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730/2023: tassazione compensi percepiti per attività sportive dilettantistiche
Come sono tassati i compensi percepiti per attività sportive dilettantistiche nella dichiarazione dei redditi 730/2023? I dettagli per il modello 730/2023
730/2023: tassazione dei compensi per attività sportive dilettantistiche
Anche quest'anno sono previste particolari modalità di tassazione per le attività sportive dilettantistiche.
Nel dettaglio la particolarità riguarda:
- le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalla società Sport e salute Spa, dalle federazioni sportive nazionali, dal Ministero dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, dagli enti di promozione sportiva, dagli enti VSS e USSA (Unione delle società sportive altoatesine) operanti prevalentemente nella provincia autonoma di Bolzano e da qualunque organismo, comunque denominato, che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto;
- i compensi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche e di cori, bande e filodrammatiche da parte del direttore e dei collaboratori tecnici.
In particolare (art. 37 della Legge n. 342 del 21 novembre 2000 e successive modificazioni) è previsto che:
- i primi 10.000 euro, complessivamente percepiti nel periodo d’imposta non concorrono alla formazione del reddito;
- sugli ulteriori 20.658,28 euro, è operata una ritenuta a titolo di imposta (con aliquota del 23%);
- sulle somme eccedenti, è operata una ritenuta a titolo d’acconto (con aliquota del 23%).
La parte dell’imponibile assoggettata a ritenuta a titolo d’imposta concorre alla formazione del reddito complessivo ai soli fini della determinazione delle aliquote per scaglioni di reddito.
Si precisa che sono esclusi dall’imposizione i rimborsi di spese documentate relative al vitto, all’alloggio, al viaggio ed al trasporto, sostenute in occasione di prestazioni effettuate fuori dal territorio comunale.
Di seguito una tabella di riepilogo.
Compensi percepiti per attività sportive dilettantistiche fino a 10.000 euro non concorrono alla formazione del reddito da 10.001 a 30.658,28 euro ritenuta 23% a titolo d'imposta somme eccedenti
ritenuta 23% a titolo d'acconto 730/2023: compensi attività sportive dilettantistiche dove indicarli
Come specificato dalle istruzioni al modello 730, i compensi percepiti per attività sportive dilettantistiche vanno indicati nel "Quadro D altri redditi" e in particolare nella prima sezione, al rigo D4 tra i redditi diversi.
Nel rigo D4 nella colonna 3 "tipo di reddito" va indicato il codice "7":
- per le indennità di trasferta, i rimborsi forfetari di spesa, i premi e i compensi erogati ai direttori artistici e ai collaboratori tecnici per prestazioni di natura non professionale da parte di cori, bande musicali e filodrammatiche che perseguono finalità dilettantistiche, e di quelli erogati nell’esercizio diretto di attività sportive dilettantistiche dal CONI, dalla Società Sport e Salute Spa, dalle federazioni sportive nazionali, dal Ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste dagli enti di promozione sportiva, dagli enti VSS e USSA operanti prevalentemente nella provincia autonoma di Bolzano e da qualunque organismo comunque denominato che persegua finalità sportive dilettantistiche e che da essi sia riconosciuto. Queste somme sono contraddistinte dalla lettera “N” nel punto 1 “Causale” della Certificazione Unica 2023 – Lavoro autonomo;
- per i compensi derivanti da rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di carattere amministrativo-gestionale di natura non professionale resi in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche.
Questi ultimi compensi vanno indicati solo se eccedono complessivamente 10.000 euro.
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Procedimento disciplinare Commercialisti: la prescrizione in caso di processo penale
Con il Pronto Ordini n 54 del 3 agosto il CNDCEC replica ad una richiesta di chiarimenti sulla prescrizione del procedimento disciplinare per un iscritto nel caso di processo penale in corso.
Nel dettaglio il quesito chiedeva un’interpretazione dell’art. 20 del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale, norma che regola la prescrizione e la sua decorrenza anche nei rapporti tra il procedimento disciplinare ed il procedimento penale.
Il CNDCEC evidenzia che, poiché non risulta una giurisprudenza consolidata ed univoca sul punto, è bene evitare di esercitare l’azione disciplinare laddove il termine prescrizionale dell’illecito disciplinare sia già interamente decorso al momento dell’esercizio dell’azione penale, fermo restando però che il Consiglio di Disciplina, nell’ambito della propria autonomia decisionale, in presenza di reati particolarmente gravi commessi dall’iscritto, per il quale il medesimo sia stato condannato in via definitiva, potrebbe valutare di esercitare l’azione disciplinare considerando applicabile l’orientamento della Corte di Cassazione in base al quale il termine prescrizionale decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.
