• Versamenti delle Imposte

    Global Minimum tax: codici tributo per pagare

    Con la Risoluzione n 64 del 10 novembre vengono istituiti i codici tributo per pagare la global minimum tax, vedialo le istruzioni ADE.

    Globalo Minimum tax: codicI tributo per pagare

    ll decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209 al Titolo II (articoli da 8 a 60), introduce la normativa sull’imposizione minima
    globale dei grandi gruppi multinazionali e nazionali di imprese
    , in attuazione della legge delega 9 agosto 2023, n. 111.

    Il decreto recepisce la Direttiva (UE) 2022/2523, che a sua volta recepisce nel mercato unico il nucleo principale dell’accordo globale sul c.d. Secondo Pilastro (“Pillar 2”) raggiunto in sede OCSE/G20, che mira ad introdurre una tassazione minima effettiva delle imprese multinazionali a livello globale (“global minimum tax”).
    In particolare, il decreto, all’articolo 9, comma 1, prevede una imposizione integrativa che viene prelevata, in Italia, attraverso:

    1.  l’imposta minima integrativa di cui agli articoli 13, 14 e 15 del decreto;
    2. l’imposta minima suppletiva di cui agli articoli 19, 20 e 21 del decreto;
    3. l’imposta minima nazionale di cui all’articolo 18 del decreto.

    Nello specifico, gli obblighi di versamento sono disciplinati dall’articolo 53, comma 2, del decreto e le relative disposizioni attuative sono previste dall’articolo 6 del decreto 7 novembre 2025 del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Leggi anche  Global Minimum tax: il decreto con regole per Dichiarazione e pagamento.

    L’imposta minima integrativa, l’imposta minima suppletiva e l’imposta minima nazionale dovute in Italia sono versate in euro con le modalità di cui

    all’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, senza possibilità di compensazione.

    Il versamento delle imposte avviene in due rate: il 90 per cento dell’importo dovuto entro l’undicesimo mese successivo all’ultimo giorno dell’esercizio al

    quale l’imposta si riferisce e l’importo residuo entro l’ultimo giorno del mese successivo al termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa a tale esercizio.

    In tale ambito, la relazione illustrativa al decreto chiarisce che, per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, il primo versamento per l’imposizione integrativa dovuta in relazione al 2024 dovrà essere effettuato entro l’ultimo giorno di novembre 2025 e la seconda rata dell’imposta dovuta per il 2024 dovrà essere versata entro luglio 2026. A partire dall’esercizio successivo a quello transitorio (come definito dall’articolo 54 del decreto), per i soggetti con esercizio coincidente con l’anno solare, la seconda rata per l’imposta dovuta nel 2025 dovrà essere versata entro il mese di aprile 2027 (con prima rata da versare entro novembre 2026).

    Tanto premesso, al fine di consentire il versamento delle imposte in parola mediante il modello F24, si istituiscono i seguenti codici tributo:

    • “2730” denominato “Imposta minima integrativa – articoli 13, 14 e 15 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209”;
    • “2731” denominato “Imposta minima suppletiva – articoli 19, 20 e 21 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209”;
    • “2732” denominato “Imposta minima nazionale – articolo 18 del decreto legislativo 27 dicembre 2023, n. 209”.

    Per il versamento, tramite modello F24, delle sanzioni e degli interessi dovuti in caso di ravvedimento di cui all’articolo 13 del decreto legislativo 18

    dicembre 1997, n. 472, si istituiscono i seguenti codici tributo:

    • “2733” denominato “Sanzione da ravvedimento – Imposta minima integrativa, suppletiva o nazionale – articoli 13 e seguenti del decreto
    • legislativo 27 dicembre 2023, n. 209”;
    •  “2734” denominato Interessi da ravvedimento – Imposta minima integrativa, suppletiva o nazionale – articoli 13 e seguenti del decreto
    • legislativo 27 dicembre 2023, n. 209”.

