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Maggiori acconti addizionale Ires: codici tributo per intermediari
Con Risoluzione n 43 del 20 giugno le Entrate istituitscono i codici tributo “2043” e “2044” per consentire agli intermediari finanziari di pagare i maggiori acconti dell’addizionale Ires.
Tutti i dettagli per adempiere.
Maggiori acconti addizionale Ires: codici tributo per intermediari
La Risoluzione in oggetto precisa che rimane la validità di quanto già versato con i codici 2007, 2008, 3881, 3882 istituiti con la Risoluzione n. 38 del 6 giugno 2025 per il pagamento dei maggiori acconti Ires e Irap per il periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2025 e per il successivo, in linea con quanto previsto dalla legge di Bilancio 2025 (articolo 1, commi 14-20 legge n. 207/2024).
I nuovi codici tributo sono:
- “2043” denominato “Maggior acconto I rata addizionale IRES per gli intermediari finanziari – articolo 1, comma 20, della legge 30 dicembre 2024, n. 207”
- “2044” denominato “Maggior acconto II rata addizionale IRES per gli intermediari finanziari o maggior acconto in unica soluzione – articolo 1, comma 20, della legge 30 dicembre 2024, n. 207”.
Praticamente all'atto dellaq compilazione del modello F24, i suddetti codici tributo sono esposti nella sezione “Erario”, in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, con l’indicazione nel campo “anno di riferimento” dell’anno d’imposta per cui si effettua il versamento, nel formato “AAAA”.
Per il codice tributo “2043”, in caso di versamento rateale, il campo “rateazione/Regione/Prov./mese rif.” è valorizzato nel formato “NNRR”, dove “NN” rappresenta il numero della rata in pagamento e “RR” il numero totale delle rate. Per i pagamenti in un’unica soluzione, tale campo è valorizzato con “0101”.
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Cessioni quote di Studio: novità nel DL fiscale
Il DL n 84/2025 noto come DL fiscale contiene novità anche per le cessioni di quote di studio, vediamole.
Cessioni quote di Studio tra i redditi diversi
L’articolo 1 del DL n 84/2025 in pratica riscrive il regime fiscale delle cessioni a titolo oneroso di partecipazioni in associazioni e società che esercitano un’attività artistica o professionale introdotto dall’articolo 5 del Dlgs 192 del 2024 Decreto Irpef-Ires.
Il primo decreto inerente la Riforma Fiscale aveva fatto rientrate le plusvalenze da cessione di partecipazioni negli studi, nell’ambito dei redditi di lavoro autonomo, a partire dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2024 con l’applicazione del regime della tassazione separata.
Il nuovo decreto fiscale, con effetto retroattivo al 2024, prevede che le cessioni di partecipazioni in società e associazioni artistiche e professionali generino plusvalenze tassabili come redditi diversi.
Viene in particolare stabilito che le plusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso di quote di:
- associazioni professionali professionali;
- società semplici tra professionisti;
- STP;
- altre società perl’esercizio di attività professionali regolamentate nel sistema ordinistico;
costituiscono redditi diversi.
Viene chiarito che la cessione di tali partecipazioni non si considera effettuata in relazione all’attività artistica o professionale.
Allo stesso tempo si modifica il Tuir ricomprendendo le partecipazioni detenute nelle associazioni professionali tra quelle la cui cessione a titolo oneroso dà origine a redditi diversi, pertanto tali plusvalenze sarebbero quindi soggette all’imposta sostitutiva del 26% – tramite un’ulteriore modifica prevista dal DL fiscale, dall’art. 17 comma 1 lett. g-ter) del TUIR.
Attenzione al fatto che le richiamate modifiche relative all’apparato delle aggregazioni professionali trovano applicazione per la determinazione dei redditi prodotti a partire dal periodo d’imposta in corso al 31.12.2024
Occorre evidenziare che la novità era stata suggerita dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili in un documento del 31 gennaio 2025, il consiglio ha espresso soddisfazione per questo traguardo.
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Credito ZES e Transizione 5.0: chiarimenti sul requisito dimensionale
Con la Risposta a interpello n 168 del 23 giugno le Entrate replicano a dubbi sulle agevolazioni fiscali:
- Credito di imposta ZES Unica e,
- Credito Transizione 5.0.
L'agenzia ricorda che entrambe sono pensate per incentivare lo sviluppo economico e l'efficienza energetica, ma seguono regole diverse, soprattutto in termini di benefici spettanti e tempistiche di comunicazione.
Viene innanzitutto evidenziato che:
- il Credito ZES Unica è destinato alle imprese che realizzano investimenti in beni strumentali nuovi all’interno della Zona Economica Speciale del Mezzogiorno, ovvero Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e parte dell’Abruzzo. L’incentivo varia in base alla dimensione aziendale e alla zona in cui si trova lo stabilimento.
