• Lavoro Dipendente

    Incentivi 2025 per aggregazioni d’impresa: istruzioni INPS

    Con il Messaggio INPS n. 3344 del 6 novembre 2025, l’Istituto ha fornito le indicazioni operative e contabili per l’applicazione dell’incentivo contributivo previsto dall’articolo 4-ter del decreto-legge 18 gennaio 2024, n. 4, convertito dalla legge 15 marzo 2024, n. 28.

    La misura, in via sperimentale per gli anni 2024 e 2025, mira a favorire i processi di aggregazione aziendale e a tutelare l’occupazione mediante esoneri contributivi e programmi di formazione del personale.

    Il beneficio è riservato alle nuove imprese costituite a seguito di fusioni, cessioni, conferimenti o acquisizioni di aziende o rami d’azienda che impieghino almeno 1.000 lavoratori.

    La fruizione dell’esonero è subordinata alla stipula di un accordo in sede governativa, con la partecipazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, del Ministero delle Imprese e del Made in Italy e delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative.

    L’accordo deve contenere un progetto industriale e di politica attiva che illustri le azioni di formazione o riqualificazione dei lavoratori (almeno 200 ore complessive nel periodo di godimento del beneficio), nonché le strategie per la salvaguardia dei livelli occupazionali.

    Quadro normativo

    Il beneficio consiste in un esonero del 100% dei contributi previdenziali e assistenziali a carico del datore di lavoro (esclusi premi INAIL), per un periodo massimo di 24 mesi e nel limite di 3.500 euro annui per ciascun lavoratore. L’agevolazione può essere prorogata per ulteriori 12 mesi, con tetto annuo pari a 2.000 euro per lavoratore.

    Periodo di fruizione Percentuale esonero Massimale annuo Massimale mensile
    Primi 24 mesi 100% € 3.500 € 291,66
    Ulteriori 12 mesi 100% € 2.000 € 166,66

    L’esonero è concesso nei limiti delle risorse disponibili, previa verifica del Ministero del Lavoro. La decorrenza coincide con la data di trasferimento dei lavoratori individuata nell’accordo governativo. Le imprese beneficiarie ricevono dall’INPS un codice di autorizzazione “2L” (“Azienda autorizzata all’esonero di cui al DL 4/2024 art. 4-ter”). 

    L’INPS effettua verifiche annuali sui flussi Uniemens e comunica al Ministero del Lavoro l’ammontare degli esoneri effettivamente fruiti. L’agevolazione è compatibile con altri incentivi occupazionali previsti dalla normativa vigente, purché non venga superata la contribuzione datoriale dovuta. Tra gli obblighi a carico del datore di lavoro rientra la tutela del perimetro occupazionale per 48 mesi dalla data dell’operazione societaria.

     In caso di licenziamenti non consentiti, è prevista una sanzione pari al doppio dell’esonero fruito per ciascun lavoratore interessato. Analogamente, la mancata attuazione dei programmi formativi comporta la revoca del beneficio e il recupero delle somme indebitamente fruite, con le sanzioni civili dell’art. 116, comma 8, lett. a), legge 388/2000.

    Istruzioni Uniemens

    Il Messaggio INPS n. 3344/2025 fornisce nel dettaglio le modalità per l’esposizione dell’incentivo nei flussi contributivi Uniemens, suddivise per tipologia di datore di lavoro.

    Datori di lavoro privati – Sezione PosContributiva

    Devono valorizzare in <InfoAggCausaliContrib> i seguenti elementi:

    • <CodiceCausale>: IN24 (“Incentivo imprese nuova costituzione Art. 4-ter DL n. 4/2024”);
    • <IdentMotivoUtilizzoCausale>: valore “N”;
    • <AnnoMeseRif>: periodo del conguaglio;
    • <ImportoAnnoMeseRif>: importo conguagliato.

    I dati confluiscono nel DM2013 “virtuale” con i nuovi codici:

    • L631 – Conguaglio incentivo imprese nuova costituzione;
    • L632 – Arretrati incentivo imprese nuova costituzione.

    I conguagli per periodi pregressi sono ammessi esclusivamente nei flussi di dicembre 2025, gennaio 2026 e febbraio 2026.

    Gestione pubblica – Sezione ListaPosPA

    Per il recupero degli sgravi:

    <CodiceRecupero>: 71 (“Incentivi per i processi di aggregazione delle imprese e tutela occupazionale – Art. 4-ter DL 4/2024”);

    <Importo>: importo dello sgravio.

    Anche in questo caso, i recuperi pregressi sono ammessi nei flussi da dicembre 2025 a febbraio 2026.