    Si rimanda alla risoluzione per ulteriori istruzioni.

    Allegati:
  • Versamenti delle Imposte

    Global Minimum tax: il decreto con regole per Dichiarazione e pagamento

    Il MEF ha reso disponibile sul proprio sito istituzionale, il Decreto 7 novembre 2025, pubblicato poi in GU n 261 del 10 novembre, con le disposizioni di attuazione dell'art. 53, D.Lgs. n. 209/2023, concernente gli obblighi dichiarativi e di versamento dell'imposizione integrativa dovuta in Italia nell'ambito della disciplina della Global Minimum Tax. Vediamo i dettagli del decreto.

    Leggi anche Global Minimum tax: codici tributo per pagare  

    Come dichiarare la Global Minimum tax

    Con Decreto 7 novembre 2025 sono state emanate le disposizioni di attuazione dell'art. 53, D.Lgs. n. 209/2023, per la Global Minimum Tax e in particolare: 

    • termini e modalità di presentazione della dichiarazione annuale,
    • versamento, delle tre imposte che compongono il sistema dell’imposizione integrativa:
      • per l’imposta minima integrativa la responsabilità ricade sulla controllante capogruppo (articolo 13, Dlgs n. 209/2023), sulla partecipante intermedia (articolo 14), e sulla partecipante parzialmente posseduta (articolo 15) localizzate in Italia;
      •   per l'imposta minima suppletiva l'obbligo ricade sul soggetto individuato dal gruppo, tra le sue entità localizzate in Italia, come responsabile del pagamento dell'Imposta minima suppletiva (articoli 19, comma 2, o 20, comma 3, del Dlgs n. 209/2023)
      •  per l’imposta minima nazionale, a livello generale, il soggetto obbligato è individuato in ciascuna impresa, entità a controllo congiunto del gruppo entità apolide localizzata in Italia, sebbene l’articolo 18, comma 7, del Dlgs n. 209/2023, consente al gruppo di designare una delle imprese o entità italiane per adempiere all’obbligo dichiarativo e di versamento per conto delle altre.  La relazione illustrativa al decreto specifica che In coerenza con la natura e il ruolo svolto da questa imposta nell’economia delle regole sull’imposizione integrativa, il soggetto responsabile dell’imposta minima nazionale, a differenza di quanto accade per l’imposta minima integrativa e per l’imposta minima suppletiva, sarà sempre tenuto a presentare la Dichiarazione Fiscale all’Agenzia delle entrate in relazione agli esercizi in cui il gruppo multinazionale o nazionale di appartenenza soddisfa i requisiti previsti all’articolo 10 del Decreto Legislativo”.Il legislatore ha stabilito che la dichiarazione, anche se l’imposta minima nazionale sia pari a zero, debba essere presentata in via continuativa e sistematica da parte di tutti i soggetti italiani coinvolti nell’ambito della Global minimum tax.

    I soggetti tenuti alla presentazione della Dichiarazione coincidono con i soggetti tenuti al versamento dell'imposta e potrebbero risultare diversi, nell'ambito dello stesso gruppo, per ciascuna delle tre imposta sopra citate. 

    Il Decreto contiene anche le norme per:

    • adempimenti dichiarativi,
    • contenuto della Dichiarazione Fiscale,
    • regole di compilazione,
    • termini e le modalità di presentazione,
    • versamento dell'imposta,
    • eccedenze di versamento e i rimborsi,
    • applicazione delle sanzioni.

    Attenzione al fatto che il Provvedimento del Direttore dell'Agenzia delle Entrate verrà approvato il modello di Dichiarazione Fiscale, le relative istruzioni e le modalità tecniche di trasmissione telematica.

