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Occultamento o distruzione fatture: quando ricorrono ai fini del reato
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 28910 del 6 agosto 2025, ha ribadito un principio centrale in materia di reati tributari: la distruzione o l’occultamento delle fatture integra il reato previsto dall’art. 10 del D.Lgs. 74/2000, anche nel caso in cui i documenti fiscali non siano mai stati stampati o archiviati correttamente.
Tale questione assume riliveo per commercialisti, consulenti fiscali e difensori tributari, spesso coinvolti nella gestione e conservazione dei documenti contabili dei clienti.
Occultamento o distruzione fatture: i requisiti per un reato
Il caso analizzato dalla Cassazione riguarda un imprenditore condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di cui all’art. 10 del D.Lgs. 74/2000, ovvero per aver sottratto alla disponibilità dell’amministrazione finanziaria le scritture contabili obbligatorie, ostacolando in tal modo l’attività di accertamento.
La Corte d’Appello aveva confermato la condanna già emessa in primo grado, ritenendo provato che l’imputato avesse emesso numerose fatture attive, ma non le avesse poi stampate, salvate o archiviate in alcun modo.
I documenti erano stati generati in formato Excel, ma al momento del controllo dell’Agenzia delle Entrate, non ne risultava più traccia.
Con il ricorso in Cassazione il contribuente sosteneva che la mancata conservazione delle fatture non potesse essere equiparata a una condotta di occultamento o distruzione in senso tecnico.
In particolare, il ricorrente ha evidenziato come non vi fosse un’azione volontaria di sottrazione al fisco, ma al più una negligenza nella gestione documentale.
Di contro il PM insisteva sulla gravità della condotta, sottolineando come la distruzione può consistere anche nell'omessa conservazione dei documenti informatici, se volontaria e finalizzata a ostacolare i controlli.
L’Agenzia delle Entrate, parte attiva nel procedimento di accertamento, aveva già segnalato l’anomalia in fase di verifica, riportando la totale assenza delle scritture obbligatorie.
La Cassazione ha respinto il ricorso, sottolineando che il reato previsto dall’art. 10 si configura anche in assenza di una distruzione “materiale” dei documenti, quando il risultato è l’impossibilità per l’amministrazione di esercitare i propri poteri ispettivi.
La Cassazione ribadisce che, nella logica della norma, “occultare” significa rendere non reperibili i documenti, indipendentemente dal metodo utilizzato.
Non è necessario bruciarli o distruggerli fisicamente: è sufficiente non conservarli volontariamente, come nel caso di file Excel non salvati su supporti durevoli, non stampati, né consegnati all’amministrazione.
Il principio della Cassazione da mettere in evidenza è: Il dolo specifico richiesto dalla norma è la volontà di ostacolare l’accertamento fiscale: ciò che conta è il risultato lesivo per il Fisco.
Per la Cassazione le fatture create tramite fogli Excel preimpostati, stampate e consegnate ai clienti, senza essere salvate elettronicamente né annotate nei registri Iva, non configurano “distruzione” di scritture contabili, ma “occultamento” delle stesse.
La condotta dell’imputato, secondo la cassazione, si è svolta nella chiara prospettiva, concretizzatasi con il mancato inserimento delle fatture nella propria contabilità, di non versare le imposte dovute, per cui il reato è stato ritenuto configurabile anche nella sua componente soggettiva, essendo pacificamente ravvisabile in capo al l'imputato, il dolo specifico richiesto dalla fattispecie ex articolo 10, Dlgs 74/2000., ossia “il fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto ovvero di consentire l'evasione a terzi”.
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Il tuo ISA: aggiornamento delle Entrate, vediamo per chi
Il 28 agosto 2025 l’Agenzia delle Entrate ha pubblicato la versione 1.0.2 di “Il tuo ISA 2025 CPB”.