- il Credito Transizione 5.0 riguarda invece investimenti in tecnologie che consentano risparmi energetici. Il beneficio dipende dall’efficientamento ottenuto, ma per le PMI è prevista anche una quota agevolata sulle spese di certificazione energetica, fino a 10.000 euro.
Ciò ricordato in modo sintetito le Entrate replica ai seguenti dubbi del contribuente:
- il primo dubbio riguarda il momento in cui determinare la dimensione d’impresa. La società ha presentato la comunicazione iniziale “ex ante” qualificandosi come media impresa, ma al momento dell’approvazione del bilancio (entro 180 giorni) potrebbe diventare grande impresa. Chiede quale sia il requisito valido ai fini della agevolazione;
- il secondo dubbio riguarda il divieto di doppio finanziamento, cioè l’impossibilità di ricevere due contributi pubblici per gli stessi costi. Dato che il credito ZES è finanziato con fondi diversi da quelli del PNRR, mentre Transizione 5.0 è finanziato da fondi PNRR, il contribuente chiede come gestire correttamente il cumulo dei due crediti.
Credito ZES e Transizione 5.0: chiarimenti sul requisito dimensionale
Le Entrate relativamente alla dimensione d’impresa, chiariscono che per il credito ZES Unica conta la classificazione al momento della comunicazione integrativa (“ex post”), da inviare tra il 18 novembre e il 2 dicembre 2025.
Quindi, se l’impresa nel frattempo è passata da media a grande, dovrà adeguare la percentuale del credito richiesto.
Per il credito Transizione 5.0, invece, l’Agenzia si è dichiarata non competente, dato che la gestione è affidata al Gestore dei Servizi Energetici (GSE) e al Ministero delle Imprese e del Made in Italy.
Tuttavia, essa ricorda che le regole del GSE potrebbero differire, e suggerisce quindi di verificare direttamente con gli enti competenti.
Sulla questione del cumulo dei benefici, l’Agenzia ha precisato che il tema del divieto di doppio finanziamento non è di stretta competenza fiscale. Ha comunque ricordato che tale principio è regolato dalla Circolare n. 33/2021 della Ragioneria Generale dello Stato, che fornisce indicazioni generali su come evitare sovrapposizioni di spesa finanziate da fondi diversi.
Le imprese che vogliono beneficiare di entrambi i crediti devono prestare particolare attenzione alla documentazione, ai tempi di invio delle comunicazioni e all’aggiornamento dei dati societari:
- verificare entro l’invio della comunicazione integrativa ZES se sono ancora PMI o diventate grandi imprese.
- coordinare le comunicazioni per il credito Transizione 5.0 con il GSE, tenendo conto delle soglie di risparmio energetico e delle eventuali spese agevolabili.
- evitare la sovrapposizione tra credito ZES e Transizione 5.0 per la stessa quota di spesa, rispettando i limiti imposti sul cumulo.
Concludendo l'Ade ribadisce un principio chiave: per accedere correttamente agli incentivi fiscali serve coerenza tra i dati dichiarati e quelli ufficiali, soprattutto in presenza di passaggi dimensionali.
Allo stesso tempo, è essenziale non dare per scontata la cumulabilità tra misure diverse, soprattutto se finanziate da fonti differenti (PNRR vs altri fondi).
Per evitare errori o decadenze, si raccomanda di monitorare costantemente l’evoluzione normativa e consultare i siti istituzionali (Agenzia Entrate, GSE, MIMIT) per eventuali aggiornamenti.
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Spese di trasferta: il punto delle novità dopo il DL fiscale
La Legge di bilancio per l’anno 2025 ha introdotto l’obbligo generalizzato di tracciabilità del pagamento delle spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea sostenute in occasione di trasferte o missioni.
Il sostenimento di queste spese, senza rispondere all’obbligo di tracciamento del pagamento, comporta la ripresa fiscale del costo o del rimborso, a seconda dei casi.
Ad esempio, quando un lavoratore dipendente sostiene delle spese per una trasferta, spese che vengono poi rimborsate dall’impresa:
- se il pagamento è effettuato con modalità tracciabili: l’importo rimborsato non costituisce reddito imponibile per il lavoratore, ma costituisce costo deducibile per l’impresa;
- se le spese sono sostenute in contanti: l’importo rimborsato costituisce reddito imponibile per il lavoratore e costo indeducibile per l’impresa.
La misura, per tutta evidenza, nel caso in cui non si riesca a effettuare i pagamenti con modalità tracciate, risulta particolarmente gravosa dal punto di vista fiscale, presentando un costo, inerente ed effettivamente sostenuto, che diviene reddito imponibile per il lavoratore e onere indeducibile per l’impresa.