I dettagli del quesito.
Nel caso in cui l’azione penale sia iniziata successivamente ai cinque anni dalla commissione del fatto e si pervenga ad una sentenza di condanna, si chiedeva se la prescrizione dei fatti dal punto di vista disciplinare si sia comunque compiuta per la mancata apertura dei due procedimenti entro il termine di prescrizione, oppure se si applichi in ogni caso quanto previsto nella seconda parte del comma 3 del suddetto articolo 20 del Regolamento, ovverosia che la prescrizione decorra sempre e comunque dal momento del passaggio in giudicato della sentenza penale.
Il CNDCEC ricorda che l’art. 56 del D.Lgs. n. 139/05 e l’art. 20, comma 1, del Regolamento per l’esercizio della funzione disciplinare territoriale, approvato dal Consiglio Nazionale nella seduta del 18-19 marzo 2015, dispongono che
“L’azione disciplinare si prescrive in cinque anni dal compimento dell’evento che può dar luogo all’apertura del procedimento disciplinare”.
Lìart. 20 al 3° comma, stabilisce inoltre che “ Se il procedimento disciplinare ha luogo per fatti costituenti anche reato per i quali sia iniziata l’azione penale, il termine di prescrizione dell’azione disciplinare comincia a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza penale”.
Inoltre, si evidenzia che la Corte di Cassazione si è pronunciata più volte al riguardo, ma con due orientamenti differenti:
- uno che propende per la compiuta prescrizione nel caso in cui, nell’arco dei cinque anni, non sia iniziata né l’azione penale né l’azione disciplinare, come riportato nella risposta al PO n. 41/2017, e come recentemente ribadito nell’ambito della sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Unite, n. 28386/2020, pubblicata in data 14.12.2020;
- un altro sostenuto dalla sentenza della Corte di Cassazione, Sez. Unite, n. 1609/2020 del 24.01.2020, già citata nella risposta al PO n. 141/2022, in base al quale, nel caso in cui il fatto costituisca reato, la prescrizione comincia comunque a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.
Tnato premesso il CNDCEC ribadisce e conferma quanto rappresentato nella risposta al PO n. 141/2022, che enuclea il principio applicabile in linea generale secondo cui, quando il procedimento disciplinare abbia luogo per fatti costituenti anche reato per i quali sia stata iniziata l’azione penale, l’azione disciplinare è collegata al fatto storico di una pronuncia penale che non sia di proscioglimento perché il fatto non sussiste o perché l’imputato non lo ha commesso, ha come oggetto lo stesso fatto oggetto dell’imputazione penale e la prescrizione decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale.
Concludendo il Consiglio suggerisce che, è bene evitare di esercitare l’azione disciplinare laddove il termine prescrizionale dell’illecito disciplinare sia già interamente decorso al momento dell’esercizio dell’azione penale, fermo restando però che il Consiglio di Disciplina, nell’ambito della propria autonomia decisionale, in presenza di reati particolarmente gravi commessi dall’iscritto, per il quale il medesimo sia stato condannato in via definitiva, potrebbe valutare di esercitare l’azione disciplinare considerando applicabile l’orientamento della Corte di Cassazione in base al quale il termine prescrizionale decorre dal passaggio in giudicato della sentenza penale di condanna.
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Rottamazione quater 2023: nuove FAQ al 2 agosto
Il 30 settembre è una data da ricordare per la Rottamazione quater, tanto per chi ha già presentato la richiesta di adesione, quanto per chi, gli alluvionati, può ancora fare domanda.
Nel dettaglio, entro il 30 settembre la Riscossione provvede ad inviare a chi ha già presentato la domanda di adesione il prospetto informativo con tutti i dettagli per i pagamenti. Leggi anche Rottamazione quater: quali sono le prossime scadenze?
Mentre per i soggetti residenti o con domicilio nelle zone alluvionate la stessa data del 30 settembre è il termine ultimo per le domande di adesione.
La Riscossione ha continuato ad aggiornare le FAQ e in particolare, l'ultimo aggiornamento, con risposte specifiche per chi ha ancora tempo per aderire, è datato 2 agosto.
Di seguito alcune delle principali faq.