    Global Minimu tax: il modello per dichiararla e poi pagare il dovuto

    Il decreto stabilisce un modello dichiarativo unico, composto da due parti fondamentali: 

    • una sezione generale obbligatoria con i dati del soggetto che presenta la dichiarazione, le informazioni sul gruppo, ed eventuali regimi semplificati o di esclusione di cui il gruppo usufruisce;
    • prospetti specifici per ciascuna delle tre imposte di cui il dichiarante è responsabile. Attenzione al fatto che tali prospetti vanno compilati anche se l’imposta dovuta è pari a zero).

    Nei prospetti relativi all'Imposta minima suppletiva e nazionale, il dichiarante deve indicare le imprese/entità coobbligate, per conto delle quali agisce, e la ripartizione dell'eventuale onere fiscale tra i soggetti del gruppo localizzati in Italia.

    Tutti gli importi devono essere espressi in euro: la conversione da altra valuta deve avvenire utilizzando il tasso di cambio dell’ultimo giorno dell’esercizio.

    Viene evidenziato che gli adempimenti dichiarativi riguardanti l’imposizione integrativa sono regolati, oltre che dal decreto in argomento, dalle disposizioni contenute negli articoli 1, 2 e 3 del Dpr n. 322/1998, che risultano compatibili con il sistema impositivo in esame.

    In relazione all’articolo 32, le modifiche successive alla “Comunicazione rilevante” sono collegate agli eventi che possono determinare una variazione dell’aliquota di imposizione effettiva di un esercizio, a seguito della presentazione della relativa comunicazione.

    La dichiarazione va trasmessa all'Agenzia delle entrate entro gli stessi termini stabiliti per la trasmissione della "Comunicazione Rilevante", quindi, entro 15 mesi dalla chiusura dell’esercizio di riferimento (termine ordinario).

    Per il primo esercizio di applicazione delle disposizioni il termine è stato esteso al diciottesimo mese successivo all’ultimo giorno dell’esercizio. 

    Il primo termine di scadenza non può essere anteriore al 30 giugno 2026.

    Infine, i soggetti obbligati sono tenuti a conservare la documentazione contabile ed extra contabile utilizzata per la compilazione della dichiarazione fiscale. 

    Le imposte sono versate in due rate:

    • la prima rata pari al 90% dell'importo complessivamente dovuto, va versata entro l'undicesimo mese successivo alla chiusura dell'esercizio di riferimento. Ad esempio, per l’esercizio 2024 coincidente con l'anno solare, il primo versamento dovrà essere effettuato entro il primo dicembre 2025 (in quanto il 30 novembre cade di domenica);
    • la seconda rata o saldo, pari al residuo 10%, deve essere versato entro un mese dal termine previsto, nell’articolo 5, per la presentazione della dichiarazione fiscale.

    Leggi anche  Global Minimum tax: codicI tributo per pagare con i codici tributo necessari ai pagamenti.

    Global minimum tax: sanzioni per chi non la versa

    Per l'inadempimento degli obblighi dichiarativi e di versamento, si applicano le disposizioni sanzionatorie contenute nei decreti legislativi nn. 471 e 472 del 1997. 

    È previsto un regime transitorio per le violazioni riguardanti i primi tre esercizi di applicazione delle disposizioni del Dlgs n. 209/2023, infatti, le sanzioni amministrative non vengono irrogate, purché non ricorrano i casi di dolo o colpa grave

    Le imprese e le entità del gruppo, per conto delle quali agisce il soggetto tenuto agli obblighi dichiarativi e di versamento sono responsabili solidalmente e congiuntamente con quest’ultimo per imposte, interessi e sanzioni

    Allegati:
  • Cedolare secca

    Affitti brevi 2026: novità per la tassazione

    Approvato il DDL di Bilancio 2026 dal Cdm del 17 ottobre. Il testo ancora in bozza inizia ufficialmente il suo iter di approvazione che come sempre terminerà entro il 31 dicembre.

    Affitti brevi 2026: novità per la tassazione in legge di bilancio

    Il Governo ha approvato il testo del DDL di Bilancio 2025  che ora prosegue il suo iter in Parlamento.

