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Trattamento di fine mandato: le condizioni per la deducibilità
La Cassazione conferma l'orientamento restrittivo sulle possibilità di deduzione del trattato di fine mandato all'amministratore nella Ordinanza 18445 del 10 luglio 2023.
Il caso riguardava una verifica ispettiva a una SRL relativamente ai periodi d’imposta 2007, 2008 e 2009, sulla base della quale l’Agenzia notificava3 avvisi di accertamento :
- avviso di accertamento xxx, con il quale, riprendeva a tassazione oneri riguardanti agevolazione ambientale (ex art. 6 legge 23 dicembre 2000, n. 388) riteneva utilizzati impropriamente, per un importo di € 1.151.515,00,
- avviso di accertamento zzz con il quale, riprendeva a tassazione l’importo di € 2.070.699,07, quale accantonamento per il trattamento di fine mandato (TFM) non deducibile, accertando un reddito complessivo di € 2.995.997,00,e liquidando una maggiore imposta in € 569.442,00 per IRES ed € 80.757,00 per IRAP, irrogando sanzioni per complessivi € 650.199,00;
- accertamento yyy con il quale venivano ripresi a tassazione altri costi non deducibile ai sensi degli artt. 105 e 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 per operazioni imponibili non fatturate e non dichiarate; costi non deducibili in quanto non documentati; costi non deducibili in quanto non inerenti .
Il ricorso dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano veniva rigettato e anche la Commissione tributaria regionale della Lombardia, confermava la legittimità dell'avviso relativo alla deducibilità degli accantonamenti ai fini del trattamento di fine mandato (TFM).
Nel ricorso in cassazione la ricorrente sosteneva che la sentenza impugnata era incomprensibile ed illogica, in quanto, da un lato, affermava – con riferimento agli accantonamenti di fondi per il trattamento di fine mandato – che si trattava di costi non deducibili, e, dall’altro, concludeva per la parziale deducibilità degli stessi.
In particolare, sottolinea che la corte di appello nel confermare la sentenza di primo grado, aveva implicitamente legittimato l’applicabilità, al caso di specie, dell’art. 2120 cod. civ., come richiamato dall’art. 105, comma 1, d.P.R. n. 917/1986, affermando la deducibilità dal reddito della società dell’accantonamento ai fini del trattamento di fine rapporto per una quota pari all’importo della retribuzione dovuta per l’anno diviso per 13,5,
L'orientamento della Cassazione sulla deducibilità del TFM
Nell'ordinanza la Cassazione conferma le conclusioni della Commissione regionale la cui sentenza appare motivata, ed in ogni caso la deducibilità degli accantonamenti è stata esclusa, indipendentemente dal profilo della incongruità, ma soltanto in considerazione della non sussumibilità di tali accantonamenti nelle fattispecie di cui all’art. 105 d.P.R. n. 917/1986.
Precisa infatti "Per ormai consolidata giurisprudenza, l'art. 105, comma 4, opera un rinvio "pieno" all'art. 17, comma 1, lett. c) cit., cioè un rinvio non limitato all'identificazione della categoria del rapporto sottostante cui si riferisce l'indennità, ma esteso alle condizioni richieste dalla stessa disposizione,
nel senso che ai fini della deducibilità dei relativi accantonamenti il diritto all'indennità deve risultare da atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto (Cass. 19 agosto 2020, n. 17367; Cass. 20 luglio 2018, n. 19368)".
Ricorda inoltre che sotto il profilo civilistico, il compenso pagato senza una delibera preventiva non può essere ricollegato alla volontà dell'assemblea, che, ai sensi dell'articolo 2389 cod. civ., è l'unica a poterlo determinare.
In assenza di un espresso atto assembleare sul diritto e sull'ammontare del compenso, di data certa anteriore all'inizio del rapporto, l'onere sostenuto dalla società risulta deducibile SOLO nell'esercizio di erogazione dell'indennità di fine mandato (ossia per cassa).
In tal senso, la Cassazione richiama anche l'orientamento consolidato sia dell'Amministrazione finanziaria (Risoluzioni n. 211/E/2008 e n. 124/E/2017), sia della giurisprudenza di legittimità (cfr., tra le altre, Cass. 3 marzo 2021, n. 5763;Cass. 20 febbraio 2020 n. 4400; Cass. n. 17367/ 2020).
