• Assegni familiari e ammortizzatori sociali

    Indennità di disoccupazione: obbligo DID anche per i detenuti

    La sentenza della Corte di Cassazione n. 22993 del 21 agosto 2024  ha  affermato che, anche nel caso di un ex lavoratore  in stato di detenzione,  per ottenere l’indennità mensile di disoccupazione è indispensabile  la dichiarazione di immediata disponibilità per lo svolgimento di attività lavorativa (DID) e che l'erogazione dell'indennità decorre dalla data di  presentazione della DID stessa. 

    Vediamo di seguito  in maggiore dettaglio  il caso giunto all'attenzione della Suprema Corte.

    Indennità di disoccupazione e detenzione: il caso

    Il caso in esame coinvolge l'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS) e un cittadino, identificato per semplicità come "il ricorrente", che ha richiesto l'indennità di disoccupazione ASpI. La questione centrale riguarda la determinazione del periodo di inizio del trattamento di disoccupazione e, in particolare, se questo dovesse decorrere 

    • dalla data di presentazione della domanda amministrativa o 
    • dalla successiva data di rilascio della DID: dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro.

    Il ricorrente, che si trovava in custodia cautelare in carcere dal 28 ottobre 2014, era stato licenziato il 21 novembre dello stesso anno.

     Il 21 gennaio 2015 ha presentato domanda per l’indennità di disoccupazione ASpI. 

    L’INPS ha riconosciuto il diritto all’indennità solo a partire dal 2 novembre 2015, data in cui il ricorrente ha rilasciato la dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. 

    Il ricorrente ha avviato un contenzioso legale per ottenere l’indennità a partire dal 22 gennaio 2015, giorno successivo alla presentazione della domanda.

    Indennità di disoccupazione: Sentenze di merito e ricorso INPS

    La Corte d'Appello di Bologna, in riforma della prima decisione del Tribunale di Reggio Emilia, aveva dato ragione al ricorrente, stabilendo che il diritto all’indennità di disoccupazione ASpI (oggi NASPI)   doveva decorrere dal giorno successivo alla presentazione della domanda amministrativa, ovvero il 22 gennaio 2015. 

    La Corte d'Appello ha sostenuto che il detenuto, per tutta la durata della detenzione, debba essere considerato disoccupato e che l'onere di presentare la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro fosse irragionevole in queste circostanze, poiché lo stato di detenzione certifica già di per sé la disoccupazione.

    L'INPS ha presentato ricorso contro la sentenza della Corte d'Appello, sostenendo che la dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro fosse un requisito imprescindibile per il riconoscimento dell’indennità di disoccupazione. 

    L'INPS ha richiamato le disposizioni dell’art. 19, comma 2, della legge 28 febbraio 1987, n. 56, insieme a quelle dell’art. 4, comma 38, della legge 28 giugno 2012, n. 92, e dell’art. 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 181.

    Indennità di disoccupazione e detenzione:la decisione della Corte

    La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell'INPS, evidenziando che il quadro normativo applicabile richiede esplicitamente la dichiarazione di immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa per accedere all’indennità di disoccupazione. La Cassazione ha sottolineato che, secondo la legge, lo stato di disoccupazione rilevante ai fini dell’indennità ASpI presuppone tale dichiarazione, che deve essere resa dall'interessato e trasmessa all'INPS, il quale, a sua volta, la invia al servizio competente.

    La Corte di Cassazione ha analizzato la normativa vigente, confermando che l’indennità mensile di disoccupazione ASpI è subordinata non solo allo stato di disoccupazione, ma anche alla disponibilità immediata al lavoro, che deve essere formalmente dichiarata. 

    La Cassazione ha ritenuto che la legge non consente deroghe a questo requisito, nemmeno per i detenuti.

     In particolare, ha osservato che lo stato di detenzione non è necessariamente incompatibile con l’attività lavorativa e che, in ogni caso, la dichiarazione di disponibilità è un requisito non arbitrario ma necessario per attestare la volontà del soggetto di reinserirsi nel mercato del lavoro.