    I 137 articoli della bozza di provvedimento contengono diverse conferme, come la rottamazione quinquies e la proroga dei bonus edilizi, ma ci sono anche alcune novità, come quella per gli affitti brevi.

    Vediamo il dettaglio dall'articolo 7 del testo di legge che reca modificvhe all’articolo 4 del decreto-legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.

    In sintesi, con le modifiche aumenta al 26% la tassazione sugli affitti brevi, sia per i privati, sia per chi esercita attività di intermediazione immobiliare o gestisce portali telematici. 

    La norma inoltre sopprime la riduzione introdotta l'anno scorso della cedolare secca al 21% per uno degli immobili.

    Inoltre la ritenuta effettuata dagli intermediari che intervengono nel pagamento del corrispettivo degli affitti brevi, sarà uguale alla aliquota della cedolare secca sulle locazioni brevi ossia al 26%, modificando l'attuale misura del 21% e sarà a titolo di acconto in assenza di opzione per la cedolare secca

    Ricordiamo nel frattempo che, in generale, la cedolare secca è un regime facoltativo, che si sostanzia nel pagamento di un’imposta sostitutiva dell’Irpef e delle addizionali (per la parte derivante dal reddito dell’immobile). 

    In più, per i contratti sotto cedolare secca non vanno pagate l’imposta di registro e l’imposta di bollo, ordinariamente dovute per registrazioni, risoluzioni e proroghe dei contratti di locazione. 

    La cedolare secca non sostituisce l’imposta di registro per la cessione del contratto di locazione.

    Attenzione al fatto che la scelta per la cedolare secca implica la rinuncia alla facoltà di chiedere, per tutta la durata dell’opzione, l’aggiornamento del canone di locazione, anche se è previsto nel contratto, inclusa la variazione accertata dall’Istat dell’indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati dell’anno precedente.

    Come ricorda anche l'Agenzia delle entrate è possibile optare per la cedolare secca sia alla registrazione del contratto sia negli anni successivi, in caso di affitti pluriennali. 

    Quando l’opzione non viene esercitata all’inizio, la registrazione segue le regole ordinarie; in questo caso, le imposte di registro e di bollo sono dovute e non sono più rimborsabili.

    Si tratta comunque di un testo di DDL in bozza che potrà nel corso della approvazione alcune variazioni.

  • PRIMO PIANO

    Valore di permuta di immobili ai fini IVA: novità dal 2026

    Il Disegno di legge di bilancio per il 2026 introduce una modifica dell’art. 13, comma 2, lett. d), del DPR 633/1972, che riguarda la determinazione della base imponibile IVA nelle:

    • operazioni permutative, cioè quelle in cui beni o servizi vengono ceduti in cambio di altri beni o servizi;
    • dazioni in pagamento, cioè quando un bene o servizio viene ceduto per estinguere un debito in denaro.

    La base imponibile non sarà più calcolata sul valore normale dei beni o servizi scambiati, ma sull’ammontare complessivo dei costi sostenuti per quei beni o servizi.

    Vediamo il dettaglio.

    Valore di permuta di immobili ai fini IVA: novità dal 2026

    L’articolo 35 in bozza della Finanziaria 2026, modifica il decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633 per far sì che la base imponibile IVA delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sia calcolata sulla base dei costi sostenuti dal cedente o prestatore.

    Tale modifica mira a adeguare all’ordinamento unionale la normativa nazionale.

    In particolare, il legislatore vorrebbe allineare la normativa italiana all’interpretazione data dalla Corte di Giustizia UE della direttiva 2006/112/Ce in materia di IVA.
    La modifica si applicherà alle operazioni effettuate dal 1° gennaio 2026. Rimane valido il vecchio criterio per le operazioni anteriori a quella data.

