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Dichiarazione imposta di soggiorno: chiarimenti MEF
Con Risoluzione n 1 del 9 febbraio il MEF risponde a dubbi sulla dichiarazione per l'imposta di soggiorno.
In particolare, sono stati chiesti chiarimenti in merito all’obbligo dichiarativo relativo all’imposta di soggiorno in virtù del quale la dichiarazione deve essere presentata cumulativamente ed esclusivamente in via telematica entro il 30 giugno dell'anno successivo a quello in cui si è verificato il presupposto impositivo, secondo le modalità approvate con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 29 aprile 2022.
Nel quesito si ricordava che con le FAQ 8 e 9, pubblicate sul sito internet di questo Dipartimento, è stato chiarito che, considerato che l’anno 2022 costituisce il primo anno di applicazione dell'obbligo dichiarativo mediante presentazione del modello ministeriale, i soggetti che hanno già presentato per gli anni di imposta 2020 e 2021 una dichiarazione/comunicazione al comune, seguendo le indicazioni prescritte dal comune stesso, non sono obbligati a ripresentare per dette annualità la dichiarazione ministeriale.
Sempre tramite risposte a faq il ministero ha precisato che, al di fuori di tale caso, è chiaro che il contribuente dovrà utilizzare esclusivamente il nuovo modello ministeriale per la dichiarazione.
Viene quindi chiesto di confermare che, per le annualità successive a quelle indicate nelle predette FAQ, l’utilizzo del modello ministeriale e quindi il contestuale adempimento dell'obbligo dichiarativo, esonera i soggetti obbligati dal presentare ulteriori dichiarazioni/comunicazioni richieste dai comuni.
Il MEF ritiene che per le annualità successive a quelle indicate nelle FAQ richiamate, e quindi dal 2022 in poi, la presentazione del modello ministeriale approvato con il decreto rappresenta l’unica modalità per l’assolvimento dell’adempimento dichiarativo in questione, imposto dal Legislatore ai fini della verifica da parte dei comuni del corretto adempimento dell’imposta di soggiorno e valido su tutto il territorio nazionale.
Infatti, sottolinea il Ministero, all’interno della disciplina generale del tributo non ci sono norme dalle quali sia possibile desumere la facoltà per i comuni di predisporre autonomamente modelli di dichiarazione concernenti l’imposta di soggiorno in argomento.
Vengono in ultimo ricordati i principi di semplificazione amministrativa degli adempimenti dei contribuenti, sanciti dall'art. 6 della legge 27 luglio 2000 n. 212, ai sensi del quale "al contribuente non possono, in ogni caso, essere richiesti documenti ed informazioni già in possesso dell'amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate dal contribuente".
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Definizione agevolata liti pendenti: un caso pratico
In data 9 febbraio le Entrate forniscono chiarimenti con Risposta a interpello, la n 210, sulla definizione agevolata delle liti pendenti.
In particolare, con la risposta avente oggetto "Definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione – riunione di più giudizi – articolo 5, commi 2 e 8, della legge n. 130 del 2022"
si replica ad un soggetto istante che riferisce di aver impugnato innanzi alla Commissione tributaria provinciale di tre avvisi di accertamento relativi agli anni di imposta 2006, 2007 e 2008.
Con riferimento al contenzioso si riferisce che:
- il giudice di primo grado dopo aver riunito i ricorsi, li ha rigettati, ad eccezione di quello relativo all'anno 2008, per il quale l'accertamento è stato ridotto sulla scorta di quanto stabilito dall'Ufficio in fase di mediazione;
- che la sentenza è stata impugnata dinanzi alla Commissione Tributaria Regionale che ha accolto l'appello e annullato la sentenza di primo grado;
- che la soccombente Agenzia delle Entrate ha impugnato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale con ricorso per Cassazione.
