• ISEE

    Borse di studio universitarie: importi e soglie ISEE 2025

    Il Ministero  dell' Universita'  e  della  ricerca  ha pubblicato due   decreti  direttoriali,  n.180   e 181 del  28  febbraio  2025,   con gli aggiornamenti 2025 relativi a:

    •  i  limiti  massimi   dell'Indicatore   della situazione  economica  equivalente  (ISEE)  e  dell'Indicatore  della  situazione patrimoniale equivalente (ISPE) per l'accesso ai  benefici  relativi al diritto allo studio»
    • gli  importi minimi delle borse di  studio  universitarie.

    I decreti sono  allegati in fondo all'articolo. Nei paragrafi seguenti una tabella riepilogativa dei nuovi valori.

    Importi Minimi Borse di Studio 2025/2026

    Importi Borse di Studio 2025/2026

    Tipologia Studente Importo (€)
    Studente fuori sede 7.072,10
    Studente pendolare 4.132,85
    Studente in sede 2.850,26

    Limiti ISEE e ISPE per l’anno accademico 2025/2026

    I limiti massimi dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) e dell’Indicatore della Situazione Patrimoniale Equivalente (ISPE) per l’accesso ai benefici relativi al diritto allo studio, così come determinati dal d.d. n. 318/2024  sono aggiornati per l’anno accademico  2025/2026 con riferimento alla variazione dell’indice generale Istat dei prezzi al consumo per le famiglie  di operai e impiegati corrispondente al valore pari a +0,8% e pertanto sono  definiti come segue:  

    Indicatore Limite Massimo
    ISEE € 27.948,60
    ISPE € 60.757,87

    Allegati:
  • Agricoltura

    Agricoltura: contribuzione dal 1 aprile solo nel Cassetto del contribuente

    Con il  messaggio  871 del 11 marzo l'istituto aveva comunicato che, a seguito della fase di dismissione del Cassetto previdenziale per aziende agricole, i nuovi Avvisi di tariffazione recanti il prospetto di dettaglio dei contributi da versare per l’emissione del III trimestre 2024 (scadenza di pagamento 17 marzo 2025) sono disponibili esclusivamente sul Cassetto Previdenziale del Contribuente,  relativo a ogni posizione contributiva CIDA dei datori di lavoro agricolo.

    Nel messaggio 1086 l'Istituto  precisa che dal 1 aprile  il Cassetto previdenziale per le aziende agricole viene dismesso.  Tutte le funzioni  sono state trasferite nel Cassetto Previdenziale del Contribuente, disponibile nella sezione “Servizi per le aziende ed i consulenti”  sul sito www.inps.it.

    Si  ricorda  anche che nel Cassetto Previdenziale del Contribuente,  oltre alla funzione di stampa del nuovo avviso di tariffazione adottato a partire dal periodo di competenza “III trimestre 2024”  sono presenti:

    •  una nuova funzione (raggiungibile dal percorso “Dati complementari” >  “Stampa F24 UE”) che espone, per il periodo a cavallo delle scadenze l’elenco delle posizioni CIDA dei datori di lavoro per le quali è stato predisposto, a valle delle operazioni di tariffazione, il prospetto di calcolo dei contributi da versare.
    • il pulsante  “Scarica file F24”  per il  il download di un file con estensione .txt (pulsante “Genera file”) contenente i dati utili alla compilazione dei modelli F24.
    •  il file “TracciatoInformazioniF24.xlsx”, che riporta le istruzioni per compilare le deleghe di pagamento dei modelli F24 a partire dai dati presenti nel file scaricato.

    Sanzioni per Omissione Contributiva 2024

    Con il  messaggio  INPS n. 827 del 6 marzo 2025, rivolto ai  propri uffici,  ha fornito  indicazioni dettagliate riguardo al nuovo regime sanzionatorio per omissione o evasione contributiva in agricoltura, introdotto dall'articolo 30 del decreto-legge n. 19/2024 e  applicabile a partire dal 1° settembre 2024. 

    La nuova disciplina mira a incentivare la regolarizzazione spontanea e tempestiva dei contributi, introducendo sanzioni progressive e meccanismi di compensazione più chiari. Le informazioni sono disponibili nel Fascicolo Elettronico del Contribuente (FEC).