    La Cassazione ha quindi stabilito che la sentenza della Corte d'Appello di Bologna era errata e che l’INPS aveva correttamente applicato la normativa, riconoscendo l’indennità di disoccupazione solo a partire dalla data di presentazione della dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro.

    In sintesi, la Corte di Cassazione ha affermato un principio di diritto chiaro e rigoroso, ribadendo che l’accesso alle prestazioni previdenziali deve seguire le procedure stabilite dalla legge, senza eccezioni, anche in situazioni particolari come quella di un detenuto contribuendo a chiarire l'applicazione della normativa.

  • Maternità, famiglia, conciliazione vita-lavoro

    Il congedo parentale 2024

    La legge di bilancio 2024 (L. 213/2023)  ha innalzato  l’importo dell' indennità di congedo parentale fruibile per madri o padri  per un secondo mese,  sul totale dei 6  previsti entro il 6° anno di vita del  bambino. 

    In particolare si prevede l'aumento dell'indennità (ordinariamente fissata al 30% della retribuzione imponibile)

    • all'80% per due mesi nel 2024 e 
    • all'80% per un mese e al 60% per un altro mese,  a regime, a partire dal 2025.

     La  novità è applicabile ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati che terminano il periodo di congedo di maternità o, in alternativa, di paternità – di cui rispettivamente al Capo III e al Capo IV del DLgs. 151/2001 – successivamente al 31 dicembre 2023.

    Con la circolare 57 del 18 aprile 2024 Inps  ha fornito  le istruzioni operative  per i lavoratori del settore privato.

    Nel messaggio del 26 aprile l'istituto spiega un ulteriore possibilità operativa per i datori di lavoro. Vedi ultimo paragrafo

    AGGIORNAMENTO 24 LUGLIO 2024 

    L'INPS, con il Messaggio n. 2704 del 23 luglio 2024, comunica un ulteriore aggiornamento della procedura di presentazione delle domande di congedo parentale e congedo parentale a ore aderenti recenti modifiche . Si richiede in particolare l'inserimento della data di fine congedo  se l'evento è riferito al 2022 o 2023 . Questo per consentire l'evasione delle richieste in ordine cronologico. 

    Non è necessario invece per gli eventi nascita o ingresso in famiglia che si realizzano nel 2024.

    Inoltre l'Istituto precisa che non è  richiesta una nuova domanda per i periodi pregressi già indennizzati con le maggiorazioni.

    Congedo parentale le novità  dal 2022 

    Sul tema la normativa DLgs. 151/2001 è stata oggetto di molte modifiche nel 2022 e 2023 .In particolare :

    • con il d.lgs 105 2021  il limite massimo dei periodi di congedo parentale indennizzabili  ai  lavoratori dipendenti è stato elevato da 6 a 9 mesi complessivi  fruibili entro i 12 anni del figlio (o dall'ingresso in famiglia in caso di adozioni o affido)
    • Con la legge 197 2022 è stato previsto che  dal 2023 , a regime, un  mese dei 9 previsti da fruire entro il 6° anno  fosse indennizzato al 80% e i restanti 8 mesi  al 30%.

    Interessante notare che quest'ultima misura  era inizialmente   rivolta solo alle madri,  in controtendenza rispetto alle raccomandazioni  della  direttiva europea, sulla  parità dei sessi e  infatti durante l'iter parlamentare  la norma è stata estesa anche ai padri.

    Durata dei congedi parentali 

    Attualmente   sulla durata del congedo parentale  la normativa prevede che per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro  per periodi  che non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi,  (salvo il caso in cui il padre fruisca dell'astensione per almeno tre mesi , per cui si aggiunge un mese ulteriore)

    Nell'ambito del predetto limite, il diritto di astenersi dal lavoro compete: 

    • a) alla madre lavoratrice, trascorso il periodo di congedo di maternità  obbligatorio per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi;
    • b) al padre lavoratore, dalla nascita del figlio, per un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, elevabile a sette 
    • c) per un periodo continuativo o frazionato non superiore a undici mesi, qualora vi sia un solo genitore ovvero un genitore nei confronti del quale sia stato disposto,  l'affidamento esclusivo del figlio. In quest'ultimo caso, l'altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato. 

