• Rubrica del lavoro

    Lavori socialmente utili al posto della pena: non serve un progetto

    Con la pronuncia 16099 2025 la  Corte di Cassazione ha affermato la possibilità di sostituire una pena detentiva o pecuniaria con i lavori di pubblica utilità, anche in assenza di un progetto dettagliato. 

    Il caso oggetto della sentenza riguardava un automobilista condannato per guida in stato di ebbrezza, con tasso alcolemico superiore alla soglia più elevata prevista dall’art. 186, comma 2, lett. c), del Codice della strada. 

    La Corte di Appello di Cagliari aveva confermato la pena inflitta dal Tribunale di Oristano – tre mesi e quindici giorni di arresto e 1.200 euro di ammenda – senza accogliere la richiesta dell’imputato di sostituire la sanzione con i lavori socialmente utili.

    Nel suo ricorso in Cassazione, il condannato ha sostenuto che la Corte territoriale avrebbe dovuto valutare più attentamente la possibilità di applicare una sanzione sostitutiva, come previsto dall’art. 186, comma 9-bis, del Codice della strada, anche se priva di un progetto di attività lavorativa e presentata in secondo grado.

    La decisione della Cassazione: non serve un progetto per richiedere LSU alternativi

    La Quarta Sezione Penale della Cassazione, con la sentenza n. 16099 del 29 aprile 2025, ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la decisione d’appello nella parte in cui aveva rigettato la richiesta di sostituzione della pena. La Suprema Corte ha chiarito un principio importante: per accedere ai lavori di pubblica utilità non è necessario che l’imputato alleghi un programma specifico, né che la richiesta sia formalizzata in primo grado. È sufficiente che il soggetto manifesti la propria volontà o, quantomeno, non si opponga alla sostituzione della pena.

    Secondo i giudici, la Corte d’Appello avrebbe dovuto valutare la richiesta sulla base delle condizioni previste dalla legge, piuttosto che respingerla per presunti vizi di forma. Non essendo previsto che l’imputato indichi già l’ente presso cui intende prestare servizio né le modalità operative, è compito del giudice, in caso di accoglimento, attivare il procedimento necessario a individuare tali dettagli. La Cassazione ha anche ricordato che la richiesta può essere avanzata anche nel corso del giudizio di appello, senza limitazioni temporali rigide, e che la valutazione della sussistenza dei presupposti per la sostituzione deve essere compiuta nel merito.

    A sostegno della propria posizione, la Corte ha citato precedenti conformi (tra cui le sentenze nn. 31226/2015, 53327/2016 e 36779/2020), ribadendo che il beneficio non può essere negato solo per l’assenza di un progetto formale. È quindi errato affermare, come aveva fatto la Corte territoriale, che la mancanza di dettagli nella richiesta sia motivo sufficiente per respingerla.

    Le conseguenze pratiche della pronuncia di cassazione sui lavori socialmente utili

    Questa pronuncia ha implicazioni significative sul piano pratico.

    1.  Innanzitutto, consente agli imputati – anche in fase di appello – di ottenere una pena meno afflittiva e potenzialmente rieducativa, senza essere penalizzati da formalismi processuali. I lavori di pubblica utilità, infatti, rappresentano una misura che mira al reinserimento sociale del condannato, evitando l’ingresso nel circuito penitenziario o l’esborso economico, e al contempo offrendo un beneficio per la collettività.
    2. In secondo luogo, la sentenza favorisce un’interpretazione orientata alla sostanza, in linea con i principi costituzionali di rieducazione della pena e proporzionalità della sanzione. La Cassazione ha voluto ricordare che il giudice non può trincerarsi dietro valutazioni meramente formali per rifiutare un beneficio previsto dalla legge.  È suo compito valutare concretamente la possibilità di applicare una misura sostitutiva, anche quando l’imputato non presenti una proposta dettagliata. 
    3. Infine, la decisione costituisce un punto di riferimento per tutti i procedimenti penali aventi ad oggetto reati stradali, in particolare quelli connessi alla guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di sostanze stupefacenti. La norma di riferimento – l’art. 186, comma 9-bis, del Codice della strada – prevede infatti la possibilità di sostituire le pene con il lavoro di pubblica utilità, anche d’ufficio, purché l’imputato non vi si opponga. La pronuncia della Cassazione chiarisce che tale possibilità deve essere effettiva e non meramente teorica, e che l’onere di definire i dettagli organizzativi non può ricadere sul cittadino, ma spetta all’autorità giudiziaria.