    Per i periodi di competenza luglio, agosto e settembre 2024, con scadenza di pagamento al 17 marzo 2025, il regime sanzionatorio è il seguente:

    1.     Pagamento in ritardo entro 120 giorni: sanzione pari al Tasso di Riferimento Unico (TUR) fino al 40% della contribuzione dovuta. Oltre questo tetto, si applicano interessi di mora.
    2.     Pagamento in ritardo oltre 120 giorni: sanzione pari al TUR maggiorato del 5,5% fino al 40% della contribuzione dovuta. Oltre questo tetto, si applicano interessi di mora.

    Sanzioni per Evasioni contributive in agricoltura

    Per i periodi contributivi con irregolarità  trasmessi spontaneamente entro 12 mesi dalla scadenza ordinaria, si applica il regime del ravvedimento operoso:

    •     Pagamento entro la scadenza indicata nell'avviso di tariffazione: sanzione ridotta pari al TUR maggiorato del 5,5%.
    •     Pagamento entro 60 giorni dalla scadenza: sanzione pari al TUR maggiorato del 7,5%.
    •     Pagamento oltre 60 giorni: sanzione del 30% annuo fino a un massimo del 60% dei contributi non corrisposti, con interessi di mora oltre il tetto massimo.

    Accertamento contributivo estratti conto e prospetti

    Per gli accertamenti d'ufficio o verbali ispettivi notificati dal 1° settembre 2024, è prevista una riduzione del 50% delle sanzioni civili se il pagamento avviene entro 30 giorni dalla notifica dell'atto di accertamento.

    Dal terzo trimestre 2024, le sanzioni si aggiornano automaticamente in base alla data di pagamento effettivo. Le sanzioni accertate in fase di tariffazione non saranno più presenti nell'estratto conto.

    È previsto un calcolo separato per ogni periodo contributivo, con una nuova tabella che espone gli importi dovuti al netto delle compensazioni effettuate. 

    Le compensazioni avvengono prioritariamente sui contributi più vecchi.

    Quote Integrative/Associative , nuovi Codici Tributo, anticipi e rateazione

    Gli importi delle quote integrative/associative sono distinti per ogni periodo contributivo. 

    • Il pagamento della contribuzione pregressa avviene con il codice tributo KLAS, mentre 
    • le sanzioni sono gestite con il codice SLAS.

    Il messaggio precisa che l'importo delle sanzioni è calcolato ipotizzando il pagamento totale alla data di scadenza. Il contribuente può richiedere il pagamento anticipato, con ricalcolo delle sanzioni.

    La procedura di rateazione consente di presentare istanza prima della scadenza di pagamento.

     Le sanzioni agevolate si applicano in base alla tempestività del pagamento o della presentazione dell'istanza. In caso di mancato pagamento di una rata, il piano di ammortamento viene ricalcolato senza agevolazioni.

  • Lavoro Dipendente

    Inapplicabilità prescrizione e sanzioni INPS: nuove istruzioni

    La circolare INPS  n. 70 del 27 marzo 2025 chiarisce le nuove disposizioni in materia previdenziale per specifiche gestioni INPS, con particolare riferimento al pubblico impiego e ad alcune categorie di lavoratori autonomi.

    La circolare chiarisce l'inapplicabilità fino al 31 dicembre 2025 della prescrizione dei contributi dovuti dalle Pubbliche Amministrazioni alle gestioni previdenziali dell'INPS, come previsto dal decreto Milleproroghe 2025. 

    Vengono richiamate in prticolare  le circolari 58 2024 e 92 2023 

    Inapplicabilità prescrizione Omessi contributi

    L'Articolo 1, comma 2, del Decreto-Legge 27 dicembre 2024, n. 202 (Decreto Milleproroghe 2025), convertito con modificazioni dalla Legge 21 febbraio 2025 ha differito al 31 dicembre 2025 l’inapplicabilità della prescrizione per:

    • Gestione Dipendenti Pubblici (ex INPDAP).
    • Gestione Separata (lavoratori parasubordinati e autonomi senza cassa).

    Si ricorda che l' Articolo 3, commi 9 e 10, della Legge 8 agosto 1995, n. 335 stabilisce i termini di prescrizione per i contributi previdenziali, generalmente fissati in 5 anni.

    Le sanzioni per il mancato versamento dei contributi ( regolate dall'Articolo 116, commi 8 e 9, della Legge 23 dicembre 2000, n. 388) fino al 31 dicembre 2025, non si applicano se il debito viene regolarizzato nei termini.

    La norma è valida per chi presenta domanda di rateazione entro il 31 dicembre 2025, anche se il piano rateale si conclude dopo questa data.