Viene anche sottolineato che il ricorso non contesta che l’attribuzione del TFM all’amministratore sia avvenuta coevamente alla sua nomina, essendo entrambe avvenute nell’assemblea del 2 luglio 2001, ragion per cui non vi è un atto avente data certa anteriore alla nomina medesima, anzi essendo stato l'amministratore dimissionario e immediatamente rinominato, l’attribuzione del TFM in questo caso , è stata addirittura successiva all’inizio del rapporto.
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Pensioni: al via l’assistenza online con l’intelligenza artificiale
E' partita e in questi giorni una nuova sperimentazione sul INPS che prevede il supporto dell’intelligenza artificiale nell'assistenza online agli utenti INPS , in particolare riguardante le pensioni e il regime Opzione Donna
L'iniziativa , come molte altre introdotte di recente, fa parte del programma di digitalizzazione della pubblica amministrazione, finanziato dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza e ha una durata inizialmente prevista di 4 settimane
L'istituto lo ha comunicato con il messaggio 2956 -2023 .
Il nuovo “assistente virtuale” al motore di ricerca sostituisce il vecchio con capacità enormemente potenziate dall'intelligenza artificiale di tipo generativo. Sarà infatti in grado di rispondere alle domande in maniera più completa in quanto può mantenere memoria di tutte le conversazioni precedenti. Questo consentirà agli utenti di avere risposte anche a domande di tipo logico-comparativo, ad esempio sulle differenze tra una prestazione ed un’altra, o sua quale sia la convenienza di alcune prestazioni sulla base dei dati specifici forniti dallindividuo come l’età od il numero di figli a carico.
Oggi invece gli assistenti virtuali anche di altre piatteforme digitali forniscono via chat risposte standardizzate a una serie predefinita di domande , del tipo di quelle date " per iscritte nelle FAQ ordinarie
Il messaggio precisa infatti che in questo modo l’Assistente:
- supporta l’utente in modo specifico sull’argomento ricercato;
- instaura con l’utente un dialogo, alimentato anche in base al contesto della conversazione, in modo da migliorare le risposte in modo progressivo ed efficace;
- risponde a quesiti puntuali, fornendo risposte articolate, corredate sempre da link al Portale internet per approfondire e passare all’azione, utilizzando come fonti informative le pagine del Portale internet individuate dal motore di ricerca;
- •supporta l’utente nel precisare la propria domanda facendo richieste specifiche di chiarimenti e di indicare la categoria di appartenenza, tra diverse opzioni. L’importanza di questo passaggio varia con il grado di specificità della domanda e di trasversalità sulle prestazioni di concetti chiave come “disoccupazione”, “pagamento dei contributi”: quanto più la domanda è generica ed il concetto è trasversale su molte prestazioni tanto più la disambiguazione diventa determinante. L’Assistente potrà così dare una risposta più precisa e l’utente otterrà un aiuto sostanziale nella sua ricerca.
Assistenza online per Opzione donna
In via sperimentale, oltre al supporto sul motore di ricerca, nell’area “Pensione e Previdenza / Domanda di pensione” è offerto un secondo tipo di servizio, sempre con adozione dell’Intelligenza Artificiale, che permette di sottoporre domande più approfondite sulla prestazione “opzione donna”. In questo caso è possibile ricevere risposte
- sia su aspetti attinenti i requisiti per la prestazione
- che sulle procedure operative.
A seguire, una volta terminata la sperimentazione il servizio risponderà anche su altre prestazioni.
Viene sottolineato che Inps si impegna a garantire la privacy e la sicurezza dei dati dei suoi utenti, assicurando la riservatezza delle informazioni fornite durante la comunicazione con il sistema.