Rottamazione quater: cosa accade dopo l'adesione
Agenzia delle entrate-Riscossione invierà entro il 30 settembre 2023 (ovvero entro il 31 dicembre per i soggetti rientranti nei territori di cui all’allegato 1 del DL n. 61/2023), la Comunicazione delle somme dovute, che contiene le seguenti informazioni:
- l’accoglimento o l’eventuale diniego della domanda di adesione;
- l’ammontare complessivo delle somme dovute a titolo di Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”);
- la scadenza dei pagamenti in base alla scelta che è stata indicata in fase di presentazione della domanda di adesione:
- o in un’unica soluzione, entro il 31 ottobre 2023;
- o oppure, in un numero massimo di 18 rate (5 anni) consecutive, di cui le prime due, con scadenza il 31 ottobre e il 30 novembre 2023. Le restanti rate, ripartite nei successivi 4 anni, andranno saldate il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre di ciascun anno a decorrere dal 2024. La prima e la seconda rata saranno pari al 10% delle somme complessivamente dovute a titolo di Definizione agevolata, le restanti rate invece saranno di pari importo. Il pagamento rateizzato prevede l’applicazione degli interessi al tasso del 2 per cento annuo, a decorrere dal 1° novembre 2023.
- i moduli di pagamento precompilati;
- le informazioni per richiedere l’eventuale domiciliazione dei pagamenti sul proprio conto corrente.
In caso di risposta negativa alla domanda di adesione (diniego), nella “Comunicazione” sono evidenziate le motivazioni per le quali non è stata accolta la richiesta di Definizione agevolata.
Rottamazione quater: chi risiede nei territori alluvionati come verifica i debiti?
Tali soggetti possono richiedere il Prospetto informativo sul sito internet direttamente dall’area riservata con le credenziali SPID, CIE e Carta Nazionale dei Servizi oppure tramite il form in area pubblica, allegando la documentazione di riconoscimento.
Il Prospetto contiene l’elenco delle cartelle di pagamento, avvisi di accertamento e di addebito riferiti al codice fiscale intestatario della richiesta, e indica i carichi “definibili” per i quali può è possibile presentare la domanda di adesione alla “Rottamazione-quater”.
Per ciascuna cartella/avviso, è riportato l’importo residuo dei carichi “definibili” alla data di elaborazione del prospetto, nonché l’ammontare delle somme dovute aderendo all’agevolazione.
Nel Prospetto non trovano evidenza eventuali diritti di notifica e spese per procedure esecutive già attivate, nonché gli interessi previsti in caso di pagamento rateale; tali importi saranno comunque inclusi nell’ammontare complessivo delle somme dovute ai fini della Definizione che l’Agente della riscossione comunicherà, entro il 31 dicembre 2023 (nuovo termine introdotto dal DL n. 61/2023 “Decreto Alluvione”), ai contribuenti che hanno presentato la domanda di adesione.
Tale Comunicazione terrà altresì conto dell’annullamento determinato dallo “Stralcio” dei debiti fino a mille euro che è stato effettuato al 30 aprile 2023 e che potrebbe interessare anche i carichi inseriti nella domanda di Definizione agevolata.
Rottamazione quater: cosa riguarda
La Legge n. 197/2022 ha stabilito la possibilità di pagare in forma agevolata i debiti affidati in riscossione dal 1° gennaio 2000 al 30 giugno 2022, anche se ricompresi in precedenti “Rottamazioni” che risultano decadute per mancati pagamenti.
Si consente di versare il solo importo del debito residuo senza corrispondere le sanzioni, gli interessi di mora e l’aggio, mentre le multe stradali potranno essere estinte senza il pagamento degli interessi, comunque denominati, e dell’aggio.
Sarà possibile pagare in un’unica soluzione o in un massimo di 18 rate in 5 anni.
A coloro che presenteranno la richiesta di Definizione agevolata, Agenzia delle entrate Riscossione invierà entro il 30 giugno 2023 la comunicazione con l’esito della domanda, l’ammontare delle somme dovute ai fini della definizione e i bollettini di pagamento in base al piano di rate scelto in fase di adesione.
Per tutti i dettagli leggi Rottamazione quater 2023: dal 3 luglio riapre il portale per gli alluvionati
L'Agenzia delle entrate-Riscossione ha pubblicato le risposte alle domande più frequenti aggiornate al 19 aprile con le risposte ai dubbi frequenti, di seguito le principali.
Rottamazione quater: può aderire chi ha aderito alla Rottamazione ter?
Con un comunicato del 10 febbraio rispondeva ad un "dubbio frequente" dei contribuenti.