    In merito  INPS ha fornito le istruzioni con le circolari 122 2022 e 45 2023 

    Tabella  limiti congedi parentali

    congedi parentali dal 2024
    LIMITE INDIVIDUALE  LIMITE COMPLESSIVO 
    6 MESI sia per il padre che per la madre in alternativa
    entro i 6 anni (7 per il padre che si astiene dal lavoro per almeno 3 mesi)
    10 MESI entro i 12 anni (11 mesi per il padre che si astiene per almeno 3 mesi

    Indennizzo Congedi parentali 2024

    Nell'ambito dei limiti di durata citati  spettano i seguenti indennizzi 

    • – alla madre, fino al dodicesimo anno di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia  in caso di adozione o affidamento) un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibile all’altro genitore;
    • – al padre, fino al dodicesimo anno di vita del bambino (o dall’ingresso in famiglia in  caso di adozione o affidamento)  un periodo indennizzabile di 3 mesi, non trasferibili all’altro genitore;
    • – a entrambi i genitori , in alternativa un ulteriore periodo indennizzabile della  durata complessiva di 3 mesi, fruibile anche in modalità ripartita tra i genitori, nei  limiti individuali del singolo genitore e nel limite di coppia di 9 mesi indennizzabili.
    • – sono indennizzabili anche il decimo e l’undicesimo mese nel caso in cui il reddito personale del richiedente il congedo sia inferiore a 2,5 volte la pensione minima.

    In caso di parto plurimo, il diritto al congedo parentale spetta, nei predetti limiti,   per ogni figlio.

    Indennità secondo mese all'80% dal 2024: istruzioni operative e Uniemens

     Nella circolare 57 2024 , giunta con molto ritardo l'istituto chiarisce finalmente le modalità operativo per la fruizione dell'indennità.

    Si ricorda che il mese con indennità aumentata può essere utilizzato alternativamente dai due genitori o esclusivamente da uno di essi, anche in modalità spezzata (giorni o ore).

    Successivamente vengono riepilogate le varie percentuali dell'indennità che i datori di lavoro sono tenuti a erogare per i congedi parentali fruibili entro i sei anni di vita del bambino, ovvero l'80% per il primo mese e per il secondo (solo se utilizzato nel 2024), o il 60% per il secondo mese utilizzato dal 2025 e il 30% per i successivi sette mesi (che possono arrivare a nove per i redditi inferiori a una certa soglia), fornendo anche diversi esempi pratici 

    Si segnala in particolare che il diritto al secondo mese di congedo con indennità  maggiorata  al 80%/60% :

    • è garantito per i bambini nati a partire dal 1° gennaio 2024, indipendentemente dall'effettivo uso del congedo di maternità o paternità.
    • mentre per i nati nel 2023 , spetta solo ai lavoratori che concludano il congedo  obbligatorio  dopo il 31 dicembre 2023.
    • In caso contrario è applicabile un solo mese con indennità all80% come da normativa previgente

    Dal punto di vista procedurale, l'ente ha implementato nuovi codici evento e codici conguaglio da impiegare nel flusso Uniemens  o per la restituzione di quello retribuito in misura standard da utilizzare entro il flusso di giugno 2024.

    I nuovi codici evento da utilizzare per la denuncia contributiva, tramite il flusso UniEmens, riferita ai lavoratori dipendenti iscritti all’Assicurazione generale obbligatoria[3] e ad altri Fondi speciali, sono :

    • “PG2”, avente il significato di “Periodi di congedo parentale in modalità oraria indennizzati in misura dell’60 per cento della retribuzione (dell’80 per cento per il solo anno 2024) di cui all’articolo 1, co. 179, L. n. 213/2023 nella misura di un mese fino al sesto anno di vita del bambino”;
    • “PG3”, avente il significato di “Periodi di congedo parentale in modalità giornaliera indennizzati in misura del 60 per cento della retribuzione (dell’80 per cento per il solo anno 2024) di cui all’articolo 1, co. 179, L. n. 213/2023 nella misura di un mese fino al sesto anno di vita del bambino”.
    • Successivamente  le correzioni potranno essere effettuate solo tramite procedure di regolarizzazione.