  • Edilizia

    CCNL PMI Edilizia completato il rinnovo 2025: ecco gli aumenti

    Il 15 aprile 2025 è stato siglato il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro per i lavoratori delle piccole e medie industrie edili e affini, con decorrenza dal 1° aprile 2025 , valido fino al 30 giugno 2028. 

    L’accordo è stato sottoscritto dalle organizzazioni datoriali e sindacali Confapi Aniem, Feneal-Uil, Filca-Cisl e Fillea-Cgil, e conclude il percorso avviato con l’intesa economica del 24 marzo 2025, la cui efficacia era subordinata al completamento della parte normativa.

    Il rinnovo risponde all’esigenza di adeguare le condizioni contrattuali a un contesto produttivo in evoluzione, con un'attenzione particolare sia agli aspetti retributivi sia a quelli legati alla salute e sicurezza sul lavoro. Le novità principali introdotte mirano a rafforzare la qualità dell’occupazione e la trasparenza degli obblighi contributivi e assicurativi nel settore, attraverso l’introduzione di nuovi strumenti come la denuncia unica edile e una più incisiva sorveglianza sanitaria.

    L’intesa rappresenta un passo importante per il consolidamento dei diritti dei lavoratori del comparto edile e per la promozione della qualificazione del settore. Tra le innovazioni rilevanti, si segnalano l’istituzione di commissioni tecniche paritetiche, l’avvio di una nuova disciplina per le trasferte e l’attivazione di un progetto sperimentale per la tutela della salute dei lavoratori.

    CCNL PMI Edili: le novità normative denuncia unica, trasferte, sicurezza

    Sul piano normativo, il rinnovo introduce importanti innovazioni volte alla razionalizzazione degli adempimenti e al rafforzamento della tutela del personale.

    A partire dal 15 aprile 2025 viene istituita una commissione paritetica con rappresentanza di Confapi Aniem, incaricata di definire il modello di denuncia unica edile. Tale strumento, da attivarsi entro sei mesi, punta a semplificare e uniformare gli obblighi dichiarativi a carico delle imprese, favorendo una maggiore trasparenza e tracciabilità dei rapporti di lavoro.

    In materia di trasferta, il contratto prevede che, dal 1° ottobre 2025, nei cantieri avviati successivamente a tale data e contestualmente all’introduzione della denuncia unica, venga applicata una nuova disciplina nazionale, in sostituzione degli accordi territoriali precedenti. Questo intervento normativo ha l’obiettivo di superare la frammentazione regolativa sul tema, garantendo un trattamento omogeneo a livello nazionale.

    Un altro punto qualificante dell’accordo è rappresentato dal rafforzamento della sorveglianza sanitaria. 

    A partire dal 1° gennaio 2025 sarà avviato un progetto sperimentale annuale, finalizzato a potenziare la prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni tra gli operai del settore.

     Le risorse stanziate ammontano a 3 milioni di euro, di cui il 75% sarà finanziato da Formedil, Cnce e Sanedil, mentre il restante 25% verrà messo a disposizione dagli enti territoriali della sicurezza. L’obiettivo è rilanciare la medicina del lavoro in cantiere, favorendo un approccio proattivo e integrato alla prevenzione.

    Novità economiche: gli aumenti salariali

    Dal punto di vista economico, il rinnovo contrattuale prevede un aumento complessivo dei minimi retributivi pari a 175 euro a parametro 100, distribuito in due tranche: 

    1. la prima di 100 euro a partire dal 1° aprile 2025, e
    2.  la seconda di 75 euro dal 1° marzo 2027.

    L’incremento interessa tutti i livelli della classificazione del personale, con l’obiettivo di adeguare le retribuzioni ai mutati contesti economici e al crescente fabbisogno di competenze nel settore.