La finalità della norma, per tutta evidenza, è antievasiva: l’obiettivo non è l’elusione dei soggetti che sostengono queste spese, ma la presunta evasione operata da quelle classi di operatori che forniscono servizi di trasporto, ristorazione e ospitalità.
Con il Decreto Legge numero 84, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 17 giugno 2025 il legislatore fa alcune modifiche alla normativa introdotta dalla Legge di bilancio 2025, con decorrenza da giorno 18 giugno 2025.
L’obiettivo delle modifiche normative è duplice: da un lato vuole rendere più coerente la normativa nel suo complesso, allineando il trattamento previsto per le imprese e lavoratori autonomi, dall’altro cerca di non gravare troppo sugli operatori disapplicando gli obblighi previsti nelle situazioni in cui viene meno la finalità antievasiva sottostante.
Esclusione per le spese di trasferta sostenute all’estero
Ai sensi dell’articolo 1 del DL 84/2025, le spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea sostenute in occasione di trasferte o missioni da lavoratori dipendenti, imprese e lavoratori autonomi sono soggette all’obbligo di pagamento con modalità tracciata solo quando sostenute nel territorio dello stato italiano.
Ne consegue che le spese di trasferta sostenute all’estero non soggiacciono a questo obbligo, e possono essere pagate in contanti senza che questo ne influenzi la fiscalità.
La motivazione che sta alla base della modifica normativa è duplice:
- da un lato, l’obiettivo di fare emergere la base imponibile dei fornitori di servizi di trasporto, ristorazione e ospitalità viene meno quando le trasferte avvengono all’estero;
- dall’altro lato, dovere sostenere queste spese con modalità tracciate anche all’estero spesso può risultare concretamente difficoltoso: non tutti i paesi all’estero hanno infatti lo stesso grado di diffusione dei mezzi di pagamento elettronici.
Obbligo di tracciabilità anche per professionisti e lavoratori autonomi
Il medesimo intervento legislativo operato dall’articolo 1 del DL 84/2025 interviene anche sulle spese di vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea sostenute, in occasione di trasferte o missioni, in modo specifico da lavoratori autonomi e professionisti.
La modifica normativa si è resa necessaria per armonizzare la norma che ha stabilito l’obbligo anche il lavoratore autonomo della tracciabilità delle spese di trasferta, con la disciplina (l’articolo 5 del Decreto Legislativo 192/2024) che ha reso irrilevanti fiscalmente tali spese per il professionista e committente.
Nella contrapposizione delle due norme, a vincere è stato l’obbligo di tracciabilità; così, modificando gli articoli 54 e 54-ter del TUIR, le somme ricevute dal professionista a titolo di rimborso per spese (analiticamente documentate) di vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante autoservizi pubblici non di linea, sostenute in Italia in occasione di trasferte o missioni e riaddebitate in fattura, concorrono alla formazione del reddito del professionista o del lavoratore autonomo solo nel caso in cui i relativi pagamenti non siano stati effettuati con strumenti tracciabili.
La precedente versione della norma stabiliva la generica irrilevanza fiscale in capo al professionista per le spese di trasferta, analiticamente documentate, e riaddebitate al committente; adesso, ai fini dell’irrilevanza fiscale, viene aggiunto l’obbligo di eseguire i pagamenti con modalità tracciate.
Similmente, intervenendo sull’articolo 54-septies del TUIR sono sottoposte al medesimo obbligo di esecuzione del pagamento con modalità tracciate, per godere della deducibilità fiscale, anche le spese di trasferta:
- sostenute direttamente da lavoratori autonomi e professionisti;
- sostenute direttamente da lavoratori autonomi e professionisti quale committente di incarichi conferiti ad altri lavoratori autonomi o professionisti;
- rimborsate analiticamente da lavoratori autonomi e professioni ai propri dipendenti o a collaboratori (per esecuzione di incarichi),
Va precisato, infine, che la normativa rileva non solo ai fini delle imposte dirette, ma anche ai fini della determinazione della base imponibile IRAP.
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Ecobonus, ristrutturazioni e sismabonus: maggiorazione per nuda proprietà
La Circolare n 8/2025 delle Entrate ha chiarito tra gli altri, il punto della maggiorazione delle detrazioni relative a ecobonus, bonus ristrutturazioni e sismabonus.
Vediamo il paragrafo della circolare che ne chiarisce le condizioni dopo le modifiche approvate dalla legge di bilancio 2025.