Inoltre, con ordinanza la corte ha cassato la sentenza, rinviando la causa alla Commissione Tributaria Regionale in diversa composizione; l'istante ha proposto ricorso in riassunzione e l'adita Commissione Tributaria Regionale ha rigettato l'appello, confermando la pronuncia di primo grado; avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale è stato proposto ricorso per Cassazione, tutt'ora pendente.
Ciò premesso, l'istante pone un quesito interpretativo con riguardo alla possibilità di aderire alla definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione ex articolo 5, comma 2, della legge 31 agosto 2022, n. 130.
Le Entrate dopo un riepilogo normativo specificano che, la norma in parola stabilisce che: «2. Le controversie tributarie […] pendenti innanzi alla Corte di cassazione ai sensi dell'articolo 62 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, per le quali l'Agenzia delle entrate risulti soccombente in tutto o in parte in uno dei gradi di merito e il valore delle quali, determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, sia non superiore a 50.000 euro, sono definite, a domanda dei soggetti indicati al comma 3 del presente articolo, con decreto assunto ai sensi dell'articolo 391 del codice di procedura civile, previo pagamento di un importo pari al 20 per cento del valore della controversia determinato ai sensi dell'articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289…."
Con riferimento alla fattispecie si esclude la possibilità di aderire alla definizione agevolata dei giudizi tributari pendenti innanzi alla Corte di cassazione ex articolo 5, comma 2, della legge n. 130 del 2022 con riferimento a tutte le distinte controversie ''autonome'' relative alle annualità 2006, 2007 e 2008.Ciò in quanto, precisa l'agenzia, la pronuncia della Commissione tributaria regionale, impugnata dalla contribuente innanzi alla Corte di Cassazione, giudizio attualmente pendente, nel «condividere le conclusioni già raggiunte dalla Commissione tributaria provinciale di […] nella sentenza impugnata riguardo alla legittimità e fondatezza degli avvisi impugnati», conclude per il rigetto dell'appello proposto dall'istante.
A sua volta, la pronuncia emessa dalla Commissione tributaria provinciale impugnata innanzi al giudice di seconde cure nel ritenere pienamente legittimi gli atti impositivi emessi relativamente alle annualità 2006 e 2007 con riferimento all'annualità 2008, accogliendo la richiesta avanzata dall'Agenzia delle entrate «conferma […] l'accertamento come modificato nella proposta di mediazione», con condanna della ricorrente alle spese di lite. Non si ravvisa, dunque spiega l'agenzia, alcuna soccombenza dell'Agenzia delle entrate con riferimento all'impugnazione degli avvisi di accertamento emessi per gli anni di imposta 2006, 2007 e 2008.
La rideterminazione dell'atto impositivo emesso per il 2008, in accoglimento della domanda avanzata dall'Agenzia delle entrate, ne esclude la soccombenza anche in relazione a detta annualità.
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Canoni concessioni marittime demaniali 2023: aggiornati gli importi minimi
Pubblicato in GU n 31 del 7 febbraio il decreto 30 dicembre 2022 con aggiornamenti relativi all'anno 2023 delle misure unitarie dei canoni per le concessioni demaniali marittime.
In particolare, le misure unitarie dei canoni annui relativi alle concessioni demaniali marittime sono aggiornate, per l'anno 2023, applicando l'adeguamento del +25.15% alle misure unitarie dei canoni determinati per il 2022.
Le misure unitarie così aggiornate costituiscono la base di calcolo per la determinazione del canone da applicare alle concessioni demaniali marittime rilasciate o rinnovate a decorrere dal 1° gennaio 2023.La medesima percentuale si applica alle concessioni in vigore ancorché rilasciate precedentemente al 1° gennaio 2023.
Allegati:
La misura minima di canone, prevista dal comma 4 del decreto-legge 14 agosto 2020, n.140, convertito dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, di euro 2.698,75 è aggiornata a euro 3.377,50 a decorrere dal 1° gennaio 2023.