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Lavoro part time: ok al corso di formazione oltre l’orario
La corte di Cassazione ha affermato nella sentenza 20259 del 14 luglio 2023 che anche il dipendente in orario part time ha l'obbligo di frequenza dei corsi sulla sicurezza pena il licenziamento. Nell'orario di lavoro infatti vanno conteggiate le ore di possibile lavoro supplementare previste dal contratto applicato. Di seguito vediamo in dettaglio il caso e le motivazioni dell'interpretazione ampia della Suprema Corte sulla normativa applicabile
Licenziamento per mancata formazione del dipendente con contratto a tempo parziale
un dipendente a tempo parziale di s.p.a. è stato licenziato per giustificato motivo oggettivo motivato con la impossibilità per la società datrice di lavoro avvalersi della sua prestazione in quanto il dipendente aveva rifiutato di completare il corso di formazione sulla sicurezza di lavoro . Si trattava di 4 ore residue per le quali il lavoratore aveva rifiutato per sei volte di completare la partecipazione al corso anche in orari concordati tra le parti . Il suo ricorso contro il licenziamento in cui adduceva la motivazione ritorsiva da parte delle società, veniva accolto dal tribunale e respinto invece dalla Corte di appello la quale ha ritenuto che il lavoratore fosse tenuto all'effettuazione della formazione nell'orario a tal fine stabilito dalla società, come prestazione di lavoro straordinario, esigibile dalla società.
Il dipendente ha quindi chiesto la cassazione della sentenza sostenendo che la normativa prescrive che la formazione deve avvenire durante l'orario di lavoro, oltre che senza oneri economici a carico dei lavorator ,e implica, in ipotesi di lavoro a tempo parziale, la necessità dell'espletamento dei corsi di formazione in orario corrispondente all'orario contrattuale , il quale nello specifico prevedeva una prestazione di 20 ore settimanali su cinque giorni alla settimana, dalle ore 6.00 alle ore 10, in modo fisso e senza clausole di flessibilità. Il ricorso specificava che il d. Igs. n. 81/2015, consente il potere datoriale di variazione dell'orario solo con le modalità e alle condizioni previste dalla contrattazione collettiva (d. Igs. n. 61/2000) e regola con rigore anche il ricorso al lavoro supplementare
Il ricorso affermava inoltre che costituiva onere della società dimostrare sia la impossibilità di effettuazione dei corsi di formazione in orario corrispondente all'orario di lavoro del dipendente, sia la «intollerabilità» per la società del periodo di. assenza, inferiore all'anno dal rientro, determinato dalla mancata ammissione al lavoro per non avere il dipendente completato il prescritto iter formativo, sia la concreta rilevanza di tale assenza, a fronte di una società con migliaia di lavoratori, rispetto alle mansioni semplici di pulitore quale era il ricorrente.
Orario supplementare nel contratto part time: la decisione della Cassazione
La Cassazione nella sentenza precisa che il licenziamento è legittimo in quanto è preponderante l'obbligo per il soggetto datore di. assicurare ai dipendenti una adeguata formazione in materia di tutela della salute e sicurezza, è previsto dal d. Igs. 81/2008, di attuazione dell'articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123. In particolare , il comma 12 stabilisce che "La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l'attività' del datore di lavoro, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori".
Per quanto riguarda il lavoratore a tempo parziale la norma chiede di verificare se la formazione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro debba necessariamente essere impartita in orario
corrispondente a quello concordato tra le parti in sede di contratto o anche u, successivamente, o, invece, ed in che limiti, possa avvenire in orario non coincidente con la normale articolazione oraria della prestazione.
Il collegio ha ritenuto che il dato testuale dell'art. 37, comma 12, d. Igs. n. 81/2008, si limita a stabilire che la formazione debba avvenire "durante l'orario di lavoro", senza ulteriori specificazioni .
Facendo riferimento all'art. 1, comma 2 I. n. 66/2003 , gli ermellini affermano che l'orario di lavoro è "qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni" e che si puo trattare anche di attività prestata in orario eccedente a quello ordinario o "normale", fermo restando l'applicazione delle prescritte maggiorazioni della retribuzione
La Cassazione aggiunge inoltre una considerazione di ordine generale che scaturisce dalla rilevanza, anche costituzionale, della ratio di tutela del bene "sicurezza" e del bene "salute" sui luoghi di lavoro del d. Igs. n. 81/2015. La necessità per il dipendente un'adeguata formazione è indispensabile a prevenire rischi per la sicurezza e la salute non solo del singolo ma della intera comunità dei lavoratori nonché dei terzi che vengano in contatto con l'ambiente di lavoro per cui la pretesa del ricorrente è giudicata meno rilevante e sarebbe irragionevole una lettura rigida della normativa quale quella presentata dal lavoratore.