Ecobonus, ristrutturazioni e sismabonus: quando spetta la maggiore detrazione
Come evidenziato nel paragrafo 2 della circoalre gli articoli 14, comma 3-quinquies (Ecobonus), e 16, commi 1 (recupero del patrimonio edilizio), e 1-septies.1 (Sismabonus) del d.l. n. 63 del 2013, a seguito delle modifiche introdotte dalla legge di bilancio 2025, prevedono che la detrazione, per i rispettivi interventi, è elevata:
- al 50 per cento per le spese sostenute nell’anno 2025
- e al 36 per cento per quelle sostenute negli anni 2026 e 2027,
nel caso in cui le medesime spese siano sostenute dai titolari del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento per interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale.
Per espressa previsione normativa, la maggiorazione spetta, quindi, a condizione che:- il contribuente sia titolare di un diritto di proprietà (compresa la nuda proprietà e la proprietà superficiaria) o di un diritto reale di godimento sull’unità immobiliare (usufrutto, uso, abitazione);
- l’unità immobiliare sia adibita ad abitazione principale.
Al riguardo, si evidenzia che, per il riconoscimento della maggiorazione, fermi restando tutti gli altri requisiti stabiliti dalla normativa di riferimento, è necessario che, in relazione alle spese sostenute dal 1° gennaio 2025, per i predetti interventi, il contribuente risulti titolare del diritto di proprietà o di un diritto reale di godimento sull’unità immobiliare al momento di inizio dei lavori o di sostenimento della spesa, se antecedente
Vista la limitazione operata dalla norma, che si riferisce solo ai proprietari o ai possessori dell’immobile oggetto degli interventi in quanto titolari di altro diritto reale di godimento, il familiare convivente nonché il detentore dell’immobile (ad esempio, il locatario o il comodatario) possono applicare, nel rispetto di ogni altra condizione, la detrazione nella misura del 36 per cento delle spese sostenute nel 2025 e del 30 per cento delle spese sostenute nel 2026 e nel 2027.
Con riferimento al requisito della destinazione dell’unità immobiliare ad abitazione principale, in linea con quanto evidenziato con la circolare n. 13/E del 2023, in materia di Superbonus, si ritiene che possa essere applicata la definizione del comma 3-bis dell’articolo 10 del TUIR, secondo cui «per abitazione principale si intende quella nella quale la persona fisica, che la possiede a titolo di proprietà o altro diritto reale, o i suoi familiari dimorano abitualmente. Non si tiene conto della variazione della dimora abituale se dipendente da ricovero permanente in istituti di ricovero o sanitari, a condizione che l’unità immobiliare non risulti locata».
Ai fini dell’applicazione della detrazione con l’aliquota più elevata, rientra in tale nozione anche l’unità immobiliare adibita a dimora abituale di un familiare del contribuente (coniuge, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo grado, ai sensi dell’articolo 5, comma 5, del TUIR).
Resta inteso che, nell’ipotesi in cui sia teoricamente possibile effettuare la scelta in relazione a due immobili, uno adibito a propria dimora abituale e un altro adibito a dimora abituale di un proprio familiare, occorre far riferimento esclusivamente all’immobile adibito a dimora abituale del titolare dell’immobile, a nulla rilevando che il secondo immobile sia adibito a dimora abituale di un familiare.
La maggiorazione spetta, altresì, nel caso in cui gli interventi siano realizzati su pertinenze o su aree pertinenziali, già dotate del vincolo di
pertinenzialità con l’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, anche se realizzati soltanto sulle pertinenze in questione.
Si ritiene, inoltre, che, qualora l’unità immobiliare non sia adibita ad abitazione principale all’inizio dei lavori, la maggiorazione spetti per le spese sostenute per i predetti interventi a condizione che il medesimo immobile sia adibito ad abitazione principale al termine dei lavori
Con riferimento al c.d. “Sismabonus acquisti”, l'agenzia ricorda che la misura della detrazione di cui al comma 1-septies dell’articolo 16 del d.l. n. 63 del 2013 è parametrata al prezzo della singola unità immobiliare acquistata, risultante nell’atto pubblico di compravendita e, comunque, entro un ammontare massimo di spesa pari a 96.000 euro per ciascuna unità immobiliare.
Ciò posto, ai fini della fruizione dell’aliquota maggiorata prevista dal nuovo comma 1-septies.1 del medesimo articolo 16, si ritiene che l’unità immobiliare oggetto di compravendita deve essere adibita ad abitazione principale del contribuente entro il termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui fruisce per la prima volta della detrazione.
Identiche considerazioni valgono anche per gli interventi di ristrutturazione o restauro e risanamento conservativo di interi fabbricati, previsti dal comma 3 dell’articolo 16-bis del TUIR 20 .
