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Naspi 2025: tutte le regole aggiornate
Tra le modifiche presentate dal Governo in extremis al disegno di legge di bilancio per il 2025, e poi entrate nel testo definitivo (Legge 207/2024) una delle novità di maggiore impatto riguarda la NASpI, l'indennità di disoccupazione.
E' stato inserito infatti un ulteriore requisito per gli eventi di disoccupazione verificatisi a partire dal 1° gennaio 2025 che rende piu difficile l'accesso .
In base alla nuova normativa, in pratica il lavoratore che :
- si dimette da una azienda oppure risolve consensualmente il rapporto di lavoro e
- nei 12 mesi successivi viene assunto e licenziato da una seconda azienda, prima di aver maturato almeno 13 settimane di contributi, NON ha diritto alla NASpI.
INPS ha fornito le istruzioni operative con la circolare 98 del 5 giugno 2025. Ecco tutte le indicazioni .
La motivazione della modifica 2025
L’obiettivo della novità è contrastare comportamenti elusivi che spesso vedono lavoratori e datori di lavoro collaborare per simulare situazioni di disoccupazione involontaria al fine di accedere al sussidio. Lo testimonierebbero i dati Inps sulle comunicazioni obbligatorie che indicano un aumento di cessazioni volontarie (che come noto non danno diritto alla disoccupazione), seguite da rioccupazioni temporanee con licenziamento, finalizzate esclusivamente a generare le condizioni per il diritto alla NASpI.
Nella stessa ottica di limitazione dell'accesso alla Naspi la misura nel Collegato lavoro legge 203 2024, sulle dimissioni per fatti concludenti, ovvero la risoluzione del rapporto di lavoro a carico del lavoratore in caso di assenze ingiustificate oltre i limiti previsti per contratto ( o oltre i 15 giorni se il contatto non specifica la soglia massima)
Naspi, la norma originaria: stato di disocccupazione e requisiti
La nuova norma è contenuta nel comma 171 modificativo dell'art. 3, c. 1 del D.Lgs. 22/2015 sui requisiti che un lavoratore disoccupato deve possedere per ottenere la NASPI, l''indennità di disoccupazione destinata ai lavoratori che perdono involontariamente il lavoro
Ricordiamo che in tale articolo originariamente la NASPI richiedeva:
- Essere in stato di disoccupazione;
- Aver maturato almeno 13 settimane di contribuzione nei quattro anni precedenti l'inizio del periodo di disoccupazione.
- aver accumulato 30 giornate di lavoro effettivo, indipendentemente dal minimale contributivo, nei 12 mesi antecedenti la disoccupazione.
L'ultimo requisito è stato eliminato per gli eventi di disoccupazione verificatisi a partire dal 1° gennaio 2022, in seguito all'approvazione della Legge 234/2021 bilancio 2022.
Per quanto riguarda la definizione di “stato di disoccupazione”, si fa riferimento all'art. 19 del Dlgs 150/2015.
In base a questa disposizione, una persona è considerata disoccupata se priva di impiego e se dichiara telematicamente, al sistema informativo delle politiche del lavoro, la propria immediata disponibilità a svolgere attività lavorativa e a partecipare alle misure di politica attiva del lavoro concordate con il centro per l'impiego.
Naspi 2025: i nuovi requisiti secondo INPS
Il 5 giugno INPS ha pubblicato nella circolare 98 le istruzioni sulla novità .
Viene ribadito che:
- il nuovo requisito contributivo di 13 settimane maturate nell'intervallo tra i due periodi di lavoro si applica solo a coloro che presentano domanda di NASpI per eventi di cessazione involontaria (licenziamento, scadenza contratto) successivi al 1° gennaio 2025 e che, nei 12 mesi precedenti, abbiano interrotto volontariamente un contratto a tempo indeterminato.