La misura minima di euro 3.377,50 si applica alle concessioni per le quali la misura annua di canone, determinata in base alla normativa in premessa e secondo i precedenti commi, dovesse risultare inferiore al citato limite minimo. Il decreto sarà trasmesso alla Corte dei conti per la registrazione. -
Condotta delittuosa del cliente: la colpa concorrente del commercialista
Con la sentenza n. 3352 del 3 novembre 2022 la Corte di Giustizia di secondo grado della Calabria ha stabilito che il concorso del commercialista nella condotta delittuosa del contribuente si configura con l’inserimento, da parte del consulente, nella dichiarazione dei redditi (Unico), di dati non veritieri, allo scopo di abbattere il reddito imponibile.
Tale circostanza integra il requisito soggettivo della colpa professionale. I fatti di causa.
L'Agenzia delle entrate, nell'espletamento della propria attività istituzionale di controllo, aveva riscontrato una serie di anomalie sulla posizione fiscale di alcuni contribuenti che avevano commesso, in base ai controlli incrociati, violazioni fiscali tali da elidere totalmente o abbattere grandemente le imposte dovute o di creare crediti inesistenti.
Tutti i contribuenti soggetti a controllo erano assistiti dallo stesso consulente tributario che risultava come soggetto che aveva trasmesso le dichiarazioni fiscali. All’esito del controllo veniva emesso un atto di contestazione, notificato al commercialista.
A seguito di ricorso del contribuente, la CTP lo accoglieva, esponendo una serie di considerazioni relative alle violazioni tributarie, poste in essere da una Snc ma estranee al commercialista.
L’Amministrazione ricorreva in appello, e in secondo grado, risultava che il fiscalista, con le proprie competenze tecniche, aveva coadiuvato la Snc e altri contribuenti assistiti a compiere le violazioni tributarie.Mediante l'indicazione di dati non corretti, si consentiva agli stessi di:
- non pagare imposte,
- o di pagarle in misura inferiore rispetto a quella dovuta,
- nonché di conseguire crediti d'imposta non spettanti.
Nella sentenza la Corte di giustizia tributaria premetteva che l'avviso di accertamento a carico del consulente fiscale era stato emesso legittimamente in applicazione delle disposizioni di cui all'articolo 9 Dlgs n. 472/1997 secondo il quale, se il professionista concorre nella violazione tributaria commessa dal cliente, tanto il cliente quanto il professionista sono sottoposti alla sanzione disposta.
Il consulente avrebbe quindi partecipato consapevolmente alle violazioni tributarie del cliente.
Pur essendo accertata la mera qualità del consulente quale “intermediario” della presentazione, per via telematica, delle dichiarazioni modello Unico, Iva e Irap, egli non contestava l'assunzione dell'incarico professionale per la predisposizione delle dichiarazioni dei clienti.
Secondo la Corte, trattandosi dell'inserimento in dichiarazione di dati non veritieri finalizzati all'abbattimento del reddito di imponibile, vista la specifica attività professionale svolta dal consulente, sussiste il requisito soggettivo della condotta concorsuale costituito, quanto meno, dalla colpa del commercialista.
La Corte ricorda come l'attività del consulente fiscale si configura come obbligazione di mezzi, in cui il professionista si obbliga a svolgere una determinata attività senza che da ciò derivi necessariamente un certo esito, nel caso di specie l’incarico alla predisposizione e all’invio della dichiarazione ha il carattere di obbligazione di risultato, che è tenuto a perseguire il fiscalista, a pena di inadempimento dell’obbligazione assunta.
Da qui, la conclusione sulla corretta configurabilità del concorso del commercialista nella realizzazione delle condotte illegittime attribuite al proprio cliente.
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Aumento tassi BCE: come incide su dazi e mutui
La Banca Centrale Europea, costituisce insieme alle banche centrali nazionali (come la Banca d’Italia) il cosiddetto Eurosistema la cui funzione è quella di mantenere la stabilità dei prezzi cioè di controllare l’inflazione e dando stabilità al valore dell’Euro nell’Eurozona.