    Ai fini del conguaglio,  i datori di lavoro del settore privato devono valorizzare all’interno di <DenunciaIndividuale> / <InfoAggcausaliContrib> il <CodiceCausale> di nuova istituzione “L330”, avente il significato di “Conguaglio congedo parentale in misura del 60% della retribuzione (80% per il solo anno 2024) di un mese fino al sesto anno di vita del bambino di cui all’articolo 1, co. 179, L. n. 213/2023”.

    AGGIORNAMENTO 26 APRILE 2024 

    Nel messaggio 1629  del 26 aprile INPS  comunica che è stata ampliata la possibilità, per i datori di lavoro che hanno già elaborato le buste paga di aprile 2024 con l’indicazione del congedo parentale in misura ordinaria (30%), di poter conguagliare la prestazione con integrazione all’80% :

    • sui flussi di maggio 2024 e giugno 2024 
    • valorizzando il codice “L330” con indicazione 04.2024 all’interno dell’elemento <AnnoMeseRif>
    •  con la contestuale restituzione utilizzando il codice “M047”.

    AGGIORNAMENTO 11 LUGLIO 2024

    INPS ha  reso noto con il messaggio 2283 2024  di alcune modifiche alla procedura telematica delle domande e fornisce  nuove istruzioni operative anche ai datori di lavoro  e agli operatori di sede. 

    Le novità cercano di ovviare alle difficolta di applicazione della norma che prevede   l’indennità maggiorata:

    •   per un mese all’80% nel 2023 e 
    • per due mesi all’80% nel 2024

     solo per i genitori che hanno terminato il congedo di maternità o paternità dopo il 31 dicembre 2022 nel primo caso e dopo il 31 dicembre 2023 nel secondo. In assenza di tali dati nella domanda di congedo, i datori di lavoro hanno dovuto reperirli autonomamente,con alto rischio di errori.

     Il flusso di acquisizione delle domande di congedo parentale è stato  ora  modificato per permettere a richiesta di indennità con aliquota maggiorata fornendo i necessari dettagli.

     Durante la compilazione della domanda telematica, il lavoratore dovrà selezionare la nuova dichiarazione "Dichiaro di voler richiedere l’indennizzo con aliquota maggiorata" nella sezione "Dati domanda".

    Se la data di parto o di ingresso in famiglia per affidamento/adozione ricade nel 2022, il lavoratore dovrà inserire almeno una delle seguenti date:

    • data ultimo giorno di congedo di maternità fruito come dipendente del settore pubblico o privato per il minore;
    • data ultimo giorno di congedo di paternità alternativo fruito come dipendente del settore pubblico o privato per il minore;
    • data ultimo giorno di congedo di paternità obbligatorio per il minore.
  • Incentivi assunzioni ed esoneri contributivi

    Naspi e Discoll nel nuovo Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa

    In merito al processo che prevede l''iscrizione di Naspi e Discoll nel nuovo Sistema informativo per l'inclusione sociale e lavorativa (Siisl), a breve modi e termini saranno specificati in un prossimo decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

    Attualmente è comunque in corso l’aggiornamento delle banche dati del ministero e di altre amministrazioni ed enti pubblici. Il disoccupato ha anche la possibilità di integrare e rettificare i dati precompilati.

    L’obiettivo è ovviamente quello di permettere ai Centri per l’impiego di individuare offerte di lavoro idonee tramite il Siisl.

    Naspi e Discoll inseriti nel Sistema informativo per l’inclusione sociale

    Il Decreto Coesione 60/2024 ha così previsto all’art.25 l’iscrizione d’ufficio dei percettori della Nuova prestazione di assicurazione sociale per l’impiego (NASpI) e dell’indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (DIS-COLL) nel Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa.

    Ai beneficiari dell’Assegno di inclusione (ADI) e del supporto formazione lavoro (SFL), si aggiungono anche i percettori NASpI e DISS-COLL.