    Le richieste di rateazione

    Richieste di Rateazione: Le Pubbliche Amministrazioni devono presentare le domande di rateazione entro il 31 dicembre 2025. Anche se il piano di ammortamento si estende oltre questa data, l'importante è che la richiesta sia inoltrata entro il termine stabilito.

    Trasmissione dei Dati: Entro la stessa scadenza del 31 dicembre 2025, gli enti sono tenuti a trasmettere all'INPS i dati relativi ai contributi non versati. Questo può avvenire tramite:

    • Flusso Uniemens/ListaPosPA: Utilizzato per comunicare le informazioni contributive dei dipendenti pubblici.
    • Applicativo "Nuova PAssWeb": Permette la verifica dei versamenti e la gestione delle posizioni assicurative.

    Le sanzioni

    Sulla base delle circolari INPS  citate si ricordano le sanzioni  in vigore 

    Gestione Previdenziale Violazione Sanzione Conseguenze
    Gestione ex INPDAP Omesso versamento contributi Multa fino a 10.000€ Recupero forzato con interessi
    Gestione Separata Mancata iscrizione all’INPS Da 500€ a 5.000€ Sospensione attività lavorativa
    Gestione Artigiani e Commercianti Omissione dichiarazione redditi Fino a 20.000€ Accertamenti fiscali e denuncia
    Tutte le gestioni Falsificazione documentazione Multa fino a 25.000€ Denuncia penale

  • Lavoro Dipendente

    Lavoro dipendente: valide le testimonianze sulla natura del rapporto

    Con l'ordinanza 7995 del 26 marzo 2025 la Cassazione  ha riconosciuto la validita della  prova testimoniale fornita da un lavoratore  volta a dimostrare gli elementi caratteristici di un rapporto di lavoro subordinato,, criticando il Tribunale per non averla adeguatamente valutata.

    Nel caso in questione, la prova testimoniale assume un ruolo cruciale per dimostrare l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato, che è la tipologia di lavoro rivendicata dal ricorrente A.A. 

    Lavoro dipendente: Il caso

    Il caso in oggetto  riguardava un ricorso presentato da un lavoratore dipendente  contro il fallimento di una  società  in liquidazione,  per la  richiesta di ammissione di crediti derivanti da un presunto rapporto di lavoro subordinato intrattenuto con la societa tra il 1 marzo 2009 e il 31 dicembre 2017.

     Il Tribunale di Napoli aveva respinto l'opposizione di A.A., ritenendo che la sua richiesta presentasse incongruenze e che la prova testimoniale offerta fosse inadeguata e irrilevante.

    Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione, articolando quattro motivi principali:

    •     Violazione dell'art. 2697 c.c.: La prova testimoniale non è stata ammessa nonostante fosse stata richiesta per assolvere l'onere probatorio.
    •     Violazione dell'art. 115 c.p.c.: Il Tribunale avrebbe effettuato una valutazione ex ante dell'esito della prova testimoniale.
    •     Violazione dell'art. 132 c.p.c.: La motivazione del Tribunale è stata ritenuta apparente e basata su una valutazione soggettiva.
    •     Violazione dell'art. 152 c.p.c.: Il Tribunale avrebbe comminato una decadenza non prevista dalla legge.

    In particolare si evidenzia che il lavoratore aveva offerto  una prova testimoniale per dimostrare la durata del rapporto lavorativo, le mansioni svolte, l'inserimento nell'organizzazione aziendale, le persone con cui aveva interagito, il soggetto che impartiva direttive, gli orari e i giorni di lavoro, e la retribuzione mensile percepita.        

    Questi elementi sono fondamentali per accertare la natura del rapporto di lavoro, poiché il lavoro subordinato si caratterizza per la presenza di un vincolo di subordinazione, dove il lavoratore è soggetto al potere direttivo del datore di lavoro.

    Il Tribunale di Napoli aveva però  respinto la prova testimoniale ritenendola "inadeguata" e "irrilevante" rispetto al valore della controversia. 

    Natura del lavoro subordinato: la decisione della Cassazione

    La Corte di Cassazione ha criticato la valutazione del Tribunale, sottolineando che la prova testimoniale era in realtà circostanziata e pertinente per accertare l'esistenza del rapporto di lavoro subordinato.        

    Ha  anche evidenziato che il Tribunale non può basarsi su valutazioni apodittiche o soggettive per escludere una prova testimoniale, soprattutto quando questa è potenzialmente idonea a dimostrare circostanze rilevanti per il decidere.

