• Lavoro Dipendente

    Partecipazione dei lavoratori in azienda: legge in Gazzetta

    Il Senato ha approvato il 14 maggio 2025 in via definitiva il disegno di legge n. 1407, che introduce un quadro normativo organico per promuovere la partecipazione dei lavoratori alla vita delle imprese. Il provvedimento proposto dalla CISL , mira a dare attuazione concreta all’articolo 46 della Costituzione italiana, che prevede il diritto dei lavoratori a collaborare alla gestione delle aziende. 

    La legge 76 del 15 maggio 2025" Disposizioni per la partecipazione dei lavoratori alla gestione, al capitale e agli utili delle imprese"  è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale Serie generale n. 120  del 26 maggio ed entrerà in vigore il 10 giugno p.v.

    Il nuovo impianto normativo si propone di rafforzare la coesione tra datori di lavoro e dipendenti, valorizzare il lavoro anche in chiave sociale ed economica, favorire la democrazia economica e sostenere la sostenibilità d’impresa.

    Vediamo i contenuti in sintesi.

    Legge 76 2025 partecipazione dei lavoratori: obiettivi e principi

    Le forme di partecipazione previste sono quattro: gestionale, economica e finanziaria, organizzativa e consultiva. 

    Ognuna ha caratteristiche e ambiti di applicazione specifici, disciplinati secondo criteri di flessibilità e compatibilità con la struttura societaria dell’impresa. 

    ll testo riconosce un ruolo centrale ai contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, che diventano il veicolo privilegiato per introdurre e regolare le diverse modalità di partecipazione. 

    Anche gli enti bilaterali – organismi paritetici costituiti da rappresentanze sindacali datoriali e dei lavoratori – possono svolgere un ruolo rilevante, soprattutto nelle imprese di dimensioni ridotte.

    Partecipazione gestionale ed economica dei lavoratori: i vantaggi fiscali

    Nel campo della partecipazione gestionale, il disegno di legge distingue tra i diversi modelli di governance societaria:

    • Nelle società con struttura dualistica (con Consiglio di gestione e Consiglio di sorveglianza), è possibile includere rappresentanti dei lavoratori nel Consiglio di sorveglianza, a condizione che ciò sia previsto dallo statuto e disciplinato dai contratti collettivi. 
    • Analogamente, nelle società con modello tradizionale o monistico, i lavoratori possono essere rappresentati nel Consiglio di amministrazione e, se previsto, anche nel Comitato per il controllo sulla gestione. Gli amministratori designati devono essere indipendenti, qualificati e rispettare precisi criteri di onorabilità e professionalità.

    La partecipazione economica e finanziaria si concretizza, invece, nella distribuzione agli stessi lavoratori di una quota degli utili d’impresa o nell’adozione di piani di azionariato. In particolare, per il solo anno 2025, se almeno il 10% degli utili viene distribuito ai lavoratori sulla base di un contratto collettivo, la quota soggetta a imposta sostitutiva potrà arrivare fino a 5.000 euro lordi (anziché 3.000 euro). Inoltre, sempre nel 2025, i dividendi derivanti da azioni assegnate ai lavoratori in sostituzione di premi di risultato – per un massimo di 1.500 euro annui – godranno di un’esenzione IRPEF pari al 50%.

    Queste misure fiscali hanno l’obiettivo di incentivare il coinvolgimento diretto dei dipendenti nei risultati aziendali, promuovendo la fidelizzazione e il senso di appartenenza, con ricadute positive sulla produttività e sulla competitività.

    Tipo di incentivo Descrizione Importo massimo agevolato Agevolazione fiscale Riferimento normativo
    Distribuzione di utili ai lavoratori Distribuzione di almeno il 10% degli utili aziendali ai dipendenti tramite contratti collettivi 5.000 € lordi Imposta sostitutiva sui premi di risultato entro tale soglia Art. 5, Ddl 1407
    Azioni in sostituzione dei premi di risultato Attribuzione di azioni ai dipendenti in sostituzione dei premi di risultato 1.500 € annui Esenzione IRPEF del 50% sui dividendi ricevuti Art. 6, Ddl 1407

    Partecipazione organizzativa e consultiva: il ruolo delle commissioni paritetiche

    La legge prevede anche la partecipazione organizzativa, che si attua attraverso strumenti interni di dialogo e proposta. 