    È inoltre prevista l’attivazione, entro il 30 giugno 2025, di commissioni tecniche incaricate di aggiornare il sistema di classificazione dei lavoratori e di coordinare le norme contrattuali vigenti. 

    Si tratta di un intervento che mira a valorizzare i percorsi professionali e a rendere più coerente la struttura contrattuale rispetto alle reali attività svolte dai lavoratori.

    DISPONIBILE QUI IL TESTO DEGLI ACCORDI CON LE TABELLE RETRIBUTIVE

    CCNL PMI Edili : Tabella degli aumenti e nuovi minimi retributiv

    Nella Tabella  che segue gli aumenti e i nuovi minimi retributivi (valori lordi mensili) per i dipendenti delle imprese aderenti

    Livello Minimo attuale + Aprile 2025 + Marzo 2027 Totale nuovo minimo
    Operaio Comune (Param. 100) 1.400,00 € +100,00 € +75,00 € 1.575,00 €
    Operaio Qualificato (Param. 120) 1.680,00 € +120,00 € +90,00 € 1.890,00 €
    Caposquadra (Param. 140) 1.960,00 € +140,00 € +105,00 € 2.205,00 €

  • Privacy

    Dati sui social per l’intelligenza artificiale: come opporsi entro maggio

    Dal 30 maggio 2025 Meta, la società proprietaria di Facebook, Instagram e WhatsApp, inizierà a utilizzare i dati personali degli utenti per addestrare i propri sistemi di intelligenza artificiale (IA). È quanto annunciava  il Garante per la protezione dei dati personali in un comunicato di marzo 2025 invitando  tutti a informarsi e, se lo desiderano, a esercitare il diritto di opposizione entro la fine del mese.

    L’utilizzo dei dati per l’IA non riguarda solo chi ha un account sui social Meta, ma potenzialmente anche chi non è iscritto, se i propri dati sono stati condivisi da altri utenti. Per questo è importante agire subito, compilando gli appositi moduli messi a disposizione online sulle piattaforme social.

    Il termine si avvicina: vediamo piu in dettaglio di cosa si tratta.

    Cosa farà Meta con i nostri dati

    Meta ha annunciato che userà i contenuti pubblici pubblicati dagli utenti maggiorenni – come post, commenti, foto, didascalie – e anche le informazioni inserite nelle chat con i servizi di IA (ad esempio su WhatsApp), per migliorare i suoi sistemi di intelligenza artificiale. In particolare, questi dati alimenteranno strumenti come il chatbot Meta AI o i modelli linguistici come Llama.

    Questo trattamento sarà basato sul “legittimo interesse” di Meta. Tuttavia, il Garante ha sottolineato che il Regolamento europeo (GDPR) riconosce agli utenti il diritto di opporsi a questo uso dei propri dati.

    Il Garante ricorda anche che il diritto di opposizione non riguarda solo Meta. Anche altri sistemi di intelligenza artificiale – come quelli sviluppati da OpenAI (ChatGPT), DeepSeek o Google – possono essere soggetti alla stessa regola. È sempre possibile chiedere che i propri dati non vengano utilizzati per addestrare algoritmi.

    Opposizione per l’uso dei propri dati sui sociale: cosa fare

    Chi non vuole che i propri contenuti vengano utilizzati da Meta per l’IA deve compilare un modulo online che le piattaforme sono obbligate a rendere disponibili, ai seguenti link:

    ATTENZIONE : chi esercita l’opposizione entro fine maggio potrà impedire che tutti i propri dati personali vengano usati. 

    Chi invece si oppone dopo, riuscirà a bloccare solo l’uso dei dati pubblicati dopo la data dell’opposizione. I dati già raccolti fino a quel momento resteranno a disposizione di Meta per l’addestramento dei suoi sistemi.

    Va inoltre  tenuto presente che anche i dati dei non utenti e dei minori sono a rischio: anche chi non è registrato a Facebook o Instagram potrebbe vedere i propri dati coinvolti, se ad esempio appaiono in foto o testi pubblicati da altri. In questo caso si può usare il modulo per i non utenti.