In particolare, la Riscossione specificava che "a seguito delle richieste di chiarimento pervenute, si ricorda che la Legge di Bilancio per il 2023 (Legge n. 197/2022) consente anche a coloro che hanno aderito alla Rottamazione-ter, a prescindere se in regola con i pagamenti, di presentare domanda per accedere alla nuova Definizione agevolata (Rottamazione-quater) che prevede, oltre alla cancellazione delle sanzioni e degli interessi di mora, anche la cancellazione degli interessi iscritti a ruolo e dell’aggio"
Veniva sottolineato che possono quindi presentare istanza anche tutti coloro che, per qualsiasi motivo, non sono riusciti a pagare entro i termini le rate della Rottamazione-ter per l’anno 2022, compresi pertanto coloro che, nei primi giorni di dicembre, hanno riscontrato malfunzionamenti dei servizi telematici di pagamento a causa dall’elevato numero di accessi.
Ricordiamo inoltre che in data 20 gennaio prendeva il via la nuova Definizione agevolata delle cartelle 2023 con la pubblicazione delle modalità e il servizio per presentare la domanda di adesione al provvedimento introdotto dalla Legge di Bilancio 2023.
La richiesta di adesione deve essere trasmessa in via telematica entro il 30 aprile 2023 (entro il 2 maggio a causa della domenica e della festività).
Rottamazione quater 2023: come si può pagare
Per pagare sono disponibili i seguenti canali:
- Sito istituzionale;
- App EquiClick;
- Domiciliazione sul conto corrente;
- Moduli di pagamento utilizzabili nei circuiti di pagamento di:
- sportelli bancari;
- uffici postali;
- home banking;
- ricevitorie e tabaccai;
- sportelli bancomat (ATM) che hanno aderito ai servizi CBILL;
- Postamat;
- Sportelli di Agenzia delle entrate-Riscossione prenotando un appuntamento nei giorni dallunedì al venerdì.
Rottamazione quater: cosa accade se si salta una rata
Nel caso di omesso ovvero insufficiente o tardivo versamento, superiore a cinque giorni, dell’unica rata ovvero di una di quelle in cui è stato dilazionato il pagamento, la Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”) risulta inefficace e i versamenti effettuati sono considerati a titolo di acconto dell’importo complessivamente dovuto.
Rottamazione quater 2023: cosa accade in caso di precedente rateizzazione
La legge prevede che, una volta presentata la domanda di adesione alla Definizione agevolata (“Rottamazione-quater”) siano sospesi, fino alla scadenza della prima o unica rata (31 luglio 2023) delle somme dovute a titolo di Definizione agevolata, gli obblighi di pagamento derivanti da precedenti rateizzazioni.
Alla stessa data (31 luglio 2023), le rateizzazioni in corso relative a debiti per i quali è stata accolta la “Rottamazione-quater” sono automaticamente revocate.
In caso di mancato accoglimento della domanda di adesione, potrà essere invece ripreso il pagamento delle rate del piano di rateizzazione.Scarica qui il file completo delle FAQ della Riscossione sulla Rottamazione quater aggiornate al 2 agosto.
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Dichiarazioni fiscali: chiarimenti sui requisiti della firma elettronica
Con Consulenza giuridica n. 1 del 30 agosto le Entrate chiariscono che occorre una firma qualificata per la sottoscrizione e conservazione delle dichiarazioni fiscali, vediamo i dettagli del quesito posto all'Agenzia.
L'istante, fa presente che i «contribuenti ed i sostituti d'imposta sono tenuti a conservare "(…) la dichiarazione debitamente sottoscritta (…)"», e chiede l'avallo dall'Agenzia delle entrate sul processo di sottoscrizione elettronica:
- «che si intende adottare per consentire al contribuente di sottoscrivere il modello dichiarativo»,
- ossia sinteticamente «l'impiego di una firma elettronica semplice (detta anche debole o leggera) generata tramite invio al contribuente firmatario di un messaggio di posta elettronica contenente un link per accedere direttamente ad apposita piattaforma web fruibile in modalità cloud computing, con successiva richiesta di digitare un codice OTP (One Time Password) ricevuto sul proprio numero di telefono mobile (smartphone).».
L'agenzia rigetta la firma semplice, vediamo per quale motivo.
Essa chiarisce che ai fini tributari è sclusa qualsiasi procedura che preveda l’utilizzo di una firma elettronica «semplice» cioè non qualificata, digitale o avanzata.
Secondo l'agenzia, i comportamenti da tenere devono rispettare le norme contenute nel Dpr 22 luglio 1998 n. 322, che detta le modalità per la presentazione delle dichiarazioni dei redditi, dell’Iva, dell’Irap e dei sostituti d’imposta.
Visto che le dichiarazioni sono documenti fiscalmente rilevanti, la loro conservazione deve avvenire nel rispetto della normativa vigente, e qualora si tratti di documenti informatici, nel rispetto del decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82 (cosiddetto Codice dell’amministrazione digitale o Cad).