Si precisa inoltre che ai fini della fruizione dell’aliquota maggiorata per la detrazione per l’acquisto o la costruzione di box o posti auto pertinenziali, ai sensi dell’articolo 16-bis, comma 1, lettera d), del TUIR 21 , l’acquirente deve adibire ad abitazione principale l’immobile di cui il box o il posto auto costituisce pertinenza entro il suddetto termine di presentazione della dichiarazione dei redditi relativa all’anno in cui fruisce per la prima volta della detrazione.
Nel caso in cui gli interventi agevolati riguardino parti comuni degli edifici, si ritiene che la maggiorazione debba essere applicata alla quota di spese imputata al singolo condomino, ammessa alla detrazione nel rispetto degli altri requisiti previsti dalla norma, se il medesimo è proprietario o titolare di diritto reale di godimento dell’unità immobiliare destinata ad abitazione principale.
Tali circostanze devono essere verificate, come detto per le singole unità immobiliari, all’inizio dei lavori per quanto attiene la titolarità dell’immobile, e al termine dei lavori per la destinazione dell’immobile ad abitazione principale.
Resta fermo che, per le spese imputate agli altri condòmini, non titolari di diritto di proprietà o diritto reale di godimento, ovvero, anche se titolari dei predetti diritti, che non abbiano adibito l’immobile ad abitazione principale, è possibile fruire delle detrazioni spettanti con le aliquote non maggiorate previste dalle disposizioni in commento, come sopra descritte.
I medesimi chiarimenti sono validi anche per le spese per gli interventi su parti comuni effettuate in condomini minimi e in interi edifici di un unico proprietario.
Qualora siano rispettati i requisiti per accedere alla maggiorazione dell’aliquota di detrazione per gli interventi sull’unità immobiliare adibita ad abitazione principale, così come declinati nel presente paragrafo, si precisa, infine, che, se nel corso dei successivi periodi d’imposta di fruizione della detrazione l’immobile non è più destinato ad abitazione principale, il contribuente può continuare a beneficiare dell’aliquota maggiorata.
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Bonus caldaia 2025: come funzionerà
La Circolare n 8 del 19 giugno ha chiarito tutte le novità 2025 per i bonus edilizi.
Vediamo come cambia il bonus caldaia 2025 dopo le novità con anche i riferimenti alle norme UE sull'inquinamento.
Bonus caldaia 2025: come funzionerà
Con la Circolare n 8/2025 viene chiarito come funzionerà d'ora in avanti il bonus caldaia.
Il comma 55, lettere a) e b), della Legge di Bilancio 2025 ha escluso dall’Ecobonus, di cui all’articolo 14 del d.l. n. 63 del 2013, e dal bonus recupero del patrimonio edilizio, di cui all’articolo 16 del medesimo decreto-legge, gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, per le spese sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027.
Tale disposizione è in linea con la Direttiva (UE) 2024/1275 del Parlamento europeo e del Consiglio del 24 aprile 2024 sulla prestazione energetica nell’edilizia, che all’articolo 17, paragrafo 15, stabilisce che dal «1° gennaio 2025 gli Stati membri non offrono più incentivi finanziari per l’installazione di caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, ad eccezione di quelle selezionate per gli investimenti, prima del 2025, conformemente al regolamento (UE) 2021/241, all’articolo 7, paragrafo 1, lettera h), punto i), terzo trattino, del regolamento (UE) 2021/1058 e all’articolo 73 del regolamento (UE) 2021/2115 del Parlamento europeo e del Consiglio».Nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea del 18 ottobre 2024 è stata pubblicata la Comunicazione 2024/6206 della Commissione sull’eliminazione graduale degli incentivi finanziari alle caldaie uniche alimentate a combustibili fossili a norma della direttiva sulla prestazione energetica nell’edilizia.
Il documento “fornisce orientamenti in merito all’articolo 17, paragrafo 15, della direttiva riveduta, che mirano a contribuire a una migliore comprensione delle disposizioni e a facilitare un’applicazione più uniforme e coerente”
In particolare, nel paragrafo 4.2 “Interpretazione” della predetta Comunicazione è precisato che l’articolo 17, paragrafo 15, della direttiva “siapplica all’installazione di caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, ovverosia all’acquisto, all’assemblaggio e alla messa in funzione di una caldaia che:
- 1) brucia combustibili fossili, ossia fonti energetiche non rinnovabili a base di carbonio, quali combustibili solidi, gas naturale e petrolio,
- e 2) è una caldaia unica, ossia non combinata con un altro generatore di calore che utilizza energia da fonti rinnovabili e che produce una quota considerevole dell’energia totale in uscita dal sistema combinato”.
La Comunicazione di seguito specifica che una “caldaia a gas può essere considerata «alimentata a combustibili fossili» in funzione del mix di combustibili nella rete del gas al momento dell’installazione. Di norma, quando la rete locale del gas trasporta prevalentemente gas naturale, l’installazione di caldaie a gas non dovrebbe ricevere incentivi finanziari; può invece beneficiare di incentivi a norma dell’articolo 17, paragrafo 15, se la rete locale del gas trasporta prevalentemente combustibili rinnovabili”.