    Privacy dei dati e intelligenza artificiale: cosa sta facendo il Garante

    Nel frattempo, l’Autorità italiana per la privacy sta collaborando con le altre autorità europee per valutare la legittimità del comportamento di Meta. 

    Si punta a capire se esistano le basi legali per un uso così esteso dei dati personali, e se il diritto di opposizione sia davvero garantito in modo semplice, effettivo e completo. In particolare, è stato richiesto a Meta di chiarire anche l’uso delle immagini di minorenni postate da adulti.

    In sintesi: chi utilizza Facebook, Instagram o anche solo ha la propria immagine o informazioni online, dovrebbe valutare con attenzione se desidera che i propri dati alimentino i sistemi di intelligenza artificiale. Se la risposta è no, è fondamentale agire entro fine maggio 2025.

    Ricordiamo che sul tema  già nel 2023  il Garante aveva  avviato una indagine conoscitiva  e l'anno scorso ha deliberato un provvedimento sui rischi e i possibili interventi per la tutela dei dati.

    Lo alleghiamo  qui per maggiore informazione: Web scraping ed intelligenza artificiale generativa: nota informativa e possibili azioni di contrasto

  • Lavoro Dipendente

    Licenziamento senza motivazione: scatta la reintegra

    Per le imprese  con più di 15 dipendenti, la mancanza o generica individuazione del motivo del licenziamento non comporta una mera violazione formale ma determina l'illegittimità originaria del licenziamento, con applicazione della reintegrazione del dipendente al suo posto di lavoro  con indennità di 12 mensilità, prevista dall'art. 18, comma 4,L. 300/1970.

    Questa la  massima della sentenza 9544 del 11 aprile 2025 emanata dalla Corte di Cassazione che chiarisce anche aspetti della presunzione di subordinazione per un contratto a progetto. Di seguito i dettagli del caso e le motivazioni della Suprema Corte.

    Licenziamento del collaboratore a progetto: il caso

    Una controversia giunta fino alla Corte di Cassazione ha riguardato un lavoratore attivo come perito assicurativo e una nota compagnia di assicurazioni. Il rapporto era formalmente regolato da una convenzione stipulata nel 2011, che configurava la prestazione come contratto a progetto. Tuttavia, nel 2017, la compagnia ha comunicato il recesso dal rapporto, contestato dal lavoratore che ha sostenuto la natura subordinata della collaborazione.

    La Corte d’Appello ha accolto parzialmente le sue ragioni, ritenendo che dal 2014 in poi vi fossero tutti i requisiti per configurare un rapporto di lavoro subordinato, mancando il “progetto” richiesto dalla normativa per la validità dei contratti a progetto. 

    Richiamandosi all’art. 69, comma 1, del D.lgs. 276/2003, la Corte ha dichiarato inefficace il licenziamento e ha condannato la società al pagamento di un’indennità risarcitoria pari a 12 mensilità, secondo quanto previsto dall’art. 18, comma 6, della Legge 300/1970 (Statuto dei Lavoratori).

    Le ragioni della società: collaborazione e presunzione di subordinazione

    La compagnia assicurativa ha proposto ricorso in Cassazione, contestando l’applicazione della disciplina dell’art. 69 del D.lgs. 276/2003.

     In particolare, ha sostenuto che la norma non potesse essere utilizzata per un collaboratore titolare di partita IVA iscritto in un ruolo professionale, in quanto la presunzione di subordinazione sarebbe esclusa per chi esercita attività regolamentate da specifici albi o registri.

    La Cassazione ha chiarito  invece che l’iscrizione in un “ruolo” non equivale all’iscrizione in un “albo professionale” ai fini dell’esclusione della disciplina dell’art. 69. Ciò che conta è la natura effettiva del rapporto: la presenza di elementi quali continuità, coordinamento e prestazione personale. 

    Anche il possesso di una partita IVA non è sufficiente a escludere la subordinazione, se in concreto il lavoratore opera prevalentemente per un solo committente, come accaduto nel caso esaminato.

    In definitiva, la Corte ha confermato la decisione d’appello, affermando che la conversione automatica del contratto in rapporto subordinato era corretta alla luce dell’assenza di un progetto, come previsto dalla legge.