I documenti informatici rilevanti ai fini tributari hanno le caratteristiche dell’immodificabilità, dell’integrità, dell’autenticità e della leggibilità e devono essere conservati in modo tale che siano rispettate le norme del Codice civile, le disposizioni del codice dell’amministrazione digitale e delle relative regole tecniche e le altre norme tributarie riguardanti la corretta tenuta della contabilità.
Il procedimento di generazione delle copie informatiche e delle copie per immagine su supporto informatico di documenti e scritture analogici avviene, ai fini tributari, a norma dell’articolo 22, comma 3, del Dlgs n82/2005 e termina con l’apposizione della firma elettronica qualificata, della firma digitale, o della firma elettronica basata sui certificati rilasciati dalle agenzie fiscali.
Dal complesso quadro normativo esposto dalla agenzia, cunsultabile nel dettaglio nel testo integrale della consulenza di cui si tratta, emerge che in nessun caso una firma elettronica "semplice" (ossia non qualificata, digitale o avanzata), indipendentemente dal processo di sua formazione, può dirsi idonea a garantire i requisti che i documenti informatici (nativi tali o frutto di copia/dematerializzazione), specie se di natura fiscale, devono possedere sin dal momento della loro formazione.
Pertanto, deve escludersi l'idoneità ai fini tributari – ai sensi sia del d.P.R. n. 322 del 1998, sia di altre previsioni, fatta salva una diversa espressa indicazione del legislatore – di qualsiasi procedura che preveda l'utilizzo di tale tipologia di firma.
Allegati: -
Bando 2023 esame revisori legali: domande entro il 28.09
Con un avviso del 29 agosto il MEF informa del fatto che è stato pubblicato sulla G.U. 4a Serie Speciale – Concorsi ed Esami n. 65 del 29 agosto 2023 il Bando per esame di idoneità professionale per l’esercizio della revisione legale.
A tal fine, è stata predisposta un’apposita applicazione informatica sul sito istituzionale del MEF accessibile fino alle ore 23.59 del trentesimo giorno decorrente dalla data di pubblicazione del bando.
Attenzione al fatto che il termine di presentazione delle domande è fissato alle ore 23.59 del giorno 28 settembre 2023.
Si ricorda che non sono ammesse altre forme di presentazione della domanda di partecipazione all’esame, diverse da quelle specificate nel bando.
Bando 2023 per esame idoneità professionale revisori legali: i requisiti
I requisiti di ammissione sono stabiliti dall’articolo 2 del regolamento recante l’attuazione della disciplina legislativa in materia di idoneità professionale per l’abilitazione all’esercizio della revisione legale, approvato con decreto 19 gennaio 2016, n. 63 del Ministro della Giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze.
Tutti i requisiti di ammissione all’esame devono essere posseduti alla data di scadenza del termine utile per la presentazione delle domande.
Ai fini della regolarità della domanda, si ricorda che il tirocinio deve risultare concluso (e la relativa relazione finale deve essere presentata) in data anteriore a quella di presentazione della domanda di ammissione all’esame.
Attenzione al fatto che, la sola presentazione della relazione finale non consente la partecipazione all’esame se non accompagnata dall’attestazione di compiuto tirocinio che potrà essere disposta dal Ministero dell’economia e delle finanze, per le relazioni del terzo anno di tirocinio presentate dal mese luglio 2023, anche in data successiva alla presentazione della domanda di partecipazione all’esame.
Bando 2023 esame revisori legali: il contributo da versare
Ai fini della partecipazione allìesame, il candidato è tenuto, contestualmente alla presentazione della domanda, al versamento del contributo per le spese di esame nella misura di euro 100,00 (articolo 3, comma 6 del decreto del 19 gennaio 2016, n. 63)
Egli dovrà assolvere l’imposta di bollo come da normativa vigente.
Entrambi i pagamenti dovranno essere assolti direttamente nella fase di presentazione del modulo di iscrizione, selezionando un prestatore di servizi abilitato sul nodo dei pagamenti «PagoPA».
Bando 2023 per esame idoneità professionale revisori legali: le prove
Con DM 13 febbraio 2023, n. 71 “Regolamento recante modifiche al decreto 19 gennaio 2016, n. 63, concernente l'attuazione della disciplina legislativa in materia di esame di idoneità professionale per l'abilitazione all'esercizio della revisione legale” sono state introdotte nuove modalità di svolgimento delle prove di esame.