    Settore agricolo – Sezione PosAgri

    I datori di lavoro agricoli devono utilizzare:

    Codice 2L per i primi 24 mesi;

    Codice 3L per il terzo anno;

    Codice 4L per gli arretrati (competenza dicembre 2025).

  • PRIMO PIANO

    Autotrasporto: regole 2025 su franchigia tempi di carico e scarico

    Con la circolare n. 13485 del 4 novembre 2025, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha fornito chiarimenti operativi sulla disciplina dei tempi di carico e scarico delle merci introdotta dall’articolo 6-bis del decreto legislativo 286/2005, come modificato dall’articolo 4 del decreto-legge 73/2025. L’intervento, su richiesta degli operatori, mira a ricondurre a uniformità le prassi applicative lungo la filiera logistica, riducendo criticità interpretative e contenziosi tra committenti, caricatori e vettori.

    L’atto ha natura chiarificatoria e non regolamentare: definisce CIOè  un orientamento applicativo per favorire continuità ed efficienza del servizio di autotrasporto. 

    Il tema centrale è la corretta gestione dei tempi di attesa e di esecuzione delle operazioni di carico e scarico, con  un sistema di franchigie e indennizzi predeterminati per prevenire inefficienze e oneri non riconosciuti.

    La norma su franchigie e indennizzi

    La disciplina chiarisce in modo stringente i tempi di attesa e gli indennizzi dovuti al vettore. È fissata una franchigia tassativa per l’attesa prima dell’inizio delle operazioni e sono determinati importi uniformi a compensazione dei ritardi. 

    La franchigia non comprende i tempi materiali di carico o scarico e, per questi, non sono previsti ulteriori periodi franchi: ogni superamento dei tempi contrattuali dà luogo all’indennizzo per ogni ora o frazione.

    Voce Durata / Importo Nota applicativa
    Franchigia attesa prima di carico/scarico 90 minuti Periodo tassativo; non include i tempi materiali di carico/scarico
    Indennizzo oltre franchigia di attesa € 100 per ogni ora o frazione Dovuto al vettore per il superamento dei 90 minuti
    Indennizzo per superamento tempi contrattuali di carico/scarico € 100 per ogni ora o frazione Nessuna ulteriore franchigia; applicabile anche per ritardi < 60 minuti

    L’indennizzo non è dovuto quando il ritardo è imputabile al vettore. 

    Viene ribadito il favor per il contratto di trasporto scritto, che deve indicare con precisione luogo, orari e modalità delle operazioni. 

    ATTENZIONE A differenza del previgente assetto, non è richiamata la possibilità di deroga pattizia: i limiti temporali e gli importi hanno carattere uniforme e non sono rinunciabili mediante accordi difformi.

    Istruzioni operative

    Per prevenire contestazioni e assicurare linearità operativa, le parti devono definire in via preventiva e documentata: luogo esatto delle operazioni, modalità di accesso dei veicoli, orari di svolgimento, tempi tecnici di esecuzione e sistemi di attestazione. È raccomandabile standardizzare le procedure di timbratura e di rilevazione digitale degli eventi (arrivo, inizio e fine attività), così da disporre di evidenze oggettive in caso di ritardi o interruzioni.

    Il vettore può provare l’orario di arrivo tramite strumenti digitali di tracciamento; è quindi essenziale individuare con precisione i punti di carico/scarico e le modalità di accesso. Committente e caricatore sono obbligati in solido al pagamento dell’indennizzo, fatto salvo il diritto di rivalsa verso l’effettivo responsabile. È opportuno, inoltre, che i contratti specifichino chiaramente chi sono gli effettivi responsabili delle operazioni e cosa si intende per cause di forza maggiore, considerando anche i profili di sicurezza della circolazione e sicurezza sociale richiamati dalla normativa.

  • Agevolazioni per le Piccole e Medie Imprese

    Dichiarazione “de minimis”: nuove soglie e moduli INPS per gli incentivi alle imprese

    Con il messaggio INPS n. 3339 del 6 novembre 2025, l’Istituto comunica l’aggiornamento della dichiarazione “de minimis” utilizzata per la concessione di incentivi e agevolazioni economiche subordinati a tale regime.
    L’intervento si è reso necessario per recepire le disposizioni dei nuovi regolamenti europei entrati in vigore tra il 2023 e il 2024 — in particolare i Regolamenti (UE) 2023/2831, 2023/2832, 1408/2013 e 717/2014 — che ridefiniscono i massimali di aiuto e le modalità di calcolo del triennio di riferimento per i diversi settori produttivi.

    L’INPS, oltre ad aggiornare i criteri applicativi, ha messo a disposizione una nuova modulistica conforme ai nuovi limiti comunitari, disponibile sul proprio portale. La revisione garantisce una gestione uniforme e trasparente degli aiuti economici, in linea con la normativa UE aggiornata

    Le regole sul De minimis

    Il regime “de minimis” consente la concessione di aiuti di modesta entità alle imprese, senza obbligo di preventiva notifica alla Commissione europea, purché vengano rispettate le soglie massime e i limiti temporali stabiliti dalla disciplina UE.