È evidenziato, inoltre, che, “sebbene l’articolo 17, paragrafo 15, non vieti gli incentivi finanziari per l’installazione di caldaie uniche alimentate a combustibili rinnovabili, questi potrebbero essere preclusi dall’articolo 7, paragrafo 2, del regolamento sull’etichettatura energetica. Tale disposizione impone che gli eventuali incentivi previsti dagli Stati membri puntino alle due classi di efficienza energetica più elevate tra quelle in cui si situa una percentuale significativa dei prodotti o alle classi più elevate indicate negli atti delegati dell’UE sull’etichettatura energetica dei prodotti in questione. Nel caso degli apparecchi per il riscaldamento d’ambiente aventi capacità fino a 70 kW soggetti all’etichettatura energetica, ciò significa che gli Stati membri possono incentivare solo quelli che rientrano nelle due classi di efficienza energetica più elevate tra quelle in cui si situa una percentuale significativa dei prodotti. Stando ai dati attualmente disponibili, le caldaie uniche non rientrano in queste due classi e non possono dunque essere incentivate, indipendentemente dal fatto che siano limentate a combustibili fossili o rinnovabili. (…). La disposizione di cui sopra non si applica alle caldaie specificamente concepite per funzionare con combustibili gassosi o liquidi prodotti prevalentemente a partire da biomassa, in quanto non soggette alle norme dell’UE in materia di etichettatura energetica. Per le caldaie a biomassa a combustibile solido esiste un regolamento specifico in materia di etichettatura energetica, con una scala adattata: dato che rientrano nelle due classi più elevate tra quelle in cui si situa una percentuale significativa dei prodotti, possono beneficiare di incentivi”.
Il paragrafo 4.3 della Comunicazione elenca alcuni “esempi di incentivi finanziari che non rientrano nell’ambito di applicazione dell’articolo 17, paragrafo 15”. Alla voce “Incentivi non correlati alle caldaie” è precisato che gli “apparecchi che non rispondono alla definizione di caldaie, quali stufe o apparecchi di microcogenerazione, non sono interessati dall’eliminazione graduale degli incentivi finanziari a favore delle caldaie uniche alimentate a combustibili fossili”.
Ciò considerato,l'agenzia ha chiarito che:- con riferimento all’Ecobonus, di cui all’articolo 14 del d.l. n. 63 del 2013, si ritiene che gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili esclusi dagli incentivi fiscali riguardino le caldaie a condensazione e i generatori d’aria calda a condensazione, alimentati a combustibili fossili. L’esclusione dalla detrazione di cui al citato articolo 14 non si applica, invece, ai microcogeneratori, quand’anche siano alimentati da combustibili fossili, e ai generatori a biomassa. Va, inoltre, osservato che la Comunicazione non contiene alcuno specifico riferimento alle pompe di calore ad assorbimento a gas. Nondimeno, dalla definizione di caldaia, resa al paragrafo 4.1. “Definizioni” della Comunicazione, secondo cui la stessa è “il complesso bruciatore-focolare concepito in modo da permettere di trasferire a dei fluidi il calore prodotto dalla combustione”, si evince che l’esclusione dai benefici fiscali per gli interventi ammessi all’Ecobonus non può riguardare la pompa di calore ad assorbimento a gas, il cui bruciatore assolve a una diversa funzione, considerato, altresì, l’elevato grado di rinnovabilità dell’energia fornita per la copertura degli usi finali. Si ritiene, infine, che i sistemi ibridi costituiti da una pompa di calore integrata con una caldaia a condensazione, assemblati in fabbrica ed espressamente concepiti dal fabbricante per funzionare in abbinamento tra loro, così comedisciplinati dal d.m. 6 agosto 2020, possano continuare a beneficiare della predetta agevolazione di cui all’articolo 14 del d.l. n. 63 del 2013, in assenza di limitazioni espressamente previste dalla norma;
- con riferimento, inoltre, alle agevolazioni previste per gli interventi di recupero del patrimonio edilizio di cui all’articolo 16-bis del TUIR, attualmente disciplinati dall’articolo 16, comma 1, del d.l. n. 63 del 2013, acquisito al riguardo il parere dell’ENEA e del MASE, si ritiene che gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, esclusi dagli incentivi fiscali, riguardino le caldaie a condensazione e i generatori d’aria calda a condensazione, alimentati a combustibili fossili. Sono, inoltre, agevolabili gli interventi riguardanti i microcogeneratori, quand’anche siano alimentati da combustibili fossili, i generatori a biomassa, le pompe di calore ad assorbimento a gas e i sistemi ibridi costituiti da una pompa di calore integrata con una caldaia a condensazione.