Il tasso BCE è il tasso di riferimento e rappresenta il tasso al quale la BCE concede prestiti alle banche che operano in UE.
Tale valore viene utilizzato come parametro di indicizzazione dei mutui ipotecari a tasso variabile e incide anche sui dazi alle importazioni e esportazioni.
La Banca Centrale Europea in data 2 febbraio con avviso informa sulle ultime misure del Consiglio direttivo miranti ad assicurare un ritorno dell’inflazione verso il suo obiettivo del 2% a medio termine.
Viene specificato che, il Consiglio direttivo ha deciso di innalzare di 50 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE.
Ne consegue che a partire dal giorno 8 febbraio i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali saranno innalzati al 3.00%.
Aumento tassi BCE: come incide sui dazi
Con conseguente avviso, con oggetto "DECISIONE DI POLITICA MONETARIA DELLA BANCA CENTRALE EUROPEA. MODIFICHE AI TASSI DI INTERESSE DI RIFERIMENTO DELLA BCE – FEBBRAIO 2023" le Dogane hanno specificato che il suddetto tasso incide:
- sul calcolo degli interessi di credito sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione in caso di agevolazioni di pagamento diverse dalla dilazione di pagamento
- nonché sugli interessi di mora sull'importo dei dazi all'importazione o all'esportazione, (disciplinati rispettivamente dall’art. 112 e 114 del Reg. EU n. 952/2013), che istituisce il codice doganale dell’Unione.
La BCE ha anche annunciato il rialzo di ulteriori 50 punti che sarà deliberato a marzo "alla luce delle spinte inflazionistiche di fondo".
Per il seguito viene diramata una generica intenzione di "valutare la successiva evoluzione della sua politica monetaria".
Aumento tassi BCE: come incide sui mutui
Il tasso BCE, noto come tasso refi, relativo alle operazioni di rifinanziamento, è indicatore significativo della situazione economica europea. Esso ha importanti effetti anche per il consumatore finale.
I tassi d’interesse stabiliti dalla Banca Centrale Europea incidono infatti sui tassi interbancari come l’indice Euribor, sul quale si basa ad esempio il mutuo a tasso variabile.
La Banca Centrale Europea (BCE) ha ora alzato i tassi di interesse di 50 punti base e annunciato un nuovo incremento a marzo, per poi valutare successive manovre.
Questo ha un impatto sui mutui a tasso variabile, inoltre scende lo spread.
In base alle simulazioni di "Mutuionline", portale che mette a confronto le principali banche e mutui per l'acquisto della casa, la rata di un mutuo a tasso variabile salirebbe fra i 33 e i 43 euro.
Già dalla scorsa estate, per effetto dei precedenti rialzi del costo del denaro, i costi di un mutuo sono aumentati.
Si stima che un mutuo a tasso variabile dall’estate scorsa sia aumentato fino a 200 euro al mese.
Per eventuali opportunità di rinegoziazione dei mutui ti consigliamo di leggere: Rinegoziazione mutui ipotecari 2023: da tasso variabile a tasso fisso entro il 31.12.2023 con le ultime novità della legge di Bilancio 2023.
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Superbonus ETS: chiarimenti ADE per APS, ONLUS e ODV
Con Circolare n 3 dell'8 febbraio le Entrate forniscono utili chiarimenti relativi al Superbonus per interventi su edifici di
- Onlus,
- Organizzazioni di volontariato (ODV)
- Associazione di promozione sociale (APS)
In particolare, la circolare fornisce chiarimenti sulle modalità applicative del comma 10-bis dell’art. 119 del DL 34/2020.
In premessa viene ricordato che l’articolo 119, comma 10-bis del decreto Rilancio stabilisce, in determinati casi, particolari modalità di determinazione delle spese ammesse alla detrazione Superbonus spettante per le spese sostenute a fronte di specifici interventi in ambito di efficienza energetica, di interventi antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici nonché delle infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici.