    Il Siisl permette ai soggetti registrati di accedere ad informazioni e proposte di lavoro, corsi di formazione, tirocini di orientamento e formazione, progetti utili alla collettività ed altri strumenti di politica attiva del lavoro adeguati alle proprie caratteristiche e competenze. In questo processo si dovrebbe tenere conto sia delle esperienze formative che delle competenze professionali possedute dagli iscritti in virtuù delle offerte di lavoro disponibili così come dei corsi di formazione.

    Si ricorda che la «Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l'Impiego (NASpI)» è stata istituita con l’art. 1 del D.Lgs. n. 22 del 2015 e rappresenta “l’indennità mensile di disoccupazione, (…) avente la funzione di fornire una tutela di sostegno al reddi–to ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato (con esclusione dei dipendenti a tempo indeterminato delle pubbliche amministrazioni) che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione”.

    L’Indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa – DIS-COLL, istituita con l’art. 15 del D.Lgs. n. 22 del 2015, costituisce l’indennità di contrasto alla disoccupazione involontaria ed “è riconosciuta mensilmente ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata, non pensionati e privi di partita IVA, che abbiano perduto involontariamente la propria occupazione”

    Leggi anche Portale SIISL: lavoro piu facile con l'intelligenza artificiale

  • Contributi Previdenziali

    Omissioni contributive: le nuove sanzioni dal 1 settembre

    Nel decreto 19 2024 di attuazione del PNRR  sono previste misure agevolative e semplificazioni per i casi di violazioni in ambito contributivo e dei premi INAIL  che dovrebbero entrare in vigore dal 1 settembre 2024. 

    L'approccio  intende  favorire l'adempimento collaborativo e segue l'impostazione già prevista in ambito  tributario  con i recenti decreti legislativi di attuazione della  riforma fiscale (legge 111/2023).

    Si ricorda che il decreto 19 2024 ,  detto DL PNRR entrato  in vigore lo scorso 3 marzo e convertito in legge 56 2024 del 29.4.2024,  dedica molti  altri articoli al lavoro  intervenendo   con un inasprimento delle sanzioni in tema di salute e sicurezza sul lavoro.

    In ambito contributivo,   come detto, si riscrive complessivamente il regime sanzionatorio   anche con alcuni aggravi;  si segnalano in particolare le seguenti novità rispetto al  regime vigente: 

    • per le omissioni contributive, in caso di adempimento spontaneo entro 120 giorni dalla scadenza ordinaria non si applica la maggiorazione delle sanzioni civili;
    • per l'omissione di comunicazioni rilevanti in tema di reddito prodotto che producano modifiche negli obblighi contributivi   si applicano le sanzioni pari al 30% ma senza superare il 60% di quanto dovuto 
    • le sanzioni invece aumentano al 7,5% aggiuntivo rispetto al tasso ufficiale in caso di versamento di contributi e premi oltre i 60 gg

    Di seguito,  il riepilogo  delle nuove norme in ambito sanzionatorio e di nuove comunicazioni semplificate con l'istituto, per le quali si attendono ulteriori dettagli dall'INPS.

    Tabella nuove sanzioni per omissioni contributive – Un esempio

    Vediamo in dettaglio  le nuove sanzioni con l'aiuto di una tabella:

    Violazione

    Sanzione

    Condizioni Specifiche

    Mancato o ritardato pagamento o in misura inferiore al dovuto 

     sanzioni civili al tasso ufficiale di riferimento + 5,5% annuo.

    Sanzione massima: non superiore al 40% dell'importo non pagato.

    Se il pagamento avviene entro 120 giorni senza contestazioni, la maggiorazione ordinaria del 5,5%  non si applica.

    Evasione (registrazioni, denunce, dichiarazioni omesse/non vere)

    30% annuo

    Sanzione massima: 60% dell'importo non pagato. S

    • Se la denuncia è spontanea,  prima di contestazioni e il pagamento avviene entro 30 giorni dalla denuncia:  tasso ufficiale + 5,5%. 
    • Se il pagamento avviene entro 90 giorni: tasso ufficiale + 7,5%.