Sotto il profilo fiscale, si evidenzia che le spese non più ammesse a detrazione ai sensi dell’Ecobonus e del bonus recupero del patrimonio edilizio sono quelle sostenute negli anni 2025, 2026 e 2027 per gli interventi di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili come sopra declinati.
Resta fermo che sono ammesse alle agevolazioni le spese sostenute fino al 31 dicembre 2024, in relazione ai predetti interventi, anche se gli stessi sono realizzati o completati dal 1° gennaio 2025.
Con riferimento al Superbonus, ferma restando l’esclusione dalle agevolazioni delle predette spese sostenute nel 2025, si precisa che, qualora, prima del 1° gennaio 2025, risulti presentata, per gli interventi ammessi al Superbonus, la comunicazione di inizio lavori asseverata (CILA), o l’istanza per l’acquisizione del titolo abilitativo in caso di interventi comportanti la demolizione e la ricostruzione degli edifici, l’intervento di sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale con caldaie uniche alimentate a combustibili fossili, anche se realizzato nel 2025, continua a rilevare ai fini del miglioramento di almeno due classi energetiche dell’edificio o delle unità immobiliari oggetto di intervento oppure, ove non sia possibile, del conseguimento della classe energetica più alta, anche nei casi in cui sia l’unico intervento “trainante”.
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CPB: tutte le novità del Correttivo
Il Decreto Correttivo pubblicato in GU n 134 del 12 giugno ha apportato varie modifiche alla agevolazione ormai nota come concordato preventivo biennale.
L'agenzia delle entrate in data 18 giugno per recepire le novità ha aggiornato software e istruzioni relative. leggi anche CPB: proposta e software il tuo ISA 2025 dopo il DLgs n 81
In particolare, le modifiche al CPB introdotte con il DLgs. 81/2025 e relative ai limiti alle proposte sono state recepite nelle istruzioni alla compilazione del modello CPB 2025-2026 e nel relativo software “Il tuo ISA 2025 CPB”.
Ora risulta completo il quadro applicativo per chi vorrà aderire.
Secondo quanto specifica la stessa agenzia nella pagina dedicata, il software in commento calcola la proposta di CPB considerando le novità introdotte dal DLgs. 81/2025.
Inoltre l'agenzia precisa che l’accettazione di eventuali proposte di adesione elaborate con la precedente versione del software “Il tuo ISA 2025 CPB” resta valida e, in ogni caso, è possibile presentare una nuova accettazione alla proposta di CPB elaborata con la nuova versione del software entro il 30 settembre.
Riepiloghiamo alcune delle novità introdotte col correttivo.
Correttivo CPB: incremento della sostitutiva
L'art 8 del nuovo testo prevede di incrementare l’imposta sostitutiva dovuta dai soggetti aderenti al concordato che presentano una differenza tra il reddito concordato e il reddito effettivo del periodo d’imposta precedente superiore a ottantacinquemila euro.
In particolare, è stabilito che sulla parte che supera il citato importo di ottantacinquemila euro sia applicata per i soggetti IRPEF l’aliquota prevista dall’articolo 11, comma 1, lettera c), del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e per i soggetti IRES l’aliquota individuata dall’articolo 77 del menzionato testo unico.
Per le società o associazioni di cui agli articoli 5 e 116 del testo unico delle imposte sui redditi, il superamento del limite di ottantacinquemila euro è verificato, ai fini dell’applicazione dell’imposta sostitutiva con le aliquote di cui al nuovo comma 1-bis, in capo alla società o associazione, indipendentemente dalla quota di eccedenza imputata ai soci o associati.
La disposizione si applica a partire dalle adesioni al concordato preventivo biennale per il biennio 2025-2026 purché non esercitate prima dell’entrata in vigore del presente decreto.
La relazione al decreto evidenzia che non si è ritenuto di accogliere l’osservazione 2 della 6^ Commissione (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, volta a innalzare il limite di eccedenza di cui all’art. 7, da 85.000 a 100.000 euro per l’applicazione dell’imposta sostitutiva, in quanto, l’Agenzia delle entrate non ha alcun margine di discrezionalità nella formulazione della proposta, la quale viene elaborata sulla base della documentazione tecnica approvata con il decreto ministeriale dello scorso 28 aprile; inoltre l’innalzamento della soglia a 100.000 euro renderebbe la norma, di fatto, inapplicata, dal momento che il reddito medio dei soggetti che applicano gli ISA ammonta a circa 45.000 euro.