Attenzione al fatto che come evidenziato sul sito ADE, tale prodotto il tuo ISA 2025 CPB versione 1.0.2 rimuovendo un’anomalia relativa all’ISA DG72U presente nella precedente versione 1.0.1, consente il calcolo e la trasmissione telematica, in allegato a Redditi, dell’indice sintetico di affidabilità fiscale per tutti gli ISA e della proposta di Concordato preventivo biennale (CPB) e consente, inoltre, la trasmissione telematica della proposta di CPB “in via autonoma”, utilizzando il frontespizio dei modelli Redditi.
Facciamo un riepilogo delle regole di utilizzo di questo software.Il tuo ISA: aggiornamento delle Entrare, vediamo per chi
L'Agenzia delle Entrate lo scorso giugno ha reso disponibili due strumenti fondamentali per i contribuenti soggetti agli Indici Sintetici di Affidabilità (ISA):
- il Software "Il tuo ISA 2025 CPB" – Versione 0.1: questo aggiornamento consente il calcolo e la trasmissione telematica dell'Indice Sintetico di Affidabilità fiscale per tutti gli ISA approvati, nonché la gestione della proposta di Concordato Preventivo Biennale (CPB) per il biennio 2025-2026. Il software è stato adeguato alle disposizioni del decreto legislativo 12 giugno 2025, n. 81, approvato dal Consiglio dei Ministri il 4 giugno 2025
- la procedura di Controllo degli Indici Sintetici di Affidabilità: aggiornata l'11 giugno 2025, questa procedura verifica la coerenza tra i dati contenuti nei modelli di dichiarazione e i relativi allegati, evidenziando eventuali anomalie o incongruenze rispetto alle specifiche tecniche. L'installazione di questa procedura è necessaria per controllare le dichiarazioni Redditi 2025 contenenti gli allegati relativi agli ISA.
Entrambi gli strumenti sono stati progettati per facilitare l'adesione al CPB e garantire la correttezza delle dichiarazioni fiscali, offrendo ai contribuenti maggiore certezza e semplificazione negli adempimenti.
Il Software “Il tuo ISA 2025 CPB” – Versione 1.0.1 consente:
- il calcolo e la trasmissione telematica dell’ISA per tutti i 172 indici approvati per l’annualità 2025, secondo le specifiche tecniche pubblicate;
- la gestione della proposta di Concordato Preventivo Biennale (CPB) per il biennio 2025-2026, in linea con i criteri di affidabilità fiscale e i nuovi parametri normativi introdotti.
Ricordiamo che per la modalità di trasmissione della proposta di adesione al CPB il contribuente può scegliere tra due opzioni:
- invio in allegato alla dichiarazione dei redditi (modello Redditi 2025);
- invio autonomo mediante l’invio del solo frontespizio del modello Redditi. Questa modalità semplifica e anticipa le operazioni di adesione rispetto alla scadenza fiscale ordinaria.
L’aggiornamento alla versione 1.0.1 introduce ulteriori funzionalità operative quali ad esempio la revoca dell’adesione: il contribuente può revocare una proposta già accettata per il biennio 2025/2026 entro il 30 settembre 2025, attraverso la stessa modalità autonoma prevista per l’adesione.
In data 28 agosto l'amministrazione finanziaria ha segnalato un ulteriore aggiornamento ma specifico al settore trasporto passeggeri.
A parte quanto evidenziato sopra per il settore di cui si tratta, viene precisato che, il calcolo dell’ISA, nonché l’eventuale accettazione di proposte di adesione al CPB elaborate con la precedente versione 1.0.1 del software Il tuo ISA 2025 CPB, restano validi per i contribuenti NON interessati dalle modifiche relative all’ISA DG72U.
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Riaffidamento carichi: condizioni di adesione per gli enti
L’articolo 5 del Decreto legislativo n. 110/2024 prevede specifiche disposizioni in ordine ai termini e alle modalità di “Riaffidamento dei carichi” oggetto di discarico.