    Sanzione ridotta applicabile solo con pagamento della prima rata in caso di rateizzazione.

    Situazione debitoria rilevata d'ufficio o da verifiche

    50% del tasso applicabile secondo a) o b)

    Se il pagamento avviene in unica soluzione entro 30 giorni dalla notifica. La misura ridotta si applica con il pagamento della prima rata in caso di rateizzazione.

    Mancato/ritardato pagamento per incertezze giuridiche/amministrative

    Se il pagamento avviene entro il termine fissato dagli enti impositori  si applicano  solo gli interessi legali   senza  sanzione civile come da art. 1284 del Codice Civile.

     A titolo di esempio:  la sanzione civile, che normalmente include un tasso ufficiale di riferimento (Tur) maggiorato di 5,5 punti, viene ridotta, limitandosi al solo Tur.  Quindi, con un Tur al 4,25%, la sanzione civile ordinaria sarebbe del 9,75%, ma con il nuovo ravvedimento si riduce al 4,25%.

    Decreto PNRR 19 2024 semplificazione comunicazioni con INPS

    Dal 1 settembre 2024  si prevedono  anche nuove modalità di comunicazione tra INPS e contribuenti , sempre nell'ottica di agevolare la regolarità contributiva prima di eventuali contestazioni.

      L'INPS condividerà con i contribuenti o i loro intermediari  i dati  raccolti anche da altre banche dati  riguardanti  le prestazioni lavorative e gli obblighi  previdenziali che ne derivano;  allo stesso modo i contribuenti  avranno a disposizione nuovi strumenti per segnalare all'Istituto informazioni aggiuntive. 

    Le modalità operative  di questi rapporti saranno definite dal  Consiglio di Amministrazione dell'INPS e dovranno  essere approvate  dal Ministro del Lavoro entro 60 giorni dalla proposta.

    ATTENZIONE  l'INPS potrà controllare  gli obblighi contributivi compresi  quelli legati a lavoro  in somministrazione o tramite distacco o appalto utilizzando dati propri o di altre amministrazioni e  su questa base potrà chiedere ai contribuenti  ulteriori informazioni  e anche convocare  gli interessati presso gli uffici territoriali .  Se dalle verifiche emergeranno  discrepanze, l'istituto potrà emettere avvisi di accertamento che verranno inviati via PEC.

  • Lavoro Dipendente

    Licenziamenti collettivi: ambito da motivare con precisione

    In tema di licenziamenti collettivi, la Corte di Cassazione ha ribadito in una nuova sentenza n. 18215/2024, l'importanza per il datore di lavoro di specificare le ragioni che giustificano la delimitazione del licenziamento a una determinata sede o settore dell'azienda. 

    La Corte ha affermato  in particolare che è onere del datore di lavoro, nella comunicazione ex art. 4 comma 3 della L. 223/1991, indicare non solo le ragioni generali della riduzione di personale, ma anche motivare perché la scelta dei lavoratori da licenziare sia limitata a una specifica unità produttiva o settore, chiarendo perché gli addetti a quella unità non possano essere utilizzati in altre aree dell'azienda.

    Vediamo i dettagli  del caso e i precedenti in materia.

    Comunicazione preventiva per licenziamenti collettivi

    Nello specifico, il caso trattava di una procedura di riduzione del personale che interessava una specifica unità produttiva all'interno dell'azienda. 

    La Corte territoriale aveva stabilito che la comunicazione preventiva, inviata dall'azienda alle rappresentanze sindacali ai sensi dell'art. 4 comma 3 della L. 223/1991, era carente perché non conteneva una motivazione sufficiente riguardante la scelta di limitare i licenziamenti a quella particolare sede o settore.

    La società datrice di lavoro aveva sostenuto che non era necessario fornire dettagli specifici sull'infungibilità delle mansioni dei lavoratori licenziati rispetto a quelli di altre sedi.  Invece, la Corte di Cassazione ha confermato la decisione della Corte territoriale, sottolineando che la comunicazione doveva contenere dettagli molto precisi .