    Le imprese potranno istituire commissioni paritetiche composte da rappresentanti aziendali e dei lavoratori in pari numero. Queste commissioni saranno incaricate di elaborare proposte per migliorare prodotti, processi, servizi e condizioni lavorative. Nei contratti aziendali potranno essere individuate figure specifiche con compiti di promozione in settori come la formazione, il welfare, la qualità del lavoro, le politiche retributive, la genitorialità, la diversità e l’inclusione. Le imprese con meno di 35 dipendenti potranno avvalersi del supporto degli enti bilaterali per attivare forme di partecipazione simili.

    La partecipazione consultiva, invece, si realizza principalmente all’interno delle stesse commissioni paritetiche. I rappresentanti sindacali (unitari o aziendali) o, in loro assenza, i delegati dei lavoratori possono essere consultati preventivamente sulle decisioni aziendali rilevanti. La consultazione avviene in tempi certi (entro 5 giorni dalla convocazione e con termine massimo di 10 giorni) e può portare alla formulazione di pareri scritti. Il datore di lavoro, entro 30 giorni, deve comunicare l’esito della consultazione e motivare eventuali decisioni difformi rispetto ai suggerimenti ricevuti.

    Commissione nazionale e formazione preventiva dei lavoratori

    In caso di controversie, le parti potranno  rivolgersi a una nuova Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori che sarà istituita presso il CNEL.

    Questa Commissione avrà compiti 

    • Monitorare l'attuazione della legge sulla partecipazione dei lavoratori.
    • Fornire pareri interpretativi e di indirizzo.
    • Proporre misure correttive in caso di violazioni delle norme procedurali relative alla partecipazione dei lavoratori.

    Secondo quanto previsto dalla legge, la Commissione sarà composta da:

    • Un rappresentante del CNEL.
    • Un rappresentante del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.
    • Tre esperti in diritto del lavoro, relazioni industriali o gestione e organizzazione aziendale, scelti congiuntamente dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro presenti presso il CNEL.
    • Dodici membri designati dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro presenti nel CNEL. ai componenti della Commissione non spettano compensi, gettoni di presenza, rimborsi spese o altri emolumenti, e il CNEL provvede al suo funzionamento nell'ambito delle risorse disponibili a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica

    Infine, la legge stabilisce obblighi formativi per i rappresentanti dei lavoratori coinvolti nelle commissioni o negli organi societari: almeno 10 ore annue, finanziabili tramite enti bilaterali, fondi interprofessionali o il Fondo Nuove Competenze.

  • Lavoro Dipendente

    Contributi figurativi aspettativa per part time: l’INPS cambia rotta

    Con il messaggio n. 1606 del 21 maggio 2025, l’INPS ha chiarito un aspetto importante riguardante  la contribuzione previdenziale per i lavoratori part time, in aspettativa per motivi sindacali o politici.

     In particolare, l’Istituto chiarisce che superando l'interpretazione fornita in passato,  questi lavoratori possono ottenere il riconoscimento della contribuzione figurativa, cioè di contributi utili per la pensione anche se non versati direttamente, anche quando durante l’aspettativa svolgono un altro lavoro part time, presso partiti politici o sindacati. 

    Il chiarimento nasce dalla necessità di interpretare in modo più moderno e flessibile l’articolo 31 dello Statuto dei lavoratori (legge 300/1970), tenendo conto anche dei cambiamenti giurisprudenziali intervenuti negli anni.

    Contributi per part time in aspettativa istruzioni attuali per il doppio accredito

    Secondo la nuova interpretazione dell’INPS, è possibile sommare due tipi di contributi: 

    • da un lato quelli figurativi relativi al lavoro part time da cui il dipendente è in aspettativa sindacale o politica, e dall’altro 
    • quelli obbligatori versati per l’attività part time svolta nello stesso periodo con un altro datore di lavoro (ad esempio lo stesso  sindacato o partito per cui svolgono il mandato). 

    Questo doppio accredito è ammesso a condizione che non ci sia sovrapposizione tra le due coperture previdenziali e che non venga superata la durata massima dell’orario lavorativo previsto per legge.

    L’INPS ha chiarito che questa regola si applica a tutte le gestioni pensionistiche e riguarda anche le richieste ancora in fase di valutazione alla data del 21 maggio 2025, data di pubblicazione del messaggio. 

