazione dell'iscritto all'albo di aver ricevuto incarico dall’impresa;
- l'iscrizione all’Albo dei certificatori di cui all’articolo 2, comma 1, del Dpcm del 15 settembre 2023;
- e l'assenza di conflitto di interesse.
La parte più ricca del Modello di certificazione dei crediti, che in totale è composto da 28 pagine, è quella descrittiva del progetto da certificare, ripartita come segue:
- Informazioni concernenti le capacità organizzative e le competenze tecniche dell'impresa richiedente la certificazione o dei soggetti esterni a cui la ricerca è stata commissionata, al fine di attestarne l'adeguatezza rispetto all'attività effettuata o programmata (art. 3, co. 4 del D.P.C.M. del 15 settembre 2023);
- Descrizione del progetto o del sotto progetto realizzato o in corso di realizzazione e delle diverse fasi inerenti allo stesso ovvero, nel caso di investimento non ancora effettuato, descrizione del progetto o sotto progetto da iniziare (art. 3, co. 4 del D.P.C.M. del 15 settembre 2023;
- Ulteriori informazioni e gli altri elementi descrittivi ritenuti utili per la completa rappresentazione della fattispecie agevolativa, in funzione delle attività di vigilanza da parte del Ministero delle imprese e del made in Italy e per l'effettuazione dei controlli dell'Agenzia delle Entrate sulla corretta applicazione del credito d'imposta ai sensi del comma 207 dell'art. 1 della L. n. 160/2019 (art. 3, co. 4 del D.P.C.M. del 15 settembre 2023);
- Motivazioni tecniche sulla base delle quali viene attestata la sussistenza dei requisiti per l'ammissibilità al credito d'imposta o il riconoscimento della maggiorazione di aliquota (art. 3, co. 4 del D.P.C.M. del 15 settembre 2023).
Rimandando alla consultazione completa del Modello di Certificazione crediti si evidenzia che deve essere inviato tramite l'apposita piattaforma, raggiungibile al seguente link:
dove poter accedere come certificatore.
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Forfetari: accesso al Concordato preventivo biennale attraverso il quadro LM
Con la pubblicazione del modello Redditi PF 2024 si conclude l’iter preparatorio per il primo anno di applicazione del Concordato preventivo biennale, che così diventa operativo.
L’accettazione dal parte del contribuente del Concordato preventivo biennale passa a tutti gli effetti attraverso il modello Redditi PF; tale percorso però è diversificato a seconda del regime fiscale applicato dal contribuente, infatti:
- i soggetti ISA: dovranno compilare un apposito modello, che è parte integrante dei modelli ISA;
- i contribuenti in regime forfetario: compileranno la nuova sezione VI del quadro LM del modello Redditi PF 2024, denominata appunto “Concordato Preventivo regime forfetario”.
Per i contribuenti in regime forfetario l’applicazione del Concordato preventivo biennale è limitato a un solo anno, quindi la proposta di concordato che si accetta vincola esclusivamente per l’anno d’imposta 2024.
L’accettazione del concordato non fa venire meno, per il 2024, gli ordinari obblighi a cui sono soggetti i soggetti interessati, quali quello dichiarativo o quello di emissione delle fatture in formato elettronico.
L’acconto di imposta sostitutiva relativo all’anno d’imposta per il quale si accetta il Concordato preventivo biennale, il 2024, deve essere calcolato in base al reddito concordato (e non in base a quello effettivamente conseguito nel 2023).
L’anno successivo, se nel mentre non subentreranno cause di esclusione dal beneficio, l’Agenzia delle Entrate formulerà una nuova proposta.
La compilazione della sezione VI del quadro LM
Il contribuente in regime forfetario che vorrà accettare la proposta del fisco ed accedere al Concordato preventivo biennale potrà farlo semplicemente compilando la sezione VI del quadro LM del modello Redditi PF 2024, quel quadro della dichiarazione dei redditi delle persone fisiche dedicato appunto anche ai contribuenti in regime forfetario.
La compilazione della sezione VI non presenta particolari difficoltà, in quanto non richiede l’indicazione di ulteriori dati, oltre quelli già dichiarati dal contribuente.

La sezione è composta da 6 righi, più precisamente dal rigo LM60 al rigo LM62.
Il rigo LM60 è una casella che deve essere flaggata per dichiarare la “Presenza dei requisiti” di accesso al Concordato preventivo biennale da parte del contribuente.