    L’INPS precisa che, alla data del messaggio, sono quattro i regolamenti europei  con le soglie attualmente applicabili ai diversi ambiti economici:

    • Regolamento (UE) 2023/2831, in vigore dal 1° gennaio 2024, per il settore generale, con massimale fissato a 300.000 euro nel triennio di riferimento;
    • Regolamento (UE) 2023/2832, anch’esso operativo dal 1° gennaio 2024, per i servizi di interesse economico generale (SIEG), con soglia pari a 750.000 euro;
    • Regolamento (UE) 717/2014, relativo al settore pesca e acquacoltura, con massimale di 40.000 euro a partire dal 25 ottobre 2023;
    • Regolamento (UE) 1408/2013, per il settore agricolo, con limite fissato a 50.000 euro per gli aiuti concessi dal 16 dicembre 2024

    Un aspetto rilevante riguarda la soppressione del precedente limite di 100.000 euro per il trasporto merci su strada, previsto dal Regolamento (UE) 1407/2013, che è stato abrogato: per tali attività si applica ora il massimale generale di 300.000 euro ai sensi del Regolamento (UE) 2023/2831.

    Definizione soglie e triennio di riferimento – Tabella riepilogo

    Un punto centrale del messaggio è la definizione del triennio di riferimento per il calcolo degli aiuti concessi.

    Secondo l’articolo 3, paragrafo 2, del Regolamento (UE) 2023/2831, il periodo da considerare è di tre anni, riferito alla stessa impresa unica.

    L’INPS chiarisce che:

    1. per i settori generale, agricolo e SIEG, il triennio corrisponde a tre anni solari calcolati a ritroso dalla data di concessione dell’aiuto;
    2. per il settore pesca e acquacoltura, invece, il periodo è rappresentato dall’esercizio finanziario in corso e dai due precedenti

    Nozione di “impresa unica”

    Ai fini del computo complessivo degli aiuti ricevuti, il concetto di impresa unica assume un ruolo determinante.

    Rientrano in questa definizione tutte le imprese tra cui intercorre almeno una delle seguenti relazioni:

    • una impresa detiene la maggioranza dei diritti di voto di un’altra;
    • una impresa nomina o revoca la maggioranza dei membri degli organi di amministrazione o direzione;
    • una impresa esercita influenza dominante su un’altra tramite contratto o statuto;
    • una impresa controlla la maggioranza dei diritti di voto in virtù di accordi con altri soci.

    Le imprese collegate indirettamente tramite una o più società intermedie sono anch’esse considerate parte della stessa impresa unica, ai fini del rispetto dei limiti “de minimis”.

    Settore Regolamento UE Massimale triennio Decorrenza nuovi aiuti Calcolo del triennio
    Settore generale Reg. (UE) 2023/2831 € 300.000 dal 1° gennaio 2024 3 anni solari a ritroso dalla data di concessione
    Servizi d’interesse economico generale (SIEG) Reg. (UE) 2023/2832 € 750.000 dal 1° gennaio 2024 3 anni solari a ritroso dalla data di concessione
    Pesca e acquacoltura Reg. (UE) 717/2014 € 40.000 dal 25 ottobre 2023 Esercizio finanziario in corso + due precedenti
    Agricoltura Reg. (UE) 1408/2013 € 50.000 dal 16 dicembre 2024 3 anni solari a ritroso dalla data di concessione

    Nota trasporto su strada: il precedente massimale di € 100.000 (Reg. 1407/2013) è abrogato; ora si applica il limite generale di € 300.000 previsto dal Reg. (UE) 2023/2831.

    Novità operative e modulistica aggiornata

    In applicazione dei nuovi regolamenti, l’INPS ha aggiornato la dichiarazione “de minimis” che deve essere allegata alle domande di agevolazione o incentivo rientranti nel regime agevolativo.

    Il nuovo modulo di dichiarazione è disponibile sul portale istituzionale www.inps.it , accedendo alla sezione: “Moduli” → “Aziende e Contributi” → Ricerca codice “SC105”.

    Le modifiche sono già state integrate anche nei moduli telematici gestiti tramite il Portale delle Agevolazioni, garantendo la piena operatività del sistema informatico.

    Per le istanze non supportate da un modulo online, la dichiarazione aggiornata potrà comunque essere utilizzata in formato cartaceo o digitale allegato.