    Questo significa che i lavoratori coinvolti potranno ottenere il riconoscimento dei contributi figurativi anche per il passato, se la loro situazione rientra nei nuovi criteri stabiliti.

    Contributi e aspettativa: le indicazioni precedenti valide per il tempo pieno

    In passato l’INPS aveva adottato una posizione più rigida, illustrata nel messaggio 55 2008 : si escludeva il diritto ai contributi figurativi per i lavoratori in aspettativa sindacale o politica se svolgevano qualsiasi altra attività lavorativa, anche occasionale o a progetto. 

    L’unica eccezione riguardava le situazioni in cui il lavoratore fosse iscritto contemporaneamente a più gestioni previdenziali per attività diverse, purché il lavoro principale da cui era in aspettativa fosse effettivamente sospeso.

    Ora però, anche a seguito di alcune sentenze della Corte di Cassazione (n. 23615/2013 e n. 19695/2016), si riconosce che è possibile avere contemporaneamente un incarico sindacale e un lavoro subordinato a tempo parziale presso lo stesso sindacato.

    L’INPS ha quindi aggiornato le sue istruzioni per evitare che i lavoratori part time che fanno attività sindacale o politica subiscano un danno nel calcolo della loro pensione. 

    Le precedenti  regole del messaggio 55/2008 restano valide solo per i lavoratori a tempo pieno in aspettativa che svolgano altri lavori durante quel periodo.

  • Lavoro Dipendente

    Tfr colf e badanti: i dubbi su anticipo mensile o annuale

    Con la nota n. 616 del 3 aprile 2025, l’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha  fatto chiarezza su una prassi diffusa ma non conforme alla normativa vigente: l’erogazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) in busta paga, su base mensile. 

    Questo chiarimento interessa in particolare il settore del lavoro domestico, dove alcuni datori di lavoro adottano  tale modalità per semplificare la gestione del rapporto con il collaboratore e di fatto rateizzare con gli anticipi un esborso che può essere troppo pesante per una famiglia . 

    Tuttavia, l’INL ha evidenziato  che questa pratica è illegittima, con conseguenze fiscali e contributive per il datore di lavoro.

    Giova ricordare forse che il Trattamento di Fine Rapporto è la somma che il datore di lavoro deve corrispondere al lavoratore alla fine del contratto. Si tratta di una quota di retribuzione accantonata ogni mese, che costituisce una forma di liquidazione. Generalmente, il TFR corrisponde a circa una mensilità per ogni anno di lavoro.

    Nel periodo 2015-2018 era stato introdotto un regime sperimentale che permetteva l’erogazione mensile del TFR in busta paga per i dipendenti del settore privato, ma questa possibilità non è mai stata estesa al lavoro domestico. L’obiettivo era dare al lavoratore maggiore liquidità, ma la misura non ha avuto seguito oltre la fase di prova.

    Il chiarimento dell’Ispettorato: mensilizzare il TFR è una violazione

    Secondo quanto affermato dall’INL, l’erogazione mensile del TFR in busta paga è contraria alla natura stessa di questo istituto. Il TFR, infatti, ha funzione di retribuzione differita e serve a garantire un sostegno economico al lavoratore alla fine del rapporto di lavoro.

    In particolare, la nota INL richiama l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 4670 del 2021, secondo cui è possibile prevedere l’anticipazione del TFR maturato solo in casi specifici. Il Codice Civile (art. 2120) consente due modalità di anticipazione:

    • Per legge: nei casi di spese sanitarie o per l’acquisto della prima casa;
    • Per contratto collettivo o accordo individuale: in presenza di condizioni più favorevoli.

    Tuttavia, secondo l’interpretazione dell’INL, queste deroghe possono riguardare solo le quote già maturate, e non possono prevedere un'erogazione automatica del TFR mensilmente in busta paga. In tal caso, infatti, la somma verrebbe trattata come una parte ordinaria della retribuzione, e ciò comporterebbe conseguenze anche in ambito fiscale e contributivo.

    Tfr anticipato: Le conseguenze per i datori di lavoro

    Nel caso in cui un datore di lavoro abbia corrisposto il TFR mensilmente in busta paga, l’INL prevede che i funzionari ispettivi debbano ordinare l’immediata cessazione della pratica e il ripristino dell’accantonamento regolare secondo le regole previste dalla legge.