Possono accedere al concordato i contribuenti che nell’anno d’imposta 2023 non avevano debiti fiscali o contributivi di importo complessivamente superiore a 5.000 euro; oppure che hanno estinto i debiti di tale natura, per gli importi superiori a suddetto limite (comprensivi di sanzioni e interessi), prima del termine per l’accettazione della proposta di concordato. I contribuenti ammessi a provvedimenti di sospensione o rateizzazione di tali debiti sono comunque ammessi al concordato.
Il rigo LM61 è una casella che deve essere flaggata per dichiarare la “Assenza di cause di esclusione” da parte del contribuente. Le cause di esclusione previste sono:
- inizio attività nell’anno d’imposta 2023;
- omessa presentazione della dichiarazione dei redditi in uno dei tre anni precedenti a quelli di applicazione del concordato;
- condanna per reati in materia di imposte sui redditi e IVA, false comunicazioni sociali, riciclaggio o autoriciclaggio commessi nei tre anni precedenti a quelli di applicazione del concordato.
Il rigo LM62 è una casella che deve essere eventualmente compilata per dichiarare la “Presenza di eventi straordinari”; le istruzioni del modello Redditi PF 2024 precisano che “va indicato il codice corrispondente agli eventi straordinari determinati con decreto ministeriale”.
Sul rigo LM63 dovrà essere indicato il reddito proposto dal fisco ai fini del Concordato preventivo biennale per l’anno d’imposta 2024.
Infine il rigo LM64 è una casella che dovrà essere flaggata in caso di accettazione da parte del contribuente della proposta effettuata dal fisco per l’anno d’imposta 2024.
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Adempimento collaborativo 2024: approvato il codice di condotta
Viene pubblicato in GU n 132 del 7 giugno il Decreto MEF del 29 aprile con il codice di condotta per i contribuenti aderenti al regime di adempimento collaborativo.
Ricordiamo che il Decreto legislativo n 221 del 30.12.2023 con Disposizioni in materia di adempimento collaborativo contiene le norme sul potenziamento del regime in oggetto.
Attenzione al fatto che per le imprese che sono già in adempimento collaborativo, la sottoscrizione del nuovo codice dovrà avvenire nei 120 giorni successivi alla entrata in vigore del Dm quindi entro il 5 ottobre 2024.
Adempimento collaborativo: che cos'è e le novità della Riforma Fiscale
Il Dlgs con Disposizioni in materia di adempimento collaborativo è pubblicato ai sensi dell’articolo 17 della legge 9 agosto 2023, n. 111.
Ricordiamo brevemente che l'adempimento collaborativo è stato istituito con il decreto legislativo 5 agosto 2015, n. 128, rubricato “Disposizioni sulla certezza del diritto nei rapporti tra fisco e contribuente, in attuazione degli articoli 5, 6 e 8, comma 2, della legge 11 marzo 2014, n. 23”, in proposito leggi anche: Adempimento collaborativo: come cambia il rapporto fisco-impresa.
L'adempimento collaborativo si pone l’obiettivo di instaurare un rapporto di fiducia tra amministrazione e contribuente che miri ad un aumento del livello di certezza sulle questioni fiscali rilevanti.
Tutto ciò è perseguito tramite l’interlocuzione costante e preventiva con il contribuente su elementi di fatto, ivi inclusa l’anticipazione del controllo, finalizzata ad una comune valutazione delle situazioni suscettibili di generare rischi fiscali.
E’ un istituto che prevede l’adesione volontaria del contribuente qualora sia in possesso di requisiti soggettivi ed oggettivi come di seguito esposti.
Ti consigliamo anche: Adempimento collaborativo: esteso fino al 2024.
Riforma fiscale: novità per l'Adempimento collaborativo
Evidenziamo che, ai sensi dell'art 1 del Dlgs n 221/2023, tra le altre modifiche, all'art 7 del decreto legislativo del 5 agosto 2015, n. 128 dopo il comma 1, sono aggiunti i seguenti:
1-bis. Il regime è riservato ai contribuenti che conseguono un volume di affari o di ricavi:
- a) a decorrere dal 2024 non inferiore a 750 milioni di euro;
- b) a decorrere dal 2026 non inferiore a 500 milioni di euro;
- c) a decorrere dal 2028 non inferiore a 100 milioni di euro.