Le disposizioni contenute al comma 1 lett. c) e al comma 5 dell’articolo citato, prevedono che il riaffidamento ad Agenzia delle entrate-Riscossione delle somme discaricate e della riscossione coattiva ad esse relativa, ha luogo mediante adesione dell’Ente creditore alle Condizioni di servizio rese disponibili dalla stessa Agenzia, vediamole.
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Riaffidamento carichi: condizioni di adesionhe per gli enti
Visto il decreto legislativo, 29 luglio 2024, n. 110 (pubblicato sulla G.U. del 7 agosto 2024) recante “Disposizioni in materia di riordino del sistema nazionale della riscossione”; le seguenti Condizioni di Servizio e il relativo Allegato costituiscono la disciplina dei rapporti tra Agenzia delle entrate-Riscossione e gli Enti creditori che intendono usufruire del servizio di riaffidamento delle somme discaricate e della riscossione coattiva ad esse relativa previsto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 110 del 2024.
Il riaffidamento dei carichi all’Agenzia ai sensi dell’art. 5, commi 1 lett. c) e 5, del decreto legislativo n. 110 del 2024 per la riscossione coattiva delle somme discaricate riguardanti carichi ad essa affidati a decorrere dal 1° gennaio 2025 prevede che:
- l’adesione avvenga mediante invio a mezzo PEC, all’indirizzo dedicato [email protected], della Comunicazione di adesione redatta compilando il modello di cui all’allegato 1 e del provvedimento adottato dall’Ente,
- il provvedimento deve contenere espresso riferimento alle presenti condizioni, pubblicate sul sito istituzionale dell’Agenzia.
- l'adesione implica l'accettazione integrale e incondizionata delle Condizioni.
L’adesione da parte dell'ente determina:
- in caso di discarico automatico ai sensi dell’art. 3, comma 1, del D.Lgs. n. 110 del 2024, il riaffidamento automatico, all’Agenzia, di tutte le somme discaricate indipendentemente dalla natura delle medesime;
- in caso di discarico anticipato ai sensi dell’art. 3, comma 2, del D.Lgs. n. 110 del 2024, il riaffidamento, entro il termine di cui all’art. 5, comma 5, del medesimo decreto legislativo n. 110 del 2024, delle sole somme discaricate, non ancora prescritte, per le quali l’Ente, a conoscenza di nuovi, circostanziati e significativi elementi reddituali o patrimoniali del debitore, comunichi all’Agenzia gli specifici beni del debitore da aggredire.
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Professione Commercialista e attività agricola: quando è incompatibile
Il CNDCEC con un pronto Ordini dell'8 agosto replicava a dubbi sulla compatibilità della professione di Commercialista con l'attività agricola.
Il quesito era posto da un iscritto che, con la medesima partita iva utilizzata per l’attività professionale, consistente in alcune consulenze aziendali, gestisce un bene patrimoniale di famiglia come titolare di un’attività agricola sotto forma di ditta individuale regolarmente iscritta alla Camera di Commercio con codice 01.26.00.
Attraverso lo svolgimento di tale attività, l’iscritto ha incrementato il proprio fatturato, dovendo negli anni acquisire qualifiche, certificati e autorizzazioni sanitarie necessarie e funzionali alla gestione della produzione e della relativa commercializzazione del prodotto finito.
Si chiede se l’iscritto rientri nella casistica di incompatibilità ex art. 4, del D.lgs. 139/2005 e, di conseguenza, se lo stesso debba richiedere il trasferimento dalla sezione A dell’albo all’elenco speciale per sopraggiunte cause di incompatibilità individuate nell'art. 4, co. 1, lett. c) del citato D.lgs. 139/2005.
Professione Commercialista e attività agricola: quando è incompatibile
Il CNDCEC, dopo aver premesso che con i pronto ordini esprime un semplice orientamento, evidenzia quanto segue.