    Tra gli esempi citati nel messaggio, rientra l’incentivo per la ricollocazione lavorativa dei beneficiari NASpI, previsto dall’articolo 2, comma 10-bis, della legge n. 92/2012, che continua a beneficiare del regime “de minimis” ma con le nuove soglie comunitarie applicabili

    L’aggiornamento della modulistica risponde all’esigenza di uniformare i modelli dichiarativi e assicurare la coerenza normativa tra le diverse tipologie di aiuti. Le imprese e i consulenti sono pertanto invitati a verificare la corretta applicazione delle nuove soglie prima della presentazione delle domande.

    Grazie all’aggiornamento della dichiarazione “de minimis”, disponibile anche per le domande prive di modulo telematico, le imprese possono ora presentare le istanze con modelli allineati ai più recenti criteri europei, garantendo così un sistema di incentivi più chiaro, coerente e affidabile.

  • Lavoro Dipendente

    Addizionale Cassa integrazione: Inps chiarisce quando si applica la riduzione

    Con un messaggio interno alle proprie sedi, il 4 novembre 2025, la Direzione Centrale Entrate dell’INPS ha fornito nuovi chiarimenti sull’applicazione dell’aliquota ridotta del contributo addizionale dovuto dalle aziende che ricorrono agli ammortizzatori sociali.

    La comunicazione chiarisce un aspetto operativo rilevante per datori di lavoro e consulenti del lavoro: il diritto alla riduzione non si esaurisce con un solo periodo di fruizione della cassa integrazione, ma può estendersi anche a più periodi, purché nel limite delle settimane previste dalla norma.

    L’INPS ribadisce che l’aliquota agevolata del 6% si applica per le prime 52 settimane e quella del 9% oltre le 52 e fino a 104 settimane, sempre nel quinquennio mobile. 

    Tale precisazione risponde alle richieste di chiarimento giunte dalle sedi territoriali e da numerosi datori di lavoro, in merito alla corretta applicazione della riduzione contributiva in caso di più interventi di integrazione salariale.

    Quadro normativo – le aliquote applicabili

    Il riferimento principale è l’articolo 1, comma 195, lettera b), della legge 234/2021, che ha introdotto il comma 1-ter all’articolo 5 del decreto legislativo 148/2015.

     Dal 1° gennaio 2025, questa disposizione ha previsto una riduzione del contributo addizionale a carico delle aziende che presentano domanda di cassa integrazione ordinaria, straordinaria o in deroga, a condizione che non abbiano fruito di trattamenti di integrazione salariale per almeno 24 mesi consecutivi dal termine dell’ultimo periodo di fruizione. In sintesi, la norma stabilisce che:

    Aliquota contributo addizionale Periodo di riferimento nel quinquennio mobile
    6% Prime 52 settimane di CIG
    9% Da 53 a 104 settimane di CIG

    L’introduzione di questa misura ha l’obiettivo di premiare le imprese che non ricorrono frequentemente agli ammortizzatori sociali, riconoscendo loro un alleggerimento contributivo nei primi periodi di utilizzo. 

    La circolare INPS n. 5/2025 aveva già fornito le prime istruzioni operative per la corretta applicazione delle nuove aliquote, ma il messaggio del 4 novembre interviene a chiarire alcune situazioni ricorrenti in cui l’interpretazione della norma risultava non uniforme.

    Chiarimenti ed esempio pratico

    L’INPS precisa che il diritto alla riduzione del contributo addizionale non è limitato a un singolo periodo di cassa integrazione. Se il datore di lavoro, nel corso di un quinquennio mobile, non ha ancora raggiunto il limite delle 52 settimane di CIG (per l’aliquota del 6%), può continuare a beneficiare della riduzione anche per un nuovo periodo di integrazione salariale, fino al raggiungimento di tale soglia.

    Analogamente, l’aliquota del 9% può essere applicata fino a un massimo complessivo di 104 settimane nello stesso quinquennio mobile. Solo superata tale durata si torna alla misura ordinaria prevista dall’articolo 5, comma 1, del Dlgs 148/2015.

    In pratica, la riduzione è legata al numero complessivo di settimane fruite, non al numero dei periodi di concessione. Pertanto, anche se un’azienda usufruisce di più periodi di CIG, purché nel limite delle settimane agevolate, mantiene il diritto all’aliquota ridotta.

    L’istituto sottolinea inoltre che la verifica del requisito dei 24 mesi senza fruizione di ammortizzatori resta il presupposto fondamentale per accedere alla riduzione. Tale condizione deve essere controllata a partire dal giorno successivo al termine dell’ultimo trattamento di integrazione salariale fruito.

    Esempio pratico

    Un’azienda che ha fruito di 30 settimane di CIG nel 2025, con aliquota ridotta al 6%, potrà richiedere nel 2026 un ulteriore periodo di 20 settimane, continuando a beneficiare della stessa aliquota, in quanto non ha ancora raggiunto il limite di 52 settimane nel quinquennio.