1-ter. I requisiti dimensionali di cui al comma 1-bis sono valutati assumendo, quale parametro di riferimento, il valore più elevato tra i ricavi indicati, secondo corretti principi contabili, nel bilancio relativo all'esercizio precedente a quello in corso alla data di presentazione della domanda e ai due esercizi anteriori e il volume di affari indicato nella dichiarazione
ai fini dell'imposta sul valore aggiunto relativa all'anno solare precedente e ai due anni solari anteriori.
Ciò premesso, si evidenzia in sintesi che, il Dlgs n 221/2023 ha come scopo quello di potenziare il regime di cui si tratta attraverso una serie di novità,
In considerazione dei pareri espressi dalle Commissioni parlamentari competenti, rispetto al testo approvato in esame preliminare, sono state apportate modifiche attinenti, tra l’altro, al regolamento relativo ai compiti, agli adempimenti e ai requisiti richiesti agli avvocati e ai dottori commercialisti abilitati al rilascio della certificazione del tax control framework (TCF), prevedendo che ai suddetti professionisti, ai fini del rilascio della certificazione, è consentito di avvalersi dei consulenti del lavoro per le materie di loro competenza.
Resta fermo in ogni caso che il professionista indipendente abilitato al rilascio, anche in ordine alla conformità ai principi contabili, è esclusivamente quello iscritto all’albo degli avvocati o dei dottori commercialisti ed esperti contabili.
Inoltre, è stata riformulata la disposizione relativa alla “certificazione tributaria”, prevista dall’articolo 36 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, per i soggetti che aderiscono all’adempimento collaborativo, prevedendo che la stessa attesti la corretta applicazione delle norme tributarie sostanziali, nonché l’esecuzione degli adempimenti, dei controlli e delle attività indicati annualmente con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Tra gli scopi che si intende perseguire con la riforma di cui si tratta vi sono:
- l’accelerazione del processo di progressiva riduzione della soglia di accesso all’applicazione dell’istituto;
- l’apertura del regime anche a società, di per sé prive dei requisiti di ammissibilità, ma appartenenti ad un gruppo di imprese, nel caso in cui almeno un soggetto del gruppo possegga i requisiti di ammissibilità e il gruppo abbia adottato un sistema integrato di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale gestito in modo unitario per tutte le società del gruppo;
- la certificazione, da parte di professionisti qualificati, dei sistemi integrati di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale in ordine alla loro conformità ai principi contabili;
- la gestione, nell’ambito del regime dell’adempimento collaborativo, anche di questioni riferibili a periodi d’imposta antecedenti all’ammissione al regime;
- nuove e più penetranti forme di contraddittorio in favore dei contribuenti aderenti al regime dell’adempimento collaborativo;
- procedure semplificate di regolarizzazione della posizione del contribuente che aderisca a indicazioni dell’Agenzia delle entrate che richiedano di effettuare ravvedimenti operosi;
- l’emanazione di un codice di condotta che disciplini i diritti e gli obblighi dell’amministrazione finanziaria e dei contribuenti;
- la previsione di un periodo transitorio di osservazione che preceda l’esclusione del contribuente dal regime dell’adempimento collaborativo, in caso di violazioni fiscali non gravi;
- il potenziamento degli effetti premiali connessi all’adesione al regime dell’adempimento collaborativo prevedendo, al ricorrere di specifici presupposti: esclusione o riduzione delle sanzioni amministrative tributarie; esclusione della punibilità del delitto di dichiarazione infedele; riduzione dei termini di decadenza per l’attività di accertamento.
Inoltre, il testo interviene in materia sanzionatoria prevedendo che la volontaria adozione di un efficace sistema di rilevazione, misurazione, gestione e controllo del rischio fiscale da parte di imprese che non posseggano i requisiti per aderire al regime dell’adempimento collaborativo comporti, al ricorrere di specifiche condizioni, la riduzione delle sanzioni amministrative in materia tributaria e, eventualmente, la non punibilità del reato di dichiarazione infedele.
Adempimento collaborativo: il codice di condotta per gli aderenti
Il codice di condotta è finalizzato a indicare e definire gli impegni che reciprocamente assumono l'Agenzia delle entrate e i contribuenti aderenti al regime di adempimento collaborativo, allegato al presente decreto, di cui costituisce parte integrante.