    Inoltre, il datore di lavoro potrebbe essere obbligato a ricostituire le somme erogate in maniera non conforme, a meno che non riesca a dimostrare che esse non erano a titolo di TFR ma facevano parte della retribuzione ordinaria, con il rischio però di dover fronteggiare complessi contenziosi.

    TFR anticipato: il caso del lavoro domestico

    L’interpretazione dell’INL si applica anche al lavoro domestico, dove spesso il rapporto tra le parti è più informale. Molti datori di lavoro hanno adottato la mensilizzazione del TFR per comodità o per accordo con il lavoratore.

    Tuttavia, anche in questo settore, la mensilizzazione del TFR è illegittima. L’unica eccezione ammessa è l’anticipazione annuale fino al 70% del TFR maturato, prevista dall’art. 41 del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro Domestico. 

    Questa possibilità, però, è ben distinta dal versamento fisso mensile in busta paga: si tratta di una misura straordinaria, non ordinaria, e va richiesta e documentata annualmente.

    Assindatcolf,  l'associazione dei datori di lavoro domestico  cita in merito una indagine contenuta nel Rapporto 2024 “Family (Net) Work”, condotta su 2.400 famiglie, evidenzia che la maggioranza dei datori di lavoro domestico preferisce liquidare il TFR solo alla fine del rapporto di lavoro (58,3%). Tuttavia, una percentuale significativa (35,9%) sceglie di anticipare l’intero importo maturato alla fine dell’anno.

    Questa tendenza, sebbene non vietata, deve comunque rispettare i vincoli contrattuali e normativi, evitando di trasformare l’anticipazione in una consuetudine con cadenza mensile.

    Divieto di tfr con anticipo le critiche

    L’interpretazione dell’INL non è condivisa da tutti. Secondo alcuni esperti, (v. ad esempio il Sole 24 Ore  del 7.5.2025  nell'articolo a firma D’Onofrio e  Maresca,  la normativa (in particolare l’ultimo comma dell’art. 2120 del Codice Civile) lascia margine alle parti per introdurre condizioni migliorative anche sul piano dell’anticipazione del TFR.

    È stato osservato infatti  che il TFR matura mensilmente e che, in presenza di un accordo individuale, sarebbe teoricamente possibile stabilire un’erogazione regolare, purché limitata alle quote già maturate.

    Secondo questa lettura, l’accordo non trasformerebbe il TFR in una retribuzione ordinaria, ma semplicemente ne anticiperebbe l’utilizzo in modo flessibile, tenendo conto delle esigenze del lavoratore.

    Tuttavia, l’approccio dell’INL appare volto a tutelare i lavoratori e a impedire prassi che, nel lungo periodo, potrebbero metterli in una posizione di svantaggio economico alla fine del contratto.

  • Riforma dello Sport

    ASD e SSD: Esclusione Inail per Istruttori e Amministrativi senza contratto

    Con la circolare n. 31 del 20 maggio 2025, l’Inail ha fornito importanti chiarimenti interpretativi in merito all’obbligo assicurativo per i soggetti che operano nelle Associazioni Sportive Dilettantistiche (ASD) e nelle Società Sportive Dilettantistiche (SSD).

     Il documento, in accordo con gli uffici del ministero del lavoro,  risponde a dubbi sollevati dalle strutture territoriali a seguito dell’entrata in vigore del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, che ha riformato in modo organico il lavoro sportivo.

    La circolare stabilisce che non sono soggetti a obbligo assicurativo Inail gli associati e i soci che svolgono attività di istruttore sportivo o amministrativo-gestionale all’interno di ASD e SSD in assenza di un formale contratto di lavoro subordinato o di collaborazione coordinata e continuativa (co.co.co.).

     Viene quindi esclusa la possibilità di applicare la norma generale dell’articolo 4, comma 1, n. 7, del D.P.R. n. 1124/1965 che include nell’assicurazione anche i soci che prestino attività manuale o non manuale.

    Il quadro normativo: prevalenza della disciplina speciale

    Secondo la circolare Inail , il decreto legislativo n. 36/2021 costituisce normativa speciale rispetto alla disciplina generale del Testo Unico per l’assicurazione contro gli infortuni (D.P.R. n. 1124/1965). Infatti, l’articolo 25, comma 5, del decreto prevede che alle fattispecie non regolate dalla nuova normativa si applichino, in quanto compatibili, le norme generali. Tuttavia, nel caso del lavoro sportivo, l’articolo 34 dello stesso decreto stabilisce che l’obbligo assicurativo riguarda esclusivamente i lavoratori subordinati – quindi in presenza di un regolare contratto.