Sono escluse da questa regola alcune specifiche casistiche, per le quali resta l’accesso ordinario alla NASpI:
- Dimissioni per giusta causa, incluse quelle dovute a trasferimenti non giustificati da motivi tecnici, organizzativi o produttivi;
- Dimissioni in periodo protetto per maternità o paternità (art. 55 D.lgs. n. 151/2001);
- Risoluzioni consensuali nell’ambito della procedura di conciliazione (art. 7 Legge n. 604/1966);
- Risoluzioni consensuali per rifiuto di trasferimento in sedi distanti oltre 50 km o raggiungibili in oltre 80 minuti con i mezzi pubblici.
Si precisa inoltre che, mentre la cessazione volontaria deve riguardare un contratto a tempo indeterminato, la successiva cessazione involontaria può riferirsi anche a un contratto a tempo determinato.
Requisito delle tredici settimane di contribuzione
Nei casi descritti sopra, la normativa richiede che il lavoratore maturi almeno 13 settimane di contribuzione tra:
- la data della cessazione volontaria (dimissioni o risoluzione consensuale),
- e la data della cessazione involontaria per cui si richiede la NASpI.
Questo periodo sostituisce il normale quadriennio di osservazione previsto per l’accertamento del requisito contributivo NASpI.
Sono valide per il calcolo delle 13 settimane:
- settimane retribuite con contribuzione sufficiente;
- contributi figurativi per maternità obbligatoria (con condizione di contribuzione attiva al momento dell’astensione);
- periodi di congedo parentale indennizzati in costanza di rapporto di lavoro;
- periodi di lavoro in Paesi UE o convenzionati (totalizzabili);
- assenze per malattia dei figli fino a 8 anni, nel limite di 5 giorni all’anno.
Anche la contribuzione maturata nel settore agricolo può essere conteggiata, applicando le equivalenze specifiche (6 giornate lavorative agricole equivalgono a una settimana contributiva). In questi casi, resta applicabile la disciplina sulla prevalenza del settore lavorativo per l’accesso alla NASpI.
L'istituto sottolinea che le novità introdotte non modificano né l’importo né la durata della NASpIi, che continuano a essere determinati secondo gli articoli 4 e 5 del D.lgs. n. 22/2015 e le relative istruzioni attuative (in particolare la circolare INPS n. 94/2015).
Il nuovo requisito riguarda esclusivamente i casi in cui vi sia stata una cessazione volontaria nei 12 mesi precedenti alla disoccupazione involontaria, e in tali casi è necessario dimostrare le tredici settimane di contribuzione tra i due eventi.
Naspi 2025: nuove precisazioni sull’importo e tipo di contratto
In un comunicato stampa del 23 giugno INPS è intervenuto nuovamente precisando che :
- mentre la cessazione volontaria per dimissioni o risoluzione consensuale deve riferirsi a un rapporto di lavoro a tempo indeterminato,
- la successiva cessazione involontaria, per cui si richiede la prestazione NASpI, può riguardare sia un rapporto di lavoro a tempo indeterminato che un rapporto di
- lavoro a tempo determinato.
Per quanto attiene all’aspetto strettamente contributivo si considerano utili:
• i contributi previdenziali, comprensivi della quota NASpI, versati durante il rapporto di lavoro subordinato;
• i contributi figurativi accreditati per maternità obbligatoria se all'inizio dell'astensione risulta già versata o dovuta contribuzione e i periodi di congedo parentale purché regolarmente indennizzati e intervenuti in costanza di rapporto di lavoro;
• i periodi di lavoro all’estero in Paesi comunitari o convenzionati ove sia prevista la possibilità di totalizzazione;
• i periodi di astensione dal lavoro per malattia dei figli fino a 8 anni di età nel limite di cinque giorni lavorativi nell'anno solare.
ATTENZIONE se periodo tra la data di cessazione volontaria del rapporto di lavoro a tempo indeterminato alla data di cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede la sono presenti contributi nel settore agricolo, questi sono cumulabili e quindi utili ai fini del perfezionamento del requisito delle tredici settimane di contribuzione.