In particolare, il MEF ricorda che le prove di cui all’articolo 5, comma 1, lettere a) e b) del DM 63/2016 concernenti, rispettivamente, materie economiche e aziendali e materie giuridiche, consisteranno ora nella risoluzione di tre quesiti a risposta aperta di lunghezza massima di 30 righe per ciascun quesito vertenti nell’insieme, su tutte le materie indicate nell’articolo 5, comma 1, lettere a) e b) del bando.
Per lo svolgimento della prima e della seconda prova sarà assegnato un tempo massimo di due ore per ciascuna di esse.
Le due prove si svolgeranno in un’unica giornata di esame.
La terza prova scritta, la cui modalità di svolgimento non ha subito modifiche sostanziali rispetto alle precedenti edizioni, verterà sulle materie tecnico-professionali e della revisione indicate all'articolo 1, comma 1, lettere f), g), h), i), l) del DM 63/2016 e comprenderà un quesito a contenuto pratico attinente l'esercizio della revisione legale per la cui risoluzione sarà assegnato un tempo massimo di tre ore.
La terza prova si svolgerà nella seconda giornata di esame.
Nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – 4a serie speciale – concorsi ed esami del giorno 20 ottobre 2023, almeno 30 giorni prima della prima prova scritta, verrà data comunicazione della data, dell’ora e della sede in cui le prove avranno luogo.
Allegati: -
Sindaci vincolati a comunicare a Consob tutte le irregolarità: nessun poter discrezionale
Con sentenza n 25336/2023 la Cassazione sancisce che i sindaci sono vincolati a comunicare alla Consob tutte le irregolarità riscontrate.
In particolare, gli stessi vengono privati del potere discrezionale sulla rilevanza delle irregolarità riconosciuto in Corte di appello.
Vediamo i dettagli del caso di specie.
Il presidente e due sindaci erano stati sanzionati dalla CONSOB per non aver segnalato un possibile conflitto di interessi relativo alla sottoscrizione da parte dell'amministratore delegato di una spa di alcune obbligazioni senza che fosse segnalato nella relazione informativa trimestrale.
I soggetti in questione proponevano ricorso in Corte di appello venendo accolti in quanto la corte riteneva che non vi fosse alcuna "omissione rilevante" poichè l'amministratore aveva comunicato il suo interesse all'acquisto nella prima riunione utile del consiglio e quindi erano state attivate le relative procedure interne.
La CONSOB ha proposto ricorso in Cassazione che è stato accolto.
Sentenza cassazione n 25336/2023: le violazioni secondo la CONSOB
Con il primo motivo la CONSOB lamentava la violazione e falsa applicazione dell'art 150 del TUF, in combinato disposto con l'art 149 , comma 3, TUF in relazione all'art 360 comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte sovrapposto l'informazione che gli amministratori devono rendere ai sindaci ai sensi dell'art 150 TUF, relativamente alle «operazioni nelle quali essi abbiano un interesse per conto proprio o di terzi», con l'informazione relativa alla situazione diversa e successiva (l'acquisita titolarità del 100% del capitale sociale della società lussemburghese): l'omissione della prima comunicazione concerneva la mancata informativa sulla situazione di conflitto di interesse, laddove la comunicazione nella riunione del 17 marzo 2015 concerneva l'intervenuta assunzione della qualità di parte correlata; questa sovrapposizione sarebbe stata determinata da un'erronea interpretazione dell'art 150 comma 1, TUF come correlato ai doveri dei sindaci ex art. 149 comma 3.
Con il secondo motivo, la ricorrente ha prospettato la violazione e falsa applicazione dell'art 149 comma 3, TUF, in relazione all'art 360 comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la Corte ritenuto che non fosse ravvisabile alcuna incompletezza dell'informazione né condotta sanzionabile perché l'omessa comunicazione della qualità dell'amministratore al più avrebbe potuto integrare una «mera irregolarità».Secondo la Cassazione entrambi i motivi sono fondati.
L'art 149 del D.Lgs. n. 58 del 1998 prevede, per quel che qui rileva, che il Collegio sindacale vigili sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, comunicando senza indugio alla CONSOB le irregolarità riscontrate nell'attività di vigilanza; l'inosservanza di questi doveri informativi è sanzionata dal terzo comma dell'art. 193 dello stesso Testo unico.