    Di conseguenza, un socio o associato che svolga attività di allenatore, istruttore o figura similare non è automaticamente assicurato Inail se tale attività non è inquadrata formalmente come rapporto di lavoro. Il vincolo associativo o la semplice partecipazione alla vita associativa non sono sufficienti per far scattare la tutela. Un'interpretazione estensiva in senso favorevole all’obbligo assicurativo, come chiarisce la circolare, contrasterebbe con il principio di tassatività delle previsioni assicurative e con i limiti soggettivi e oggettivi dell'attuale sistema tutelare.

    Niente tutela INAIL in assenza di contratto anche per attività amministrative

    La stessa logica vale anche per le attività di tipo amministrativo-gestionale. L’articolo 37 del decreto legislativo n. 36/2021 consente che queste mansioni, se svolte mediante un contratto di collaborazione co.co.co., siano coperte da assicurazione Inail dal 1° luglio 2023. Tuttavia, anche in questo caso, l’assicurazione è esclusa se manca il contratto formale.

    L’Inail ricorda che prima della riforma tali prestazioni erano considerate “redditi diversi” e quindi escluse dalla tutela. Oggi, ai fini dell’obbligo assicurativo, è necessario che il collaboratore rientri tra i lavoratori parasubordinati di cui all’articolo 409 del Codice di procedura civile e riceva un compenso fiscalmente assimilato a quello del lavoro dipendente.

    Pertanto, se un socio svolge attività di front office, accoglienza o gestione pagamenti all’interno di una ASD o SSD, ma senza essere titolare di un contratto di co.co.co., non rientra nella copertura assicurativa. La disciplina speciale contenuta nel decreto legislativo n. 36/2021 ha un carattere prevalente e non può essere integrata con la normativa generale in assenza di espressa previsione legislativa.

  • Appalti

    Appalti, trasparenza e sicurezza: Relazione ANAC 2024

    Il Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (Anac), Giuseppe Busìa, ha presentato il 20 maggio alla Camera dei Deputati la relazione annuale sull’attività svolta nel 2024, sollevando forti preoccupazioni sulla gestione degli appalti pubblici, sull’eccesso di affidamenti diretti e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro.

     Temi che assumono particolare rilievo in vista del referendum confermativo sulla responsabilità solidale negli appalti, previsto nel mese di giugno.

    Appalti pubblici: troppe scorciatoie, poca concorrenza

    La relazione evidenzia che nel 2024 il valore complessivo degli appalti in Italia ha raggiunto i 271,8 miliardi di euro, ma il 98% degli acquisti di servizi e forniture è avvenuto tramite affidamenti diretti. 

    Una percentuale definita “allarmante” da Busìa, che ha segnalato un ricorso eccessivo a soglie prossime ai 140.000 euro – triplicate rispetto al 2021 – per evitare procedure competitive.

    Secondo il Presidente Anac, si tratta di un’abitudine che mina la trasparenza, espone gli amministratori a indebite pressioni e favorisce infiltrazioni mafiose, soprattutto nei contesti dove è più debole il controllo pubblico.

    In tema di deroghe al Codice Appalti ti puo interessare leggere anche Decreto infrastrutture le misure per le imprese

    Sicurezza sul lavoro: boom di violazioni nei subappalti

    Il tema della sicurezza è stato uno dei punti più critici della relazione, come purtroppo evidente dalla cronaca di tutti i giorni . 

    Nel 2024 il Casellario Anac ha registrato 1.448 annotazioni per violazioni delle norme su salute e sicurezza, con un incremento del 43% rispetto al 2023. I rischi maggiori provengono dai subappalti a cascata, spesso difficilmente monitorabili.

    Busìa ha evidenziato l’indebolimento delle garanzie pubbliche: la rimozione del reato di abuso d’ufficio, la mancata regolamentazione delle lobby e l’assenza di un obbligo di dichiarazione del titolare effettivo delle imprese nei contratti pubblici. Tutti elementi che riducono la trasparenza e l’efficacia dei controlli.

    Scarica qui il testo integrale della relazione 

  • Riforma dello Sport

    Regime impatriati e dirigenti nel calcio: l’Agenzia chiarisce i requisiti

    Con la Risposta n. 138 del 2025, l’Agenzia delle Entrate affronta un caso particolarmente interessante nell’ambito del regime speciale per lavoratori impatriati.