Infine l'istituto ribadisce che le novità introdotte dalla legge di Bilancio si riferiscono esclusivamente al nuovo requisito delle tredici settimane di contribuzione nel caso di una cessazione volontaria per dimissioni o risoluzione consensuale intervenuta nei dodici mesi precedenti la cessazione involontaria del rapporto di lavoro per cui si richiede
la prestazione NASpI.
Pertanto, la norma introdotta non incide sulla determinazione della misura e della durata della prestazione NASpI, il cui calcolo continua a essere effettuato secondo le disposizioni precedenti.
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Prestazioni per infortuni e malattie professionali 2025: istruzioni INAIL
La rivalutazione delle prestazioni INAIL è un aggiornamento annuale previsto per garantire che rendite e indennizzi INAIL in caso di infortuni e malattie professionali siano adeguati all’aumento del costo della vita.
Il ministero del lavoro ha reso disponibile sul sito istituzionale il decreto 56 del 18 aprile 2025 con i valori aggiornati alla rivalutazione 2025 relativamente ai settori industria, navigazione lavoro domestico.
Con la circolare 37 del 23 giugno 2025 INAIL fornisce ulteriori istruzioni e le tabelle complete per tutti i settori delle retribuzioni convenzionali da prendere come riferimento per tutti i settori.
Rivaluazione e importi 2025 per rendite, assegni e indennizzi INAIL
Nel 2025 l’incremento applicato è pari a +1,0084 per le prestazioni esistenti, con aggiornamento anche dei limiti minimi e massimi di retribuzione per il calcolo delle nuove rendite.
La retribuzione media giornaliera 2025 è stata fissata a 97,27 euro, mentre:
- il limite minimo annuo è pari a 20.426,70 euro
- il massimo annuo è pari a 37.935,30 euro
- Per il personale del settore marittimo, i valori salgono fino a 54.626,83 euro per comandanti e capi macchinisti.
Rendite per inabilità permanente
Gli assegni mensili continuativi, aggiornati con il coefficiente di rivalutazione, vengono riliquidati secondo il grado di inabilità.
Ecco gli importi validi dal 1° gennaio 2025:
Grado di inabilità Importo mensile (dal 1° gennaio 2025) Dal 50% al 59% € 377,46 Dal 60% al 79% € 529,59 Dall'80% all'89% € 983,27 Dal 90% al 100% € 1.514,87 100% + APC (assistenza personale continuativa) € 2.188,44 Assegno per assistenza personale continuativa (APC)
L’assegno mensile APC per inabilità gravi è stato aggiornato a 672,72 euro.
Assegno una tantum in caso di morte
L’indennizzo forfettario in caso di morte per infortunio o malattia professionale è stato aumentato a 12.342,84 euro.
INAIL e infortuni domestici: cosa spetta nel 2025
Anche per gli infortuni in ambito domestico sono stati aggiornati i riferimenti.
La retribuzione annua convenzionale, base per il calcolo delle rendite, è pari a 20.426,70 euro.
Per i casi di inabilità permanente tra il 6% e il 15%, è previsto un assegno una tantum che passa da 337,41 euro a 395,00 euro.
Settore agricoltura
Nel settore agricoltura la retribuzione convenzionale annua per la liquidazione delle rendite è fissata in euro 30.834,394 .
Nello specifico, gli importi da prendere in considerazione per ciascuna categoria di lavoratori del settore agricoltura sono i seguenti:
Lavoratori subordinati a tempo determinato – Retribuzione annua convenzionale :euro 30.834,39
Lavoratori subordinati a tempo indeterminato – Retribuzione effettiva compresa entro i limiti previsti per il settore industriale
- minimo euro 20.426,70
- massimo euro 37.935,30
Lavoratori autonomi Retribuzione annua convenzionale: euro 20.426,705
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Decreto Omnibus 2025: novità per i lavoratori del turismo
Il Consiglio dei ministri ha approvato il decreto-legge del 20 giugno 2025 contenente una serie di interventi urgenti in materia economica, sociale e infrastrutturale.