    La Corte ha quindi cassato il provvedimento impugnato e rinviato il caso al Tribunale di Napoli, in diversa composizione, per un nuovo esame.

    Natura del lavoro subordinato e prove testimoniali: precedenti

    Nella Cassazione Civ., sez. lavoro,  n. 29646 del 16 Novembre 2018, che conferma un consolidato orientamento,   si afferma che l'elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è il vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro (riconosciuta, nel caso di  specie , la natura subordinata del rapporto di lavoro, nonostante nel contratto sottoscritto dalle parti risultasse una qualificazione formale del rapporto quale collaborazione).

    Riguardo alla valutazione delle risultanze della prova testimoniale, la Cass. n. 15327 del 5 luglio 2006, ha stabilito che “il giudizio sull'attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come scelta, fra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al Giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicale le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere  ogni singolo elemento" (Cass. Sez. Un. 27 dicembre 1997 n. 13045, Cass. 9 aprile 2001 n. 3910)

  • Lavoro Dipendente

    Collegato Lavoro: i chiarimenti ministeriali

    La Circolare n. 6 del 27 marzo 2025 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali fornisce indicazioni operative sulla Legge 13 dicembre 2024, n. 203, che introduce modifiche significative in materia di lavoro. Di seguito, un riassunto dei principali interventi e delle relative disposizioni.

    Modifiche alla disciplina della somministrazione di lavoro

    L'articolo 10 della legge modifica il decreto legislativo n. 81/2015, eliminando la disciplina transitoria che permetteva agli utilizzatori di superare il limite di 24 mesi per le missioni a tempo determinato di un lavoratore somministrato, a condizione che l'agenzia avesse assunto il lavoratore a tempo indeterminato. Con questa modifica, superato il limite dei 24 mesi, si instaura automaticamente un rapporto di lavoro a tempo indeterminato tra l'utilizzatore e il lavoratore somministrato.

    Per i contratti di somministrazione stipulati dal 12 gennaio 2025, il calcolo dei 24 mesi tiene conto solo dei periodi di missione a termine successivi a tale data. Le missioni in corso al 12 gennaio 2025 possono concludersi entro il 30 giugno 2025 senza trasformazione automatica in contratti a tempo indeterminato, ma i periodi successivi al 12 gennaio 2025 devono essere scomputati dal limite dei 24 mesi.

    Esclusioni dal limite quantitativo del 30% – Lavoro stagionale- periodo di prova

    La legge introduce due nuove categorie di lavoratori esclusi dal limite quantitativo del 30% per i lavoratori a termine e somministrati a tempo determinato:

        Contratti esclusi dai limiti quantitativi:

    •         Avvio di nuove attività.
    •         Start-up innovative.
    •         Attività stagionali.
    •         Programmi o spettacoli specifici.
    •         Sostituzione di lavoratori assenti.
    •         Lavoratori over 50.
    •     Lavoratori assunti a tempo indeterminato dall'agenzia: Questi lavoratori non rientrano nel calcolo del limite del 30%.

    Interpretazione autentica delle attività stagionali

    L'articolo 11 chiarisce che le attività stagionali includono quelle organizzate per far fronte a intensificazioni dell'attività lavorativa in determinati periodi dell'anno o a esigenze tecnico-produttive, come previsto dai contratti collettivi. Questa interpretazione ha effetto retroattivo e si applica anche ai contratti collettivi firmati prima dell'entrata in vigore della legge.

    Durata del periodo di prova

    L'articolo 13 modifica il decreto legislativo n. 104/2022, stabilendo che la durata del periodo di prova nei contratti a tempo determinato sia proporzionata alla durata del contratto. La durata del periodo di prova è fissata in un giorno di effettiva prestazione ogni quindici giorni di calendario, con un minimo di due giorni e un massimo di quindici giorni per contratti fino a sei mesi, e trenta giorni per contratti superiori a sei mesi e inferiori a dodici mesi.

    Comunicazioni obbligatorie per il lavoro agile

    L'articolo 14 fissa il termine di cinque giorni per la comunicazione dell'avvio, della cessazione e delle modifiche delle prestazioni di lavoro agile. La comunicazione deve essere effettuata entro cinque giorni dall'inizio effettivo del lavoro agile o dalla modifica della durata originariamente prevista.