I limiti di spesa ammessi alla detrazione variano in funzione della tipologia di interventi realizzati e, in linea generale, sono riferiti all’edificio o alle unità immobiliari oggetto degli interventi agevolabili.
La disposizione contenuta nel comma 10-bis, che ammette all’agevolazione fiscale le spese sostenute dalle organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus), dalle organizzazioni di volontariato (Odv), dalle associazioni di promozione sociale (Aps) iscritte nei registri nazionali, regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano, stabilisce che:“Il limite di spesa ammesso alle detrazioni di cui al presente articolo, previsto per le singole unità immobiliari, è moltiplicato per il rapporto tra la superficie complessiva dell'immobile oggetto degli interventi di incremento dell'efficienza energetica, di miglioramento o di adeguamento antisismico previsti ai commi 1, 2, 3, 3-bis, 4, 4-bis, 5, 6, 7 e 8, e la superficie media di una unità abitativa immobiliare, come ricavabile dal Rapporto Immobiliare pubblicato dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia delle Entrate ai sensi dell'articolo 120-sexiesdecies del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, per i soggetti di cui al comma 9, lettera d-bis), che siano in possesso dei seguenti requisiti:
- svolgano attività di prestazione di servizi socio-sanitari e assistenziali, e i cui membri del Consiglio di Amministrazione non percepiscano alcun compenso o indennità di carica;
- siano in possesso di immobili rientranti nelle categorie catastali B/1, B/2 e D/4, a titolo di proprietà, nuda proprietà, usufrutto o comodato d'uso gratuito.
Il titolo di comodato d'uso gratuito è idoneo all'accesso alle detrazioni di cui al presente articolo, a condizione che il contratto sia regolarmente registrato in data certa anteriore alla data di entrata in vigore della presente disposizione».
Tale disposizione è stata introdotta per tenere conto della circostanza che tali enti in generale esercitano la propria attività in edifici di grandi dimensioni anche in considerazione del fatto che, per taluni servizi che vengono erogati alla collettività, le norme e gli standard funzionali impongono la disponibilità di notevoli superfici appositamente attrezzate.
Ai fini del superbonus questi soggetti risulterebbero penalizzati qualora le spese agevolabili fossero determinate in funzione del numero delle unità immobiliari oggetto di interventi tenuto conto che interi immobili o interi complessi edilizi sono catastalmente individuati quale singola unità immobiliare.
Con la Circolare n 3 dell'8 febbraio sinteticamente si chiarisce che:
- l’entrata in vigore del Codice del Terzo settore e la conseguente istituzione del Registro unico nazionale del Terzo settore, comporta una sostanziale continuazione della operatività di questi enti, che acquisiscono formalmente la qualifica di Ets e, pertanto, non fa venir meno la possibilità di fruire del Superbonus,
- la norma di riferimento non prevede che, al momento dell’effettuazione degli interventi, l’immobile debba essere già utilizzato per l’esercizio delle attività di servizi socio-sanitari e assistenziali, purché, in ogni caso, alla data di inizio lavori l’immobile sia detenuto dell’ente e che questo abbia cambiato la destinazione d’uso dello stesso,
- i soggetti legittimati possano avvalersi della modalità di calcolo dei limiti di spesa ammessi al Superbonus, di cui al comma 10-bis, anche se l’attività di servizi socio-sanitari e assistenziali viene svolta in via mediata attraverso la stipula di un contratto di affitto di azienda con un altro soggetto, a condizione che permanga, in capo al soggetto legittimato lo svolgimento di attività di prestazioni di servizi socio-sanitari richiesti dalla norma e il concedente detenga l’immobile,
- non è necessario che l’azienda o il ramo di azienda, oggetto del contratto di affitto, già esercitasse, alla data di stipula del predetto contratto, un’attività di servizi socio-sanitari e assistenziali che può essere anche avviata successivamente a tale data,
- l’assenza di compensi o indennità di carica a favore dei membri del Consiglio di amministrazione deve sussistere dal 1° giugno 2021, deve permanere per tutta la durata del periodo di fruizione dell’agevolazione e deve risultare dallo statuto (vigente all'1.06.2021). La condizione deve sussistere e permanere anche nel caso in cui si opti per la cessione del credito relativo alla detrazione spettante o per il c.d. “sconto sul corrispettivo,
- riguardo la specifica modalità di calcolo per la determinazione dei massimali di spesa, la norma considera quale parametro di riferimento la "superficie media" di una unità abitativa immobiliare, per evitare differenze territoriali, occorre fare riferimento al valore medio ricavabile dal Rapporto Immobiliare pubblicato dall'Osservatorio del Mercato Immobiliare dell'Agenzia delle entrate riferibile alla media nazionale e non a quello del comune ove è ubicato l’immobile stesso.