Necessario quindi intendere l' espressione "orario di lavoro", come comprensiva anche dell'orario relativo a prestazioni esigibili :
- al di fuori dell'orario di lavoro ordinario, di legge o previsto dal contratto collettivo, per i lavoratori a tempo pieno, e
- al di fuori di quello concordato, (ovvero il lavoro supplementare) per i lavoratori a tempo parziale.
Va quindi verificato il limite di esigibilità della prestazione di lavoro in orario diverso da quello concordato con il dipendente a tempo parziale, che la disciplina nel DLgs. 81/2015, art. 6 comma 2 p statuisce in misura non superiore al 25% delle ore di lavoro settimanali
Nel caso di specie le 4 ore richieste rispetto alle 20 ore settimanali del contratto sarebbero perfettamente rientrate nel limite del 25% .
Per questi motivi la Suprema corte conferma la sentenza di merito sulla legittimità del licenziamento intervenuto.
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Versamenti INPS Artigiani, Commercianti, Gestione separata al 20 luglio
La proroga disposta dalla legge di conversione del decreto Omnibus 51 2023 per le imposte derivanti dalle dichiarazioni dei redditi 2022 per i contribuenti soggetti agli ISA vale anche per i contributi INPS.
In particolare la proroga si estende anche ai termini di versamento dei contributi previdenziali INPS dovuti :
- dagli iscritti alla Gestione speciale degli esercenti attività commerciali e per la Gestione speciale degli artigiani,
- dai professionisti con obbligo di iscrizione alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, le cui somme sono calcolate e dichiarate nei modelli fiscali.
eccedenti i minimi contributivi
- a titolo di saldo per l’anno di imposta 2023 e di primo acconto per l’anno di imposta 2023 della contribuzione calcolata sul reddito d’impresa ai fini Irpef dai soggetti di cui all'articolo 1 della legge 2 agosto 1990, n. 233;
- a titolo di saldo per l’anno di imposta 2022 e di primo acconto per l’anno di imposta 2023 della contribuzione calcolata sul reddito ai fini Irpef dai soggetti iscritti alla Gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge n. 335/1995 e che producono reddito ai sensi dell’articolo 53, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986.
ma SOLO per coloro che esercitano attività per le quali sono approvati gli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA), compresi forfettari “minimi” e coloro che presentano altre cause di esclusione dagli ISA.
Si ricorda che la proroga prevede anche la possibilità di versamento entro il 31 luglio con la maggiorazione dello 0,40 % a titolo di interesse corrispettivo commisurato in ragione dei giorni di ritardo.
In merito va ancora sottolineato che il termine potrebbe subire una ulteriore dilazione, a seguito delle richieste degli operatori professionali e intermediari che hanno avanzato al Governo la proposta di proroga al 20 agosto, in considerazione del ritardo nel rilascio dei modelli e delle complesse circolari di istruzioni.
Il Governo con un ordine del giorno in Parlamento firmato da rappresentanti della maggioranza pochi giorni fa ha garantito attenzione alla richiesta per cui si attende conferma quanto prima, forse con un semplice comunicato MEF.
Leggi anche IRPEF 2023 chiesta la proroga al 20 agosto con maggiorazione dello 0,40%
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Rischio caldo: le Linee guida INAIL per i datori di lavoro
La sicurezza e la gestione delle alte temperature nei luoghi di lavoro , quanto mai di attualità possono essere un problema non banale. Sempre piu spesso infatti i fenomeni climatici estremi sono stati posti in relazione con un aumento del rischio di infortunio sul lavoro.
Sull'argomento inail ha messo a disposizione sul proprio sito un vademecum dedicato a lavoratori, datori di lavoro e responsabili salute e sicurezza, con una serie di strumenti che approfondiscono gli effetti delle condizioni di stress termico ambientale sui lavoratori e danno le indicazioni per evitare i rischi di infortuni e malattie
Scheda sito e altri specifici approfondimenti nel progetto "WORKLIMATE "sono stati messi a punto dal Centro studi INAIL con la collaborazione con il Consiglio nazionale delle ricerche-Istituto per la BioEconomia (Cnr-Ibe).
Rischio calore quali sono le conseguenze?