Il codice di condotta viene sottoscritto tra Agenzia delle entrate e i contribuenti aderenti al regime di adempimento collaborativo contestualmente all'ammissione al regime.
Gli impegni reciprocamente assunti dall'Agenzia delle entrate e dai contribuenti aderenti al regime di adempimento collaborativo vincolano i soggetti a partire dal periodo d'imposta nel corso del quale la richiesta di adesione al regime di adempimento collaborativo è trasmessa all'Agenzia.Il codice di condotta così come sottoscritto è tacitamente rinnovato per tutti gli anni d'imposta successivi qualora non sia espressamente comunicata dal contribuente la volontà di non permanere nel regime di adempimento collaborativo.
Si rimanda all'Allegato al decreto con tutte le regole.
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IMU pertinenze: spetta agevolazione anche senza dichiarazione
Entro il 17 giugno, il 16 termine ordinario è domenica, scade il termine per pagare l'acconto IMU 2024.
A tal proposito, ricordiamo una interessante ordinanza della Cassazione che ha chiarito il perimetro della esenzione per le pertinenza.
In particolare, viene sancito che non si paga l'imu sulle pertinenze anche senza dichiarazione da parte del contribuente.
L'Ordinanza della Cassazione n 12226/2023 ha sancito il seguente principio: anche se il contribuente non ha presentato la dichiarazione, le pertinenze dell'immobile non pagano IMU in base al principio della leale collaborazione e della buona fede, sancito dalla Legge 7 luglio 2000, n. 212.
In particolare, secondo tale principio, l’inosservanza di un adempimento che costituisce un presupposto solo formale per il godimento di un’agevolazione non impedisce di riconoscere il diritto al beneficio del contribuente che abbia i requisiti per usufruire dello stesso.
Agevolazione IMU pertinenze: spetta anche senza dichiarazione
Un Comune ha proposto ricorso in Cassazione avverso la una sentenza della Commissione tributaria regionale che ha rigettato l'appello nei confronti di due contribuenti proprietari di immobili con pertinenze in controversia su impugnazione di due avvisi di accertamento per l’ICI relativa all’anno 2011 e due avvisi di accertamento per l’IMU relativa all’anno 2012, oltre ad interessi moratori e sanzioni amministrative, in relazione proprio alle due aree pertinenziali site nel medesimo Comune, adibite a giardino.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di prime cure sul presupposto che, nonostante l’inserimento nell’ “Ambito Residenziale Consolidato R2” secondo il Piano di Governo del Territorio del Comune e la successiva Variante Generale del medesimo Piano di Governo le aree non erano soggette ad ICI-IMU, costituendo giardini pertinenziali ai fabbricati appartenenti in comproprietà.
Con il primo motivo del ricorso il Comune denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, artt. 10, comma 4, e d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, 13, comma 12-ter, convertito, con modificazioni, dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che le aree in questione potessero costituire pertinenze dei fabbricati adiacenti in assenza di una tempestiva dichiarazione del vincolo di destinazione da parte dei comproprietari.
La Corte in precedenti sentenze ha specificato che in tema di ICI: "qualora l’immobile sia adibito a negozio o bottega direttamente dal soggetto passivo dell’imposta, ed il Comune, con apposito regolamento, abbia stabilito, per tali casi, il diritto a fruire di aliquota agevolata (nei limiti di quanto previsto dal d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 6) ove il contribuente presenti una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti oggettivi e soggettivi per il godimento dell’agevolazione, essa spetta comunque al contribuente, ancorché questi non abbia presentato la suddetta dichiarazione, poiché, tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente – sancito dalla l. 7 luglio 2000, n. 212, art. 10 comma 1 (ndr l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 10 comma 1), (c.d. “Statuto del contribuente”), di cui costituisce espressione la previsione dell’art. 6, comma 4, della stessa legge – a quest’ultimo non può essere chiesta la prova di fatti già documentalmente noti al Comune (Cass., Sez. 5″, 17 maggio 2017, n. 12304).