  • Agricoltura

    Quota 100 e incumulabilità con redditi da lavoro: decisione ai giudici

    Con la sentenza n. 162 del 4 novembre 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Ravenna sull’articolo 14, comma 3, del decreto-legge 4/2019, che disciplina la pensione anticipata “Quota 100”. La decisione — che segue di pochi mesi la controversa pronuncia della Cassazione n. 30994 del 2024 — consolida di fatto l’orientamento più rigoroso sull’incumulabilità totale tra il trattamento pensionistico anticipato e i redditi da lavoro dipendente o autonomo (escluso quello occasionale entro 5.000 euro annui).

    La Consulta è intervenuta su un caso concreto: un pensionato “quota 100” che aveva lavorato una sola giornata come bracciante agricolo percependo 83,91 euro lordi, e al quale l’INPS aveva richiesto la restituzione di 23.949 euro, equivalenti all’intera annualità 2020 di pensione . 

    Il giudice di Ravenna aveva rimesso la questione alla Corte, ritenendo sproporzionata e irragionevole una misura che priva dell’intero trattamento pensionistico anche chi svolge un’attività lavorativa minima e temporanea.

    La Corte, tuttavia, ha ritenuto che non vi siano i presupposti per pronunciarsi nel merito: la disposizione non indica espressamente la sanzione della sospensione annuale, e la lettura estensiva della Cassazione del 2024, richiamata dal giudice rimettente, non è ancora “diritto vivente”.

     In sostanza, secondo i giudici costituzionali, il Tribunale avrebbe potuto  adottare un’interpretazione costituzionalmente orientata della norma, limitando la sospensione della pensione ai soli mesi di effettivo cumulo. L’interpretazione della Cassazione, infatti, non ha ancora raggiunto la stabilità necessaria per essere considerata vincolante o consolidata, essendo stata contestata da diversi giudici di merito.

    Di conseguenza, la Corte ha dichiarato inammissibile la questione, lasciando formalmente intatto il quadro normativo ma anche la sua incertezza interpretativa. Una decisione che mantiene in vita il contrasto tra l’approccio rigido dell’INPS e quello più proporzionato auspicato da parte della dottrina e della magistratura del lavoro

    La Cassazione del 2024 e il principio della “incumulabilità assoluta”

    La sentenza della Cassazione n. 30994 del 4 dicembre 2024 rappresenta il punto di svolta da cui origina il conflitto di interpretazioni. Con quella pronuncia, la Suprema Corte aveva chiarito che la pensione “Quota 100” — misura introdotta in via straordinaria e con requisiti di favore rispetto al sistema ordinario — è totalmente incompatibile con qualsiasi reddito da lavoro dipendente o autonomo (ad eccezione di quello occasionale nei limiti previsti).

    Secondo i giudici di legittimità, la “ratio” della norma è chiaramente solidaristica: chi sceglie di accedere a un trattamento anticipato deve uscire realmente dal mercato del lavoro, liberando posizioni per le nuove generazioni. La percezione di redditi, anche minimi o di breve durata, contraddice il presupposto stesso della misura, che si configura come un privilegio pensionistico rispetto ai canali ordinari.

    Per la Cassazione, dunque, il cumulo con redditi di lavoro comporta la sospensione integrale della pensione per l’intero anno solare, non limitatamente ai mesi lavorati. Tale conseguenza, sebbene severa, viene giustificata come coerente con l’obiettivo di “favorire il ricambio generazionale e la sostenibilità del sistema previdenziale”.

    Né la misura, secondo i giudici, può dirsi in contrasto con l’articolo 38 della Costituzione, poiché il diritto alla pensione anticipata “Quota 100” non rientra nella sfera dei diritti previdenziali fondamentali, ma in quella delle facoltà discrezionali del legislatore.

    La pronuncia del 2024 — poi richiamata dalla Corte costituzionale nella sentenza odierna — ha dunque imposto una linea di rigido disincentivo verso ogni forma di prosecuzione o ripresa dell’attività lavorativa, anche marginale, da parte dei pensionati “quota 100”. 

    Una posizione che l’INPS aveva già anticipato nella circolare 117/2019, stabilendo la sospensione del trattamento per tutto l’anno in caso di percezione di redditi da lavoro, e che la Cassazione ha pienamente avallato.

    Le implicazioni della Consulta 2025: tra incertezza applicativa e principio di proporzionalità

    La sentenza n. 162/2025 non ribalta la posizione della Cassazione, ma la rimette in discussione sotto il profilo dell’applicazione uniforme della norma

    Secondo la Corte, l’orientamento del 2024 non ha ancora la stabilità interpretativa per costituire diritto vivente, e pertanto i giudici di merito possono (devono?) adottare una lettura più equilibrata e coerente con i principi costituzionali.