L'art 149 TUF rappresenta soltanto una specificazione dei poteri e doveri di controllo di cui i sindaci sono investiti ex art 2403 comma I c.c., per il cui esercizio e adempimento l'art 2403 bis c.c., prevede che essi possano in qualsiasi momento procedere, anche individualmente, ad atti di ispezione e di controllo (comma I), che possano chiedere agli amministratori notizie, anche con riferimento a società controllate, sull'andamento delle operazioni sociali o su determinati affari e possano altresì scambiare informazioni con i corrispondenti organi delle società controllate in merito ai sistemi di amministrazione e controllo ed all'andamento generale dell'attività sociale (comma II).
Secondo quanto riportato in sentenza, è stato contestato che il Collegio non ha comunicato a CONSOB che l'Amministratore delegato aveva proceduto, inforza delle deleghe conferitegli, a concludere la sottoscrizione di un prestito obbligazionario con una società di cui era amministratore un componente del Consiglio di amministrazione, ma non aveva riferito la circostanza nella relazione trimestrale informativa periodica.
La Corte d'appello ha escluso la fondatezza della contestazione e la legittimità della sanzione affermando che fosse «di fatto irrilevante» la «mancata esplicitazione», rispetto alla conclusione dell'operazione di sottoscrizione del prestito da parte dell'Amministratore delegato, della posizione rivestita da un componente del consiglio di amministrazione nella società emittente, perché lo stesso componente aveva, nella riunione del Consiglio di amministrazione del 17 marzo 2015, fissata per la discussione dell'operazione, rappresentato di essere divenuto socio unico della emittente e, in conseguenza, «nessun interesse poteva essere riconducibile a un amministratore non esecutivo di una società che non gli fosse anche ascrivibile per il fatto di essere titolare al 100% delle azioni stesse e nessuna procedura ulteriore avrebbe dovuto essere attivata».La motivazione è erronea e fuorviante per più considerazioni.
Sentenza cassazione n 25336/2023: i motivi della Cassazione
Nella fattispecie secondo la Cassazione non si controverte delle conseguenze del conflitto di interesse quale parte correlata del singolo amministratore, ma degli obblighi di comunicazione del Collegio sindacale alla CONSOB.
Secondo l'art 150 TUF, gli amministratori riferiscono tempestivamente, secondo le modalità stabilite dallo statuto e con periodicità almeno trimestrale, al collegio sindacale sull'attività svolta e sulle operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale, effettuate dalla società o dalle società controllate; in particolare, riferiscono sulle operazioni nelle quali essi abbiano un interesse, per conto proprio o di terzi, o che siano influenzate dal soggetto che esercita l'attività di direzione e coordinamento.
Nel caso di specie la sottoscrizione del prestito obbligazionario era stata segnalata come rilevante dall'Amministratore delegato, ma l'informazione non era stata evidentemente accurata e completa perché non aveva riferito della sussistenza di un potenziale conflitto di interesse all'operazione di un componente del C.d.a. in quanto amministratore pure dell'emittente.
Il difetto di segnalazione del potenziale conflitto rappresentava una «irregolarità» dell'operazione, rilevante ex art 150 TUF e, perciò, da comunicare a CONSOB ex art 149 comma 3, TUF.
La Corte d'appello non ha osservato questo principio laddove ha ritenuto di poter escludere l'antigiuridicità dell'omessa comunicazione a CONSOB, da parte del Collegio sindacale, della incompletezza della relazione informativa da parte dell'A.d., dando rilievo a circostanze di fatto estranee e sopravvenute.
Il ricorso è perciò accolto. -
Chiamati all’eredità non residenti: istruzioni per la Successione
Con Risposta a interpello n 407 del 31 luglio le Entrate hanno specificato le regole per la dichiarazione di successione in caso di chiamati alla eredità non residenti.
L'Istante, cittadino siriano residente all'estero, fa presente che:
- in data 21 aprile 2021 si è aperta la successione, regolata dalla legge italiana, del fratello, cittadino italiano residente in Italia;
- il de cuius non ha discendenti diretti e i chiamati all'eredità sono la madre, due fratelli (fra cui l'Istante) e due nipoti, figli di un terzo fratello premorto;
- nessuno dei chiamati all'eredità è cittadino italiano, né ha mai avuto la residenza o il domicilio in Italia e un codice fiscale italiano, ad esclusione dell'Istante.
L'Istante osserva che «quale coerede, ha l'obbligo di presentare la dichiarazione di successione e il diritto di presentarla tempestivamente onde non incorrere in aggravi di sanzioni, ha inoltre diritto di presentarla in quanto atto richiesto per la voltura delle quote immobiliari e dei conti correnti già di pertinenza del de cuius, dei quali l'erede ha titolo per entrare in possesso nei limiti della propria quota Ciò posto, l'Istante fa presente che «la dichiarazione di successione non può essere materialmente presentata dovendo indicare quali chiamati all'eredità soggetti non presenti in anagrafe tributaria, essendo ''errore bloccante'' la mancanza di un codice fiscale valido».