    Licenziamento e motivazione: reintegra attenuata per vizio sostanziale

    Un ulteriore elemento di rilievo nella sentenza riguarda la tutela da applicare in caso di licenziamento privo di motivazione. 

    La Corte d’Appello aveva riconosciuto l’inefficacia del licenziamento per violazione dell’art. 2, comma 2, della Legge 604/1966, applicando la tutela indennitaria prevista dall’art. 18, comma 6, dello Statuto dei Lavoratori. La Cassazione ha però ritenuto questa qualificazione inadeguata.

    La Corte ha chiarito che la totale assenza di motivazione nel provvedimento espulsivo costituisce un vizio non solo formale ma anche sostanziale, che impedisce al lavoratore di esercitare il proprio diritto di difesa. In tali casi, la tutela applicabile è quella prevista dall’art. 18, comma 4, ovvero la reintegra attenuata, (che prevede la reintegra e l'indennità di risarcimento di 12 mensilita) in quanto l’assenza di motivazione equivale a mancanza del fatto giustificativo del licenziamento.

    Con questa decisione, la Cassazione ha cassato la sentenza di secondo grado e rinviato la causa alla Corte d’Appello in diversa composizione, affinché applichi il corretto regime sanzionatorio e si pronunci anche sulle spese del giudizio di legittimità.

  • Lavoro Dipendente

    Anticipazione mensile del TFR: i chiarimenti dell’Ispettorato

     La recente nota n. 616/2025 dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro, in risposta a un quesito formulato dall’Ispettorato metropolitano di Milano, ha fornito chiarimenti rilevanti in merito alla legittimità dell’erogazione anticipata e continuativa in busta paga del TFR. Il documento, alla luce delle previsioni normative vigenti e della giurisprudenza, delinea con precisione i limiti entro cui può essere corrisposta l’anticipazione del TFR.

    Cosa prevede la normativa sul TFR

    Il trattamento di fine rapporto (TFR) costituisce una forma di retribuzione differita riconosciuta al lavoratore al termine del rapporto di lavoro.

    La disciplina del TFR è contenuta nell’articolo 2120 del Codice civile, che regola sia il calcolo della somma maturata sia i casi specifici in cui il lavoratore può richiederne un’anticipazione. In particolare, l’anticipazione è ammessa solo in presenza di determinati requisiti: un’anzianità di servizio non inferiore a otto anni presso lo stesso datore di lavoro, la richiesta da parte del dipendente, e la motivazione legata a specifiche esigenze personali come spese sanitarie straordinarie o l’acquisto della prima casa per sé o per i figli. Oltre a questo, la Legge n. 190/2014 aveva previsto, in via sperimentale e limitatamente al periodo 1° marzo 2015 – 30 giugno 2018, la possibilità per i lavoratori del settore privato di ricevere mensilmente la quota maturata di TFR in busta paga

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    Nota INL 616/2025: chiarimenti sull’anticipazione mensile del TFR

    Secondo quanto precisato dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro nella nota 616/2025, l’erogazione sistematica del TFR in busta paga, al di fuori dei casi previsti dalla legge, non è conforme alla normativa. In particolare, viene sottolineato che la pattuizione collettiva o individuale non può comportare l’automatico trasferimento mensile del TFR, poiché questo trasformerebbe la somma in una componente retributiva ordinaria, soggetta a contribuzione previdenziale e fiscale.

     Tale interpretazione si fonda anche sull’ordinanza della Corte di Cassazione n. 4670 del 22 febbraio 2021, che qualifica come “mera integrazione retributiva” le somme corrisposte mensilmente al di fuori dei presupposti legittimi di anticipazione.