Nella guida vengono elencate in primo luogo le piu comuni patologie da calore, tra cui:
- i crampi,
- la dermatite da sudore,
- gli squilibri idrominerali fino al colpo di calore, che può comportare aritmie cardiache
Vengono analizzate anche le patologie croniche che aumentano il rischio di effetti avversi del caldo come
- malattie della tiroide,
- l’obesità
- l’asma e la bronchite cronica,
- il diabete e le patologie cardiovascolari.
Rischio caldo: cosa deve fare il datore di lavoro
I datori di lavoro sono chiamati a individuare procedure specifiche diminuire i rischi, in primo luogo scegliendo una persona che sovrintenda al piano di sorveglianza per la prevenzione degli effetti dello stress da caldo.
Altro punto fondamentale è la formazione dei lavoratori sull'argomento
La guida sottolinea l’importanza delle misure generali che sono
- l’idratazione,
- l' abbigliamento adeguato,
- la riorganizzazione dei turni di lavoro e
- la possibilità di accedere ad aree ombreggiate durante le pause.
Nella piattaforma del progetto Worklimate sono presenti numerosi dati e approfondimenti con le piu aggiornate strategie di intervento per contrastare lo stress termico ambientale in ambito occupazionale.
Oltre agli strumenti informativi, infatti Worklimate comprende anche strumenti operativi, come:
il sistema di previsione dello stress da calore, finalizzato allo screening dei rischi professionali con due modalità:
- Le previsioni di stress climatico occupazionale sono personalizzate su soggetti sani, con profilo di lavoratore standard (alto 175 cm, peso 75 kg), che svolge attività fisica, moderata o intensa, esposto direttamente ai raggi solari o all'ombra, per le ore 8.00 e 12.00, 16.00 e 20.00.
- La previsione del rischio per località consente, invece, di prevedere per i cinque giorni successivi i livelli di rischio caldo previsti per le ore 12.00 in una specifica località, riferiti a un lavoratore non adattato al caldo, esposto al sole e impegnato in un’attività fisica intensa.
Guida informativa per la gestione del rischio caldo – progetto Worklimate
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Flat tax dipendenti: le novità della Delega Fiscale
Il disegno di legge delega fiscale è stato approvaoa ieri alla Camera e passa ora all'esame del Senato.
Una delle principali novità riguarda la revisione dell'imposta sulle persone fisiche con una graduale riduzione del carico fiscale, pur nel rispetto del principio di progressività .
Vedi qui il testo integrale del DDL
Un principio generale esposto nella legge delega è anche quello per perseguimento della equità orizzontale per cui i contribuenti nelle stesse condizioni finanziarie, indipendentemente dal tipo di reddito prodotto dovrebbero essere sottoposti allo stesso carico fiscale.
A questo fine il Governo nella legge delega fiscale prevedeva nel testo originario la cd flat tax incrementale sia per il lavoro autonomo che per il lavoro dipendente.
Ecco in sintesi testo di legge dopo le modificazioni in Commissione (in corso di approvazione, quindi non ancora definitiva)
Novità Irpef e flat tax lavoro dipendente
Come detto la legge delega con riguardo agli aspetti generali, dispone la revisione e la graduale riduzione dell’Irpef, nel rispetto del principio di progressività e nella prospettiva di transizione del sistema verso l'aliquota impositiva unica .
Altro criterio generale è il riordino delle deduzioni dalla base imponibile, degli scaglioni di reddito, delle aliquote di imposta,delle detrazioni dall’imposta lorda e dei crediti d’imposta, tenendo conto in particolare di
- composizione del nucleo familiare, in particolare la presenza di persone con disabilità, e ai costi sostenuti per la crescita dei figli;
- tutela del bene costituito alla casa, in proprietà o in locazione, e di quello della salute delle persone, dell’istruzione e della previdenza complementare;
- salvaguardia degli obiettivi del miglioramento dell’efficienza energetica, della riduzione del rischio sismico del patrimonio edilizio, rigenerazione urbana , conservazione dei beni culturali e del paesaggio
- favorire la stipula di assicurazioni aventi per oggetto il rischio di eventi calamitosi, senza nuovi o maggiori oneri per lo Stato
- a misure volte a favorire lo stabile inserimento nel mercato del lavoro dei giovani che non hanno compiuto il trentesimo anno di età;
Leggi anche Busta paga 2023 aliquote Irpef e detrazioni.