L'istante chiede di conoscere come adempiere all'obbligo della presentazione della dichiarazione di successione, nella fattispecie in esame, in presenza di soggetti, chiamati all'eredità, privi di un codice fiscale italiano, richiamando a tal fine l'articolo 29 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346.Ascolta anche l'Avvocato Luisa Di Giacomo su TicTok
Chiamati all'eredità non residenti: istruzioni per la Successione
Le entrate specificano che ai sensi dell'articolo 7, comma 4, del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 «Fino a quando l'eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati, l'imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato».
L'Ufficio liquida l'imposta sulla successione sulla base della dichiarazione di successione che deve essere presentata entro dodici mesi dalla data di apertura della successione.
Ai sensi dell'articolo 28 del medesimo decreto legislativo «Sono obbligati a presentare la dichiarazione: i chiamati all'eredità e i legatari, […] Se più soggetti sono obbligati alla stessa dichiarazione questa non si considera omessa se presentata da uno solo.I chiamati all'eredità e i legatari sono esonerati dall'obbligo della dichiarazione se, anteriormente alla scadenza del termine stabilito nell'art. 31, hanno rinunziato all'eredità o al legato […].
Se dopo la presentazione della dichiarazione della successione sopravviene un evento, diverso da quelli indicati all'art. 13, comma 4, e dall'erogazione di rimborsi fiscali che dà luogo a mutamento della devoluzione dell'eredità o del legato ovvero ad applicazione dell'imposta in misura superiore, i soggetti obbligati, anche se per effetto di tale evento, devono presentare dichiarazione sostitutiva o integrativa […]».
La dichiarazione di successione deve contenere le «generalità, la residenza e il codice fiscale dei chiamati all'eredità e dei legatari, il loro grado di parentela o affinità col defunto e le eventuali accettazioni o rinunzie […]»
Per i soggetti tenuti residenti all'estero, se impossibilitati alla trasmissione telematica, la dichiarazione può essere eccezionalmente presentata nella forma cartacea come precisato nelle istruzioni alla Dichiarazione di successione e domanda di volture catastali.
In relazione alla presenza di chiamati all'eredità, residenti all'estero e non iscritti all'anagrafe tributaria italiana, alla luce delle norme sopra richiamate, si ritiene che, ai fini fiscali, ai fini:- della corretta devoluzione dell'eredità in questione,
- della determinazione della base imponibile,
- dell'aliquota applicabile
- e del riconoscimento dell'eventuale franchigia,
occorre indicare in dichiarazione tutti i chiamati all'eredità, con le generalità e il grado di parentela con il defunto.
Con riferimento all'indicazione nella dichiarazione di successione dei chiamati all'eredità privi del codice fiscale italiano, si osserva che l'articolo 6, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605, prevede al comma 2 che «Coloro che sono tenuti agli obblighi di indicazione del numero di codice fiscale di altri soggetti hanno diritto di riceverne da questi ultimi comunicazione scritta e, se tale comunicazione non perviene almeno dieci giorni prima del termine in cui l'obbligo di indicazione deve essere adempiuto, possono rivolgersi direttamente all'Amministrazione finanziaria, anche utilizzando sistemi telematici, previa indicazione dei dati di cui all'art. 4, relativi al soggetto di cui si richiede l'attribuzione del numero di codice fiscale. L'obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti già attribuito, si intende adempiuto con la sola indicazione dei dati di cui all'art. 4, con l'eccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale all'estero.
Nel caso in cui non sia stato possibile acquisire tutti i dati indicati nell'art. 4 relativi ai soggetti cui l'indicazione si riferisce, coloro che sono tenuti a tale indicazione devono richiedere l'attribuzione di un codice numerico all'Amministrazione finanziaria, che provvede previo accertamento delle ragioni addotte […]».
Pertanto, ai sensi del citato articolo 6, comma 2, secondo periodo, l'obbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti già attribuito, si intende adempiuto «con la sola indicazione dei dati di cui al richiamato articolo 4», e, dunque, per le persone fisiche, del cognome e nome, luogo e data di nascita, nonché del domicilio estero.
Allegati:
Nella fattispecie in esame, pertanto, l'Istante, in assenza della attribuzione dei codici fiscali in Italia in relazione a tutti i cittadini stranieri chiamati all'eredità, deve indicare nella dichiarazione di successione i dati sopra indicati in sostituzione del codice fiscale assente.