    Controlli ispettivi e sanzioni per l’erogazione non conforme del TFR

    Laddove venga riscontrata una prassi di erogazione mensile del TFR non conforme alla normativa, il personale ispettivo dell’INL è tenuto a intervenire. In particolare, ai sensi dell’art. 14 del D.Lgs. n. 124/2004, è previsto che venga intimato al datore di lavoro di accantonare le quote indebitamente erogate. In caso di inottemperanza al provvedimento di disposizione, si applica una sanzione amministrativa compresa tra 500 e 3.000 euro, con un importo determinato in 1.000 euro, in quanto non è possibile ricorrere alla procedura di diffida prevista dall’art. 13, comma 2, dello stesso decreto legislativo

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    Allegati:
  • Lavoro Dipendente

    Recupero TFR per giornalisti in CIGS con contratto di solidarietà

    Con il Messaggio n. 1348 del 22 aprile 2025, l’INPS fornisce chiarimenti e istruzioni operative riguardanti il recupero delle quote di Trattamento di Fine Rapporto (TFR) per giornalisti dipendenti , precedentemente iscritti a INPGI,  da parte delle imprese editoriali che hanno fruito della CIGS (Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria) in costanza di contratti di solidarietà difensiva. 

    Come noto la legge di Bilancio 2022 (legge n. 234/2021, art. 1, commi da 103 a 118) ha poi  trasferito dal 1° luglio 2022 la funzione previdenziale dell’INPGI all’INPS, limitatamente alla gestione sostitutiva. Ciò ha determinato alcune problematiche per le imprese che non avevano ancora potuto recuperare le relative quote di TFR maturate prima del trasferimento.

    Ecco le istruzioni per il recupero tramite conguaglio Uniemens.

    Settore editoriale: normativa di riferimento

    Il Messaggio si rivolge in particolare alle imprese editoriali che hanno impiegato giornalisti assunti con contratti disciplinati dal regime assicurativo e regolamentare dell’INPGI (Istituto nazionale di previdenza dei giornalisti italiani) fino al 30 giugno 2022.

    Il quadro di riferimento è fornito dall’articolo 21, comma 5, del D.lgs. 148/2015, il quale stabilisce che le quote di accantonamento del TFR relative alla retribuzione persa per effetto della riduzione dell’orario di lavoro siano a carico della gestione di afferenza.

    Il  diritto è condizionato: si consolida solo in assenza di licenziamenti per motivi oggettivi o collettivi entro 90 giorni dalla fine della fruizione del trattamento CIGS, o di un eventuale trattamento straordinario successivo.

    In base al Decreto Interministeriale 23 novembre 2017, n. 100495 era stata ammessa per tali imprese la possibilità di richiedere trattamenti CIGS per la causale “contratto di solidarietà difensivo”, con applicazione della disciplina dell’art. 21, comma 5, inclusa la copertura delle quote di TFR.

    Aspetti operativi: come procedere al recupero – codice Uniemens

    L’INPS chiarisce che le imprese editoriali che abbiano fruito della CIGS per contratti di solidarietà in favore di giornalisti e che non abbiano potuto eseguire il recupero del TFR tramite l’INPGI possono ora recuperarlo tramite conguaglio presso l’Istituto.

    Come premesso, il recupero è subordinato alla verifica che nessun licenziamento per causa oggettiva o collettiva sia intervenuto entro i termini di legge (90 giorni dalla fine della CIGS o di eventuale trattamento straordinario successivo).

    Solo dopo tale verifica si consolida il diritto di credito del datore di lavoro. Inoltre, il termine decennale di prescrizione decorre solo dal momento del consolidamento del diritto, garantendo un’adeguata finestra temporale per l’esercizio del recupero.

    Codice di conguaglio

    Ai fini pratici, il datore di lavoro deve esporre il recupero delle quote di TFR nel flusso Uniemens utilizzando il codice “L045”, che identifica le “Quote TFR ex articolo 21, comma 5, D.lgs. n. 148/2015”.

    Tale codice era già stato introdotto dalla Circolare INPS n. 9 del 19 gennaio 2017, alla quale il Messaggio rinvia anche per le altre istruzioni operative. Gli importi esposti saranno oggetto di verifiche da parte dell’INPS per garantirne la coerenza con le disposizioni normative.

  • Incentivi assunzioni ed esoneri contributivi

    Esonero per parità di genere: scadenza domande il 30.4

    La legge n. 162 del 5 novembre 2021  ha introdotto un'importante agevolazione per i datori di lavoro privati che ottengano la "Certificazione della parità di genere".