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Mancato guadagno per volontariato: chiarimenti per lavoratori autonomi
Con la Risposta a interpello n 191 del 6 febbraio le Entrate rispondono ad un ente che chiede chiarimenti in merito al trattamento fiscale del rimborso per ''mancato guadagno giornaliero'' erogato, ai sensi dell'articolo 39, comma 5, del decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1 ''Codice di protezione civile''
L'Istante richiama la risposta n. 474 del 7 novembre 2019 con la quale è stato affermato che il rimborso per il ''mancato guadagno giornaliero'' corrisposto ai sensi dell'articolo 9, comma 10, del decreto del Presidente della Repubblica 8 febbraio 2001, n. 194, ai volontari lavoratori autonomi 'costituisce, per espressa previsione normativa, ''lucro cessante'' per il percipiente, in quanto ''sostitutivo'' del mancato guadagno giornaliero, a nulla rilevando l'attività volontaria effettivamente svolta dal professionista, ossia se, come nell'esempio richiamato nell'istanza, l'ingegnere presta un'attività di volontariato rientrante nell'ambito della propria professione o meno.
Tale rimborso, quindi, deve essere regolarmente fatturato da parte del lavoratore autonomo, secondo le disposizioni contenute nell'articolo 21 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, trattandosi di compensi costituenti per il percipiente reddito di lavoro autonomo.
Ciò posto, l'Istante chiede se tale indicazione si applica anche ai rimborsi per ''mancato guadagno giornaliero'' erogati, ai sensi del citato articolo 39, comma 5, del Codice di protezione civile, ai «volontari lavoratori autonomi, aderenti a soggetti iscritti nell'Elenco nazionale di cui all'articolo 34» del medesimo Codice, impegnati nelle attività emergenziali di cui all'articolo 7.
Sinteticamente le entrate rilevano che le conclusioni della risposta n. 474/2019 che si era espressa per l’inclusione nell’ambito del reddito di lavoro autonomo professionale e per la fatturazione del rimborso non sarebbero generalizzabili in quanto applicabili limitatamente alla particolare fattispecie esaminata.
Nella fattispecie specifica oggetto della risposta n. 191/2023, invece, si tratta di attività svolte dal volontario di protezione civile, lavoratore autonomo, attivato direttamente tramite associazioni regolarmente iscritte nell’Elenco nazionale del volontariato di protezione civile.
Le Entrate ricordano che con riferimento alla figura del ''volontario'', l'articolo 17, comma 2, del Codice del Terzo Settore stabilisce che è «una persona che, per sua libera scelta, svolge attività in favore della comunità e del bene comune, anche per il tramite di un ente del Terzo settore, mettendo a disposizione il proprio tempo e le proprie capacità per promuovere risposte ai bisogni delle persone e delle comunità beneficiarie della sua azione, in modo personale, spontaneo e gratuito, senza fini di lucro, neanche indiretti, ed esclusivamente per fini di solidarietà».