Tra le misure più significative figurano in tema di lavoro, per il Terzo settore ed il turismo, fondi dedicati al sostegno contro i cambiamenti del mercato e dai costi della vita per l’accesso a servizi essenziali e strumenti di welfare abitativo. Vediamo piu in dettaglio.
Misure per il lavoro e per il Terzo settore
In tema di lavoro e coesione sociale, il decreto introduce nuove risorse per la sanità, il volontariato e le fasce vulnerabili, intervenendo su più livelli
Si potenzia l’assistenza sanitaria attraverso uno stanziamento triennale a favore degli IRCCS specializzati in dermatologia, finalizzato al miglioramento dei livelli essenziali di assistenza. Contestualmente, si rafforza il sostegno alle organizzazioni del Terzo settore, con contributi aggiuntivi sia per le attività generali che per la tenuta operativa degli enti.
Di seguito, la tabella riassuntiva con le principali voci di spesa:
Ambito Beneficiari Risorse stanziate Sanità IRCCS dermatologici 5 mln €/anno (2025–2027) Assistenza sociale Interventi vari (ex art. 1, c. 186 L. 232/2016) 250 mln € (2025–2028) Terzo settore ODV, APS, Fondazioni 10 mln € (2025) Fondo garanzia Credito enti Terzo settore 10 mln € (2025) Turismo: alloggi agevolati per i lavoratori stagionali
Una delle misure più importanti per i datori di lavoro riguarda il settore turistico-ricettivo, che beneficia di un intervento articolato volto a migliorare il benessere abitativo dei lavoratori del settore, cercando di migliorare il reperimento del personale.
Il decreto prevede lo stanziamento di 44 milioni di euro nel 2025 e 38 milioni per ciascuno degli anni 2026 e 2027 per finanziare:
- Investimenti nella riqualificazione energetica e sostenibile di immobili destinati ai lavoratori del comparto.
- Contributi per sostenere i costi di locazione agevolata degli alloggi, con affitti ridotti di almeno il 30% rispetto al mercato.
I beneficiari sono i soggetti (aziende o enti) che gestiscono alloggi o strutture per personale turistico.
Il contributo è subordinato alla garanzia che l’alloggio venga messo a disposizione per almeno 5 anni a condizioni agevolate.
Il beneficio riguarda imprese che gestiscono alloggi, strutture ricettive o esercizi di somministrazione. Gli immobili dovranno essere destinati ai lavoratori per almeno 5 anni, con contratto agevolato. Il contributo è concesso previa verifica dei requisiti da parte del Ministero del Turismo.
Si tratta di un intervento di portata nazionale che mira a ridurre il disagio abitativo, aumentare la stabilità lavorativa stagionale e valorizzare i territori a forte vocazione turistica.
Per l'operatività è espressamente previsto un decreto attuativo da emanarsi entro 30 giorni dall'entrata in vigore del DL, che specificherà:
- l’entità del contributo per singolo progetto;
- le condizioni minime contrattuali (es. canone ribassato del 30%);
- i criteri di priorità e selezione;
- le modalità di controllo e la revoca delle somme in caso di inadempienze.
I soggetti interessati (imprese ricettive, gestori di alloggi per dipendenti) dovranno quindi attendere l’apertura della piattaforma o delle modalità di domanda che saranno indicate nel decreto attuativo.
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Licenziamento per giustificato motivo: decorrenza del preavviso
Con la sentenza n. 15513 del 10 giugno 2025, la Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha affrontato un tema delicato e spesso oggetto di contenzioso: il licenziamento per giustificato motivo oggettivo e il diritto del lavoratore al preavviso. Nel caso esaminato, un lavoratore aveva contestato il licenziamento intimato dalla società datrice di lavoro sostenendo che la risoluzione del rapporto fosse stata effettiva già al momento dell’avvio della procedura di conciliazione, e non al termine del preavviso, con conseguente pretesa del pagamento dell’indennità sostitutiva.
La vicenda si inquadra nell’ambito delle procedure previste dalla legge n. 604/1966, che regolamenta i licenziamenti individuali per motivi oggettivi.