    Attualmente, l’art. 13, comma 2, lett. d), del DPR 633/72 prevede che: Per le operazioni permutative e le dazioni in pagamento, la base imponibile è costituita dal valore normale dei beni o dei servizi scambiati. 

    L'art. 14, comma 1 prevede che per valore normale si intende:

    • è il prezzo che il cessionario o committente sarebbe disposto a pagare in condizioni di libera concorrenza.
    • deve essere calcolato al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e luogo dell’operazione.
    • rappresenta un valore oggettivo, teoricamente di mercato.

    La Corte di Giustizia UE ha stabilito che il valore normale può essere usato solo in casi eccezionali, ad esempio:

    1. se tra le parti vi è vincolo personale, familiare o societario (art. 80 direttiva 2006/112/Ce).
    2. non può essere il criterio standard per tutte le permute.

    Con la modifica introdotta dalla legge di bilancio, l’art. 13, comma 2, lett. d), disporrà che “Per le operazioni permutative e le dazioni in pagamento, la base imponibile è costituita dal valore dei beni o servizi oggetto dell’operazione, determinato dall’ammontare complessivo di tutti i costi riferibili ad essi.”

    È un criterio soggettivo, basato su quanto effettivamente speso o sostenuto dal soggetto IVA per:

    • acquistare o produrre il bene da cedere;
    • erogare il servizio da prestare;
    • includendo anche spese accessorie direttamente connesse.

    Vediamo se la norma verrà confermata.

  • Comunicazione spese sanitarie

    Spese mediche 2025 al sistema TS: da comunicare entro il 2 febbraio 2026

    Fissata la scadenza per comunicare i dati sanitari al sistema TS.

    In particolare viene pubblicato in GU n 261 del 10 novembre il Decreto MEF 26 ottobre con le regole.

    Ricordiamo che Il Decreto Correttivo pubblicato in GU n 134 del 12 giugno, tra le novità, ha previsto la modifica alla cadenza con cui verranno inviati i dati al sistema TS Tessera Sanitaria.

    Tra le misure di semplificazione in materia di adempimenti, vi è l'art 5 del decreto legislativo 81/2025 con il termine di invio al Sistema Tessera Sanitaria dei dati relativi alle spese sanitarie con cadenza annuale. Con una FAQ del 24 settembre l'Ade confermava che il termine precedente è cancellato in ragione della nuova norma.

    Secondo il vecchio sistema, la scadenza per la comunicazione dei dati era il 30 settembre, per inviare i dati da gennaio a giugno 2025.

    Il 2025 è il primo anno di partenza della novità con il sistema annuale di comunicazione, vediamo la regola fissata dal MEF per adempiere per tempo.

    Sistema tessera sanitaria: cambia il calendario dal 2025

    L’articolo 12 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n.1 Razionalizzazione e semplificazione delle norme in materia di adempimenti tributari, che ha attuato i principi e i criteri direttivi di cui all’articolo 16 della legge delega 9 agosto 2023, n. 111 Riforma Fiscale, disponendo che, a partire dai dati relativi all’anno 2025, i soggetti tenuti all’invio dei dati delle spese sanitarie al Sistema Tessera Sanitaria per la predisposizione, da parte dell’Agenzia delle entrate, della dichiarazione dei redditi precompilata, provvedono alla trasmissione di tali dati con cadenza annuale, anziché semestrale, entro il termine da stabilire con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze, quindi la data, termine dell'invio dei dati 2025 è ancora da destinarsi.

    La disposizione non ha impatti sulla dichiarazione dei redditi precompilata in quanto, una volta che tutti i dati relativi all’anno precedente sono stati trasmessi al Sistema Tessera Sanitaria, quest’ultimo provvede, tramite sistemi informatici, a rendere disponibili all’accesso esclusivo dell’Agenzia delle entrate i dati aggregati per tipologia di spesa, che sono utilizzati ai fini della elaborazione della dichiarazione precompilata, la quale viene messa a disposizione dei cittadini a partire dal 30 aprile dell’anno successivo a quello di riferimento.