    Ricorda infatti che la comunicazione preventiva che il datore di lavoro deve inviare alle rappresentanze sindacali, ai sensi dell'art. 4 comma 3 della L. 223/1991, in caso di licenziamento collettivo, deve contenere una serie di informazioni dettagliate e specifiche per consentire una corretta valutazione e partecipazione da parte dei sindacati al processo decisionale.

     Nello specifico, la comunicazione deve includere le seguenti indicazioni:

    • Motivazioni dell'eccedenza di personale: Il datore di lavoro deve specificare i motivi che hanno portato alla decisione di ridurre il personale. Questo include le ragioni tecnico-produttive, organizzative o economiche che determinano la necessità di procedere con i licenziamenti.
    • Ragioni tecnico-organizzative: Devono essere chiaramente esplicitate le esigenze tecnico-produttive e organizzative che giustificano la decisione di limitare i licenziamenti a una specifica unità produttiva o settore dell'azienda, anziché coinvolgere l'intero complesso aziendale.
    • Numero, collocazione e profilo professionale dei lavoratori interessati: La comunicazione deve indicare il numero esatto dei lavoratori in esubero, la loro collocazione all'interno dell'azienda (ad esempio, quale unità produttiva o settore), e i loro profili professionali, per permettere una valutazione precisa dei criteri di selezione adottati.
    • Criteri di selezione del personale da licenziare: Devono essere riportati i criteri utilizzati per scegliere i lavoratori da licenziare, che secondo la legge includono l'anzianità di servizio, i carichi di famiglia e le esigenze tecnico-produttive.
    • Tempi di attuazione del programma di riduzione del personale: È necessario indicare le tempistiche previste per l'attuazione del piano di riduzione del personale, in modo da fornire un quadro chiaro dei tempi e delle modalità di esecuzione dei licenziamenti.
    • Eventuali misure per mitigare le conseguenze sociali: Devono essere specificate eventuali misure che il datore di lavoro intende adottare per ridurre l'impatto sociale dei licenziamenti, come programmi di outplacement, possibilità di trasferimento a unità produttive vicine, incentivi all'esodo volontario, o altre forme di sostegno ai lavoratori.

    Licenziamento collettivo illegittimo per omesse motivazioni: i precedenti

    Questa pronuncia trova un precedente significativo nella sentenza n. 4678/2015, dove la Cassazione aveva già stabilito che un licenziamento collettivo è da considerarsi illegittimo se la comunicazione preventiva non specifica le esigenze tecnico-produttive relative alle singole unità produttive interessate, ma si limita a indicare ragioni generali riguardanti l'intero complesso aziendale. In quel caso, la Corte aveva sottolineato che la comunicazione deve consentire una trasparente e corretta partecipazione delle rappresentanze sindacali al processo decisionale, e che l'assenza di queste specifiche rende il licenziamento invalido.

  • Lavoro Dipendente

    Oblio oncologico: chiarimenti dal Garante Privacy

     il diritto all’oblio oncologico  è stato recentemente regolato dalla legge n. 193/2023 e da due decreti attuativi  26 aprile 2024 e del 30 luglio 2024 che hanno specificato i tempi e la procedura per richiedere la certificazione. 

    Leggi anche Oblio oncologico: tutte le regole e i modelli di certificazione

    Si tratta ricordiamo di una tutela contro le discriminazioni contro le persone che hanno superato una malattia oncologica 

    Il 9 agosto scorso il Garante per la privacy ha pubblicato sul proprio sito  un documento con numerosi chiarimenti su aspetti pratici dell'applicazione delle norme, sotto forma di faq. 

    Viene data risposta  a dubbi come ad esempio :

    • Quando e a chi  si deve fare richiesta di certificazione ?
    • Le banche, le assicurazioni e i datori di lavoro possono chiedere informazioni su una patologia oncologica conclusa da diversi anni? 
    • Una persona clinicamente guarita può adottare un bambino? 
    • cosa si intende per conclusione del trattamento attivo?

    Ecco alcune indicazioni 

    Qui il documento completo.