In particolare, l’art. 7 della legge prevede l’obbligo per il datore di lavoro di esperire un tentativo di conciliazione preventiva presso l’Ispettorato Territoriale del Lavoro prima di procedere al recesso, a tutela del lavoratore e per favorire una soluzione bonaria.
Decorrenza e valore giuridico del licenziamento
La Corte, nel motivare la propria decisione, ha ribadito che il licenziamento per giustificato motivo oggettivo assume rilevanza giuridica fin dal momento in cui viene avviato il procedimento di conciliazione. Tuttavia, questo non comporta automaticamente la cessazione del rapporto di lavoro.
L’effetto estintivo, infatti, si verifica solo al termine del periodo di preavviso, che può essere indicato :
- nella comunicazione iniziale dell’intenzione di licenziare oppure
- nell’atto conclusivo del procedimento.
È quindi legittimo che il preavviso decorra dalla prima comunicazione formale del datore di lavoro al lavoratore, ossia dalla lettera con cui viene attivata la procedura di conciliazione. Questo significa che, se il rapporto non è stato interrotto prima della fine del preavviso, il lavoratore continua a maturare tutti i diritti connessi al periodo lavorato.
Il chiarimento fornito dalla Cassazione è di rilievo pratico: la determinazione della decorrenza del preavviso incide direttamente sull’entità delle spettanze economiche dovute al lavoratore, in particolare nel caso in cui il preavviso non venga lavorato ma sostituito con un’indennità.
Il diritto all’indennità sostitutiva e le sue implicazioni
Un altro punto fondamentale della decisione riguarda il diritto del lavoratore all’indennità sostitutiva del preavviso. La Corte ha precisato che
- tale diritto sussiste nei casi in cui il datore di lavoro non consenta di lavorare il periodo di preavviso previsto,
- la misura dell’indennità può variare in base al momento in cui il rapporto di lavoro è effettivamente cessato.
Dunque se il rapporto è stato interrotto sin dall’inizio del procedimento conciliativo, l’indennità dovrà essere commisurata all’intero periodo di preavviso non lavorato. Diversamente, se il rapporto è proseguito, anche solo formalmente, fino alla conclusione del periodo di preavviso, la corresponsione dell’indennità potrebbe non essere dovuta o essere limitata a eventuali giorni residui non goduti.
In sostanza, il lavoratore ha sempre diritto a ricevere il compenso spettante per il preavviso e la decorrenza del preavviso può essere anticipata alla data di avvio della procedura conciliativa, a condizione che ciò risulti chiaramente dalla documentazione fornita dal datore di lavoro.
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Elenco venditori gas naturale: requisiti e procedure 2025
Il Decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica n. 85/2025, pubblicato in Gazzetta il 19 giugno 2025, definisce le nuove regole operative per le imprese che vogliono operare nella vendita di gas naturale in Italia.
Il regolamento riforma il sistema di iscrizione all’Elenco dei soggetti abilitati e impone requisiti più stringenti.
L'obiettivo è quello di rafforza la trasparenza e l’affidabilità degli operatori nel mercato . L’iscrizione diventa un requisito formale, ma uno strumento di qualificazione e controllo a tutela dell’intero settore.
Per l'operatività si attende un decreto attuativo con i modelli di domanda e le procedure di controllo.(v. ultimo paragrafo)
Elenco venditori gas MASE: Chi deve iscriversi
L’iscrizione all’Elenco è obbligatoria per:
- imprese che vendono gas tramite rete connessa alla rete nazionale;
- imprese che vendono gas tramite reti isolate;
- distributori autorizzati in via transitoria alla vendita diretta.
Restano esclusi i consorzi che acquistano gas solo per i propri consorziati.
Per essere iscritti e rimanere nell’Elenco, le imprese devono possedere requisiti tecnici, di onorabilità e finanziari:
Forma giuridica: solo S.p.A., S.a.p.A., S.r.l., cooperative o consortili in tali forme.