    Occore evidenziare che la Relazione illustrativa al Decreto Correttivo definitivo evidenzia che non si è ritenuto di accogliere l’osservazione di cui alla lettera a) della VI Commissione (Finanze) della Camera dei deputati in quanto, per ragioni di maggiore flessibilità, sarebbe preferibile mantenere l’attuale previsione che rimanda a un decreto, in luogo di una scadenza a data fissa stabilita con norma primaria. 

    Con una faq del 24 settembre l'Agenzia delle Entrate in proposito precisava che: "A partire dalle spese sanitarie riferite all’anno 2025, l’invio dei dati al Sistema Tessera Sanitaria ha cadenza annuale, come previsto dall’articolo 12 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1, sostituto dall’articolo 5 del decreto legislativo 12 giugno 2025, n. 81. È da ritenersi, quindi, superato il termine del 30 settembre 2025 per l’invio delle spese sanitarie riferite al primo semestre 2025previsto dal decreto del Ministero dell'economia e delle finanze dell’8 febbraio 2024. La nuova scadenza per l’invio dei dati relativi all’anno 2025 sarà fissata con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze e ne sarà data evidenza sul portale del Sistema Tessera Sanitaria"

    Il MEF al fine di dare attuazione alla novità, ha pubblicato il Decreto 29 ottobre, con cui si stabilisce che:

    «4-bis. A partire dall'anno 2025, il Sistema TS, relativamente alle sole dichiarazioni dei redditi selezionate in via  centralizzata dall'Agenzia  delle  entrate per  il controllo  formale  ai  sensi dell'art. 36-ter del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica  29 settembre 1973, n. 600, secondo quanto previsto  dai  punti  2.1.5  e 5.1.5 del provvedimento dell'Agenzia delle entrate n.  281068  del  3 luglio 2025, rende disponibili ai dipendenti della  medesima  Agenzia delle entrate, incardinati nell'ufficio  territorialmente  competente all'attivita' di controllo, le funzionalita' per la consultazione dei dati di dettaglio delle spese veterinarie  e  sanitarie  relative  al contribuente e ai familiari fiscalmente a carico individuati in base alla dichiarazione presentata. Sono  esclusi  dalla  consultazione  i dati per i quali e' stata manifestata l'opposizione di cui all'art. 3 del presente decreto.»;

     b) all'art. 7, il comma 1-bis e' sostituito dal seguente: «1-bis. A decorrere dal 1° gennaio 2025, per le spese sanitarie di cui all'art. 2 la trasmissione dei  relativi  datiè  effettuata entro il 31 gennaio dell'anno  successivo  a  quello  di  riferimento delle medesime spese.».
    Infine l'Allegato B del suddetto decreto del Ministero dell'economia  e delle finanze 19 ottobre 2020 è sostituito dall'allegato al presente decreto. 

    Per quanto riguarda quindi la prossima scadenza, cadendo il giorno 31 gennaio di sabato, per il 2025 la comunicazione dei dati annuali dovrà avvenire entro il 2 febbraio 2026.

  • Contenzioso Tributario

    Impugnabilità del diniego di variazione catastale e decorrenza delle rendite

    La Corte di Cassazione, con l'ordinanza n 5454/2025, affronta una controversia tra l’Agenzia delle Entrate, un Comune e una a società Alfa S.r.l., relativa a una variazione delle rendite catastali e al successivo avviso di accertamento per IMU non versata nel 2014.

    Il contribuente aveva presentato istanza per la revisione della rendita catastale, ritenendola calcolata erroneamente sulla base di un saggio di fruttuosità del 3% anziché del 2%. 

    L’Amministrazione finanziaria aveva rigettato la richiesta, definendola come diniego in autotutela e dunque non impugnabile.