    Dimissioni di fatto i chiarimenti

    Risoluzione del rapporto di lavoro per assenza ingiustificata:

    l'articolo 19 introduce il comma 7-bis nell'articolo 26 del decreto legislativo n. 151/2015, stabilendo che, in caso di assenza ingiustificata del lavoratore superiore a quindici giorni (o come previsto dal contratto collettivo, purche non inferiore), il datore di lavoro può comunicare all'Ispettorato nazionale del lavoro la risoluzione del rapporto per dimissioni implicite.

    I giorni si intendono di calendario.

    Il lavoratore può evitare la risoluzione dimostrando l'impossibilità di comunicare i motivi dell'assenza per causa di forza maggiore o per fatto imputabile al datore di lavoro.

    Incentivi per lavoratori in situazioni di debolezza

    L'articolo 10, comma 1, lettera b), modifica l'articolo 34 del decreto legislativo n. 81/2015 per incentivare l'occupazione di lavoratori in situazioni di particolare debolezza. Le agenzie per il lavoro possono assumere a tempo determinato, senza causale, i seguenti lavoratori:

    •     Disoccupati da almeno sei mesi.
    •     Lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, come definiti dal regolamento (UE) n. 651/2014.
  • Maternità, famiglia, conciliazione vita-lavoro

    Congedo parentale: si può interrompere per necessità familiari

    Non è un abuso da punire con la sanzione disciplinare massima ovvero il licenziamento, l'allontanamento del genitore dal figlio durante un periodo di congedo parentale per finalità di solidarietà familiare. Lo ha stabilito la Cassazione nell'ordinanza 6993 2025. 

    Ecco in dettaglio la vicenda  e la decisioni della Suprema corte.

    Allontanamento durante il congedo parentale: la vicenda

    Il caso riguarda il licenziamento di B.B., accusato di abuso del congedo parentale per un periodo di 10 giorni (dal 2/4/2019 al 13/4/2019).   Ritenendo il comportamento in contrasto con la finalità del congedo, l’azienda aveva deciso di interrompere il rapporto di lavoro.

    B.B. aveva però impugnato il licenziamento, portando la questione in tribunale. 

    Nell'analisi del caso la Corte d’Appello di Trento ha ritenuto che non ci fosse stato un vero abuso del congedo parentale. È emerso infatti che:

    Nel periodo contestato, B.B. si era effettivamente preso cura del figlio, ma poi aveva dovuto recarsi in Marocco per assistere la madre malata. Il bambino era rimasto in Italia, ma sotto la custodia della madre, quindi non era stato lasciato solo.

    Non c’erano prove che il lavoratore avesse approfittato del congedo per svolgere un altro lavoro o dedicarsi ad attività incompatibili con la finalità assistenziale.

    Secondo la Corte, si trattava di una situazione eccezionale e urgente, che rientrava comunque nell’ambito dei doveri di solidarietà familiare, previsti anche dalla costituzione Italiana. Dunque, non si poteva parlare di abuso del diritto al congedo parentale, né si poteva sostenere che il lavoratore avesse violato la buona fede o il rapporto di fiducia con il datore di lavoro. E' stato dichiarato quindi illegittimo  il licenziamento,  ordinando  alla società di reintegrarlo nel posto di lavoro e di risarcire il danno, pari a  12 mensilità di stipendio. 

    Inoltre, la Corte d'Appello aveva ritenuto illegittimi alcuni provvedimenti disciplinari precedenti subiti dal lavoratore, condannando il datore di lavoro a restituire somme trattenute in busta paga.

    Congedo parentale: il ricorso in Cassazione

    Non accettando questa decisione, la società  ha fatto ricorso in Cassazione, sollevando ben sei motivi di impugnazione, tra cui:

    • La motivazione della Corte d’Appello sarebbe stata contraddittoria e non avrebbe rispettato i principi costituzionali.
    • La decisione sarebbe in contrasto con l’articolo 32 del D.Lgs. 151/2001 sul congedo parentale.
    • La Corte avrebbe sottovalutato la gravità della violazione del rapporto fiduciario tra lavoratore e datore di lavoro.
    • Non avrebbe considerato che il congedo parentale era stato richiesto per assistere il figlio, non la madre.
    • La Corte avrebbe erroneamente ritenuto provata l’urgenza del viaggio in Marocco.
    • Il comportamento del lavoratore avrebbe comunque avuto rilevanza disciplinare.

    La decisione della Cassazione

    La Corte di Cassazione, esaminando il caso, ha deciso di rigettare il ricorso, confermando la sentenza della Corte d’Appello. Ha ribadito alcuni principi chiave:

    Non c’è stato un abuso del congedo parentale, perché B.B. non ha sfruttato il periodo per finalità diverse da quelle assistenziali.