Sugli obiettivi sopracitati si può ipotizzare dunque che i decreti attuativi della legge delega introducano nuove agevolazioni fiscali o confermino quelle già presenti ( ad esempio gli incentivi per assunzioni di giovani, i bonus edilizi o nuovi bonus fiscali per assicurazioni e previdenza integrativa)
Con riferimento ai redditi da lavoro dipendente e assimilati, i criteri direttivi prevedono revisione e la semplificazione delle disposizioni riguardanti le somme e i valori esclusi dall’imponibile , salvaguardando le specifiche finalità e introducendo una specifica ipotesi di flat tax ossia una imposta sostitutiva con aliquota fissa limitata nell'applicazione, a seguito delle modifiche introdotte in Commissione, a:
- retribuzioni corrisposte a titolo di straordinario
- di tredicesima mensilità
- premi di produttività.
Detrazioni progressive redditi da lavoro
Quindi nell'ottica di agevolare i redditi che vedono prevalente la componente lavorativa al loro interno, il legislatore ha cercato di attenuare l'impatto della tassazione attraverso la previsione di una detrazione Irpef da applicarsi in maniera progressiva, fino a certe soglie, al reddito derivante da lavoro autonomo, dipendente o da pensione (la detrazione pertanto non si applica agli altri redditi sottoposti a Irpef indicati dal TUIR: fondiari, dei fabbricati e dei terreni, di capitale, di impresa, redditi diversi).
Tali detrazioni specifiche sono decrescenti al crescere del reddito, contribuiscono a definire il grado di progressività complessivo del sistema e garantiscono l’esenzione dall’imposta dei redditi più bassi .In questo senso si cerca di salvaguardare il principio di progressività previsto dalla Costituzione
Dall’applicazione delle diverse detrazioni per lavoro dipendente o pensione o da lavoro autonomo,infatti deriva la cd. no tax area, ossia una soglia di reddito esente da imposizione. Questa sioglia di reddito , come le detrazioni specifiche, varia a seconda delle diverse categorie di contribuenti: è pari a
- circa 8.145 euro per i lavoratori dipendenti, a
- circa 8.130 per i pensionati,
- a 4.800 per i lavoratori autonomi.
Tenendo conto anche delle detrazioni per familiari a carico, la no tax area per una famiglia monoreddito formata da due genitori lavoratori dipendenti e due figli è di circa 16.340 euro. Da segnalare anche che in questo caso l'azzeramento dell’Irpef porta con sé quello delle relative addizionali regionale e comunale;
Deduzione spese connesse al reddito da lavoro dipendente
La legge delega intende inoltre consentire la deduzione dal reddito di lavoro dipendente e assimilato, anche in misura forfettizzata, delle spese sostenute per la produzione dello stesso mentre attualmente ai lavoratori dipendenti e assimilati è attribuita una detrazione specifica e non è dunque possibile dedurre le spese sostenute per la produzione del reddito. Questo non succede per il reddito di lavoro autonomo (tranne che per il forfettario )
Deduzione contributi obbligatori per tutti i contribuenti
La legge delega introduce anche la possibilità, per tutti i contribuenti, non solo i dipendenti di dedurre i contributi previdenziali obbligatori in sede di determinazione del reddito di categoria, consentendo, in caso di incapienza, di dedurre l’eccedenza dal reddito complessivo.
Da sottolineare infine che il testo prevede la complessiva valutazione, anche a fini prospettici, del regime sperimentale di tassazione degli incrementi di reddito introdotto, per l’anno 2023, per le persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni.
Sulla flat tax già in vigore leggi anche l'articolo Flat tax incrementale 2023 le regole nella circolare 18E
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Retribuzione ferie: spettano anche le indennità di mansione
Gli incentivi retributivi collegati alle mansioni del singolo dipendente vanno erogati anche per i giorni di ferie. Questo quanto afferma la sentenza di Cassazione n. 19663 dell'11 luglio 2023.
In particolare il caso riguardava un gruppo di dipendenti per i quali il datore di lavoro aveva sospeso la corresponsione degli elementi retributivi connessi a specifiche mansioni nell'intento di evitare la fruizione delle ferie. Vediamo piu in dettaglio .