Oggetto sociale coerente con la vendita di gas.
Requisiti di onorabilità, che devono essere rispettati da:
amministratori, legali rappresentanti, sindaci;soggetti sottoposti a verifica antimafia.
Non sono ammessi condannati per reati finanziari, fallimentari o gravi reati penali.
Requisiti finanziari: Capitale sociale minimo: 100.000 € (interamente versato).
Tipo requisito Condizione richiesta Tecnico Società di capitali, cooperative o consortili; oggetto sociale coerente Onorabilità Assenza di condanne, procedimenti fallimentari, interdizioni antimafia Finanziario Capitale minimo 100.000 €; nessun ricorso reiterato ai servizi di ultima istanza Procedura di iscrizione, controllo e cancellazione
Le imprese devono presentare domanda al MASE con autocertificazione dei requisiti. L’iscrizione è decisa entro 30 giorni, con possibilità di integrazione documentale. Ogni tre anni, l’impresa deve confermare i requisiti. Sono previsti controlli a campione annuali su almeno il 5% delle imprese iscritte.
Sono previste due fattispecie:
- Cancellazione: per mancato aggiornamento triennale o inattività.
- Esclusione: per perdita dei requisiti, false dichiarazioni o sanzioni da ARERA, AGCM, GPDP o ADM.
In caso di esclusione, l’impresa e il gruppo di appartenenza non possono fare nuova domanda prima di 2 anni.
Decreto attuativo in arrivo e regime transitorio: cosa devono fare le imprese già attive
Il nuovo regolamento MASE entrerà pienamente in operatività solo con l’adozione del decreto attuativo previsto dall’art. 11, comma 1, che dovrà essere emanato entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del DM 85/2025, ovvero entro il 18 agosto 2025.
Questo decreto definirà i modelli di domanda, le modalità tecniche di gestione dell’Elenco venditori e i criteri per le segnalazioni e i controlli.
Nel frattempo, è previsto un regime transitorio: tutte le imprese già iscritte all’elenco secondo il precedente DM 29 dicembre 2011 saranno provvisoriamente incluse nel nuovo Elenco. Tuttavia, per mantenere validamente l’iscrizione, esse dovranno, entro 90 giorni dalla data di adozione del nuovo decreto attuativo, inviare al Ministero un’autocertificazione che attesti il possesso dei requisiti tecnici, di onorabilità e finanziari previsti dal nuovo regolamento.
Le imprese che non presenteranno la dichiarazione entro il termine saranno automaticamente cancellate. Inoltre, quelle con forma giuridica non conforme (es. società di persone o consorzi non ammessi) o con capitale sociale inferiore a 100.000 euro dovranno adeguarsi entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento (cioè entro il 4 luglio 2026), pena l’esclusione definitiva dall’Elenco venditori.
Per ulteriori dettagli scarica qui il Decreto ministeriale MASE
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Contributi ENPAIA periti agrari: istituite le causali contributo
Con la risoluzione 44 del 20 giugno 2025 l'Agenzia comunica l'istituzione delle causali contributo per il versamento, tramite modello F24, dei contributi all’INPS dovuti dagli iscritti alla gestione separata dei periti agrari di pertinenza dell’ENPAIA,
Ecco i dettagli e le istruzioni di compilazione.
Causali contributo periti agrari Enpaia
Sono istitute con entrata in vigore il 1 luglio 2025 le causali contributo di seguito indicate:
• “E140” denominata “ENPAIA – Gestione Periti agrari – Acconto e saldo contributi annuali”;
• “E141” denominata “ENPAIA – Gestione Periti agrari – Riscatto periodi contributivi”;
• “E142” denominata “ENPAIA – Gestione Periti agrari – Ricostruzione periodi contributivi ante 1996”;
• “E143” denominata “ENPAIA – Gestione Periti agrari – Importi dovuti per estratti conti annuali”;
• “E144” denominata “ENPAIA – Gestione Periti agrari – Versamenti generici”.