L’art. 4, co. 1, lett. c) del D.lgs. 139/2005 stabilisce che l’esercizio della professione di dottore commercialista e di esperto contabile è incompatibile, tra l’altro, con l’esercizio di attività di impresa commerciale, in nome proprio o altrui.
Dalla descrizione della fattispecie risulta che il professionista, sotto la medesima partita IVA, gestisce un’attività agricola sotto forma di ditta individuale, regolarmente iscritta in CCIAA (codice ATECO 01.26.00) e che ha strutturato l’attività nel tempo, dotandosi di autorizzazioni e certificazioni sanitarie, con un incremento significativo del volume d’affari.
L’esercizio di impresa agricola, disciplinato dall’art. 2135 c.c., è oggetto di specifica attenzione nelle Note interpretative del CNDCEC, dove si evidenzia che l’art. 1 del D.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 ha ulteriormente definito imprenditore agricolo professionale (I.A.P.) il soggetto che, in possesso di conoscenze e
competenze professionali adeguate, dedica alle attività agricole indicate dall’art. 2135 c.c. almeno il 50% del proprio tempo di lavoro complessivo e che ricava da tale attività almeno il 50% del proprio reddito globale di lavoro. L’esercizio di attività di impresa agricola è consentito laddove tale attività si configuri come mero godimento, ovvero meramente conservativa del fondo agricolo, come avviene per esempio nell’ipotesi in cui i prodotti agricoli siano rivenduti esclusivamente per poter contribuire alle spese di manutenzione e conservazione del fondo agricolo.Vi è invece incompatibilità addove la vendita dei prodotti agricoli – per quantità e fatturato – configura non già il recupero delle spese di manutenzione
e conservazione del fondo, ma attività di impresa.Pertanto, non si ravvisa una condizione di incompatibilità qualora l’iscritto eserciti, in qualità di coltivatore diretto, l’attività di impresa agricola
esclusivamente con funzioni di mero godimento o meramente conservativa del fondo agricolo, mentre l’esercizio di attività d’impresa agricola è ritenuto incompatibile con l’esercizio dell’attività professionale laddove l’iscritto rivesta la qualifica di imprenditore agricolo professionale (I.A.P.).
Infine si ricorda che la qualifica di I.A.P. è attribuita formalmente dalle Regioni, attraverso i loro uffici competenti o enti delegati, come i Servizi Territoriali dell'Agricoltura o le Province, previo accertamento del possesso dei requisiti previsti dalla normativa vigente (es. tempo dedicato all’attività agricola e percentuale di reddito derivante dalla stessa).La sussistenza della qualifica di I.A.P., se certificata da tali enti, determina senza dubbio l’insorgere di una condizione di incompatibilità ai sensi
dell’art. 4, co. 1, lett. c), del D.lgs. 139/2005.In tal caso, la richiesta di trasferimento dalla sezione A dell’Albo all’elenco speciale appare fondata e l’Ordine potrà procedere con la relativa istruttoria, previa
presentazione da parte dell’iscritto della domanda e della documentazione eventualmente necessaria. -
Fattura operazioni inesistenti: quando spetta il rimborso IVA
Con la sentenza n. 22795 del 7 agosto 2025, la Corte di cassazione ha riaffermato un principio consolidato nella giurisprudenza nazionale ed europea: l’emissione di una fattura per operazione inesistente genera l’obbligo di versamento dell’Iva, salvo che sia dimostrata l’eliminazione tempestiva del rischio di perdita del gettito erariale.
La vicenda trae origine da una verifica della Guardia di Finanza che ha portato all’emissione di avvisi di accertamento per Iva indebitamente detratta a carico di una società operante nel mercato dell’energia elettrica.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, il gruppo societario coinvolto – mediante operazioni tra aziende riconducibili allo stesso soggetto economico – avrebbe simulato acquisti e vendite di energia con meccanismi a saldo zero, privi di reale contenuto economico.
Le fatture emesse, quindi, erano relative a operazioni oggettivamente inesistenti.