    Questo significa che il giudice del lavoro potrà considerare proporzionata la sospensione della pensione solo per i mesi di effettivo lavoro e non per l’intera annualità, soprattutto nei casi di attività episodiche o di importo minimo. La Consulta, pur senza entrare nel merito, apre  la strada a una possibile evoluzione della giurisprudenza verso un’interpretazione più rispettosa del principio di ragionevolezza sancito dall’articolo 3 della Costituzione.

    Tuttavia, sul piano pratico, la decisione lascia ampie zone d’ombra. L’INPS, forte della circolare e della Cassazione 2024, continuerà probabilmente a sostenere la linea dell’incumulabilità assoluta, imponendo il recupero integrale dei ratei. I lavoratori coinvolti dovranno quindi rivolgersi ai tribunali per chiedere la restituzione delle somme trattenute, con esiti che potranno variare da caso a caso.

    Per gli operatori e i consulenti del lavoro, la sentenza della Consulta impone di valutare con attenzione le situazioni individuali, distinguendo tra cumuli occasionali e sistematici, e tenendo conto della possibile evoluzione normativa o di un eventuale intervento delle Sezioni Unite della Cassazione.

    In conclusione, la Consulta non ha demolito la linea della “incumulabilità totale”, ma ha segnalato che la severità non può sostituire la proporzionalità. Finché non interverrà una nuova norma o una pronuncia unificatrice della Suprema Corte, il sistema rimane sospeso tra due visioni: quella del rigore solidaristico e quella del bilanciamento tra diritto al sostentamento e finalità di politica del lavoro.

  • Maternità, famiglia, conciliazione vita-lavoro

    Congedo per la mamma intenzionale: nuove istruzioni INPS

    Con la sentenza n. 115 del 2025, depositata il 21 luglio, la Corte Costituzionale avev dichiarato l’illegittimità dell’art. 27-bis del D.lgs. 26 marzo 2001, n. 151, nella parte in cui esclude dal congedo di paternità obbligatorio le lavoratrici che, in una coppia di due donne, siano riconosciute come genitori nei registri dello stato civile. 

    Come chiarito dall’INPS nel Messaggio n. 2450/2025, quindi  dal 24 luglio 2025 le lavoratrici dipendenti che, in una coppia omogenitoriale femminile, risultano “madre intenzionale” nei registri di stato civile o in virtù di un provvedimento di adozione/affidamento, possono fruire del congedo obbligatorio di 10 giorni lavorativi (20 in caso di parto plurimo), retribuito al 100% e coperto da contribuzione figurativa.

    Con un nuovo messaggio 3322 del 5.11.2025  l'Istituto precisa che : 

    1. l’articolo 27-bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ha cessato di produrre effetti – nella parte in cui non riconosce il congedo di paternità obbligatorio a una lavoratrice, genitore intenzionale, in una coppia di donne  – dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza di incostituzionalità.
    2. la pronuncia della Corte Costituzionale estende i suoi effetti ai rapporti non ancora esauriti e non definiti al momento in cui la norma ha cessato di produrre effetti.

    Quindi non possono essere considerate indebite le fruizioni di congedo di paternità obbligatorio da parte della lavoratrice, genitore intenzionale, precedenti il 24 luglio 2025 avvenute nel rispetto dell’articolo 27-bis del decreto legislativo n. 151/2001, 

    Inoltre, le domande di congedo di paternità obbligatorio a pagamento diretto presentate dalle lavoratrici alle quali il beneficio è stato esteso per effetto della sentenza della Corte Costituzionale in argomento, per periodi precedenti il 24 luglio 2025, devono essere riesaminate dalle Strutture territoriali dell’INPS,

    • su istanza di parte
    • nel rispetto del termine di prescrizione annuale disposto all’articolo 6, sesto comma, della legge 11 gennaio 1943, n. 138, e del termine di decadenza annuale, previsto dall’articolo 47, terzo comma, del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639 (cfr. il messaggio n. 4301 del 17 dicembre 2024).

    Congedo alla madre “intenzionale”: il ragionamento della Consulta

    A sollevare la questione dell'equiparazione per le coppie omosessuali era stata la Corte d’appello di Brescia nel corso di una causa intentata da Rete Lenford – Avvocatura per i diritti LGBTI+ Aps, che denunciava una discriminazione da parte dell’INPS. Il problema nasceva dalla procedura informatica dell’ente previdenziale che, nella domanda di congedo, accettava esclusivamente l’indicazione del “padre”, escludendo la “seconda madre” legalmente riconosciuta.La Corte ha fondato il proprio giudizio sull’art. 3 della Costituzione, che vieta disparità di trattamento in assenza di ragioni oggettive

    . È stata infatti ritenuta irragionevole la differenziazione tra il padre lavoratore di una coppia eterosessuale e la madre intenzionale di una coppia omogenitoriale femminile, quando entrambe le figure sono legalmente riconosciute e partecipano alla cura del figlio. 