Alcuni dipendenti di una srl avevano proposto ricorso per il mancato computo nella retribuzione dovuta durante le ferie dei compensi spettanti a titolo di incentivo per:
- indennità di condotta ed
- indennità di riserva
previsti dall'art. 54 del contratto aziendale La corte di appello di Milano ha confermato la sentenza del Tribunale evidenziando o che i lavoratori avevano assolto all'onere di allegazione e prova che su di loro incombeva depositando con il ricorso di primo grado le buste paga, i contratti collettivi e conteggi analitici delle somme chieste.
Quindi ha ricordato che la giurisprudenza della Cassazione nell'esaminare la questione della retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali ha ritenuto che, ai sensi dell'art. 7 della Direttiva 2003/88/CE per come interpretato dalla Corte di Giustizia, sussiste una nozione Europea di "retribuzione" che comprende qualsiasi importo pecuniario che si ponga in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo "status" personale e professionale del lavoratore".
Era stato anche verificato che la retribuzione erogata dalla società durante il periodo di ferie comprendeva la parte fissa prevista dall'art. 48.1.1. del c.c.a. e l'indennità di turno di cui all'art. 48.1.2. dello stesso contratto, mentre ne erano esclusi gli altri compensi, pure erogati incontestatamente in maniera continuativa, e segnatamente l'incentivo per attività di condotta e l'indennità di riserva sebbene fossero collegati alla prestazione delle attività di condotta e riserva e previste dal c.c.n.l. come lavoro effettivo
E' stato ritenuto inoltre che i compensi rientrassero tutti nella base di calcolo della retribuzione da erogare durante le ferie, alla luce di quanto disposto dal c.c.n.l
Inoltre, sulla corrispondenza della retribuzione percepita nel periodo feriale sulla base della normativa interna rispetto a quella fissata imperativamente dall'art. 7 della direttiva 2003/88, come interpretata dalla Corte di Giustizia, la Corte di appello ha ribadito che occorre verificare se la retribuzione corrisposta possa costituire una dissuasione dal godimento delle ferie ed in tale prospettiva ha accertato che una diminuzione tra il 13,50% ed il 19% è effettivamente idonea a dissuadere dal beneficiarne.
Ha escluso poi che i compensi per attività di condotta e di riserva fossero stati incorporati nella voce premiale "patto di competitività" essendo le relative voci tutte distintamente presenti nelle buste paga depositate.
Infine, la Corte ha escluso che le somme chieste fossero prescritte evidenziando che, nel regime novellato dell'art. 18 dello Statuto per effetto delle modifiche apportate dalla L. n. 92 del 2012, la prescrizione non decorre in costanza di rapporto di lavoro.
La Corte di Cassazione a sua volta ribadisce, come già in passato, che la retribuzione dovuta nel periodo di godimento delle ferie annuali, ai sensi dell'art. 7 della Direttiva 2003/88/CE, per come interpretata dalla Corte di Giustizia, comprende qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo "status" personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass.17/05/2019 n. 13425). 7.3. Anche con riguardo al compenso da erogare in ragione del mancato godimento delle ferie, pur nella diversa prospettiva cui l'indennità sostitutiva assolve, si è ritenuto che la retribuzione da utilizzare come parametro debba comprendere qualsiasi importo pecuniario che si pone in rapporto di collegamento all'esecuzione delle mansioni e che sia correlato allo "status" personale e professionale del lavoratore (cfr. Cass.30/11/2021 n. 37589).
Ricorda anche che "le sentenze della Corte di Giustizia dell'UE hanno, infatti, efficacia vincolante, diretta e prevalente sull'ordinamento nazionale" sicchè non può prescindersi dall'interpretazione data dalla Corte Europea che, quale interprete qualificata del diritto dell'unione, indica il significato ed i limiti di applicazione delle norme.
Respinge quindi il ricorso della società, confermando la sentenza della Corte di merito che, come ricordato, ha proceduto, correttamente, ad una verifica ex ante della potenzialità dissuasiva dell'eliminazione di voci economiche dalla retribuzione erogata durante le ferie al godimento delle stesse senza trascurare di considerare la pertinenza di tali compensi rispetto alle mansioni proprie della qualifica rivestita.