In particolare, la società ritenuta “cartiera” avrebbe emesso fatture per cessioni mai avvenute, ma allo stesso tempo ricevuto fatture di importo identico per riacquisti fittizi. Il meccanismo circolare – apparentemente neutro – è stato contestato come strumento fraudolento per sfruttare indebitamente la detrazione dell’Iva.
Fattura operazioni inesistenti: quando spetta il rimborso IVA
La Cassazione con la sentenza in oggetto ha accolto il ricorso dell’Amministrazione finanziaria, ribadendo che:
- l’Iva è dovuta in base alla fattura (anche se falsa). Secondo l’art. 21, comma 7, del DPR n. 633/1972, recependo l’art. 203 della direttiva Iva, chiunque indichi l’Iva in una fattura è obbligato a versarla, anche se l’operazione sottostante è inesistente. Questo perché il sistema dell’Iva si fonda su un principio formale: la “cartolarità” del debito tributario. La sola emissione della fattura fa sorgere l’obbligo di versamento dell’imposta.
- la detrazione è ammessa solo per operazioni effettive. In parallelo, l’art. 168 della direttiva Iva e l’art. 19 del DPR 633/1972 stabiliscono che il diritto alla detrazione sorge solo in presenza di una reale cessione o prestazione. Di conseguenza, in presenza di operazioni fittizie – come quelle “circolari” in cui la merce è formalmente ceduta e riacquistata tra le stesse società – non è ammessa alcuna detrazione.
- possibile il rimborso dell’Iva versata, ma solo se non vi è rischio di perdita di gettito
La Cassazione, richiamando la sentenza Corte UE 8 maggio 2019, causa C-712/2017, ammette che l’emittente della fattura per operazione inesistente può ottenere il rimborso dell’Iva versata, ma solo a condizione che sia stato eliminato completamente il rischio che il destinatario abbia detratto l’imposta.
In particolare, il rimborso è possibile se:
- la fattura non è mai stata utilizzata fiscalmente dal destinatario (non è stata annotata né ha generato detrazione);
- la fattura è stata ritirata tempestivamente;
- l’Agenzia delle Entrate ha disconosciuto in via definitiva la detrazione da parte del destinatario.
La sentenza n. 22795/2025 della Cassazione riporta un importante chiarimento: l’emissione di fatture “errate” o simulate comporta obblighi concreti, anche in assenza di operazioni reali.
L’unico modo per evitarne gli effetti è dimostrare, con precisione, di aver annullato il rischio di detrazione indebita.
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Prodotti salumeria: regole di produzione e vendita
Pubblicato in GU n 195 del 23 agosto il Decreto 8 agosto del MIMIT, già anticipato sulla sua pagina istituzionale la scorsa settimana, con le regole per chi produce e vende prodotti di salumeria.
Le novità sono in vigore dal 24 agosto e riguardano salumi di largo consumo abrogando e sostituendo la precedente disciplina aggiornata nel 2016.
Prodotti salumeria: regole di produzione e vendita
Tra gli altri prodotti il decreto ridisegna la denominazione di:
- prosciutto cotto: la denominazione è riservata a cosce di suino della specie Sus scrofa domesticus, trattate con acqua, sale e nitriti (il cui uso può essere evitato se la sicurezza microbiologica è garantita). Sono previste le varianti “scelto” e “alta qualità”, legate all’identificabilità dei muscoli e al tasso di umidità (rispettivamente ≤ 79,5% e ≤ 76,5% UPSD). Deve essere venduto a temperatura ≤ 4 °C e può essere affumicato o aromatizzato, con indicazione in etichetta.
- prosciutto crudo stagionato: ottenuto esclusivamente da cosce suine intere, salate a secco e stagionate almeno 7 mesi (9 mesi se oltre 8 kg).
Vietate tecniche accelerate, affumicatura o uso di cosce con difetti strutturali.