Sulla base delle citate disposizione codicistiche ne deriva, come affermato dall'Istante, che il volontario ''di protezione civile viene mobilitato tramite le rispettive associazioni per gli eventi emergenziali di cui all'articolo 7 del Codice di protezione civile e, pertanto, non si richiede una prestazione alla singola persona ma all'associazione che mette a disposizione i propri volontari iscritti; ed è sempre l'Organizzazione di Volontariato il soggetto con il quale il Dipartimento della protezione civile, o la singola Regione, interagisce''.
In tale contesto, l'attività del volontario non può essere in alcun modo ''retribuita'' non costituendo una prestazione lavorativa.
Al fine di consentire l'effettiva partecipazione dei volontari alle attività di protezione civile, l'articolo 39 del Codice di protezione civile, tra gli altri ''strumenti'', prevede che «Ai volontari lavoratori autonomi, aderenti a soggetti iscritti nell'Elenco nazionale di cui all'articolo 34, impiegati nelle attività previste dal presente articolo, e che ne fanno richiesta, è corrisposto il rimborso per il mancato guadagno giornaliero calcolato sulla base della dichiarazione del reddito presentata l'anno precedente a quello in cui è stata prestata l'opera di volontariato, nel limite di euro 103,30 giornalieri»
Nell'ambito del quadro normativo disciplinante le attività di protezione civile tramite il volontariato, il legislatore ha inteso assicurare la concreta partecipazione alla attività di volontariato anche ai ''volontari lavoratori autonomi'', appartenenti alle organizzazioni di volontariato iscritte nell'apposito Elenco nazionale del volontariato di protezione civile, attraverso l'erogazione, ''a richiesta'', di un ''rimborso per mancato guadagno giornaliero'' calcolato sulla base della dichiarazione dei redditi presentata l'anno precedente a quello in cui è stata prestata l'opera di volontariato e, comunque, nel limite di 103,30 euro giornalieri lordi.
Ai fini fiscali, si fa presente che, ai sensi dell'articolo 6, comma 2, TUIR, «I proventi conseguiti in sostituzione di redditi, anche per effetto di cessione dei relativi crediti, e le indennità conseguite, anche in forma assicurativa, a titolo di risarcimento di danni consistenti nella perdita di redditi, (…), costituiscono redditi della stessa categoria di quelli sostituiti o perduti (…)».
In base a tale norma, in linea generale, sono imponibili le somme corrisposte al contribuente in sostituzione di mancati guadagni (cd. ''lucro cessante'') purché riconducibili ad una delle categorie reddituali previste dal TUIR, mentre non assumono rilevanza reddituale le indennità risarcitorie erogate a fronte della perdita economica subìta dal percipiente e che si concretizza in una diminuzione del suo patrimonio (cd. ''danno emergente'').
Nel caso di specie, ai fini della tassazione dei redditi, in virtù di quanto stabilito dal citato articolo 39, comma 5, del Codice di protezione civile, il ''rimborso'', corrisposto su espressa richiesta, al volontario ''lavoratore autonomo'' (aderente ad una delle organizzazioni iscritte nell'Elenco nazionale del volontariato di protezione civile), a fronte del ''mancato guadagno giornaliero'', costituisce per espressa previsione normativa ''lucro cessante'' ed è, pertanto, soggetto ad imposizione in capo al percipiente.
Tenuto conto che il ''volontario lavoratore autonomo'' di protezione civile mette a disposizione, come previsto dal citato comma 1 dell'articolo 32 del Codice di protezione civile, le proprie capacità gratuitamente e senza fini di lucro esclusivamente per fini di solidarietà, detta attività non costituisce esercizio di attività professionale, anche se prestata nell'ambito delle proprie competenze.
Ne consegue che la percezione di tale ''rimborso'' da parte del lavoratore autonomo non comporta obblighi di fatturazione ai sensi del d.P.R. n. 633 del 1972.
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