    Oblio oncologico: divieto di indagine per i rapporti lavorativi

    Il documento oltre a fornire chiarimenti ai cittadini sul diritto all’oblio oncologico (legge n. 193/2023) dà indicazioni utili a tutti i datori di lavoro pubblici e privati e a banche, assicurazioni, intermediari del credito e finanziari affinché possano applicare correttamente la nuova normativa, ricordando che il compito di vigilanza sulla corretta applicazione della legge è affidato al Garante Privacy, che  potrà infliggere le sanzioni previste dal Gdpr. 

    In primo luogo chiarito che la normativa vieta a banche, assicurazioni, e a tutti i datori di lavoro (sia nella fase di selezione del personale sia durante il rapporto lavorativo), di richiedere all’utente e al dipendente informazioni su una patologia oncologica da cui sia stato precedentemente affetto e il cui trattamento si sia concluso – senza episodi di recidiva – da più di dieci anni (ridotti a cinque se il soggetto aveva meno di 21 anni al momento in cui è insorta la malattia).

    Oblio oncologico in caso di adozioni

     Il Tribunale, nella selezione delle coppie, non può raccogliere informazioni sulle patologie oncologiche pregresse quando siano trascorsi più di dieci anni dalla conclusione del trattamento della patologia – in assenza di recidive o ricadute – o più di cinque anni se la patologia si è manifestata prima del compimento del 21esimo anno di età.

    La regola vale anche in caso di adozione di minori stranieri.

  • Lavoro Dipendente

    Maggiorazione straordinari nel part time: pronuncia Corte UE


    La sentenza della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, Prima Sezione, del 29 luglio 2024, riunisce le cause C-184/22 e C-185/22, originate da richieste di pronuncia pregiudiziale del Bundesarbeitsgericht (Corte federale del lavoro, Germania).

     Le questioni sottoposte alla Corte riguardano l'interpretazione dell'articolo 157 del TFUE e di specifiche disposizioni della direttiva 2006/54/CE e della direttiva 97/81/CE, in relazione al trattamento dei lavoratori a tempo parziale rispetto a quelli a tempo pieno, in particolare sul pagamento delle maggiorazioni salariali per le ore di lavoro straordinario. 

    La questione viene anche posta in relazione alla possibile disparità di trattamento tra uomini e donne. 

    Vediamo meglio nei prossimi paragrafi

    Maggiorazione straordinari: i casi in esame

    Le controversie nascono dai ricorsi presentati da  due infermiere impiegate part-time presso  una struttura sanitaria tedesca che hanno contestato il mancato riconoscimento delle maggiorazioni salariali per le ore di lavoro straordinario svolte :

    • oltre l'orario concordato nei loro contratti, ma 
    • al di sotto dell'orario normale di un lavoratore a tempo pieno.

    Le ricorrenti hanno sostenuto che tale trattamento costituisce una discriminazione indiretta basata sul sesso, poiché il datore di lavoro impiega prevalentemente donne a tempo parziale. 

    La questione centrale riguarda se il diverso trattamento retributivo degli straordinari  tra lavoratori part-time e full-time sia giustificato e se costituisca una violazione dei principi di parità di trattamento sanciti dal diritto dell'Unione Europea.

    Maggiorazione straordinari: le conclusioni della Corte

    La Corte ha stabilito che la normativa in discussione, che prevede la corresponsione di maggiorazioni salariali solo per le ore di lavoro straordinario eccedenti l'orario normale di un lavoratore a tempo pieno, costituisce un trattamento meno favorevole per i lavoratori a tempo parziale e come tale non è compatibile con le direttive europee in materia. 

    Secondo i giudici europei tale trattamento non è giustificato dagli obiettivi di dissuadere dagli eccessi di  lavoro straordinario o di evitare un trattamento sfavorevole per i lavoratori a tempo pieno.

     Inoltre, la Corte ha riconosciuto che questa disparità può costituire una discriminazione indiretta basata sul sesso, poiché colpisce una proporzione significativamente maggiore di donne, violando l'articolo 157 TFUE e le disposizioni della direttiva 2006/54/CE.

    Per evitare procedure di infrazione dunque li stati membri dovranno adeguare le leggi nazionali a questo principio