COMPILAZIONE F 24
In sede di compilazione del modello F24, le causali vanno esposte nella sezione “Altri enti previdenziali e assicurativi” (secondo riquadro),
nel campo “causale contributo”, esclusivamente in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, riportando:
- nel campo “codice ente”, il codice “0014”;
- nel campo “codice sede”, nessun valore;
- nel campo “codice posizione”, il valore “0”;
- nel campo “periodo di riferimento: da mm/aaaa a mm/aaaa”, il periodo contributivo per il quale si esegue il versamento;
- nel campo “importi a credito compensati”, nessun valore.
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Appalti pubblici: esclusa l’azienda con CCNL scaduto
Una recente sentenza del TAR Lombardia (n. 1635/2025 del 12 maggio) ha affrontato un caso rilevante in materia di appalti pubblici e corretto utilizzo dei contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL).
La controversia è sorta nell’ambito di una procedura pubblica per l’affidamento del servizio di ristorazione scolastica e domiciliare per il triennio 2025–2027, con eventuale proroga biennale.
Nel bando, la stazione appaltante aveva indicato in maniera generica come riferimento il “CCNL Pubblici esercizi, ristorazione collettiva e commerciale e turismo”, senza però specificare la data di sottoscrizione del contratto. In fase di partecipazione, l’impresa aggiudicataria aveva dichiarato di applicare il contratto richiesto, ma in sede di verifica successiva ha esplicitato l’adozione di un CCNL sottoscritto nel 2018 e scaduto nel 2021.
Questo contratto risultava superato dal rinnovo firmato il 5 giugno 2024, il quale conteneva aggiornamenti importanti sia sul piano retributivo che normativo.
La decisione del TAR e il principio di equivalenza
Il TAR ha ritenuto illegittima l’aggiudicazione sulla base della violazione dell’art. 11 del D.lgs. 36/2023 (Codice dei contratti pubblici) e dell’articolo 9 del disciplinare di gara. In particolare, è stato sottolineato come l’impresa non abbia fornito alcuna “dichiarazione di equivalenza” tra il contratto applicato e quello vigente, prevista espressamente dal Codice. Né la stazione appaltante ha proceduto ad alcuna verifica autonoma di corrispondenza tra i livelli di tutela offerti dai due contratti.
Il giudice amministrativo ha chiarito che il contratto utilizzato dall’aggiudicataria era ormai privo di efficacia, avendo perso la sua ultrattività con la firma del rinnovo 2024. Inoltre, il nuovo CCNL conteneva tutele aggiuntive su vari aspetti: classificazione del personale, congedi per violenza di genere, assistenza sanitaria integrativa e tutela della maternità.
Il principio di equivalenza, secondo il TAR, non può essere limitato alla sola componente economica, ma deve includere anche quella normativa. Deve inoltre risultare evidente che eventuali differenze siano marginali e non compromettano i diritti fondamentali dei lavoratori.
Le conseguenze: annullamento dell’appalto e subentro
La sentenza ha comportato quindi l’annullamento dell’aggiudicazione, l’ordine di subentro dell’impresa ricorrente e la condanna alle spese per il Comune e per l’aggiudicataria.
Il collegio ha richiamato anche le più recenti linee guida dell’ANAC (Delibera n. 14/2025), che confermano la centralità del principio di equivale
Questa pronuncia consolida un orientamento volto a rafforzare il ruolo delle stazioni appaltanti nel controllo della corretta applicazione dei CCNL, al fine di garantire l’equità tra i partecipanti e la tutela dei lavoratori.
- Da un lato, si ribadisce l’obbligo per gli operatori economici di dichiarare in modo trasparente l’applicazione dei contratti aggiornati;
- dall’altro, si impone alla PA un’attenta verifica della conformità degli stessi anche sotto il profilo normativo.
In sintesi, l’applicazione di un contratto scaduto, in assenza di specifica dichiarazione di equivalenza, può rappresentare una grave irregolarità, con conseguente esclusione dalla procedura di gara.