Correttivo CPB: nuova causa di esclusione
Con l'art 9 si introduce una nuova causa di esclusione dall’accesso all’istituto del concordato preventivo biennale per i contribuenti che – con riferimento al periodo d’imposta precedente a quelli cui si riferisce la proposta – dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 54, comma 1, e contemporaneamente, partecipano ad associazioni di cui all’art. 5, comma 3, lettera c) del citato d.P.R. n. 917/1986, ovvero a società tra professionisti di cui all’art. 10 della legge 12 novembre 2011, n. 183, ovvero ancora a società tra avvocati di cui all’articolo 4-bis della legge 31 dicembre 2012, n. 247.
Per tali casi, viene previsto che l’accesso al concordato, per il lavoratore autonomo, è consentito solo se anche l’associazione professionale ovvero la società tra professionisti o tra avvocati cui quest’ultimo partecipa abbia optato per l’adesione alla proposta di concordato per i medesimi periodi d’imposta.
Analoga causa di esclusione opera anche per le associazioni e le società, nelle ipotesi in cui non tutti i soci o associati – che dichiarino individualmente redditi di lavoro autonomo derivanti dall’esercizio di arti e professioni – aderiscano, per i medesimi periodi d’imposta, alla proposta di concordato preventivo.
Contestualmente, vengono introdotte due nuove cause di cessazione del concordato che si rendono applicabili quando non siano soddisfatte le medesime condizioni previste dalle nuove cause di esclusone.
In particolare, viene previsto che le associazioni e le società indicate nella norma cessano dal regime del concordato quando anche solo uno dei soci o degli associati, che dichiarano individualmente redditi di lavoro autonomo di cui all’articolo 54, comma 1, del d.P.R. n. 917 del 1986, non possono più determinare – qualunque sia la causa di cessazione dal regime – il loro reddito mediante l’adesione alla proposta di concordato
Analoga ipotesi di cessazione in capo al singolo associato o socio ogniqualvolta la società o l’associazione non può più determinare, con riferimento ai medesimi periodi d’imposta, il reddito sulla base dell’adesione alla proposta di concordato.
Attenzione al fatto, che le disposizioni si applicano a decorrere dalle opzioni esercitate per l’adesione al concordato relative al biennio 2025-2026 purché non esercitate prima dell’entrata in vigore del presente decreto.
Correttivo CPB: le soglie massime per le proposte in base al punteggio ISA
La relazione illustrativa che accompagna il decreto prevede che in accoglimento della prima osservazione della 6^ commissione (Finanze e tesoro) del Senato della Repubblica, le disposizioni in esame intervengono in materia di elaborazione della proposta di concordato preventivo biennale mediante l’inserimento dei commi da 3-bis a 3-quater nell’articolo 9 del decreto legislativo 12 febbraio 2024, n. 13.
In particolare, viene previsto che la proposta di reddito concordato elaborata dall’Agenzia delle entrate può eccedere solo entro determinati limiti il corrispondente reddito dichiarato dal contribuente nel periodo d’imposta antecedente a quello cui si riferisce la medesima proposta, rettificato in base a quanto previsto dagli articoli 15 e 16 del decreto legislativo n. 13 del 2024.
In particolare, sono previsti tre distinti limiti di eccedenza massima, pari al 10, al 15 e al 25 per cento, che trovano applicazione in corrispondenza dei livelli di affidabilità fiscale più alti relativi al periodo d’imposta precedente a quello cui si riferisce la proposta. In particolare, il limite pari al:
- 10 per cento si applica in caso di livello di affidabilità pari a 10;
- 15 per cento si applica in caso di livello di affidabilità compreso tra 9 e 10;
- 25 per cento si applica in caso di livello di affidabilità superiore a 8 ma inferiore a 9.
Inoltre, viene stabilito che le limitazioni di cui al comma 3-bis non trovano applicazione laddove la proposta, formulata applicando tale comma, risulti inferiore ai valori di riferimento settoriali derivanti dall’applicazione della metodologia di elaborazione prevista dall’articolo 9, comma 1, del decreto legislativo n. 13 del 2024.
Infine, le medesime regole vengono estese alla determinazione della proposta di valore della produzione netta rilevante ai fini della imposta regionale sulle attività produttive ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo n. 13 del 2024.
CPB: il calendario per aderire
Il Decreto Correttivo ha confermato che l'adesione alla proposta di concordato può essere manifestata:
- entro il 30.9;
- o entro l'ultimo giorno del nono mese successivo a quello di chiusura del periodo d'imposta per i soggetti con periodo d'imposta non coincidente con l'anno solare.
A tal fine, l'adesione 2025-2026 può avvenire:
- congiuntamente al Modello ISA nell'ambito del Modello Redditi 2025 (
- in forma autonoma, con invio del Frontespizio del Modello Redditi 2025 indicando il codice "1" nella nuova casella "Comunicazione CPB"