Con l'Ordinanza di cui si tratta, e in relazione al caso specifico, la Cassazione ha enunciato il seguente principio di diritto:
"Ai fini dell’ICI e dell’IMU, anche in difetto di dichiarazione preventiva da parte dei contribuenti, l'area pertinenziale può considerarsi parte integrante del fabbricato a cui essa accede, perdendo autonoma rilevanza ai fini impositivi, nonostante l'edificabilità risultante dalle previsioni della pianificazione urbanistica (generale ed attuativa), sempre che l'ente impositore abbia avuto contezza (attraverso l'acquisizione di documenti o l'assunzione di informazioni, anche se per finalità extratributarie) del vincolo di pertinenzialità – desumibile dall'accertamento in fatto della stabile e durevole destinazione del bene accessorio a servizio o ornamento del bene principale – prima dell'anno di imposta a cui si riferisce l'avviso di accertamento".
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Quadro RW del 730/2024: chiarimenti ADE
Con la Circolare ADE n 12 del 31 maggio vengono fornite una serie di risposte su alcune delle principali novità della dichiarazione 730/2024.
Tra le altre le entrate specificano istruzioni sulla compilazione del Quadro W – Redditi di capitale di fonte estera.
730/2024: detenzione cripto-attività riferite a diversi emittenti
Veniva richiesto se, al fine di indicare correttamente nel modello 730/2024 i dati relativi alle cripto-attività detenute dal contribuente nell’anno d’imposta 2023, in presenza di valori riferiti a cripto-attività di diversi emittenti non possedute per il medesimo periodo, sia corretto indicare la somma dei valori in un unico rigo del Quadro W o se tali valori debbano essere indicati in due righi distinti.
Viene chiarito che in base alle istruzioni rese nel paragrafo 18.48.3.3 “Determinazione Cripto Attività” della circolare di liquidazione del modello 730/2024, per il calcolo dell’imposta sostitutiva sul valore delle cripto-attività dovuta, analogamente a quanto previsto per l’IVAFE, nel Quadro W è necessario compilare distinti righi e indicare i giorni con riferimento a ogni singola attività finanziaria.
730/2024: compilazione quadro RW per detenzione di più c/c
Nel caso di più conti correnti detenuti presso uno stesso intermediario estero, si chiede conferma che, anche in relazione al dato di colonna 8 (valore finale) del Quadro W del modello 730/2024, si debba fare riferimento all’esempio di calcolo della giacenza media da attribuire a ciascun conto detenuto dal contribuente, riportato a pag. 51 del Fascicolo 2 delle istruzioni per la compilazione del modello Redditi PF 2024, denominato “ESEMPIO: due conti correnti presso lo stesso intermediario”.
Viene chiarito che, qualora il contribuente detenga più conti correnti presso uno stesso intermediario estero, lo stesso deve compilare un rigo per ogni conto posseduto e, in relazione al dato di colonna 8 (valore finale) del Quadro W del modello 730/2024, può fare riferimento all’esempio di calcolo della giacenza media da attribuire a ciascun conto detenuto, riportato a pag. 51 del Fascicolo 2 delle istruzioni per la compilazione del modello Redditi PF 2024.
Quadro RW del 730: base imponibile imposta cripto
Come chiarito con la circolare n. 30/E del 2023 (paragrafo 3.7.3), la base imponibile dell’imposta sul valore delle cripto-attività “è costituita dal valore corrispondente al valore delle cripto-attività al termine di ciascun anno solare rilevato dalla piattaforma dell’exchange dove è avvenuto l’acquisto della stessa. Qualora non sia possibile rilevare il valore al 31 dicembre dell’anno di riferimento dalla piattaforma dove è stata originariamente acquistata la cripto attività, tale valore potrà essere rilevato da analoga piattaforma dove le medesime cripto-attività sono negoziabili o da siti specializzati nella rilevazione dei valori di mercato delle stesse. In assenza del predetto valore deve farsi riferimento al costo di acquisto delle cripto-attività”.
Essendo detto valore un elemento utile alla determinazione della base imponibile dell’imposta sostitutiva sul valore delle cripto-attività, lo stesso non è oggetto di visto di conformità; in relazione ad esso, il controllo continua ad essere eseguito unicamente in capo al contribuente.
Si evidenzia, per completezza, che il contribuente è tenuto a documentare, su richiesta dell’Amministrazione finanziaria, il valore delle cripto-attività sulla base di elementi certi e precisi, riscontrabili tramite le diverse fonti indicate con la citata circolare.
Ne consegue che deve ritenersi esclusa la possibilità di presentare una dichiarazione sostitutiva di atto notorio in cui detti valori siano attestati dal contribuente.