Parametri obbligatori: umidità < 64%, proteine > 24%, proteolisi < 30%. - salame: definito come impasto di carni suine (con possibili aggiunte di altre carni) e grasso, insaccato e stagionato naturalmente.
Vietato l’uso di carni separate meccanicamente. Deve presentare pH ≥ 4,9 e specifica carica microbica lattica.
Prodotti salumeria: i controlli nella produzione
Relativamente ai controlli il Capo VII del decreto con gli articoli 46 e 47 evidenzia rispettivamente che:
- le modalità dei controlli a carico delle imprese interessate sono indicate dall'Allegato A che e' parte integrante del decreto.
- l'uso delle denominazioni di vendita, in difformita' dalle disposizioni del presente decreto, e' punita con la sanzione amministrativa di cui all'art. 4, comma 67 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
L'allegato A evidenzia che i controlli ufficiali finalizzati alla verifica del corretto utilizzo delle denominazioni di vendita sono effettuati presso l'impianto di produzione e/o di confezionamento del prodotto.
Con riferimento alle caratteristiche e modalita' di prelievo del campione da analizzare, le analisi vengono eseguite, con metodi accreditati, sui campioni preparati secondo le modalita' riportate di seguito per ciascun prodotto.I campioni ottenuti devono essere confezionati sottovuoto e conservati in refrigerazione fino all'analisi.
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Udienza tributaria da remoto: nulla se effettuata al telefono
In un mondo sempre più dematerializzato e in un processo sempre più telematico, si pone il problema delle legittime modalità di svolgimento delle udienze da remoto, quelle udienze che si svolgono senza la presenza fisica dei partecipanti.
Della questione si è occupata la Corte di Cassazione con l’ordinanza numero 20836, depositata il 23 luglio 2025, con la quale il ricorrente contestava le modalità di svolgimento dell’udienza di appello nell’ambito del processo tributario: infatti, nel caso in esame, un membro del collegio giudicante, a sua volta composto da tre membri, era collegato solo telefonicamente.
Secondo la Corte di cassazione, in una udienza che si svolga da remoto, è necessario che le modalità di collegamento dei partecipanti abbiano caratteristiche tali da assicurare le fondamentali garanzie del processo: a questo fine è necessario che il collegamento dei partecipanti avvenga in videoconferenza, con collegamento sia video che audio, non essendo sufficiente il solo collegamento telefonico.
La mancanza del collegamento audiovisivo da parte di tutti partecipanti costituisce una irregolare modalità di partecipazione, tale da compromettere il processo per irregolare costituzione del collegio e, di conseguenza, rendere nulla la sentenza in modo insanabile.
Le motivazioni della decisione
Secondo i giudici della Corte di Cassazione, infatti, il collegamento con sistema audio-visivo costituisce l’unica modalità di partecipazione capace di garantire:
- il contraddittorio tra le parti;
- la pubblicità dell’udienza;
- la parità di condizioni tra tutti i partecipanti.
Secondo quanto disposto con l’ordinanza numero 80836/2025, il collegamento con modalità telefonica non può soddisfare tutti questi requisiti, in quanto la partecipazione di uno dei giudici con collegamento solo audio non garantisce che questi abbia visto e sentito correttamente la discussione e non assicura la partecipazione paritaria rispetto agli altri membri del collegio.
Secondo quanto disposto dall’articolo 2, comma 5, del Decreto Legislativo numero 545/1992, nell’ambito del processo tributario i collegi giudicanti sono composti da tre membri effettivi e invariabili, se uno di questi partecipa con modalità che non si possono considerare conformi, secondo la Carte di Cassazione è inevitabile che l’intero collegio debba essere considerato irregolarmente formato.
Di conseguenza la sentenza è inevitabilmente nulla, affetta da nullità insanabile, ai sensi dell’articolo 158 del Codice di procedura civile, norme che si applicano anche al processo tributario ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo 546/1992.