    La sentenza richiama anche la precedente pronuncia n. 68/2025, ribadendo che il vincolo genitoriale nasce dall’assunzione condivisa di responsabilità. 

    Il diritto del minore a ricevere cura e attenzione da entrambe le figure genitoriali – siano esse biologiche o intenzionali – prevale su qualsiasi considerazione legata all’orientamento sessuale, come già sancito anche dalla sentenza n. 33/2021. 

    Di conseguenza, il beneficio del congedo – dieci giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100% – deve estendersi anche alla madre intenzionale, in linea con l’interesse superiore del minore.

    Impatti e prospettive della decisione

    Si ricorda che la disposizione  sul congedo obbligatorio di 10 giorni era stata introdotta con il D.lgs. 30 giugno 2022, n. 105, attuativo della direttiva (UE) 2019/1158 sull’equilibrio tra vita professionale e familiare.

    La decisione della Corte rappresenta un passo significativo verso la piena equiparazione dei diritti delle famiglie omogenitoriali rispetto a quelle tradizionali.

     Oltre a sanare un vulnus normativo, la pronuncia valorizza il principio di funzionalità della genitorialità: ciò che rileva, sottolinea la Consulta, è il contributo attivo e consapevole alla cura del minore, e non il genere del genitore. 

    Da evidenziare che  tale concetto  potrebbe essere esteso  anche alle coppie maschili che abbiano ottenuto il riconoscimento del rapporto genitoriale tramite adozione in casi particolari (stepchild adoption).

    Congedo obbligatorio di paternità alla seconda mamma: come fare

    Per fruire del congedo obbligatorio la lavoratrice deve comunicare al datore di lavoro l’intenzione di fruire del congedo, rispettando i tempi e le modalità già previste per il congedo di paternità obbligatorio. Il datore di lavoro provvede ad anticipare l’indennità per conto dell’INPS, per poi conguagliarla nei flussi contributivi.

    La domanda telematica diretta all’INPS è  necessaria solo nei casi in cui non sia previsto l’anticipo da parte del datore di lavoro (es. lavoratrici domestiche o assimilate). In tal caso, la domanda va presentata attraverso i consueti canali: 

    • tramite portale INPS con SPID/CIE/CNS, oppure
    • Contact Center, o
    • tramite patronato.

    Le lavoratrici della Pubblica Amministrazione  devono rivolgersi esclusivamente al proprio ente datore di lavoro, poiché l’INPS non gestisce né l’istruttoria né l’erogazione dell’indennità per il personale pubblico.

    Il messaggio ricorda che oltre alla registrazione come genitore intenzionale o a un provvedimento giudiziale, il congedo deve essere fruito entro i termini previsti dall’art. 27-bis del D.Lgs. 151/2001 (solitamente entro 5 mesi dalla nascita, adozione o affidamento).

    In sintesi

    Destinataria Canale di richiesta Soggetto che eroga l’indennità Scadenze e termini
    Lavoratrice dipendente del settore privato
    (datore di lavoro con anticipo indennità)
    Comunicazione scritta al datore di lavoro secondo modalità aziendali Datore di lavoro (con conguaglio INPS) Entro i termini dell’art. 27-bis D.Lgs. 151/2001
    (di norma entro 5 mesi da nascita/adozione/affidamento)
    Lavoratrice dipendente senza anticipo indennità
    (es. lavoro domestico)
    Domanda telematica diretta all’INPS via portale con SPID/CIE/CNS, Contact Center o patronato INPS Entro i termini dell’art. 27-bis D.Lgs. 151/2001
    Lavoratrice dipendente di Pubblica Amministrazione Comunicazione diretta all’ufficio del personale dell’ente Ente datore di lavoro Entro i termini dell’art. 27-bis D.Lgs. 151/2001

  • CCNL e Accordi

    Firmato il nuovo contratto scuola: ecco la tabella degli aumenti

     È stato firmato nella mattinata di  ieri  5 novembre il rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) 2022-2024 per il comparto scuola. L’annuncio è arrivato ieri sera dal ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, che ha definito l’accordo “un risultato storico”, sottolineando come per la prima volta nella storia della scuola italiana venga garantita una reale continuità contrattuale.

    Con questa firma – ha dichiarato Valditara – si pongono le basi per chiudere in tempi rapidi anche il contratto 2025-2027. Se riusciremo nell’intento, sarà la prima volta che tre contratti nazionali vengono siglati durante la durata di un solo governo”.