    L’assenza del lavoratore non ha minato il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.

    La Corte d’Appello ha effettuato una valutazione completa della situazione, tenendo conto non solo della quantità di tempo trascorso lontano dal figlio, ma anche delle circostanze eccezionali (ossia l’assistenza alla madre malata).

    Il concetto di abuso del permesso implica un intento fraudolento, che in questo caso non è stato dimostrato.

    Infine, la Cassazione ha sottolineato che la disciplina sui congedi parentali deve essere interpretata in modo elastico e ragionevole, bilanciando le esigenze familiari con quelle lavorative. Non esiste , afferma la Corte, un automatismo secondo cui ogni mancata assistenza diretta al minore costituisce un abuso.

    Congedo familiare: le motivazioni della Corte:

    Nello specifico la Corte di cassazione afferma che l'assenza è stata dovuta "all'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà familiare rilevanti sul piano costituzionale sicché, sotto il profilo sostanziale, non può essere ritenuto contrario allo spirito della disciplina legale se il congedo familiare in discorso

    sia stato fruito in una situazione di fatto, particolare ed urgente, allo scopo di assicurare, per un periodo contenuto ed in via di eccezione, il contemperamento tutti i diversi valori compresenti nella concreta vicenda; fermo restando che l'obiettivo principale dell'assistenza al minore sia stato sempre e comunque oggettivamente assicurato pure in ambito familiare."

    Inoltre ", contrariamente a quanto affermato in ricorso, non esiste alcun automatismo tra la mancata prestazione dell'assistenza al minore e la figura dell'abuso essendo pure necessario valutare, oltre alla sua oggettiva durata, anche la motivazione per cui essa non sia avvenuta"

  • PRIMO PIANO

    Lavoro disabili: il riparto delle risorse

    Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in concerto con il Ministero per le Disabilità e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha emanato il decreto del 7 febbraio 2025, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 69 del 24 marzo 2025, per stabilire la ripartizione delle risorse del Fondo per il diritto al lavoro dei disabili per l’annualità 2024.

    Il decreto trova fondamento nella legge 12 marzo 1999, n. 68, che disciplina il diritto al lavoro delle persone con disabilità e, in particolare, l’articolo 13 che prevede la destinazione di risorse a favore dei datori di lavoro per incentivare l’assunzione di lavoratori disabili. Il fondo è alimentato da stanziamenti statali, contributi esonerativi dei datori di lavoro e versamenti volontari di soggetti privati.

    Riparto risorse e progetti di inclusione lavorativa

    Per il 2024, il Fondo per il diritto al lavoro dei disabili dispone di un totale di 75.381.414 euro, suddivisi come segue:

    • 21.915.742 euro destinati agli incentivi per i datori di lavoro che assumono persone con disabilità;
    • 4.728.900 euro derivanti dai contributi esonerativi versati dai datori di lavoro nei bimestri IV, V e VI del 2023 e nei primi tre bimestri del 2024;
    • 46.630.000 euro a valere sul fondo per l’annualità 2024;
    • 2.106.772 euro destinati a sperimentazioni di inclusione lavorativa per persone con disabilità.

    Il decreto stabilisce che le risorse del Fondo saranno erogate attraverso l’INPS per sostenere i datori di lavoro nel rispetto dei criteri stabiliti dall’articolo 13 della legge n. 68/1999. 

    Gli incentivi economici sono finalizzati a favorire l’integrazione nel mondo del lavoro delle persone con disabilità e a supportare le aziende nel sostenere i costi dell’inserimento lavorativo.

    Un ulteriore aspetto rilevante è la possibilità di finanziare, nei limiti del 5% delle risorse complessive, sperimentazioni di inclusione lavorativa attraverso progetti sviluppati dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali in collaborazione con le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano.

    In questo senso, se necessario, potranno essere adottati ulteriori atti per chiarire modalità operative e garantire l’efficacia delle misure.

    Lavoro disabili: monitoraggio INPS

    Il decreto prevede un sistema di monitoraggio trimestrale da parte dell’INPS per verificare l’andamento delle erogazioni e garantire la trasparenza nell’utilizzo dei fondi. Il monitoraggio dovrà includere:

    Le risorse disponibili;

    • Il numero totale di domande di incentivo pervenute;
    • Le somme effettivamente erogate;
    • La tipologia di datori di lavoro beneficiari e le categorie di disabilità coinvolte.