     L’interpello riguarda un cittadino straniero che ha stipulato un contratto di lavoro a tempo determinato con una società calcistica professionistica italiana nel settembre 2022. 

    Il contratto, però, non era qualificabile come rapporto di lavoro sportivo professionistico ai sensi del decreto legislativo 28 febbraio 2021, n. 36, ma regolato dal CCNL Dirigenti Industria, e inquadrava la figura come dirigente d’azienda. 

    Vediamo i dettagli della risposta del Fisco sull'applicabilità del regime agevolativo.

    Il caso del dirigente sportivo e il contratto extra decreto 36/2021

    Nell'interpello il contribuente ha rappresentato che il proprio contratto non era stato sottoscritto ai sensi dell’articolo 27 del decreto legislativo 36/2021, il quale disciplina i rapporti dei lavoratori sportivi, ma secondo la normativa civilistica ordinaria.

     Inoltre, ha chiarito che il ruolo ricoperto, ossia quello di Chief Football Officer, prevedeva funzioni di coordinamento tra la proprietà, l’area sportiva e i relativi dipendenti, senza svolgimento diretto di attività sportiva come quella tipica di un direttore sportivo o allenatore.

    Dal punto di vista fiscale, l’istante ha acquisito la residenza fiscale italiana nel 2023, trasferendo anche la residenza anagrafica in un comune italiano. 

    Non avendo fatto domanda per il regime agevolativo tramite il datore di lavoro, il contribuente chiedeva anche  se potesse comunque applicare il regime speciale per lavoratori impatriati direttamente nella dichiarazione dei redditi 2024 (relativa all’anno 2023), trattandosi del suo primo anno di residenza.

    La normativa e il chiarimento dell’Agenzia

    Nella risposta l'agenzia ricorda che il quadro normativo di riferimento è rappresentato dall’articolo 16, comma 1, del decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 147, che prevede un regime agevolato per i redditi di lavoro dipendente, assimilati e autonomo prodotti in Italia da soggetti che trasferiscono la residenza fiscale nel Paese, con le seguenti condizioni:

    •  assenza di residenza fiscale nei due anni precedenti, 
    • impegno a risiedere almeno due anni in Italia, e 
    • prestazione dell’attività lavorativa prevalentemente in Italia. 

    I redditi agevolati concorrono al reddito complessivo per il solo 30% del loro ammontare.

    Viene poi sottolineato che il successivo comma 5-quater dello stesso articolo, recentemente modificato  introduce una disciplina ad hoc per i lavoratori sportivi, limitando l'applicabilità dell’agevolazione solo a determinati casi, in base a soglie di reddito e al riconoscimento professionistico della disciplina da parte del CONI.

    Inoltre, dal 29 dicembre 2023, il nuovo decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209 ha abrogato l’articolo 16, mantenendone tuttavia la validità per chi ha trasferito la residenza entro il 31 dicembre 2023.

    L’Agenzia delle Entrate, nella sua risposta, prende atto delle dichiarazioni dell’istante e chiarisce che, in assenza di un contratto qualificabile come "sportivo" ai sensi della normativa vigente, e in presenza degli altri requisiti, è possibile accedere al regime impatriati ordinario.

     In particolare, l’Agenzia evidenzia che il contratto è regolato dal CCNL dirigenti, non è soggetto alle norme sui lavoratori sportivi in quanto  ruolo svolto non implica attività sportiva diretta.

    Conclusioni e fruizione del regime agevolato impatriati

    La posizione dell’Agenzia è quindi favorevole: il dirigente potrà beneficiare del regime speciale per impatriati direttamente nella propria dichiarazione dei redditi, senza necessità di preventiva istanza al datore di lavoro, purché siano rispettati tutti gli altri requisiti richiesti dalla norma. 

    L’agevolazione potrà  essere fruita nel Modello Redditi 2024, in riferimento ai redditi del 2023, primo anno di residenza fiscale in Italia.

    Nel testo si legge chiaramente che «l’Istante, che riferisce di aver trasferito la residenza anagrafica in Italia entro il 31 dicembre 2023, può applicare, nel rispetto di ogni altra condizione prevista dalla normativa, il regime speciale per lavoratori impatriati disciplinato dall’articolo 16, comma 1 del decreto legislativo n. 147 del 2015». 