    Questo incentivo si traduce in un esonero contributivo pari all'1% dei contributi previdenziali, con un limite massimo di 50.000 euro annui per beneficiario

    La certificazione, conforme alla prassi UNI/PdR 125:2022, deve essere stata  rilasciata da organismi accreditati secondo il Regolamento (CE) n. 765/2008.

     Questa misura mira a promuovere l'equità di genere nei luoghi di lavoro, sostenendo le aziende che si impegnano a ridurre le disparità di trattamento tra uomini e donne.

    Per usufruirne, i datori di lavoro  che hanno ottenuto la certificazione nel 2024 devono presentare domanda entro il 30 aprile  prossimo. 

    La domanda prevede l'inserimento di informazioni dettagliate, tra cui dati aziendali, retribuzione media mensile globale stimata e identificativo del certificato. (vedi ulteriori dettagli ai paragrafi successivi )

    INPS ha fornito le nuove istruzioni  con il messaggio 4479 del  30 dicembre 2024

    Ricordiamo qui di seguito  come funziona. l'agevolazione e come si richiede.

    Esonero contributivo con certificazione di parità: come fare domanda

    Modalità di presentazione della domanda

    I datori di lavoro privati devono:

    1. accedere al portale “Portale delle Agevolazioni (ex DiResCo)” disponibile sul sito ufficiale dell’INPS (www.inps.it).
    2. Selezionare l’anno di riferimento 2024 e 
    3. compilare il modulo telematico “SGRAVIO PAR_GEN”

    ATTENZIONE Le domande devono essere inoltrate entro il 30 aprile 2025, ma è necessario che la certificazione sia stata rilasciata entro il 31 dicembre 2024.

    Il modulo telematico richiede la compilazione di:

    • Dati identificativi del datore di lavoro: matricola e codice fiscale aziendale.
    • Retribuzione media mensile globale stimata: somma di tutte le retribuzioni medie erogate ai lavoratori nel periodo di validità della certificazione.
    • Aliquota datoriale media stimata: percentuale media dei contributi previdenziali dovuti.
    • Forza aziendale media stimata: numero medio di dipendenti durante il periodo di validità della certificazione.
    • Dettagli sulla certificazione: identificativo alfanumerico del certificato, data di emissione, periodo di validità e nome dell’organismo di certificazione accreditato.

    Esonero contributivo con certificazione di parità: i documenti necessari

    Per completare la domanda, il datore di lavoro deve possedere i seguenti documenti e informazioni:

    1. Copia della certificazione conforme alla prassi UNI/PdR 125:2022, rilasciata da un organismo accreditato ai sensi del Regolamento (CE) n. 765/2008.
    2. Identificativo alfanumerico della certificazione e denominazione dell’organismo certificatore.
    3. Dichiarazione sostitutiva resa ai sensi del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, in cui si attesta il possesso della certificazione valida.
    4. Dati retributivi e aziendali che comprendono
      • Dettaglio delle retribuzioni mensili globali medie relative al periodo di validità della certificazione.
      • Forza aziendale media stimata e aliquota datoriale.
      • Eventuali modifiche alla certificazione:

    Se il certificato è stato modificato, indicare esclusivamente la data della prima emissione ancora in corso di validità.

    Cosa succede dopo la presentazione della domanda

    INPS  precisa che  le richieste rimangono nello stato “trasmessa” fino alla scadenza del termine di presentazione (30 aprile 2025). Successivamente, l’INPS eseguirà le verifiche di idoneità.

    Le domande approvate saranno contrassegnate dallo stato “Accolta” e verrà comunicato l’importo dell’esonero.

    ATTENZIONE In caso di risorse insufficienti, l’esonero potrà essere ridotto proporzionalmente, e lo stato sarà “Accolta parziale”.

    L’esonero potrà essere fruito a partire dal primo mese di validità della certificazione e per tutta la durata della stessa.

    È importante sottolineare  anche che l'agevolazione non è retroattiva e si applica solo ai periodi coperti dalla validità della certificazione. In caso di rinuncia o revoca della certificazione, l'azienda è tenuta a comunicarlo tempestivamente agli enti competenti.