    L'Agenzia delle Entrate e il Comune sostenevano che:

    • l’atto fosse da considerare diniego di autotutela, quindi non autonomamente ricorribile.
    • anche se fosse stata ammessa la variazione, non avrebbe potuto produrre effetti retroattivi.

    Impugnabilità del diniego di variazione catastale e decorrenza delle rendite

    La Corte di Cassazione conferma un principio consolidato: il diniego espresso o tacito dell’Amministrazione a una richiesta di variazione catastale è atto impugnabile dinanzi al giudice tributario.

    Viene richiamato l’art. 19, comma 1, lett. f), del D.Lgs. 546/1992, che considera impugnabili «gli atti relativi alle operazioni catastali», tra cui rientra pienamente anche il mantenimento di una rendita errata.  

    La Cassazione ha affermato il seguente principio: Il contribuente ha sempre il diritto di chiedere la rettifica della rendita quando la situazione di fatto o di diritto originaria non sia corretta.

    La Corte chiarisce che l’istanza presentata dal contribuente non era una richiesta di autotutela, ma una domanda di variazione del classamento catastale, attivabile in qualunque momento.

    Secondo la giurisprudenza citata (Cass. n. 2995/2015; Cass. n. 21010/2024), l’autotutela ha carattere discrezionale e non genera automaticamente un diritto al ricorso

    Diversamente, la domanda di variazione, se rigettata, produce un provvedimento che incide su diritti soggettivi e quindi impugnabile.

    La Cassazione inoltre ha chiarito che ai sensi dell’art. 74 della Legge 342/2000, le modifiche della rendita catastale producono effetti solo dalla loro notificazione, salvo che non si tratti di errori materiali da parte dell’Amministrazione. 

    Se la variazione è frutto di una rettifica motivata da elementi nuovi o da un errore del contribuente, non può avere effetto retroattivo.

    Nel caso in esame, l’errore (uso di un tasso di fruttuosità del 3% anziché 2%) era imputabile al contribuente, che l’aveva indicato nel proprio DOCFA. Per questo motivo, la revisione non poteva produrre effetti retroattivi.

    La Corte ha quindi cassato la sentenza di merito che aveva riconosciuto l’efficacia retroattiva della variazione, richiamando la giurisprudenza (Cass. 26392/2019, Cass. 8543/2023, Cass. 24542/2024) che distingue nettamente i due casi.

    Questa sentenza chiarisce che il diniego di variazione è un atto che incide sul presupposto dell’IMU, dell’IRPEF e di altri tributi, e quindi rientra tra quelli che possono essere impugnati.

    La Corte ha chiarito che l’atto ha forma libera, ma deve comunque considerarsi impugnabile se:

    rigetta un’istanza di variazione fondata su elementi di fatto;

    produce effetti negativi per il contribuente.

    La rendita catastale è un indicatore diretto di capacità contributiva. Un errore può determinare una tassazione maggiore e violare l’art. 53 della Costituzione.

    È quindi interesse del contribuente e dell’Amministrazione stessa assicurare la veridicità della rendita, ma i rimedi giuridici devono tenere conto della decorrenza degli effetti e della fonte dell’errore.

    La Cassazione ha anche precisato che i termini per l’impugnazione non si sospendono automaticamente: i Comuni devono adottare un regolamento specifico per applicare la sospensione prevista dalla Legge di Bilancio 2023 (L. 197/2022, art. 1, c. 199–205).