    Il nuovo CCNL,  per il quale sono stati stanziati 240 milioni di euro aggiuntivi di  finanziamento  prevede aumenti retributivi significativi per tutto il personale scolastico, sia docente che non docente.

    Per il triennio 2022-2024, gli incrementi medi sono di 

    • 144 euro mensili lordi per i docenti e di 
    • 105 euro per il personale Ata (amministrativo, tecnico e ausiliario). 
    • per università euro 141;
    •  enti di ricerca euro 211; 
    • AFAM euro 173.

    Si tratta di un ulteriore passo avanti dopo l’accordo del triennio precedente (2019-2021), che aveva riconosciuto aumenti medi di 123 euro per gli insegnanti e 89 euro per gli Ata.

    Con la futura firma del contratto 2025-2027, gli incrementi complessivi raggiungeranno – secondo le stime fornite dal Ministero – 416 euro mensili lordi per i docenti e 303 euro per il personale Ata, includendo anche gli arretrati maturati, per  circa 2.500 euro per i docenti e oltre 1.830 euro per gli Ata.

    Welfare Misure fiscali e bonus collegati

    L’accordo contrattuale si accompagna a una serie di misure fiscali e di welfare previste nella legge di bilancio 2026, volte a sostenere ulteriormente il reddito dei lavoratori della scuola.

    Tra queste spiccano:

    1. una detassazione del salario accessorio, finanziata con 170 milioni di euro, che si tradurrà in un bonus una tantum di circa 140 euro;
    2. il taglio del cuneo fiscale, che comporterà un incremento annuo fino a 850 euro per la maggior parte dei docenti;
    3. l’aumento del bonus mensile per le lavoratrici madri, portato a 60 euro al mese.

    Queste misure fiscali, sommate agli aumenti contrattuali e alle indennità previste, delineano un quadro complessivo di significativa  rivalutazione economica del personale scolastico 

    Inoltre dal 1° gennaio 2026, , entrerà in vigore una polizza sanitaria nazionale dedicata al personale della scuola, con rimborsi fino a 3.000 euro l’anno per spese mediche e sanitarie.

    A questa copertura si aggiunge l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, che fino ad oggi gravava interamente sui lavoratori.

    Un intervento che, secondo Valditara, “restituisce dignità e sicurezza a chi ogni giorno lavora per la formazione delle nuove generazioni”.

    Tabella aumenti retributivi CCNL scuola (richieste ARAN)

    In attesa del testo ufficiale riportiamo i valori richiesti dalla piattaforma ARAN nell'ultimo incontro .

    Profilo Fascia di anzianità Aumento totale ARAN (€) Anticipo IVC (€) Aumento effettivo lordo (€)
    Docente infanzia/primaria 0-8 115,59 67,70 47,89
    9-14 126,75 74,86 51,89
    15-20 138,84 81,15 57,69
    21-27 148,41 87,29 61,12
    28-34 161,30 93,38 67,92
    da 35 168,47 97,98 70,49
    Docente diplomato sec. II grado 0-8 115,59 67,70 47,89
    9-14 126,75 74,86 51,89
    15-20 138,89 81,18 57,71
    21-27 153,23 90,38 62,85
    28-34 165,94 96,36 69,58
    da 35 173,25 101,05 72,20
    Docente sec. I grado 0-8 124,28 73,28 51,00
    9-14 137,28 81,62 55,66
    15-20 150,93 88,91 62,02
    21-27 162,13 96,09 66,04
    28-34 176,68 103,25 73,43
    da 35 184,97 108,57 76,40
    Docente laureato sec. II grado 0-8 124,28 73,28 51,00
    9-14 140,55 83,72 56,83
    15-20 155,15 91,61 63,54
    21-27 171,07 101,83 69,24
    28-34 184,97 108,57 76,40
    da 35 193,31 113,92 79,39
    Collaboratori scolastici 0-8 91,33 52,71 38,62
    9-14 98,40 57,25 41,15
    15-20 103,55 60,55 43,00
    21-27 108,73 63,88 44,85
    28-34 112,55 66,33 46,22
    da 35 115,34 68,12 47,22
    Assistenti 0-8 101,65 58,76 42,89
    9-14 110,62 64,51 46,11
    15-20 117,39 68,86 48,53
    21-27 124,09 73,16 50,93
    28-34 128,94 76,27 52,67
    da 35 132,67 78,66 54,01
    Funzionari 0-8 137,22 76,96 60,26
    9-14 151,03 85,83 65,20
    15-20 163,33 93,72 69,61
    21-27 176,50 102,17 74,33
    28-34 190,23 110,98 79,25
    da 35 203,62 119,58 84,04