    Questa risposta assume particolare rilievo per il settore sportivo e manageriale, dove le figure dirigenziali possono non rientrare automaticamente nelle restrizioni previste per i “lavoratori sportivi”, aprendo così alla possibilità di applicare il più vantaggioso regime agevolativo per impatriati ordinari.

  • PRIMO PIANO

    Assegno incollocabilità INAIL: importo 2025 e modalità di richiesta

    L'assegno di incollocabilità  INAIL 2025 è pari a 308,23 euro. Lo ha stabilito il decreto del ministero del lavoro n. 52 2025, pubblicato il 13 maggio (v. sotto le istruzioni INAIL)

    Giova ricordare che si tratta di una prestazione economica, erogata dall'INAIL  cui hanno diritto :

    • invalidi per infortunio o
    • invalidi per malattia professionale 

    che siano titolari della rendita INAIL e che  si trovino nell’impossibilità di fruire del collocamento obbligatorio  al lavoro riservato alle persone con disabilità.

    Assegno di incollocabilità:  i requisiti

    I requisiti specifici per ottenere l’assegno  sono i seguenti:

    • età non superiore ai 65 anni
    • grado di inabilità non inferiore al 34%, riconosciuto dall'Inail secondo le tabelle allegate al Testo Unico (d.p.r. 1124/1965) per infortuni sul lavoro verificatesi o malattie professionali denunciate fino al 31 dicembre 2006
    • grado di menomazione dell'integrità psicofisica/danno biologico superiore al 20%, riconosciuto secondo le tabelle di cui al d.m. 12 luglio 2000 per gli infortuni verificatisi e per le malattie professionali denunciate a decorrere dal 1° gennaio 2007.

    L’importo dell’assegno viene pagato mensilmente insieme alla rendita INAIL e viene rivalutato annualmente, sulla base della variazione ISTAT dei prezzi al consumo.

    Assegno incollocabilità:  come fare domanda

    Per avere diritto all’assegno, il lavoratore deve fare domanda alla sede Inail d’appartenenza  tramite posta ordinaria o Pec. Pu anche farsi assistere da un patronato. 

    La domanda deve comprendere, oltre ai dati anagrafici, la descrizione dell’invalidità (lavorativa ed extralavorativa, se esistente) e la fotocopia del documento di identità.

     In caso di invalidità extralavorativa, dovrà essere presentata la relativa certificazione. e posta ordinaria Pec (posta elettronica certificata). Il lavoratore può farsi assistere da un patronato. 

    L’assegno può essere riconosciuto anche su espresso parere del medico Inail al momento dell’accertamento del danno permanente.

    Assegno incollocabilità importo 2023

    Il Ministero del lavoro, con decreto del 31 maggio 2023 , vista la relazione INAIL e in accordo con il ministero dell'Economia ha  rideterminato l'importo dell'assegno di incollocabilità  con decorrenza dal 1° luglio 2023, nella misura di euro 290,11, sulla base della variazione, registrata dall’Istat, dell’indice dei prezzi al consumo intervenuta tra il 2021 e il 2022, pari all’8,1%.

    INAIL ha fornito le istruzioni con la  circolare n. 34 del 26 luglio 2023.

    Assegno incollocabilità 2024

    Con decreto del Ministero del lavoro del 26 giugno 2024 , pubblicato il 23 luglio  nella sezione pubblicità legale del sito istituzionale,  l’importo mensile dell’assegno di incollocabilità è  stato rivalutato sulla base della variazione ISTAT, pari al pari a 5,4 %, con decorrenza 1° luglio 2024, nella  misura di € 305,78.

    La circolare INAIL n. 20 in materia è stata pubblicata il 26 luglio 2024.

    Assegno Incollocabilità 2025

    Con decreto del Ministero del lavoro n 52 del 18 aprile 2025,   pubblicato il 13 maggio   nella sezione pubblicità legale del sito istituzionale,  l’importo mensile dell’assegno di incollocabilità a seguito della variazione dell’indice dei prezzi al consumo  tra il 2023 ed il 2024, registrata dall’ISTAT e risultata pari a 0,8 %, è determinato nella misura di 308,23 Euro.

    In data 20 maggio l'Istituto ha chiarito con la circolare 31 2025 che alle operazioni di conguaglio provvederà direttamente la Direzione centrale per  l’organizzazione digitale con il pagamento del rateo di agosto 2025.

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