    In assenza di regolamento, la sospensione dei termini non opera e i ricorsi fuori termine sono inammissibili, come nel caso del Comune

  • La casa

    Prima casa: non spetta se l’immobile non è stato costruito per tempo

    Cin l’ordinanza n. 25790-2025, la Cassazione ha chiarito che non è possibile applicare le agevolazioni “prima casa” all'acquisto di un immobile in corso di costruzione per mancata ultimazione dei lavori entro tre anni dalla data dell’atto, visto che la permanenza dell'immobile nella classificazione catastale F/3 suffraga la mancata ultimazione nel termine triennale, anche qualora il contribuente vi trasferisca la residenza e attivi le utenze

    Prima casa: non spetta se l’immobile non è stato costruito per tempo

    I soggetti ricorrenti hanno acquistato un immobile in costruzione, usufruendo delle agevolazioni fiscali "prima casa", con aliquota Iva al 4 per cento.
    L'Agenzia delle entrate, a seguito di controlli, ha contestato la decadenza dalle agevolazioni poiché i lavori non erano stati ultimati entro il termine previsto di tre anni dalla data dell'atto.

    Ciò rilevato ha emesso due avvisi di liquidazione con cui ha revocato l'aliquota Iva agevolata e recuperato l'imposta sostitutiva sulle operazioni di credito a medio-lungo termine.

    I contribuenti dopo essersi ricorsi alla CTP chiedendone l'annullamento, sono ricorsi alla CTP, visto il mancato accoglimento delle loro pretese.
    Anche i giudici di secondo grado hanno confermato la revoca delle agevolazioni, poiché i contribuenti non avevano ultimato i lavori né regolarizzato catastalmente l'immobile entro tre anni dall'atto d'acquisto.

    Nel ricorso in Cassazione i contribuenti sostengono che la mancata ultimazione dei lavori entro tre anni non sia una causa di decadenza prevista dalla legge e ritengono che l'elemento determinante per mantenere le agevolazioni, in caso di immobile in corso di costruzione, sia l'effettivo utilizzo dello stesso come abitazione principale: in questo senso, sottolineano che hanno prodotto prove documentali del trasferimento di residenza e delle utenze attive, mai contestate dall'ufficio.
    La Cassazione ha rigettato il ricorso ritenendo corretta la decisione dei giudici regionali che hanno ritenuto la legittimità dell'avviso di liquidazione dell’imposta di registro, ricorrendo la violazione dell'obbligo da parte del contribuente di ultimare la ristrutturazione entro i tre anni e, quindi, di richiedere l'attribuzione di una categoria e della relativa rendita, essendo l'immobile classificato come F/3, il che non può costituire motivo di aggiramento dei termini di accertamento da parte dell'ufficio.

    Secondo la Cassazione la persistenza della categoria catastale F, non è idonea per usufruire di agevolazione “prima casa”, essendo una categoria “fittizia”.

    Inoltre la  suprema Corte ha respinto l’ulteriore censura dei contribuenti, che hanno contestato la decisione dei giudici regionali  i quali non si sono pronunciati per l’incostituzionalità dell’articolo 75 del Dpr 633/1972. 

    Secondo i ricorrenti, la norma nella parte in cui prevede che “il venti per cento dei proventi delle sanzioni pecuniarie è devoluto ai fondi costituiti presso l'amministrazione o il corpo cui appartengono gli accertatori, con le modalità previste con decreto del Ministro per le finanze” violerebbe il principio di imparzialità della Pubblica amministrazione poiché determinerebbe un conflitto di interessi, anche solo potenziale, tra l'interesse pubblico e quello economico dell'accertatore.
    Nel respingere tale motivo, la Corte di Cassazione ritiene che, da un lato la norma citata attenga alla discrezionalità del legislatore, dall'altro, la destinazione delle somme e i presupposti dell'attività accertatrice, sono improntati a meccanismi automatici, predeterminati e obbligatori, come tali del tutto esulanti dal potere di scelta dell'organo accertatore, quindi non si può nemmeno porre un profilo di conflitto di interesse.

    L'azione amministrativa, spiega la Cassazione, è comunque soggetta a principi di correttezza, legalità e buona amministrazione, che fungono da parametro di controllo idoneo a evitare, anche in astratto, la possibilità di una distorsione dell'esercizio del potere in favore di un interesse privato, arbitrario e non verificabile.